Consiglio di Stato Sez. III n. 7526 del 25 settembre 2025
Urbanistica.Sanzione pecuniaria per mancata demolizione

Il presupposto dell'applicazione dell'art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, è costituito dalla mera inottemperanza all'ordinanza di demolizione, atteso che detta disposizione è finalizzata a sanzionare la mancata rimozione dell'abuso

N. 07526/2025REG.PROV.COLL.

N. 06666/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6666 del 2022, proposto da
Luigi Monteforte, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluigi Manelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Nardo', non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce (sezione prima) n. 832/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 settembre 2025 il Cons. Maria Grazia Vivarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’appellante è proprietario del terreno ubicato in Nardò (LE), località Carignano Grande distinto in catasto al foglio 98, particella 93, che è estesa per mq. 5444.

2. Con il permesso di costruire n. 363/2011 (mai annullato e/o revocato), il Comune di Nardò lo autorizzava a realizzare una tettoia precaria ed una piccola vasca interrata distaccata dalla suddetta tettoia, nonché a completare, solo sul lato fronte strada, la recinzione del suo terreno che, invece, già esisteva sugli altri tre lati del medesimo terreno.

3. Di seguito, l’appellante, sine titulo, ampliava la tettoia assentita, realizzando un manufatto con una superficie coperta di 54 mq. ed una superficie proiettata di 104,40 mq.; inoltre costruiva la recinzione sul lato fronte strada con delle difformità rispetto a quanto assentito con il p.d.c. n. 363/2011.

4. Al fine di porre rimedio a tali difformità, l’odierno appellante presentava un’istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 - pratica edilizia n. 931/2014.

5. Con l’ordinanza n. 456/2017, il Comune di Nardò:

- dichiarava l’intervenuta formazione del silenzio-rifiuto ex art. 36, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 su detta istanza di sanatoria e ordinava, la demolizione dell’intero manufatto, compresa la tettoia e la vasca assentiti col permesso di costruire n. 363/2011, e della recinzione già esistente sugli altri tre lati del lotto, ritenendo, anche questa, priva di titolo;

- stabiliva che, in caso di inottemperanza, sarebbe stata acquisita l’intera particella 93, estesa per mq. 5444.

6. Successivamente, la stessa amministrazione ha emanato l’ordinanza n. 86 del 16.2.2008 prot. n. 7484 notificata il 13.2.2020 di irrogazione della sanzione pecuniaria di € 11.200,00 ex art. 31, comma 4 bis, D.P.R. n. 380/2001.

7. Con il ricorso iscritto al n.R.G. 1345/2017, proposto dinanzi al Tar Puglia - Lecce, l’odierno appellante ha impugnato il provvedimento demolitorio deducendo plurimi motivi e con motivi aggiunti ha impugnato anche l’ordinanza sanzionatoria.

8. Il TAR, con la sentenza n. 832/2022, pubblicata il 25 maggio 2022, ha dichiarato improcedibile il ricorso principale e infondato quello per motivi aggiunti, nulla spese in quanto il Comune non si era costituito.

9. Avverso tale pronuncia è insorto il sig. Monteforte, con atto di appello notificato in data 26 luglio 2022, depositato in data 9 agosto 2022, a mezzo del quale ha censurato la decisione ritenendola viziata per violazione di legge e, in particolare, sotto diversi profili, emanata in violazione dell’art. 31 del D.P.R. 380/2021.

10. L’Amministrazione non si è costituita in giudizio.

11. Previo deposito di memoria difensiva, alla pubblica udienza del 17 settembre 2025 tenutasi da remoto la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo rubricato “Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione art. 31 del D.P.R. n. 380/01, art. 3, 7 e 8 L.n. 241/1990, art. 8 del R.E.C., art. 42 Cost. Eccesso di potere. Erroneità dei presupposti. Difetto di istruttoria e motivazione. Violazione art. 3 L. n. 241/90”, parte appellante censura la sentenza nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il ricorso originario sull’errato presupposto che l’ordinanza n. 456/2017, di dichiarazione del silenzio-rifiuto sull’istanza di sanatoria e di demolizione di opere, sarebbe stata “sostituita” dalla successiva ordinanza n. 86/2018 di irrogazione della sanzione pecuniaria.

1.1. Le censure sono fondate essendo i giudici di primo grado incorsi in un evidente errore percettivo, in quanto è palese che il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, segnatamente la successiva ordinanza n. 86/2018 di irrogazione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del DPR 380/2001, non sostituisce, ma si aggiunge all’ordinanza n. 456/2017, di dichiarazione del silenzio-rifiuto sull’istanza di sanatoria e di demolizione di opere.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c. per altro profilo. Omessa pronuncia sulle censure proprie formulate con i motivi aggiunti di primo grado”, parte appellante si duole della circostanza che il TAR ha rigettato i motivi aggiunti, confondendoli con il ricorso originario, atteso che li ha ritenuti infondati, pronunciandosi solo sulle censure del ricorso originario, mentre non si è pronunciato su alcuna delle censure proprie formulate con i motivi aggiunti.

2.1. La censura è fondata essendo evidente il difetto di pronuncia sugli specifici motivi del ricorso per motivi aggiunti.

3. L’appellante ripropone pertanto gli specifici motivi di censura avverso l’ordinanza sanzionatoria affidati a quattro motivi, già contenuti nei motivi aggiunti.

4. Possono essere esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo in quanto connessi.

4.1. Con il primo, rubricato “Violazione e falsa applicazione articolo 31 d.p.r. n. 380/2001. Eccesso di potere. Travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti”, si duole del fatto che l’ordinanza sanzionatoria non è stata preceduta dall’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 456/2017 che non sarebbe surrogabile dal verbale della Polizia Locale del 2.1.2018, trasmesso, al Dirigente dell’area funzionale 1, con la nota della stessa Polizia Locale prot. 213/2017/Ris).

4.2. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione articolo 31 d.p.r. n. 380/2001 per altro profilo. Eccesso di potere ed erroneità dei presupposti per altro profilo. Difetto di motivazione e violazione art. 3 L.n. 241/1990. Incompetenza”, si duole della mancata (a suo dire) piena corrispondenza tra le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione e quelle per cui è accertata l’inottemperanza, in quanto nel verbale gli agenti accertatori si sarebbero limitati ad affermare genericamente che le opere abusive non erano state demolite.

4.3. Le censure sono infondate in fatto ed in diritto. In fatto, l’appellante si duole del verbale di accertamento e della mancata corrispondenza in dettaglio delle opere, ma non lo contesta nei fatti né deduce di aver provveduto alla demolizione. In diritto, il verbale della polizia locale è certamente atto endoprocedimentale prodromico alla irrogazione della sanzione che fa stato di quanto accertato (e non contestato). E’ noto che la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che In materia di sanzioni in ambito urbanistico-edilizia, il presupposto dell'applicazione dell'art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, è costituito dalla mera inottemperanza all'ordinanza di demolizione, atteso che detta disposizione è finalizzata a sanzionare la mancata rimozione dell'abuso. Nel caso di specie, il provvedimento che ha irrogato la sanzione richiama testualmente il verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione (T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 03/01/2024, n. 45).

4.4. Con il secondo motivo rubricato “Violazione del principio di irretroattività delle disposizioni in riferimento ad abusi realizzati prima dell’entrata in vigore della norma” si duole del fatto che la L.n. 164 dell’11.11.2014 n. 164 (che - in sede di conversione del d.l. 12 settembre 2014 n. 133 - ha aggiunto i commi 4 bis e ss. nel corpo dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 cit.) non è applicabile ad opere realizzate in epoca precedente all’introduzione dello stesso art. 4 bis, come nel caso di specie.

4.5. Il Collegio osserva che, sebbene le opere realizzate dall’appellante risalgono ad epoca anteriore al 2014, l’ordinanza di demolizione n. 456/2017 è successiva all’entrata in vigore della norma. Trova pertanto applicazione – a contrario – il principio espresso dal Cons. Stato, (Ad. Plen.), 11/10/2023, n. 16 secondo cui “la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 31, comma 4-bis,D.P.R. n. 380/2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell'entrata in vigore della L. n. 164/2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all'ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore. L'Adunanza plenaria, sotto questo profilo, ha chiarito che rilevano i seguenti tre principi: 1) il principio di irretroattività, desumibile nella materia sanzionatoria dall'art. 1, L. n. 689/1981, oltre che dall'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile; 2) il principio di certezza dei rapporti giuridici, perché chi non ha ottemperato all'ordine di demolizione, facendo decorrere il termine di 90 giorni prima dell'entrata in vigore della L. n. 164/2014, ha compiuto una omissione in un quadro normativo che prevedeva "unicamente" la conseguenza della perdita della proprietà e non anche quella della irrogazione della sanzione pecuniaria; 3) il principio di tipicità ed il principio di coerenza, poiché col decorso del termine di 90 giorni il responsabile non può più demolire il manufatto abusivo, poiché non è più suo, sicché non è più perdurante l'illecito omissivo (in quanto si è "consumata" la fattispecie acquisitiva), sicché l'applicazione dell'art. 31, comma 4-bis, anche alle ipotesi in cui il termine di 90 giorni era già decorso prima della sua entrata in vigore, comporterebbe l'applicazione di una sanzione per una omissione giuridicamente non più sussistente, essendo preclusa ogni modifica del bene in assenza di ulteriori determinazioni del Comune sulla gestione del bene divenuto ormai suo”.

4.6. Infatti, l’appellante ha fatto inutilmente decorrere il termine di 90 giorni a seguito dell’ordinanza n. 456/2017 con cui veniva ingiunta la demolizione e, quindi, successivamente all’entrata in vigore della legge L. n. 164/2014 e, pertanto, conosceva il quadro normativo in vigore.

5. Con il quarto motivo rubricato “Violazione e falsa applicazione degli articoli 27 e 31, comma 4 bis, del d.p.r. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione articolo 3 L.n. 241/1990. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti” si duole del fatto che il provvedimento sanzionatorio sarebbe privo di motivazione che non potrebbe ritenersi assolta solo col mero richiamo ad una norma, che rinvia ad un’altra norma, ma necessita della specifica indicazione di quale parte di dette disposizioni di legge si ritiene sia stata violata dall’intimato. Ed infatti, il comma 4 bis dell’art. 31 comprende in sé diverse disposizioni e il comma 2 dell’art. 27 elenca tutta una serie di situazioni nelle quali si deve procedere alla irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria nella misura massima. La censura, oltrechè generica, è infondata in fatto, in quanto l’appellante, con le deduzioni che precedono, ha dimostrato di aver ben compreso il motivo della sanzione pecuniaria che risulta essere stata irrogata per non aver adempito all’ingiunzione demolitoria.

6. Conclusivamente, il ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto con diversa motivazione.

7. Con riguardo al ricorso principale, con il terzo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione art. 31 d.p.r. n. 380/2001 e art. 3 L.n. 241/1990. Contraddittorietà e illogicità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria e motivazione. Erroneità dei presupposti. Violazione art. 42 della Costituzione” deduce l’appellante che l’ordinanza di demolizione n. 456/2017 sarebbe stata adottata in violazione dell’art. 31, comma 3, d.p.r. 380/01, secondo cui: “se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. Infatti che l’ordinanza di demolizione n. 456/2017 stabilisce che in caso di inottemperanza verranno acquisite oltre alle opere abusive, anche l’intera particella 93 al foglio 98 di 5.444 mq, che risulta 52 volte superiore alla superficie utile costruita abusivamente.

7.1. La censura è inammissibile in quanto, come riconosciuto anche dal Cons. Stato, Sez. VI, 19/07/2024, n. 6477, l'ordinanza comunale impugnata non può ritenersi in parte qua lesiva della posizione dell’appellante dovendo, comunque, l'Amministrazione adottare - in caso di inottemperanza- un ulteriore provvedimento, nel quale dovrà essere determinata l'area oggetto di acquisizione. L'omessa o l’errata indicazione di tale area nell'ordinanza di demolizione non produce, quindi, alcuna lesione, dovendo l’amministrazione adottare un ulteriore provvedimento avverso il quale la parte potrà eventualmente spiegare impugnazione.

8. Con il quarto motivo, parte appellante censura la sentenza per “Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. per altra ragione. Eccesso di potere. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. Carenza di istruttoria. Violazione art. 3 L. n. 241/90 e art. 8 R.E.C. Difetto di motivazione”, in quanto l’ordinanza n. 456/2017 impone la demolizione delle opere “descritte in narrativa” sul presupposto che tutte sarebbero state realizzate “senza permesso di costruire”. Per contro, tra le opere così descritte, vi sarebbero anche :

- il manufatto con una superficie coperta di 54 mq., che, però, include la struttura regolarmente autorizzata col permesso di costruire n. 363/2011, mai annullato e/o revocato;

- la “vasca interrata per la probabile raccolta dei reflui fognari sormontata da serbatoio idrico amovibile”, che, però, era stata autorizzata col permesso di costruire n. 363/2011;

- i quattro “muri di recinzione del tipo a “secco” che perimetrano il lotto dell’appellante, che, però, su tre lati erano da tempo esistenti e non erano oggetto dell’istanza edilizia assentita con il p.d.c. n. 363/2011.

8.1. Inoltre, deduce l’appellante che, a differenza di quanto stabilito nell’ordinanza n. 456/2017, la costruzione della recinzione non necessita del permesso di costruire richiesto dall’art. 31 D.P.R. n. 380/01 ai fini dell’emanazione della sanzione demolitoria, atteso che l’art. 8 del R.E.C. richiede una semplice autorizzazione edilizia: “sono soggetti ad autorizzazione…qualsiasi recinzione in muratura o altri materiali”.

8.2. Il TAR – secondo l’appellante - ha disatteso la censura, limitandosi ad affermare che “è sufficiente leggere l’impugnata ordinanza per avvedersi che il nuovo manufatto ha sostituito integralmente quello originario, ivi incluse le opere assentite. Trattasi, cioè, di nuovo corpo di fabbrica, edificato in assenza di titolo edilizio, sicché unica sanzione adottabile era quella - di poi adottata - di demolizione del manufatto abusivo”.

9. Osserva il Collegio quanto segue.

9.1. Con riguardo al manufatto di superficie coperta pari a 54 mq., trattasi di struttura completamente diversa rispetto alla copertura precaria di cui al permesso di costruire n. 363/2011 e, pertanto, l’ordine demolitorio non po' che riguardare l’intera struttura realizzata in totale difformità dal titolo edilizio.

9.2. Con riguardo alla vasca interrata per la probabile raccolta dei reflui fognari sormontata da serbatoio idrico amovibile, questa non risulta autorizzata col permesso di costruire n. 363/2011.

9.3. Infine, per quanto riguarda i quattro “muri di recinzione del tipo a “secco” che perimetrano il lotto dell’appellante, risulta che siano stati ripristinati in violazione delle prescrizioni contenute nel medesimo permesso di costruire n. 363/2011 e, quindi, andranno sistemati secondo quanto stabilito nel titolo.

Conclusivamente, l’appello va respinto. Nulla spese, in mancanza della costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale resistente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2025 da remoto con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Maria Grazia Vivarelli, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere