Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2521, del 9 maggio 2013
Urbanistica.Permesso di costruire per la costruzione di una stazione di servizio per la distribuzione carburanti liquidi e gassosi

Le fonti comunali (NTA del PUC e Piano per la realizzazione degli impianti di carburante del Comune di Avellino), intendono affermare che, posta la possibilità di realizzazione degli impianti di carburante in tutte le zone omogenee del piano regolatore, ad eccezione della zona A, e fatti salvi particolari vincoli paesaggistici, ambientali e monumentali, la concreta ubicazione degli impianti di carburante non può avvenire in qualunque luogo della zona omogenea, ma deve porsi, in coerenza con la naturale destinazione dell’impianto, lungo gli assi stradali esistenti, e non già dunque, esplicativamente, in punti lontani dagli assi viari, che abbisognano di collegamenti con i medesimi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02521/2013REG.PROV.COLL.

N. 02397/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2397 del 2012, proposto da: 
Ludoil Re S.r.l., subentrata alla Dacol Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Antonio Festa, Goffredo Ferrara, Maria Ortenzia Ferrara, Antonio Moccia, Remigio Barbati, Pasqualina Preziosi, Clarice Spadea, Pier Paolo Marino, Tullio Spinazzola, Anna De Santis, Eliana De Negri, Giorgio Silvestri, Carmela Marotta, Maria Rosaria Corrado, rappresentati e difesi dall'avv. Donato Cicenia, con domicilio eletto presso Stefano Brizi in Roma, via Alberto Guglielmotti, 2; 
Comune di Avellino, rappresentato e difeso dagli avv. Amerigo Bascetta, Giovanni Santucci De Magistris, con domicilio eletto presso Raffaele Porpora in Roma, via della Giuliana n.. 74 Int. 2;
Ministero dell'Economia e delle Finanze -Agenzia delle Dogane di Avellino, Ministero dell'Interno -Comando Provincilae dei Vigili del Fuoco di Avellino; rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Asl Avellino,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 00361/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO PERMESSO DI COSTRUIRE PER LA COSTRUZIONE DI UNA STAZIONE DI SERVIZIO PER LA DISTRIBUZIONE CARBURANTI LIQUIDI E GASSOSI



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze -Agenzia delle Dogane di Avellino; nonché di Antonio Festa, Goffredo Ferrara, Maria Ortenzia Ferrara, Antonio Moccia, Remigio Barbati, Pasqualina Preziosi, Clarice Spadea, Pier Paolo Marino, Tullio Spinazzola, Anna De Santis, Eliana De Negri, Giorgio Silvestri, Carmela Marotta , Maria Rosaria Corrado; nonché del Comune di Avellino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Lorenzo Lentini, Melania Nicoli e Donato Cicenia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con l’appello in esame, la società Ludoil Re s.r.l. (di seguito indicata come società “Ludoil”), impugna la sentenza 23 febbraio 2012 n. 361, con la quale il TAR per la Campania, sez. II della sede di Salerno, accogliendo il ricorso proposto dai signori Antonio Festa ed altri, ha annullato il permesso di costruire n. 11734/09, rilasciato dal Comune di Avellino per la costruzione di una stazione di servizio per la distribuzione di carburanti liquidi e gassosi.

Il permesso di costruire, rilasciato alla soc. Dacol s.r.l., è stato impugnato dagli attuali appellati, nella qualità di residenti in immobili confinanti.

La sentenza – previo rigetto delle eccezioni di carenza di legittimazione attiva e di tardività del ricorso – ha, in particolare, affermato:

- ai sensi dell’art. 2 d. lgs. n. 32/1998, “gli impianti di distribuzione di carburante sono compatibili con qualsiasi destinazione di zona, stante l’attitudine a servire ogni tipo di attività” di modo che “la loro localizzazione non è esclusa dalla destinazione urbanistica dell’area a verde pubblico, salvo eccezioni espresse fondate su particolari ragioni di pubblico interesse”;

- l’art. 7, co. 1, del Piano per la realizzazione degli impianti di carburante del Comune di Avellino, il quale prescrive che “gli impianti per la distribuzione di carburanti devono essere realizzati lungo gli assi stradali (art. 32, co. 4, delle NTA del PUC)”, deve essere interpretato nel senso che esso consente “gli impianti solo lungo gli assi stradali e nelle fasce di rispetto stradale”;

- nel caso di specie, una parte dell’impianto è stata realizzata oltre la fascia di rispetto stradale e precisamente il fabbricato servizi per le attività accessorie e complementari.

Avverso tale decisione, la società Ludoil – incorporante della soc. Dacol – propone i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, inammissibilità del ricorso originario, poiché i ricorrenti hanno assunto “genericamente di abitare nelle vicinanze del realizzando impianto, senza fornire, tuttavia, i titoli di legittimazione proprietaria”;

b) error in procedendo; omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia; error in iudicando; ulteriore inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, ex art. 100 c.p.c.; ciò in quanto non sono stati impugnati gli atti presupposti; in particolare, “sulla domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’esercizio di un impianto carburanti . . . si è formato silenzio assenso”. Ne consegue che il successivo rilascio del permesso di costruire configura un atto meramente riproduttivo di un titolo edilizio (e commerciale) già formato (per silentium) divenuto inoppugnabile”;

c) error in iudicando; irricevibilità del ricorso; poiché i ricorrenti avevano piena conoscenza dell’atto da impugnare, per avere esercitato il diritto di accesso a tale atto, ben prima di sessanta giorni dalla notifica del ricorso;

d) error in iudicando; infondatezza del ricorso in I grado; poiché, per un verso, la disciplina normativa statale e regionale (rispettivamente: art. 2 d. lgs. n. 32/1998 e art. 16 l. reg. n. 6/2006) “converge nel consentire l’istallazione di impianti di carburanti in tutte le zone omogenee del PUC (con esclusione delle zone A), anche (e non solo) nelle zone di rispetto stradale” e nel caso di specie l’impianto ricade in parte in zona di rispetto stradale, in parte in zona F – verde pubblico. Per altro verso, “la fonte legislativa regionale (l. reg. 6/2006) riveste . . . valore di automatico adeguamento di eventuali discipline comunali non coerenti, prevalendo sulle discipline regolamentari”;

e) error in iudicando, poiché, ai sensi dell’art. 7 del Piano comunale per gli impianti carburanti “gli impianti devono essere localizzati “lungo gli assi stradali” e non già solo nelle “fasce di rispetto stradale”; mentre detto Piano individua l’unico divieto localizzativo di impianti nella zona A – centro storico.

 

2. Avverso la decisione n. 361/2012 del TAR per la Campania, sede di Salerno, ha proposto appello incidentale autonomo anche il Comune di Avellino, con i seguenti motivi di impugnazione:

a1) error in iudicando; irricevibilità, inammissibilità, difetto di legittimazione attiva; carenza di interesse; ciò in quanto, in punto di legittimazione attiva, non è stata dimostrata dai ricorrenti in I grado la qualità di residenti in immobili confinanti con il realizzando impianto. Quanto alla irricevibilità, il ricorso è stato notificato dopo la scadenza del termine di sessanta giorni, decorrente dal realizzato accesso agli atti, tra i quali il permesso di costruire impugnato. Quanto al difetto di interesse ad agire, “il ricorrente è onerato di dimostrare (o quanto meno allegare) le circostanze di fatto in base alle quali potrebbe trarre giovamento da una sentenza favorevole” e “su tale eccezione il Tribunale ha completamente omesso di pronunciarsi”;

b1) error in iudicando; irricevibilità e inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, poiché con tale ricorso “non è stato impugnato alcun provvedimento nuovo”;

c1) error in iudicando, poiché l’art. 32 NTA del PUC, richiamato dall’art. 7 del Piano carburanti, consente la realizzazione di impianti di carburante nelle fasce di rispetto stradale, mentre – contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale – “non obbliga alla realizzazione degli impianti di carburante soltanto nelle fasce di rispetto stradali”, in senso peraltro conforme all’art. 16 l. reg. n. 6/2006.



3. Si sono costituiti in giudizio i signori Antonio Festa ed altri, che – con memorie depositate per le udienze del 24 aprile 2012 e del 29 maggio 2012 – hanno concluso per il rigetto degli appelli principale ed incidentale autonomo.

In particolare, con la prima delle due memorie, gli appellati eccepiscono l’inammissibilità dell’appello principale proposto dalla soc. Ludoil per difetto di legittimazione attiva, per non essere stata fornita prova dell’avvenuta incorporazione della soc. Dacol.

Con la seconda delle due memorie, si eccepisce la irricevibilità e/o inammissibilità dell’appello proposto dal Comune di Avellino, per violazione dell’art. 96 Cpa, per essere stato lo steso notificato oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione dell’appello Ludoil, poiché il Comune di Avellino, in violazione dell’art. 101 Cpa, “ha proposto anche domande ed eccezioni assorbite e/o comunque non esaminate dai Giudici di prime cure, che si sarebbero dovute ritualmente riproporre con memoria di costituzione.

Gli appellati ripropongono, inoltre, in via incidentale, domande ed eccezioni non esaminate dalla sentenza impugnata, e precisamente:

a2) violazione artt. 1 e 2 d. lgs. n. 32/1998; violazione D.M. attività produttive 31 ottobre 2001 n. 18504; violazione artt. 9 e 16 l. reg. n. 6/2006, in combinato disposto con la l. reg. n. 27/1994; violazione art. 87, commi 17 e 21 d.l. n. 112/2008; violazione artt. 6, 17, 23 e 24 del Piano comunale per la razionalizzazione degli impianti di distribuzione carburanti; inesistenza dei presupposti; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; violazione del giusto procedimento; erroneità della motivazione; contrasto tra atti; illogicità; irrazionalità, perplessità, contraddittorietà, sviamento; poiché il Comune di Avellino non ha osservato “le cogenti ed inderogabili previsioni del Piano comunale per la razionalizzazione degli impianti di distribuzione carburanti”. In particolare, nel progetto di impianto non vi è traccia di determinazione e dimensionamento delle corsie di accelerazione/decelerazione, né sono rispettate le rigide norme tecniche in materia di accessi. Solo in alcuni elaborati e non nella relazione tecnica allegata al progetto sono previste corsie lunghe m. 12, in luogo delle diverse lunghezze prescritte, di m. 46,26 e 40,5;

b2) violazione art. 2, c. 1-bis, d. lgs. n. 32/1998; violazione art. 24 NTA PUC; violazione D.M. n. 1444/1968; difetto di motivazione e di istruttoria; travisamento dei fatti; difetto assoluto dei presupposti; poiché “il Comune di Avellino, non applicando il Piano carburanti, non avrebbe potuto in alcun modo rilasciare l’impugnato permesso di costruire” in un’area destinata a verde pubblico;

c2) violazione art. 24 NTA PUC, art. 64 RUEC; art. 10 Piano carburanti; difetto di istruttoria, inesistenza dei presupposti, illogicità, travisamento dei fatti; violazione del giusto procedimento; erroneità della motivazione; poiché il Comune di Avellino “ha rilasciato il permesso di costruire impugnato su un’area destinata, in base al PUC, a verde pubblico”, senza rispetto delle norme urbanistiche di natura generale vigenti nel Comune, applicabili stante la mancata applicazione del Piano carburanti;

d2) violazione art. 9, co. 1 e 3, l. l. reg. n. 6/2006; art. 1, co. 2, d.lgs. n. 32/1998, art. 1 d. lgs. n. 285/1992; D.M. n. 18504/2001; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; contrasto tra atti; violazione del giusto procedimento; difetto di motivazione; illogicità; irrazionalità, perplessità, contraddittorietà, sviamento; poiché il permesso di costruire “è stato rilasciato pur in presenza di pareri generici, approssimativi, contraddittori e sommari”.

Si sono inoltre costituiti il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle dogane ed altre amministrazioni statali, come indicate in epigrafe, le quali, con memoria del 15 maggio 2012, hanno evidenziato la loro “estraneità alla contesa” essendosi esse “limitate ad adottare I prescritti pareri tecnici”, e chiedendo infine la loro estromissione dal giudizio.

All’odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.



DIRITTO

4. Il Collegio deve preliminarmente decidere sulle eccezioni con le quali gli appellati deducono l’inammissibilità dell’appello principale, perchè proposto dalla soc. Ludoil in carenza di legittimazione attiva; e l’irricevibilità dell’appello incidentale autonomo, proposto dal Comune di Avellino, perchè tardivo.

La prima delle eccezioni è infondata, poichè gli appellati si limitano ad osservare che la soc. Ludoil “asserisce di avere incorporato per fusione la Dacol s.r.l., ma nulla deduce in punto di sua legittimazione ad agire rispetto allo specifico rapporto processuale sorto in capo alla Dacol srl”. Tuttavia, gli appellati non supportano tale affermazione con elementi probatori volti a dimostrare la carenza di legittimazione attiva della società appellante, con ciò contravvenendo all’onere probatorio che processualmente incombe sulla parte che formula l’eccezione.

Qiuest’ultima, quindi, poichè limitata ad una mera affermazione non assistita da coerenti e sufficienti elementi probatori volti a sostenerla, deve essere rigettata perchè infondata.

Anche la seconda eccezione, concernente l’irricevibilità per tardività dell’appello incidentale autonomo del Comune di Avellino, è infondata.

Infatti, l’appello proposto dal Comune di Avellino si presenta quale appello incidentale cd. “autonomo” ovvero “"improprio", che è caratterizzato dal non essere diretto contro il medesimo capo della sentenza aggredito con l'appello principale, configurandosi come un autonomo gravame la cui natura incidentale discende unicamente dall'esser stato proposto dopo un precedente appello (principale); l'incidentalità in questo caso è dunque l’effetto del principio di concentrazione delle impugnazioni sancito dall'art. 333 c.p.c., secondo la logica del "simultaneus processus".

Per tale appello, trova applicazione l’art. 96, co. 3 Cpa, secondo il quale “l’impugnazione incidentale di cui all’art. 333 del codice di procedura civile può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione”.

Orbene, nel caso di specie, risulta dagli atti che l’appello della soc. Ludoil è stato notificato sal Comune di Avellino in data 2 aprile 2012 (v. pag. 21 appello), di modo che l’appello incidentale – pur proposto dopo la costituzione in giudizio intervenuta in data 18 aprile 2012 – si colloca ben entro il termine di sessanta giorni previsto dal citato art. 96, co. 3, Cpa.

 

5. Affermata la ammissibilità degli appelli, il Collegio deve dichiarare la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e delle altre amministrazioni statali evocate in giudizio, poiché, attesa la disposta definizione del presente giudizio con sentenza, in tal senso deve essere interpretata la domanda di “estromissione” dal giudizio stesso.

Nel caso di specie, infatti, come condivisibilmente rilevato dalle amministrazioni statali evocate, la controversia – anche alla luce degli atti concretamente impugnati ed effettivamente lesivi delle posizioni giuridiche dei ricorrenti in I grado – attiene a problematiche di carattere edilizio – urbanistico, cui le amministrazioni statali sono estranee.

 

6. Il Collegio ritiene fondati il terzo motivo dell’appello principale (sub c) dell’esposizione in fatto) ed il primo motivo dell’appello incidentale autonomo (sub a1 dell’esposizione in fatto), nella parte in cui si censura la sentenza impugnata per avere rigettato l’eccezione di irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, per essere stato lo stesso proposto oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla “piena conoscenza” del provvedimento impugnato, realizzatasi con l’accesso agli atti (ed al permesso di costruire impugnato).

Il Collegio rileva che - come già diffusamente esposto nella propria decisione 28 maggio 2012 n. 3159 - quanto al concetto di “piena conoscenza” dell’atto lesivo, lo stesso, anche con riferimento alla previgente disciplina, non deve essere inteso quale “conoscenza piena ed integrale” dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale.

Ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di “piena conoscenza” - il verificarsi della quale determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale - è la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso.

Ed infatti, mentre la consapevolezza dell’esistenza del provvedimento e della sua lesività, integra la sussistenza di una condizione dell’azione, rimuovendo in tal modo ogni ostacolo all’impugnazione dell’atto (così determinando quella “piena conoscenza” indicata dalla norma), invece la conoscenza “integrale” del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi.

In tali sensi, è rilevante osservare che l’ordinamento prevede l’istituto dei “motivi aggiunti”, per il tramite dei quali il ricorrente può proporre ulteriori motivi di ricorso derivanti dalla conoscenza di ulteriori atti (già esistenti al momento di proposizione del ricorso ma ignoti) o dalla conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti, e ciò entro il (nuovo) termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta. Ciò comprova la fondatezza dell’interpretazione resa della “piena conoscenza” dell’atto oggetto di impugnazione.

Ed infatti, se tale “piena conoscenza” dovesse essere intesa come “conoscenza integrale”, il tradizionale rimedio dei motivi aggiunti non avrebbe ragion d’essere, o dovrebbe essere considerato residuale.

In altre parole, solo l’assenza dell’istituto dei motivi aggiunti consentirebbe di interpretare la “piena conoscenza” come conoscenza integrale dell’atto impugnabile e degli atti endoprocedimentali ad esso preordinati, poiché in questo (ipotetico) caso si produrrebbe – diversamente opinando - un vulnus per il diritto alla tutela giurisdizionale, in quanto il soggetto che si reputa leso dall’atto si troverebbe compresso tra un termine decadenziale che corre ed una impossibilità di conoscenza integrale dell’atto, e quindi di completa e consapevole articolazione di una linea difensiva.

Al contrario, la previsione dei cd. motivi aggiunti comprova ex se che la “piena conoscenza” indicata dal legislatore come determinatrice del dies a quo della decorrenza del termine di proposizione del ricorso giurisdizionale, non può che essere intesa se non come quella che consenta all’interessato, di percepire la lesività dell’atto emanato dall’amministrazione, e che quindi rende pienamente ammissibile – quanto alla sussistenza dell’interesse ad agire - l’azione in sede giurisdizionale.

Ogni aspetto attinente al contenuto del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, ritenuto lesivo, ovvero di atti endoprocedimentali ritenuti illegittimi, incide su profili di legittimità dell’esercizio del potere amministrativo, e quindi sui presupposti argomentativi della domanda di annullamento.

Ma, come si è detto, la possibilità di sottoporre al giudice ulteriori motivi di doglianza, sui quali fondare e/o rafforzare la domanda di annullamento, non è preclusa dall’ordinamento, proprio per il tramite della previsione dei citati motivi aggiunti.

Nel caso di specie, la sentenza appellata afferma, in relazione alla “questione della tempestività dell’impugnazione rispetto alla data di adozione o di pubblicazione del provvedimento edilizio”, che “la conoscenza effettiva di un titolo costruttivo si configura solo al momento della ultimazione dei lavori o comunque quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed in equivoco le sue caratteristiche essenziali e la sua difformità alla disciplina urbanistica di settore”.

Tali considerazioni della sentenza impugnata non possono essere condivise:

- sia in quanto il concetto di conoscenza “piena” o “effettiva” deve intendersi, nei sensi sopra esposti, come conoscenza della lesività dell’atto;

- sia in quanto, nel caso di specie, l’atto autorizzatorio edilizio – mediante l’ostensione ottenuta in sede di accesso – è stato integralmente conosciuto dai ricorrenti in I grado, che avevano dunque modo di valutarne pienamente la eventuale lesività. Né questa – stante la piena conoscenza dell’atto – può dipendere dalla sua effettiva percezione, derivante dalla realizzazione (o dal progresso nella realizzazione) della costruzione, ipotesi che, pur sostenuta in giurisprudenza, sconta a tutta evidenza la assenza di conoscenza del titolo autorizzatorio, ma che non ha alcuna valenza nella diversa ipotesi di piena conoscenza del permesso di costruire.

Pertanto, posto che l’accesso è intervenuto in data 9 novembre 2009 ed il ricorso è stato notificato in data 9 febbraio 2010 (circostanza che non ha formato oggetto di confutazione in fatto nella sentenza appellata), i motivi di appello con i quali si deduce la irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado sono fondati e devono essere, di conseguenza, accolti, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

 

7. L’accoglimento dei motivi di appello sopra indicati esime il Collegio dall’esaminare gli ulteriori motivi di impugnazione, ed in particolare quelli dell’appello principale riportati sub lettere a) e b) dell’esposizione in fatto, e quello dell’appello incidentale autonomo sub lett. b1) dell’esposizione in fatto.

Il Collegio – fermo quanto innanzi pronunciato – ritiene tuttavia opportuno indicare anche la fondatezza dei motivi dell’appello principale (sub lett. d) ed e) dell’esposizione in fatto) e del motivo dell’appello incidentale autonomo sub lett. c1 dell’esposizione in fatto.

Giova, infatti, osservare che l’art. 2 d. lgs. 11 febbraio 1998 n. 32, prevede che la realizzazione di impianti di distribuzione di carburante è compatibile con qualsiasi destinazione di zona.

In particolare, il comma 1- bis dell’art. 2, prevede che “la localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A”.

In senso conforme con la legislazione nazionale, l’art. 16 l. reg. Campania 29 marzo 2006 n. 6, prevede:

“1. Gli impianti di distribuzione di carburanti sono realizzati, nel rispetto delle prescrizioni della presente legge e del regolamento, in tutte le zone omogenee del piano regolatore generale comunale, ad eccezione delle zone A. Gli impianti possono essere realizzati anche nelle fasce di rispetto a protezione del nastro stradale, previa individuazione da parte dei comuni delle destinazioni d’uso compatibili con l’installazione degli impianti.

2. I criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree, già individuati dal comune ai sensi del decreto legislativo n. 32/ 98, articolo 2, commi 1 e 2, sono adeguati dal comune stesso alle disposizioni della presente legge e del regolamento se non conformi.

3. Per i comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge non hanno fissato criteri, requisiti e caratteristiche delle aree ai sensi del decreto legislativo n. 32/98, articoli 2, commi 1 e 2., si applicano, senza ulteriori atti di recepimento, le norme della presente legge.

4. Il comune può riservare aree pubbliche all’installazione di impianti e stabilisce i criteri per la loro assegnazione, previa pubblicazione di bandi di gara e secondo modalità che garantiscono la partecipazione di tutti gli interessati. La priorità per l’assegnazione di tali aree è riconosciuta a consorzi di gestori di impianti incompatibili od a titolari di impianti, singoli o associati, che risultano proprietari, nell’ambito del territorio regionale, di un numero di punti vendita non superiore a cinque.”.

Appare, dunque, evidente, nella piena convergenza delle fonti legislative statali e regionali, che gli impianti di distribuzione di carburante, salvo che nelle zone A, possono essere istallati in tutte le zone omogenee del Piano regolatore generale comunale.

Tali prescrizioni delle fonti primarie, oltre che imporsi all’esercizio in concreto della potestà pianificatoria dell’ente (il quale non potrebbe, ad esempio, limitare a determinate zone la istallazione di impianti di distribuzione al di là dei casi indicati dalla normativa statale e regionale), costituiscono altresì evidente parametro cui rapportare l’interpretazione della norme presenti negli strumenti di pianificazione del territorio.

Nel caso di specie, l’art. 7, comma 1, del Piano comunale per la razionalizzazione degli impianti di carburante del Comune di Avellino, prevede che “gli impianti di distribuzione di carburanti devono essere realizzati lungo gli assi stradali (art. 32, comma 4, delle NTA del PUC)”.

A sua volta, il citato art. 34, co. 4, del PUC di Avellino, tra le opere che è possibile realizzare “nelle fasce di rispetto stradale. . . nel rispetto delle norme di zona”, indica anche gli “impianti di distribuzione di carburante con le relative opere accessorie nel rispetto delle norme del Piano di programmazione e razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti”.

Il Collegio ritiene che l’interpretazione dell’art. 7, comma 1 (pur integrando tale norma con quella – non chiaramente richiamata – dell’art. 34, comma 4, delle NTA del PUC) deve essere nel senso che rende coerente tale articolo sia con la legislazione nazionale, sia con quella regionale, essendo del tutto evidente che, in presenza di una pluralità di interpretazioni possibili, debba essere prescelta quella che rende una norma di fonte sottoordinata coerente – e non già in conflitto – con quelle di fonti sovraordinate.

Peraltro, lo stesso art. 34, comma 4 delle NTA del PUC, nel prevedere la possibilità di costruzione di talune opere anche nelle facce di rispetto stradale (dove l’edificazione sarebbe altrimenti esclusa), rinvia a sua volta, specularmente, alle norme del Piano di distribuzione dei carburanti.

In definitiva, ciò che le norme delle fonti comunali intendono affermare è che – posta la possibilità di realizzazione degli impianti di carburante in tutte le zone omogenee del piano regolatore, ad eccezione della zona A (e fatti salvi particolari vincoli paesaggistici, ambientali e monumentali) – la concreta ubicazione degli impianti di carburante non può avvenire in qualunque luogo della zona omogenea, ma deve porsi – in coerenza con la naturale destinazione dell’impianto – lungo gli assi stradali esistenti (e non già dunque – esplicativamente – in punti lontani dagli assi viari, che abbisognano di collegamenti con i medesimi).

Nel caso di specie – come è dato atto in sentenza – l’impianto assentito è stato ubicato proprio nell’ambito della fascia di rispetto stradale (dunque, “lungo gli assi stradali”, come prescrive l’art. 7), fuoriuscendo da tale fascia “solo il fabbricato servizi per le attività accessorie e complementari” (v. pag. 7 sentenza).

L’impianto, dunque, risulta assentito in perfetta coerenza con le previsioni normative, ponendosi esso lungo l’asse stradale e legittimamente proseguendo verso l’interno, in naturale continuità con l’ubicazione fronte-strada, anche al di là della fascia di rispetto stradale.



8. Le ragioni dell’accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale autonomo - comportando la riforma della sentenza impugnata con conseguente declaratoria di irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado e del ricorso per motivi aggiunti, determinano la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dagli appellati

Stante la natura delle questioni trattale, sussistono giunti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ludoil RE s.r.l. (n. 2397/2012 r.g.):

a) accoglie l’appello principale e l’appello incidentale autonomo, nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso instaurativo del giudizio di I grado;

b) dichiara inammissibili gli appelli indicati sub a), in quanto proposti avverso le amministrazioni statali indicate in epigrafe;

c) dichiara inammissibile l’appello incidentale proposto dagli appellati indicati in epigrafe;

d) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente FF

Diego Sabatino, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)