Consiglio di Stato Sez. II n. 5029 del 11 giugno 2025
Urbanistica.Trasformazione di magazzino o locale di deposito in studio professionale 

La trasformazione di un immobile classificato come magazzino o locale di deposito - non destinato, pertanto, per tipologia e natura ad accogliere, in modo continuativo e prolungato persone, bensì merci e beni – in luogo adibito a studio professionale e uffici costituisce «mutamento d'uso urbanisticamente rilevante». Tale definizione si attaglia ad ogni forma di trasformazione stabile di un immobile, preordinata a soddisfare esigenze non precarie, anche se non accompagnata da opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile ad una diversa categoria funzionale fra quelle elencate dall'art. 23-ter, comma 1, d.P.R. n. 380/2001. Inoltre, la realizzazione della tipologia di manufatti destinati a garage o cantina è conforme alla destinazione di zona (residenziale) nei soli limiti in cui essi restino “locali accessori”, che in quanto privi dei requisiti di abitabilità non incidono sulle disponibilità volumetriche abitative né sul carico urbanistico. Il cambio di destinazione d’uso da garage o cantina a residenziale (ma il ragionamento vale anche per la destinazione oggetto di contestazione nel presente giudizio a studio professionale e ufficio), quindi, è sempre rilevante, pur se astrattamente non si passa da una all’altra delle categorie previste nell’art. 23-ter, e necessita pertanto di permesso di costruire. 

Pubblicato il 11/06/2025

N. 05029/2025REG.PROV.COLL.

N. 07376/2024 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7376 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Mario Baldassarri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Umberto Garofoli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti il 1-OMISSIS-, nel giudizio contraddistinto da R.G. 2815/2022;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2025 il Cons. Maria Stella Boscarino e udito per la parte appellata l’avv. Umberto Garofoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sentenza del T.A.R. Lazio appellata ha respinto il ricorso avverso l'ingiunzione a rimuovere gli interventi di ristrutturazione edilizia abusivamente realizzati in via -OMISSIS-n. 8/A, consistenti nel cambio di destinazione d’uso dalla categoria catastale C/2 (quindi espressiva di un ambiente destinato a magazzino o cantina) in ufficio. A parere di Roma Capitale, tale nuova caratterizzazione sarebbe stata ricavabile dall’allestimento dei locali con postazioni computerizzate e sala riunioni, oltre ad un piccolo bagno presente sul piano strada ed accessibile dal locale seminterrato per mezzo di una scala in muratura. Altro elemento indicatore, secondo il provvedimento impugnato, dell’avvenuto mutamento di destinazione d’uso in assenza di titolo abilitativo sarebbe consistito nell’apposizione, sul piano strada, di due targhe indicanti la presenza all’interno di uno studio legale e di uno studio immobiliare. Infine, ulteriore irregolarità veniva ravvisata nella presenza di un cancelletto posto al piano strada con ante apribili verso l’esterno del marciapiede, in contrasto con l’art. 50 del regolamento edilizio comunale.

2. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si lamentava l’illegittimità del provvedimento repressivo; secondo la parte ricorrente, il locale aveva assunto destinazione commerciale sin da epoca anteriore al 1939; sia la planimetria catastale di primo impianto (risalente a quell’anno) che le denunce dei contratti di locazione conclusi nel 1940 indicavano l’attuale consistenza dell’immobile già comprensivo, oltre che dei locali esistenti, anche del servizio igienico.

2.1. Sulla seconda questione, i ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 50 del regolamento edilizio comunale dichiarando di essere in possesso della richiesta presentata al comune di Roma il 28.11.1922 e della relativa licenza, rilasciata il 6.12.1922 (in data, quindi, ben anteriore all’entrata in vigore del regolamento edilizio), con cui veniva autorizzata l’apertura di una porta “a filo di muro, a piombo delle finestre e senza mostre”, con conseguente legittimità della porta installata.

2.2. Infine, il cambio di destinazione d’uso sarebbe avvenuto senza opere e senza aggravio del carico urbanistico. Oltretutto, a giudizio della parte, la trasformazione contestata sarebbe stata realizzata in via esclusivamente occasionale e transitoria.

3. Il T.A.R. adito ha dichiarato la parziale improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse, avendo la parte spontaneamente ottemperato all’ordine di demolizione quanto all’apertura delle ante della porta d’ingresso.

3.1. Per il resto, ha ritenuto che il locale di via -OMISSIS-n. 8/A fosse stato indebitamente adibito a locale commerciale e professionale in assenza del doveroso titolo edilizio, integrando tale mutamento d’uso una trasformazione urbanisticamente rilevante ai sensi degli artt. 3, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380/2001.

3.2. Inoltre, quand’anche fosse stata comprovata la legittima preesistenza del locale adibito a servizio igienico, in ogni caso il mutamento della destinazione d’uso impressa all’immobile mantiene la rilevanza urbanistica, in quanto, ancorché compatibile nella medesima zona omogenea, intervenuto tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, così integrando una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico soggetta a regime concessorio oneroso, indipendentemente dall'esecuzione di opere.

3.3. Infine, che l’avvenuto mutamento sarebbe stato solamente “occasionale e transitorio” è stata ritenuta dal T.A.R. asserzione sprovvista di prova ed in contrasto con le risultanze documentali e fotografiche raccolte dall’amministrazione resistente.

4. Con il ricorso in appello si premette che questo Consiglio di Stato accoglieva l’appello cautelare rilevando, tra l’altro, che “il mutamento di destinazione d’uso risulta dal verbale del sopralluogo effettuato l’11 maggio 2021 e dalle fotografie allegate, mentre, a seguito della documentazione depositata dalla parte appellante, sussiste un principio di prova della risalenza del servizio igienico”.

4.1. Ciò detto, gli appellanti lamentano l’erroneità della sentenza appellata, in primo luogo, perché non sarebbe precisato come la presunta attività di ufficio possa incidere negativamente sui servizi della zona.

In secondo luogo, a giudizio degli originari ricorrenti non ogni mutamento della destinazione d’uso sarebbe rilevante secondo la normativa urbanistica, ma lo sarebbe solamente quello che presenta determinati caratteri definitivi; ma nel caso de quo i ricorrenti solo per un breve periodo avrebbero utilizzato l’immobile, senza effettuare lavori.

A sostegno di ciò gli appellanti evidenziano che la Polizia di Roma Capitale, quando ha effettuato il sopralluogo, non ha rinvenuto alcuna persona presso l’immobile, da ciò desumendo che lo stesso fosse inutilizzato. Gli appellanti riferiscono che subito dopo il sopralluogo hanno completato il trasloco e spostato le rispettive attività presso il nuovo ufficio sito in Via Vincenzo Bellini n. 22. A tal proposito è stato depositato in primo grado l’estratto dall’albo degli avvocati nonché l’estratto dal sito internet dell’Agenzia immobiliare Mannocci con l’indicazione della sede di Via Vincenzo Bellini n. 22 e non più Via Metauro, n. 8/A.

4.2. Sotto altro profilo, parte appellante sottolinea come nel giudizio dinanzi al Tar del Lazio fosse stata depositata la piantina catastale del 1939, dalla quale risulta la presenza del servizio igienico e i gradini per accedervi.

Si sottolinea, altresì, l’idoneità delle informazioni catastali ai sensi dell’art. 9 bis, co 1 bis, del D.P.R. 380/2001 il quale sancisce che “per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ….”.

Tenuto conto di tutto ciò, la determina dirigenziale impugnata risulterebbe illegittima. Difatti dispone la sanzione della demolizione dei gradini, indicati erroneamente come scala, e del servizio igienico, che erano già presenti da almeno 80 anni, applicando erroneamente la normativa urbanistica attuale e non quella dell’epoca in cui sono stati realizzati detti manufatti, risalente agli anni 30, senza attribuire valenza probatoria alla planimetria catastale depositata dai ricorrenti.

5. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, controdeducendo come gli appellanti avrebbero mutato la destinazione d’uso dell’immobile da C/2 (destinazione riservata alle attività di stoccaggio ed, eventualmente, vendita all’ingrosso) ad A/10 (destinazione riservata agli immobili funzionali allo svolgimento di attività di studio e ufficio). Ai sensi dell’art. 3 co.1 lett. d del DPR 380/2001, col passaggio da una categoria all’altra, sarebbe stato necessario ottenere il permesso di costruire, e conseguentemente pagare il contributo di costruzione, anche nel caso di modifica senza alcuna opera;

il passaggio da categoria C/2 ad A/10 comporterebbe un’importante migrazione dell’attività da esercitare da una categoria funzionale all’altra, secondo quanto disposto dall’art. 23 ter co. 1 del T.U. Edilizia, e una modifica della volumetria complessiva dell’edificio all’interno del quale l’immobile è situato con un aumento della superficie abitabile e un conseguente incremento della domanda di infrastrutture e servizi che gli enti locali sono chiamati ad assicurare.

Inoltre, l’immobile in questione sarebbe situato in “zona omogenea A”, secondo quanto disposto dal D.M. 1444/1968, e risulterebbe perciò sottoposto a vincolo.

5.2. Infine, l’amministrazione appellata sostiene che la preesistenza del servizio igienico non appare dimostrata, non essendo stato documentato l’allaccio necessario per il deflusso delle acque reflue, fondamentale per rendere effettiva la fruizione di tale servizio.

6. La Sezione, con ordinanza n. 3927/2024 del 23/10/2024, ha accolto la domanda cautelare.

7. Con memoria del 24.4.2025 Roma Capitale ha insistito nelle proprie argomentazioni.

8. Con replica del 29.4.2025 gli appellanti hanno ulteriormente dedotto che il sopralluogo è stato effettuato il giorno 24.09.2021, mentre gli appellanti già in data 14.2.2022 non svolgevano alcuna attività all’interno del locale; inoltre vi è prova scritta, risalente a data certa, che il servizio igienico esisteva già nel 1939 tanto da essere rappresentato graficamente già nella piantina catastale del 1939 prodotta in giudizio; infine, si richiama alle perizie depositate sia in primo che in secondo grado ed alle dichiarazioni di atto notorio.

9. All'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2025 il ricorso è stato trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. In via preliminare si osserva che gli appellanti hanno manifestato interesse alla decisione del gravame, pur avendo provveduto a spostare le attività professionali in altro sito, nelle more del giudizio di primo grado; ritiene al riguardo il Collegio che, sebbene il provvedimento repressivo impugnato in primo grado sia stato (in parte qua) eseguito, non ne consegue l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse, perché gli appellanti mantengono l'interesse allo scrutinio della legittimità del provvedimento impugnato, in relazione alla presente e futura destinazione dei locali oggetto di giudizio.

11. Il ricorso, con riferimento al contestato cambio di destinazione d’uso, è infondato.

11.1. In primo luogo, non può ragionevolmente dubitarsi della fondatezza fattuale della circostanza, contestata dal Comune, dell’avvenuto mutamento della destinazione, originariamente impressa all’immobile (ai sensi del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito con la legge n. 1249 del 1939, modificata dal D.L. 8 aprile 1948, n. 514, nonché regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con D.P.R. n. 1142/1949), da C/2 (la categoria catastale C, sottocategoria C/2, individua magazzini e locali di deposito) ad A/10 (uffici e studi privati).

11.2. A tal fine, è bene precisarlo, non rileva la circostanza dell’esistenza di un servizio igienico.

Come chiarito da questa Sezione (sentenza 22 aprile 2024, n. 3645), la destinazione d’uso a garage o cantina di per sé non è incompatibile con un servizio igienico, specie se il locale non è pertinenziale all’abitazione (è intuitivo che il proprietario possa dover usufruire del servizio quando si reca nell’immobile, anche per un ristretto periodo di tempo).

11.3. Ma il cambio di destinazione si evince da plurimi e convergenti indizi, evidenziati nella decisione appellata, quali l’allestimento dei locali con postazioni computerizzate e climatizzatori, l’apposizione, all’ingresso dell’immobile, di due targhe indicanti la presenza all’interno di uno studio legale e di uno studio immobiliare, pubblicizzato, quest’ultimo, anche nella pagina web dell’agenzia, con l’indicazione dell’ubicazione nel locale in questione, tutti elementi dotati dei requisiti di gravità e di precisione, tali da deporre nel senso dell’avvenuto mutamento di destinazione d’uso. Risultando, all’evidenza, del tutto irrilevante che al momento del sopralluogo non fosse presente alcuno nell’immobile.

11.4. La pretesa transitorietà dell’uso, come rilevato dal T.A.R., risulta inverosimile (alla stregua del quadro indiziario sopra rappresentato) e comunque indimostrata, essendo invero plausibile che, a fronte della contestazione da parte dell’amministrazione, gli interessati abbiano rapidamente sgomberato l’immobile, nella consapevolezza dell’illegittimità dell’utilizzo in difformità dalla categoria di appartenenza.

12. Ciò posto, la trasformazione di un immobile classificato come magazzino o locale di deposito - non destinato, pertanto, per tipologia e natura ad accogliere, in modo continuativo e prolungato persone, bensì merci e beni – in luogo adibito a studio professionale e uffici costituisce «mutamento d'uso urbanisticamente rilevante».

Tale definizione si attaglia ad ogni forma di trasformazione stabile di un immobile, preordinata a soddisfare esigenze non precarie, anche se non accompagnata da opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile ad una diversa categoria funzionale fra quelle elencate dall'art. 23-ter, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.

Inoltre, con la già citata decisione della Sezione 22 aprile 2024, n. 3645, si è, condivisibilmente, chiarito che la realizzazione della tipologia di manufatti destinati a garage o cantina è conforme alla destinazione di zona (residenziale) nei soli limiti in cui essi restino “locali accessori”, che in quanto privi dei requisiti di abitabilità non incidono sulle disponibilità volumetriche abitative né sul carico urbanistico. Il cambio di destinazione d’uso da garage o cantina a residenziale (ma il ragionamento vale anche per la destinazione oggetto di contestazione nel presente giudizio a studio professionale e ufficio), quindi, è sempre rilevante, pur se astrattamente non si passa da una all’altra delle categorie previste nell’art. 23-ter, e necessita pertanto di permesso di costruire.

Ne consegue la correttezza della decisione appellata in parte qua.

13. A diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento all’ordine di rimozione del locale WC, la cui preesistenza si evince dalla piantina catastale del 1939.

13.1. Il Collegio intende confermare l’orientamento espresso in sede cautelare, avendo la parte offerto un più che consistente principio di prova della risalenza del servizio igienico, risultando al riguardo irrilevante l’esistenza o meno dell’allaccio necessario per il deflusso delle acque reflue, questione sollevata dall’Amministrazione ma che attiene alla diversa vicenda della eventuale fruizione di tale servizio.

13.2. L'art. 10, comma 1, lett. d), n. 1, del d.l. n. 76/2020 ha aggiunto il comma 1-bis all'art. 9-bis del d.P.R. 380 del 2001, definendo lo “stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare” come quello “stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

Come chiarito dalla Sezione (sentenza del 15/09/2023, n.8339), il concetto di “stato legittimo dell'immobile” riguarda una condizione permanente degli immobili, che può essere preesistente alla stessa entrata in vigore della disposizione.

13.3. La parte, quindi, risulta aver offerto elementi sufficienti a ritenere legittimo il servizio in questione, di guisa che l’ordine di demolizione si appalesa illegittimo in parte qua.

14. Conclusivamente, l’appello deve essere accolto nei limitati di quanto chiarito sopra, sub 13-13.3.

15. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati esaminati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, come chiarito dalla giurisprudenza costante (per tutte: Consiglio di Stato sez. II, n.8247/2023 e giur. ivi richiamata). Gli specifici argomenti secondari non espressamente esaminati sono stati pertanto ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

16. La parziale soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parziale accoglimento dello stesso, riforma in parte la sentenza appellata e, per l'effetto, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado nei limiti di quanto indicato in motivazione ed annulla in parte l’atto impugnato.

Rigetta per il resto l’appello.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità degli appellanti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF

Giovanni Sabbato, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere