Consiglio di Stato Sez. VI n. 5842 del 2 luglio 2024
Urbanistica.Vincoli conformativi ed espropriativi
I vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi atteso che i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (cd. zonizzazione) e che dunque si connotano per il fatto di incidere su una generalità di beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accumunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono; mentre i secondi sono quelli che riservano alla mano pubblica l'edificazione in una specifica area (cd. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente di contenuto del diritto di proprietà su di un determinato bene; mentre con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica; invero, i vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l'attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale.
Pubblicato il 02/07/2024
N. 05842/2024REG.PROV.COLL.
N. 02387/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2387 del 2021, proposto da Giovanna Di Carpegna Brivio, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Stendardi, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Meda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Pellicani, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Livia Lorenzoni in Roma, via del Viminale 43;
Parco della Brughiera Briantea (ora Parco delle Groane); Regione Lombardia, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione seconda) n. 1570/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Meda;
Visti gli artt. 35, comma 1, 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante è proprietaria di alcuni terreni siti nel Comune di Meda.
1.1. Con il ricorso introduttivo del giudizio, unitamente ai signori Di Carpegna Brivio Cecilia e Di Carpegna Brivio Ugo, ha chiesto l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Meda:
- del P.G.T., adottato con delibera n. 13 del 23 maggio 2016 e definitivamente approvato dal Consiglio comunale, con delibere n. 28/2016, 29/2016, 30/2016, 31/2016 e 32/2016;
- della delibera 41 del 7 novembre 2013 del Consiglio Comunale, costituente “Atto di Indirizzo per l'attivazione della Variante degli atti costituenti il PGT”;
- della delibera della Giunta comunale n. 219 del 13 novembre 2013 di avvio del procedimento di variante del P.G.T. vigente;
- della delibera di Giunta comunale n. 115 del 25 giugno 2014 di individuazione dell’Autorità procedente e dell’Autorità competente per la VAS relativa alla redazione del P.G.T.
1.2. Con il ricorso di primo grado ha chiesto anche la declaratoria della nullità della delibera della Giunta regionale della Lombardia del 26 luglio 1984 n. 41462 (recante riconoscimento del Parco locale di interesse sovracomunale – PLIS “Brughiera Briantea” nei Comuni di Mariano Comense, Lentate sul Seveso e Meda).
1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile la domanda della declaratoria di nullità della deliberazione della Giunta regionale n. 41462/1984, non avendo i ricorrenti depositato la cartolina di ricevimento attestante la notifica del ricorso alla Regione Lombardia, e ha dichiarato in parte inammissibile e in parte infondata la domanda di annullamento degli altri atti impugnati; il giudice di primo grado ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore del Comune di Meda.
1.4. L’odierna appellante premette, in punto di fatto, quanto segue.
1.4.1. A suo giudizio, l’impugnato P.G.T. del Comune di Meda avrebbe imposto sui terreni di sua proprietà un vincolo comportante l’apertura degli stessi alla generalità del pubblico senza neppure prevedere un indennizzo (motivo n. 8 del ricorso introduttivo del giudizio) e pur disponendo il Comune di Meda di una sovrabbondanza di aree da destinare a standard (motivo n. 7 del ricorso introduttivo del giudizio).
1.4.2. Fa rilevare che nel giudizio di primo grado sono stati dedotti i seguenti vizi:
a) Nullità dell’atto di riconoscimento del PLIS Brughiera Briantea, in quanto mancante della preventiva istituzione dello stesso PLIS da parte del Comune, con provvedimento oltretutto condizionato e in assenza del decreto del Presidente della Giunta Regionale di riconoscimento dello stesso;
b) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti, in quanto il riconoscimento, come disposto, non sarebbe stato istituito nei termini previsti dall’art. 34 della l.r. 86/83;
c) Violazione art. 51 c.p.c. e art. 1 l. 241/1990, in quanto il dipendente cui è stata attribuita, per la VAS, la qualifica di soggetto proponente, oltre ad essere organico all’Amministrazione comunale di Meda, ha attestato la regolarità del procedimento che prevedeva la propria nomina, pur essendo la stessa persona nominata quale autorità proponente;
d) Violazione degli artt. 11 e seguenti del d.lgs. 152/2006 e successive modifiche, in quanto la scelta dell’autorità competente in materia di V.A.S. deve essere costituita da un soggetto che offra idonee garanzie non solo di competenza tecnica e di specializzazione in materia di tutela ambientale, ma anche di imparzialità e di indipendenza rispetto all’autorità procedente, requisiti che non ricorrerebbero nel caso di specie;
e) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto, comportando il nuovo P.G.T. un vincolo a carico della proprietà Di Carpegna Brivio, l’atto di approvazione del predetto piano avrebbe dovuto essere supportato da specifica motivazione circa le ragioni della reiterazione del predetto vincolo;
f) Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e della illogicità, in quanto, nonostante le premesse contenute nel Piano dei Servizi e nel Piano delle Regole, la variante prevedeva di ampliare l’area del PLIS per più del 10% della precedente estensione;
g) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto non veniva giustificato il superamento, da parte del PLIS, degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968 e alla normativa regionale;
h) Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e illogicità; travalicamento di potere: i terreni della signora Di Carpegna Brivio, ricadendo nella zona E, si trovano ulteriormente sottoposti a vincoli di cui al PLIS Brughiera Briantea;
Inoltre, l’articolo 18.3 del Piano delle Regole, al fine di favorire la libera circolazione pedonale all’interno delle aree del Parco, vieta la chiusura, la soppressione, l’interruzione, la deviazione di strade, sentieri, percorsi pubblici o di uso pubblico anche di proprietà privata; in questo modo, sarebbe stato imposto un vicolo comportante l’impossibilità di utilizzo del bene a tempo indeterminato.
2. Tanto premesso, dopo aver richiamato in sintesi le statuizioni della sentenza impugnata, l’odierna appellante, pur senza rubricare specifici motivi di impugnativa, ha contestato le conclusioni del giudice di primo grado, articolando le doglianze con lettere contrassegnate dalla A alla L.
A1) Dopo aver richiamato l’art. 45 del c.p.a., evidenzia che la predetta norma non comminerebbe la sanzione della inammissibilità per le domande contenute nell’atto mancante della prova di compiuta notifica, limitandosi a sancire che le stesse non possono essere esaminate.
A suo giudizio, il loro esame può avvenire anche successivamente, se appurato, come nella presente sede, che la notifica si era compiuta tempestivamente.
A2) Fa rilevare che l’art. 31, comma 4, cod. proc. amm. sancisce che "la nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal Giudice".
B) La declaratoria della inammissibilità delle domande formulate nei confronti della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia del 26 luglio 1984 n. 41462, in relazione al mancato deposito della cartolina di ricevimento (comprovante l’avvenuto perfezionamento della notifica alla Regione Lombardia del ricorso di primo grado), non terrebbe conto del fatto che una delle memorie depositate nel giudizio di primo grado era stata notificata anche alla Regione Lombardia in data 9 aprile 2020; ove pure si volesse ritenere non perfezionata la notifica del ricorso introduttivo del giudizio, la Regione Lombardia sarebbe stata comunque informata della pendenza del giudizio, in quanto nella predetta memoria erano stati riepilogati e illustrati i vizi dedotti nel ricorso introduttivo.
C) La delibera regionale relativa al riconoscimento del PLIS subordinava detto riconoscimento a requisiti mai rispettati dal Comune di Meda: il procedimento di riconoscimento non avrebbe ancora terminato il proprio iter, per cui le censure dedotte sarebbero tempestive; l’appellante ribadisce che la nullità, oltre ad essere eccepita dalla parte che vi ha interesse, può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
D) L’appellante fa rilevare testualmente: “Nel ricorso introduttivo la parte indicata nella decisione impugnata e relativa al “fatto” è composta da solo 4 punti; un motivo numero 6 del ricorso si legge solo nella parte di “diritto” della memoria notificata il 9 aprile 2020; sul punto il giudicante è caduto in una svista”.
E) Evidenzia, inoltre, che nel ricorso introduttivo del giudizio erano stati dedotte specifiche doglianze in relazione al processo di formazione della Valutazione Ambientale Strategica del PGT del Comune di Meda.
In particolare, era stata censurata l’attribuzione della qualifica di autorità procedente all’ing. Camarda, che è la stessa persona che ha attestato le regolarità tecnica della deliberazione con la quale gli è stato conferito tale compito; il Comune di Meda non avrebbe tenuto conto della necessità di distinguere tra la figura del controllore da quella del controllato.
Nel ricorso di primo grado aveva inoltre evidenziato che il dipendente comunale responsabile del procedimento sarebbe stato privo dei titoli e delle competenze per svolgere tale compito; nella delibera relativa alla sua nomina, il Comune di Meda si sarebbe limitato a richiamare “incarichi di responsabilità”, senza l’indicazione di tali incarichi e dei titoli che legittimerebbero tale scelta.
F) Fa rilevare, inoltre, che il giudice di primo grado ha richiamato alcuni precedenti giurisprudenziali per tentare di superare la censura in ordine alla irregolarità della nomina dell’autorità procedente e di responsabile della Vas.
L’appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado (che ha dichiarato la inammissibilità delle censure), evidenziando che il procedimento di approvazione di un piano regolatore si articola in diverse fasi, ognuna delle quali deve seguire determinate regole; l’insieme delle varie fasi procedimentali dà vita allo strumento urbanistico finale.
A giudizio dell’appellante, l’interesse allo scrutinio delle censure dedotte nel ricorso doveva essere valutato con riguardo all’intero procedimento e non con riguardo alle singole fasi in cui detto procedimento si articola.
Fa rilevare che anche la pubblica amministrazione deve rispettare le regole del procedimento e che la mancata competenza dei soggetti titolari indicati per la VAS ha portato alla confusione dei ruoli e all’apposizione di un vincolo espropriativo, attuato da soggetto privo di potere, a carico dei fondi dell’appellante (in questo consisterebbe l’interesse azionato dalla ricorrente, odierna appellante).
G) Fa rilevare che i vincoli espropriativi del piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, sono quelli che incidono su beni determinati e/o che ne comportano l’inedificabilità e dunque svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.
Nel caso di specie, dalla normativa del piano regolatore approvato dal Comune di Meda deriverebbe l’impossibilità di attuazione di una qualunque attività da parte del privato; ciò costituirebbe una limitazione del diritto di proprietà che ne diminuisce in modo irreversibile il valore.
H) L’appellante, anche per effetto della Valutazione ambientale strategica favorevole, sarebbe stata costretta ad “aprire i propri terreni all’uso generale in forza di una norma regolamentare che ha dato vita ad una servitù di uso pubblico, prevista a tempo indeterminato”.
Evidenzia che le caratteristiche della servitù di uso pubblico sono:
a) il passaggio esercitato “iure servitutis pubblicae” da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale;
b) la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
c) un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell'uso da tempo immemorabile.
Le disposizioni del piano regolare sarebbero state adottate in violazione della disciplina sugli espropri da parte di soggetto privo di poteri e competenza.
I) In ordine alla censura relativa al sovradimensionamento delle aree destinate a standard, dopo una premessa sugli standard urbanistici, l’appellante sostiene che, nel momento in cui il Comune di Meda ha ritenuto di ampliare a dismisura la destinazione a verde (vincolato), comprendendovi anche i terreni della appellante, avrebbe dovuto fornire idonea motivazione e non invece limitarsi a dare prescrizioni di natura espropriativa senza indicarne le ragioni.
L) Sul punto dell’interesse a ricorrere, fa rilevare di aver agito in giudizio per difendere i propri beni dall’illegittimo e arbitrario agire della amministrazione comunale.
3. Sulla base delle deduzioni che precedono, l’appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, vengano annullate le deliberazioni del Comune di Meda sopra richiamate e venga dichiarata la nullità della delibera della Giunta Regionale della Lombardia del 26 luglio 1984 n. 41462.
4. Si è costituito in giudizio il Comune di Meda, riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le eccezioni di inammissibilità proposte dalla amministrazione comunale nella memoria depositata in data 9 marzo 2020 (nel giudizio di primo grado) e ribadite in successivi scritti difensivi, rispetto ad alcune censure dedotte dall’appellante in detto giudizio e dichiarate assorbite ovvero non esaminate dal giudice di primo grado.
4.1. In particolare, il Comune di Meda ha riproposto l’eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento e di declaratoria della nullità dell’atto di riconoscimento del P.L.I.S. Brughiera Briantea.
Dopo aver evidenziato che, con il primo motivo del ricorso di primo grado, i ricorrenti avevano formulato una domanda di accertamento e di declaratoria della nullità della deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia del 26 luglio 1984, n. III/41462, recante riconoscimento del Parco Locale di Interesse Sovraccomunale (P.L.I.S.) Brughiera Briantea (ora Parco delle Groane), il Comune di Meda fa rilevare che il giudice di primo grado ha dichiarato detta domanda inammissibile, per non avere i ricorrenti depositato la cartolina di ritorno (attestante il perfezionamento della notifica del ricorso di primo grado alla Regione Lombardia); il Comune di Meda evidenzia che detta domanda:
a) è inammissibile (rectius, irricevibile), per tardività, in quanto proposta dopo il decorso del termine perentorio di 180 (centottanta) giorni indicato dall’art. 31, comma 4, cod. proc. amm.; tale termine, per gli atti amministrativi adottati in un arco temporale antecedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, deve farsi decorrere dalla data di entrata in vigore del codice;
b) è inammissibile, per violazione del principio del contraddittorio, non essendo il ricorso stato notificato agli altri Comuni interessati dal riconoscimento del PLIS.
4.2. Il Comune di Meda ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del terzo motivo del ricorso di primo grado, per carenza di interesse sotto profilo diverso da quello esaminato (e ritenuto fondato) dal giudice di primo grado.
Fa rilevare che con il terzo motivo del ricorso di primo grado i ricorrenti avevano contestato la legittimità del procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.), in quanto il soggetto nominato quale autorità procedente dalla Giunta Comunale, con deliberazione 25 giugno 2014, n. 155, ossia il dirigente dell’Area Infrastrutture e Gestione del Territorio, avrebbe dovuto astenersi dal rendere, rispetto a detta nomina, il parere di regolarità tecnica di cui all’art. 49 d.lgs. n. 267/2000 e s.m.i.
Il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato su un’ulteriore eccezione di inammissibilità, per carenza di interesse del terzo motivo del ricorso di primo grado, proposta dal Comune sotto un profilo diverso da quello prospettato e che viene riproposto in questa sede.
Le censure dedotte con il terzo motivo di impugnazione sarebbero inammissibili, in quanto l’impugnata deliberazione della Giunta Comunale n. 155/2014, nominando quale autorità procedente il dirigente dell’Area Infrastrutture e Gestione del Territorio, non avrebbe fatto che applicare il Regolamento sull’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di Meda, che, all’art. 8- bis commi 4 e 5, nel testo vigente ratione temporis, disponeva quanto segue: “(…) 4. Relativamente ai piani/programmi di competenza comunale, l’autorità procedente è individuata all’interno della Pubblica Amministrazione comunale tra coloro che hanno responsabilità nel procedimento di piano/programma (…) l’autorità competente per la VAS è individuata nell’ambito della struttura comunale, tra il personale tecnico incaricato di posizione organizzativa ex art. 8 ccnl 31.3.1999 con assunzione diretta di elevata responsabilità e caratterizzata da elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa, in virtù di comprovate e qualificate competenze professionali in ambito di tutela, protezione e valorizzazione ambientale, dandosi atto che in tal caso il predetto funzionario opera al di fuori dell’organizzazione gerarchica del settore o area di appartenenza, con la massima autonomia ed indipendenza ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, assumendo atti e pareri compatibili con la funzione e l’incarico assegnatogli in completa autonomia rispetto a qualsiasi figura dirigenziale presente nell’ente (…)”.
Il Comune di Meda fa rilevare che i ricorrenti, con il ricorso introduttivo del giudizio, non avevano impugnato le predette disposizioni del Regolamento comunale.
4.3. Il Comune di Meda ripropone l’eccezione di inammissibilità (rectius, irricevibilità) del quinto motivo, per tardività.
Con il predetto motivo, i ricorrenti di primo grado avevano lamentato un preteso eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione.
In particolare, avevano lamentato il difetto di motivazione del piano di governo del territorio (P.G.T.) comunale impugnato, sostenendo che detto piano, rinnovando una previsione già contenuta nel precedente strumento urbanistico, avrebbe nella sostanza reiterato un vincolo espropriativo.
Il Comune di Meda, oltre ad aver evidenziato che il nuovo piano non ha imposto alcun vincolo espropriativo, essendosi limitato a qualificare come zona agricola le aree di proprietà dei ricorrenti, nella memoria del 9 marzo 2020, aveva eccepito quanto segue : “(…) Peraltro, qualora ex adverso si fosse inteso contestare l’imposizione di un siffatto vincolo per effetto del mero inserimento delle aree dei ricorrenti nel P.L.I.S., tale (infondatissima) censura avrebbe dovuto essere tempestivamente mossa nei confronti della deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia 26 luglio 1984, n. III/41462, recante riconoscimento del P.L.I.S. e sarebbe, quindi, in questa sede inammissibile (…)”.
5. Con memoria depositata in data 4 marzo 2024, il Comune di Meda, dopo aver ripercorso l’intero giudizio di primo grado, ha evidenziato il carattere parziale del proposto gravame in appello, con conseguente passaggio in giudicato di alcune statuizioni della sentenza impugnata.
5.1. In rito, il Comune di Meda ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, per difetto di specificità dei motivi di impugnazione prescritta dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., che esige che le censure indichino con precisione i pretesi errores in procedendo e/o in iudicando commessi dal giudice di primo grado.
5.2. Ha fatto rilevare che, fatto salvo l’effetto devolutivo dell’appello, l’oggetto del giudizio di appello è costituito in via principale dalla legittimità o meno della sentenza impugnata e, quindi, dall’accertamento dell’esistenza o meno dei pretesi errores in procedendo e/o in iudicando denunciati dall’appellante, che ha l’onere di prospettare e di svolgere una critica puntuale alla motivazione della sentenza impugnata, non potendo limitarsi a riproporre i motivi formulati nel giudizio di primo grado, senza tener conto delle argomentazioni giuridiche in forza delle quali la sentenza gravata li ha respinti, in rito e/o in merito.
Nel caso di specie, non sarebbe soddisfatto il requisito della specificità dei motivi di appello prescritto dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., essendosi l’appellante limitata a riproporre alcuni dei motivi del ricorso di primo grado, senza svolgere una critica puntuale alla motivazione della sentenza appellata né indicare quali siano le norme giuridiche e i principi che sarebbero stati violati dalla stessa.
5.3. Nel merito, il Comune di Meda ha contestato la fondatezza delle doglianze della parte appellante e ne ha chiesto conseguentemente la reiezione.
6. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
7. All’udienza pubblica del 4 aprile 2024, su richiesta delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
8. In accoglimento della eccezione sollevata dal Comune di Meda, il ricorso in appello deve essere dichiarato inammissibile, per la genericità delle censure formulate nell’atto di appello.
8.1. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale l’appellante non può limitarsi a riproporre i motivi del ricorso di primo grado senza articolare puntuali censure avverso la sentenza gravata, tanto contrastando con il generale principio della specificità dei motivi di appello, che discende dal carattere impugnatorio dell’appello (ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 21 maggio 2019 n. 3253; sez. V, 30 luglio 2018, n. 4655; sez. IV, 16 febbraio 2018, n. 993).
Il principio di specificità dei motivi di impugnazione, stabilito dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo; il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo, infatti, si presenta come revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V, 15 gennaio 2024 n. 503; sez. II, sentenza n. 4190 del 2023; sez. V, sentenza n. 2843 del 2021 e n. 5208 del 2020).
Nel caso di specie, l’appellante, senza formulare specifici motivi di critica della sentenza, enuncia senza un ordine preciso considerazioni di natura giuridica a sostegno della tesi formulata nel ricorso di primo grado.
8.2. Le generiche deduzioni della parte appellante si rivelano comunque infondate nel merito.
8.2.1. Il ricorso in appello si fonda su presupposti erronei.
Il Comune di Meda non ha istituito sulle aree di proprietà della appellante un vincolo espropriativo (come sostenuto dalla odierna appellante); semplicemente, ha qualificato dette aree come zona agricola; il vincolo di cui l’appellante si duole non ha natura espropriativa, ma conformativa.
8.2.2. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, ribaditi recentemente da questa Sezione (sentenza 31 gennaio 2023 n. 1092):
a) i vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi atteso che i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (cd. zonizzazione) e che dunque si connotano per il fatto di incidere su una generalità di beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accumunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono; mentre i secondi sono quelli che riservano alla mano pubblica l'edificazione in una specifica area (cd. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente di contenuto del diritto di proprietà su di un determinato bene (Cons. Stato, sez. IV, n. 3116/2018; id., sez. II, n. 342/2020);
b) mentre con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 6241/2019);
c) la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, funzionale all’interesse pubblico generale e conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico, nonché i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2022 n. 1142);
d) invero, i vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l'attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2018, n. 5994).
8.2.3. L’impossibilità per l’appellante di utilizzare le aree di sua proprietà a fini edificatori discende dall’inserimento del territorio del Comune di Meda nel Parco locale di interesse sovracomunale, rispetto alla cui istituzione (avvenuta con deliberazione di Giunta regionale della Lombardia del 26 luglio 1984 n. 41462) le generiche doglianze della appellante sono inoltre tardive.
Ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a. la domanda diretta all’accertamento delle nullità previste dall’ordinamento giuridico deve essere proposta entro il termine decadenziale di 180 giorni, per la cui decorrenza vale quanto stabilito dall’art. 41, comma 2, c.p.a. (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 16 ottobre 2020 n. 22).
Orbene, l’art. 41, comma 2, c.p.a. (per la parte di interesse) dispone: “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.
Nello stesso ricorso introduttivo del giudizio, la ricorrente ammette che la delibera della Giunta Regionale n. III/41462 del 26/7/84 è stata pubblicata sul BURL n. 47 del 21/11/1984; anche a voler far decorrere il termine decadenziale di 180 giorni previsto per la proposizione dell’azione di nullità dalla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo (ossia, dal 16 settembre 2010), ne consegue che al momento della notifica del ricorso introduttivo del giudizio (7 marzo 2017), il termine decadenziale era irrimediabilmente scaduto.
8.2.4. Sebbene la nullità possa essere rilevata d’ufficio dal giudice amministrativo, come prevede l’art. 31, comma 4, c.p.a., il rilievo della nullità da parte del giudice in via officiosa non può intervenire quando sia la parte stessa a far valere detta forma di invalidità, in via di azione; l’esercizio del potere officioso da parte del giudice, in tale caso, renderebbe vana la previsione stessa del termine decadenziale per la deduzione del vizio in via autonoma da parte del ricorrente (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 luglio 2022 n. 5593). Questo principio è stato, da ultimo, ribadito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di stato, rilevando che “il rilievo della nullità da parte del giudice non può (…) sopperire alla carenza di allegazioni del ricorrente, introducendo un tema decisorio che non era stato dedotto nell’atto di impugnazione: l’esercizio del potere officioso in tale caso renderebbe vana la previsione stessa del termine decadenziale per la deduzione del vizio da parte del ricorrente” (Cons. Stato, Ad. plen., 7 maggio 2024, n. 11).
9. In conclusione, il ricorso in appello è inammissibile, per violazione del principio di specificità dei motivi di impugnazione.
10. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della parte appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di Meda delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore