Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5544, del 22 novembre 2013
Urbanistica.Vincolo cimiteriale e riedificazione di edifici preesistenti e distrutti

La giurisprudenza amministrativa si è orientata per la necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del vincolo. Tale orientamento muove dal concetto per cui la riedificazione di un edificio distrutto, comportando necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova costruzione, dunque deve rilevarsi che tale tipologia non è assolutamente collocabile su aree di rispetto cimiteriale, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che detto vincolo assoluto intende tutelare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 05544/2013REG.PROV.COLL.

N. 00850/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 850 del 2011, proposto da: 
Bernardina Masia, rappresentata e difesa dagli avv. Federico Tedeschini, Daniele Granara, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;

contro

Comune di Recco, rappresentato e difeso dagli avv. Alberto Marconi, Monica Busoli, con domicilio eletto presso Alberto Marconi in Roma, via Nazionale, 200;

nei confronti di

Giovanni Moreno, Marina Dalorto, rappresentati e difesi dagli avv. Giuseppe Attina', Micaela Rossi, Pasquale Napolitano, con domicilio eletto presso Pasquale Napolitano in Roma, via Luigi Calamatta, 16; Claudio Macchi, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Attina', Pasquale Napolitano, Micaela Rossi, con domicilio eletto presso Pasquale Napolitano in Roma, via Luigi Calamatta, 16; Anna Gismano, Maria Rosa Bellotto, Ernesto Bellotto;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 10243/2010, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Recco e di Giovanni Moreno, Claudio Macchi e Marina Dalorto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Daniele Granara, Pasquale Napolitano e Luigi Cocchi (su delega di Monica Busoli);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Con ricorso al TAR Liguria, la signora Bernardina Masia, premesso di essere proprietaria di un terreno ubicato a Recco (in località salita Bastia) con un fabbricato entrostante, impugnava il diniego opposto il 16.10.2009, n. 20475, dal Comune alla sua domanda volta ad ottenere un permesso di costruire. Perciò l’interessata ha notificato l’atto 17.12.2009. A sostegno del ricorso l’interessata deduceva:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 9 del dm 2.4.1968, con riferimento all’art. 43.20 delle n.a. del PUC e dell’art. 12.03 della disciplina paesistica del PUC, eccesso di potere per difetto di istruttoria, del presupposto, per illogicità e contraddittorietà manifesta.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del dm 2.4.1968, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e per illogicità manifesta. Difetto di istruttoria, ed errata rappresentazione dei luoghi.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 3 del dm 2.4.1968, n. 1444 con riferimento all’art. 43.20 delle n.a. del PUC, violazione dell’art. 11 della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto di istruttoria e del presupposto, per illogicità e contraddittorietà manifeste.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del dm 2.4.1968, n. 1444, con riferimento all’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto di motivazione e del presupposto e per illogicità e contraddittorietà manifeste.

Con atto notificato il 8.2.2010, depositato il 18.2.2010, i controinteressati signori Giovanni Moreno, Claudio Macchi e Marina Dalorto, confinanti della ricorrente, hanno proposto ricorso incidentale, chiedendo l’annullamento del diniego impugnato in via principale dall’interessato, in quanto non fondato su ulteriori possibili motivi di rigetto della domanda, e dell’art. 20 delle n.a. del PUC di Recco.

Questi i motivi posti a sostegno dell’impugnativa:

- violazione dell’art. 338 comma 1 del rd 27.7.1934, n. 1265, difetto di motivazione e di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento di fatti decisivi e difetto di istruttoria;

- violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, difetto di istruttoria sotto distinto e ulteriore profilo;

- contro il PUC:

-- violazione dell’art. 5.1. delle nta del PUC di Recco, contraddittorietà;

-- Eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa.

-- Violazione dell’art. 338 comma 1 del rd 27.7.1934, n. 1265, difetto di motivazione e di istruttoria.

2.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo respingeva in quanto infondato, il ricorso principale ed in ragione di ciò non esaminava il ricorso incidentale.

3.- La sig.ra Masìa ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e deducendone l’erroneità per motivi così riassumibili:

a) - violazione e mancata applicazione degli artt. 2 e 9 del dm 2.4.1968, in relazione alla violazione dell’art. 43, punto 2°, delle NTA del PUC di Recco e dell’art.12.03 della disciplina paesistica del medesimo; mancata rilevazione dei profili di eccesso di potere sollevati;

b) - violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc ; mancata pronunzia su un punto essenziale della controversia;

c)- violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del dm 2.4.1968, sotto altro profilo; travisamento dello stato dei luoghi;

d)-e) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del dm 2.4.1968, sotto ulteriori profili (violazione dell’art. 43 del PUC e dell’art. 11 della legge n.241/1990), ulteriori profili di eccesso di potere;

f)- violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..

3.1.- Si sono costituiti, resistendo al giudizio, il Comune di Recco ed i ricorrenti incidentali in primo grado.

3.1.a- Il Comune ha replicato con memoria (10.4.2013), con argomentazioni che si intendono qui riportate.

3.1.b.- I ricorrenti incidentali in primo grado hanno altresì proposto appello incidentale argomentando a favore del diniego di concessione :

- difetto di motivazione della sentenza per mancato esame dei motivi proposti a sostegno del ricorso incidentale di primo grado;

- con riguardo al diniego del permesso di costruire, violazione dell’art. 338, comma 1, del r.d., n.1265/1934- Difetto di motivazione e di istruttoria;

- eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto diversi profili e travisamento dei fatti;

- violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 ed erroneità per mancato esame di censura incidentale (contro l’art. 20 del PUC); violazione dell’art. 5.1. delle NTA del PUC;

- altri profili di eccesso di potere e di difetto di motivazione ; ulteriore violazione dell’art. 338, comma 1, del r.d., n.1265/1934.-

4.-Parte appellante ha riepilogato in memoria (22.4.2013) le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 15 maggio 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Con la sentenza impugnata, il TAR Liguria ha così focalizzato l’oggetto della controversia: “Il contenzioso dedotto in via principale è relativo al diniego opposto dal Comune di Recco alla domanda dell’interessata volta ad ottenere il permesso di costruire una casa destinata ad abitazione sul terreno di proprietà ubicato in località salita Bastia. Il progetto è relativo alla riedificazione di un vecchio fabbricato danneggiato dagli eventi bellici, la cui ricostruzione comporterebbe un’allegata violazione della norma che impone la distanza minima di metri dieci tra le pareti finestrate degli edifici vicini”. Il rigetto del ricorso, per l’infondatezza di tutti i motivi dedotti, ha quindi consentito al Tribunale di non esaminare (perché privato di interesse) il ricorso incidentale ivi proposto dai signori Dalorto, Moreno e Macchi.

1.1.- Quesi ultimi, tuttavia, sul solco del giudizio d’appello instaurato dal ricorso in trattazione, hanno proposto gravame incidentale, evidenziando a suo sostegno (oltre che vizi propri della sentenza) motivi non opposti dal Comune a fondamento del diniego, già sollevati col ricorso incidentale di primo grado, e che a loro avviso osterebbero al rilascio della concessione cui tende l’appello principale, anche ove questo risultasse meritevole di accoglimento.

L’esame dell’appello incidentale assume quindi carattere prioritario e deve muovere dalle questioni sollevate che, si sostiene, precludano, comunque, il legittimo rilascio del permesso in controversia. Tra queste emerge primariamente l’applicazione dell’art. 338 comma 1 del rd 27.7.1934, n. 1265 (come modificato dalla legge n.166/2002), che sottopone a vincolo di inedificabilità assoluta le fasce di rispetto cimiteriale; in tale situazione, come risulta dalla certificazione in atti, ricade incontestatamente l’intervento controverso. Del resto la priorità del tema è confermata dalla stessa relazione tecnica (geom. Claudio Rolleri) allegata alla richiesta del permesso in questione, ove si afferma che “l’attuazione dell’intervento resta subordinata alla positiva conclusione del procedimento di cui all’art. 338 DEL n. 1265/1934 come modificato dall’art. 28 legge n.166/2002”. Nel merito della questione, l’appellante principale oppone che l’intervento edilizio consiste nella ricostruzione di un edificio preesistente (distrutto da eventi bellici) recepita dallo strumento urbanistico (PUC), sicché nessuna incidenza avrebbe la sua collocazione in fascia di rispetto cimiteriale.

Il ricorso incidentale è fondato, alla luce del motivo in esame, che ha carattere assorbente. Preliminarmente, e con riferimento alla previsione dell’intervento da parte del PUC (che secondo la ricorrente eviterebbe l’incidenza negativa del vincolo cimiteriale), il Collegio deve ricordare che la giurisprudenza si è da tempo orientata verso il principio opposto, per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo” (Cons. di Stato, sez. V, n.519/1996 ). Ed ancora è stato sottolineato che : “Poiché sia la disposizione di cui all'art. 338, primo comma, del testo unico approvato col R.D. n. 1265/1934, sia quella di cui all'art. 57 del D.P.R. n. 285/1990, dispongono il divieto di costruire o ampliare edifici intorno ai cimiteri, imponendo una fascia di rispetto, si deve ritenere che tali disposizioni determinino il regime giuridico delle aree rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e si applichino indipendentemente da quale sia la loro destinazione prevista dal piano regolatore (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 4415/2007).

Nello specifico, poi, rileva il Collegio che la giurisprudenza amministrativa si è orientata per la necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del vincolo. Tale orientamento muove dal concetto per cui la riedificazione di un edificio distrutto, comportando necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova costruzione (cfr. Cons. di Stato sez. V, n.2020/2011); se così è, deve rilevarsi che tale tipologia non è assolutamente collocabile su aree di rispetto cimiteriale, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che detto vincolo assoluto intende tutelare (Cons. di Stato, sez. V, n.1933/2007). Inoltre, il divieto in parola “è riferibile ad ogni tipo di fabbricato o di costruzione………… rendendo del tutto inedificabile l' area colpita dal divieto medesimo (Cons. di Stato, sez. II, n. 3031/96).

1.2.- L’accoglimento del ricorso incidentale rende improcedibile per difetto di interesse l’appello principale che, anche ove fondato, non potrebbe condurre al rilascio del permesso di costruire, a ciò ostando le stesse ragioni che hanno determinato l’accoglimento del gravame incidentale.

2.- Conclusivamente:

- l’appello incidentale deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza impugnata, limitatamente alla motivazione del rigetto del ricorso di primo grado;

- l’appello principale deve essere dichiarato improcedibile per carenza di interesse.

2.1.- Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.

3.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe:

1.- accoglie l’appello incidentale nei termini di cui in premessa e per l’effetto conferma, con diversa motivazione, la sentenza impugnata;

2.- dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello principale.

3.- dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

Francesca Quadri, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)