Il piano casa in Campania letto dal Consiglio di Stato

di Marcellino BOTTONE

 

IL PIANO CASA CAMPANIA LETTO DAL

CONSIGLIO DI STATO

 

(L’avventura di un Geometra che ha perso la … Geometria)

 

 

Dopo Consiglio di Stato, Sez. IV , sentenza n. 3539 del 01/07/2013, qual è la corretta interpretazione dell’art. 4, comma 1, del PIANO CASA CAMPANIA ?

 

 


Geom. Bottone Marcellino - Piedimonte Matese (Caserta) – 10 settembre 2013

 

 

 

 

 

 

 

LA NORMA - L’INTERPRETAZIONE DI UN GEOMETRA - IL CASO - DE-GEOMETRIZZARE PER COSTRUIRE ? - DAL VANGELO SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO - CAPIRE ? E’ UN PO’ SMARRIRE



 

 

 

 

 

 

LA NORMA

 

Ogni

realtà

è un

inganno . 1

 

 

La Campania, con Legge Regionale n. 19 del 28 dicembre 2009 “Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa”, poi integrata con le modifiche apportate dalle leggi regionali 5 gennaio 2011 n. 1, 15 marzo 2011 n. 4 e 27 gennaio 2012 n.1, approvò il cosiddetto Piano Casa, statuendo – tra l’altro – che:

 

 

 

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

 

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

2. L’ampliamento di cui al comma 1 è consentito:

a) su edifici residenziali come definiti all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo;

b) per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b);

c) su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968;

d) su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;

e) su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;

f) su edifici esistenti ubicati nelle aree sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina;

g) su edifici regolarmente autorizzati ma non ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge;

3. Per gli edifici a prevalente destinazione residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento.

4. Per la realizzazione dell’ampliamento sono obbligatori:

a) l’utilizzo di tecniche costruttive, con criteri di sostenibilità e utilizzo di materiale eco-compatibile, che garantiscano prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla vigente normativa. L’utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla Cassa edile comprovata da un regolare Documento unico di regolarità contributiva (DURC). In mancanza di detti requisiti non è certificata l’agibilità, ai sensi dell’articolo 25(R) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -Testo A), dell’intervento realizzato;

b) la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica;

c) abrogata.

5. Per gli edifici e loro frazionamento, sui quali sia stato realizzato l’ampliamento ai sensi della presente legge, non può essere modificata la destinazione d’uso se non siano decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori.

6. L’ampliamento non può essere realizzato su edifici residenziali privi del relativo accatastamento ovvero per i quali al momento della richiesta dell’ampliamento non sia in corso la procedura di accatastamento.

L’ampliamento non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge.

7. E’ consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente frazionabili.

 

 

 

 

Ai più sembrò una norma facile da interpretare … se solo si fosse riusciti a trovare il bandolo nella matassa dei significati possibili … . perché è chiaro che … , però … , anche se …. .

 

L’INTERPRETAZIONE DI UN GEOMETRA

Un giorno credi di essere giusto
e di essere un grande uomo

poi ti svegli e ti accorgi che devi

cominciare da zero

Situazioni che stancamente
si ripetono senza tempo … 2

 

Sollecitato da un professionista operante presso un Comune del Napoletano, con un commento del 4 marzo 20113 pubblicato su vari siti specializzati ardii comunicare all’universo mondo – motivando con argomenti che in seguito riporterò – di ritenere corrispondente all’enunciato normativo

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

 

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

 

 

l’uso del seguente :

 

Schema concettuale

 

 

Domanda: ENTRO QUALI LIMITI E’ ESERCITABILE LA FACOLTA’ DI AMPLIARE UN EDIFICIO FINO AL VENTI PER CENTO DEL VOLUME ESISTENTE?

 

Risposta: AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL’ART.4, COMMA 1, DEL PIANO CASA CAMPANIA, UN EDIFICIO PUO’ AVVALERSI DI TALE FACOLTA’ QUANDO HA CARATTERISTICHE CHE NON CONTRASTANO CON NESSUNO DEI SEGUENTI LIMITI :

A) TRATTASI DI EDIFICIO UNI-BIFAMILIARE

B) TRATTASI DI UN EDIFICIO DI VOLUMETRIA NON SUPERIORE AI 1500 METRI CUBI

C) TRATTASI DI EDIFICIO COMPOSTO DA NON PIU’ DI TRE PIANI FUORI TERRA, OLTRE ALL’EVENTUALE PIANO SOTTOTETTO

 

Secondo questo “schema concettuale”, in pratica, l’esame di una istanza di ampliamento ai sensi dell’art.4 della LRC 19/2009 e s.m.i. dovrà essere condotto utilizzando un crivello con tre filtri : l’istanza che non si incaglia in alcuna delle maglie del crivello avrà superato l’esame di legittimità.

 

 

 

In seguito all’enunciazione di questa tesi interpretativa, naturalmente, fui onorato dell’attenzione critica di taluni navigatori della rete, ma con “argomenti” che non mi indicavano il punto debole, l’inghippo nella mia logica geometrica “se si afferma che … ne segue che …”.

 

E così, con l’attesa trepidante di chi spera di poter gridare “L’AVEVO DETTO ! “, mi sono seduto sulla sponda del turbolento fiume della giurisprudenza per intercettare un argomento a sostegno, un indiretto “concordo”, insomma un piccolo centesimo di soddisfazione da spendere nei confronti di chi mi ripete “ma chi te lo fa fare ?”.

 

Poi, quando il tempo trascorso mi sembrava sufficiente per cominciare a sbaraccare, intercetto - nell’inconsistente portata di un rivolo - il mulinello inatteso generato dal il Tar Campania – Salerno e dal Consiglio di Stato, un umido buco nero in cui annegava il pensier mio.

IL CASO

 

 

Gao viveva nella foresta, Yu viveva a corte,

praticava esercizi di longevità, vestiva abiti in seta, mangiava cibi squisiti,

mangiava poco e beveva solo acqua. aveva dieci concubine, beveva liquori prelibati e fumava oppio.

Curava l’interno. Curava l’esterno

Venne una Tigre e lo uccise. Venne una malattia e lo uccise

 

La minaccia è ovunque4

 

 

Con permesso di costruire n. 8122/12 il Comune di Nocera Inferiore autorizzava – ai sensi del Piano Casa Campania di cui alla legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 e s.m.i. – l’ampliamento del 20 % di un fabbricato avente destinazione mista (commerciale/produttiva al piano terra e residenziale al primo piano) e volumetria complessiva inferiore a mc. 1500.

Per l’annullamento del citato permesso di costruire, i Sigg. Paolo e Francesca Romagnoli5 si rivolsero al giudice amministrativo con argomenti che il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), con Sentenza n. 1825 del 16 ottobre 2012 ritenne di non condividere così argomentando: “… l’intervento di ampliamento assentito col permesso di costruire n. 8122/2012:

- riguarda un edificio dotato di volumetria complessiva inferiore a mc. 1500, posto che dal relativo calcolo va esclusa la cantina di mc. 63,60, in quanto volume entroterra non destinato a residenza, uffici od attività produttive, e ciò in forza del disposto dell’art. 13, comma 4, delle N.T.A. della variante di adeguamento del P.R.G. al P.U.T.;

- è conforme all’art. 4, lett. b), della legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 (sul c.d. Piano casa) che, per i soli edifici aventi volumetria inferiore a mc. 1500, non prevede come requisito obbligatorio la destinazione residenziale esclusiva o prevalente; …“

Per l’annullamento della citata decisione del Tar Campania – Salerno, allora, i Sigg. Paolo e Francesca Romagnoli, si rivolsero al Consiglio di Stato con ragioni che - con sentenza n. 3539 del 01/07/2013, Sez. IV – vennero rigettate con i seguenti argomenti:

“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico depongono per un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel primo comma dell’art. 4 della L.R. 28-12-2009 n. 19 e smi che disciplina gli interventi straordinari di ampliamento di fabbricati nella Regione Campania anche in deroga agli strumenti urbanistici nei limiti del venti per cento della volumetria esistente.

Quanto al profilo letterale infatti il legislatore regionale non ha affatto elencato tre requisiti obbligatoriamente necessari per far luogo all’intervento di ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della volumetria esistente per i seguenti edifici…. “ .

Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle differenti tipologie ivi considerate. In tale direzione l’ampliamento del 20 % in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:

-- di “edifici residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);

-- di “ edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi (lett. b) come nel caso in esame, o infine

-- per “edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto”.

Sotto il profilo letterale si tratta dunque di tre ipotesi differenti e distinte dirette ad assicurare una copertura normativa anche a situazione tra loro differenziate, ma comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento dell’offerta abitativa.

Tale conclusione è avvalorata, sul piano logico, dalla struttura complessiva dell’intero articolo in questione che:

-- al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;

-- al secondo ed al terzo comma ha individuato i limiti, e le modalità, di realizzazione degli interventi nelle diverse casistiche,

-- al quarto comma ne ha specificato i requisiti tecnici e funzionali di carattere obbligatorio.

Ciò posto, come esattamente sottolineato dalla Difesa del controinteressato, l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso,

La considerazione del piano teleologico degli interessi abitativi porta a dover ritenere che non avrebbe avuto alcun senso limitare l’ampliamento solo a “edifici residenziali uni-bifamiliari; di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi; composti da non più di tre piani fuori terra”, in quanto con tale interpretazione si sarebbe finito per vanificare le finalità della disposizione.

In tale direzione l’interpretazione restrittiva della disposizione sarebbe anche incompatibile con anche la possibilità, alternativa all’ampliamento concessa dal terzo comma dell’articolo in questione di mutare a residenziale la destinazione d’uso di volumetrie esistenti limitata però ai soli edifici “prevalentemente residenziali”

In definitiva, in tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva realizzare l’ampliamento del 20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del resto appare del tutto corrispondete a normali regole -- non solo di buon senso ma di carattere economico ed ambientale (per i minori spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di creare o di ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o dei figli.

In conclusione, in base al principio per cui “ubi lex voluit dixit6”, la mancata apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I° co della L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del 20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³.

Il motivo va dunque respinto.

___ 1.§.2. Con il secondo motivo si contesta la conclusione del Tar con cui, non si sarebbe trattato dell’intervento su un fabbricato di volumetria superiore 1500 m³ avendo il Tar escluso il vano cantina atto di 63,60 m³ che avrebbe dovuto essere considerato volumetria utile ai sensi ai sensi dell’articolo 13, IV° comma delle NTA della Variante di adeguamento del PRG al PUT.

Al contrario per l’individuazione della volumetria computabile si sarebbe dovuto fare riferimento alla legge regione Campania n. 19 cit ed in specie all’articolo 2, comma 1° lett. f) per cui dal computo dei volumi avrebbero dovuto essere esclusi solo i volumi tecnici e i vani scale, ascensori ecc. .

Il vano cantina avrebbe una destinazione accessoria e non sarebbe affatto un volume tecnico per cui andava computato della volumetria dell’edificio interessato, per cui conteggiando il predetto volume di 63,60 m³ si sarebbe sforato dal limite di 1500 m³.

L’assunto è infondato.

Infatti il riferimento alla nozione di volumetria di cui all’articolo 2, comma 1° lett. f) del L.R. 28-12-2009 n. 19 appare del tutto capziosa e comunque inconferente, in quanto concerne non la volumetria sulla quale calcolare l’ampliamento del 20 %, ma “… la volumetria lorda da assentire” dalla quale devono essere escluse non comprende i volumi tecnici, i collegamenti verticali (vani scale, vani ascensori) ed altri spazi comuni, necessari a garantire il risparmio energetico e le innovazioni tecnologiche in edilizia.

Al riguardo deve infatti ricordarsi l’orientamento risalente nel tempo, ma dal quale la Sezione non ritiene vi siano elementi di diritto per discostarsi, per cui fatti salvi i casi di realizzazioni abusive in sotterraneo, di norma ai fini del computo della volumetria esistente del fabbricato (es. ai fini dell’incremento degli standard urbanistici) è computabile solo il volume che supera il piano di campagna o quello che sopravanza lo sbancamento del livello zero, non già la cubatura sottostante (cfr. Cons. Stato, V Sez., 4 agosto 1986 n. 390; Consiglio Stato, sez. V, 21 ottobre 1991, n. 1231, e più recentemente: Consiglio Stato sez. IV 29 gennaio 2008 n. 271).

In definitiva, dato che i volumi entroterra non possono essere destinate a finalità abitative o produttive ovvero ad uffici, essi non sono rilevanti ai fini del carico urbanistico, per cui esattamente il TAR ha concluso che la cantina, ricavata al di sotto del piano di campagna, non dovesse essere computabile nel calcolo della volumetria assentibile ai fini dell’ampliamento di cui all’art. 4 della L.R. n. 19/2009.

___ 2.§. In conclusione l’appello deve essere respinto, con la conseguente conferma della decisione impugnata sia pure con le integrazioni motivazionali di cui sopra.

Appena ho avuto conoscenza di queste conclusioni del Consiglio di Stato ho sentito come una trafittura provocata a tradimento, come se l’angolo di un lampo zigzagante – che un Dio preciso aveva destinato ad un cattivo debitamente condannato – si fosse allargato ben oltre la traiettoria decisa, fino a colpirmi ingiustamente per “caso”.

A meno che … non fosse per caso.

DE-GEOMETRIZZARE PER COSTRUIRE ?

 

A volte il diavolo

mi induce nella tentazione
di credere in Dio 7

Ho ripreso a vagare per gli angoli e le tracce dei percorsi che mi avevano condotto ad una tesi, ho rimisurato le distanze fra premesse e conseguenze di un ragionamento che mi aveva portato a conclusioni o inferenze, ma … nulla: non c’era verso di finire in un altrove coincidente con quello designato dal Consiglio di Stato.

E allora mi sono detto:

  • Se il Sig. “Consiglio di Stato” mi chiedesse di costruire un immobile, io saprei come fare;

  • E se questo committente mi chiedesse “perché hai previsto un muro di spessore pari a 30 cm ?” io saprei cosa rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, sono partito da un dato misurato in laboratorio, e cioè che questo tipo di muro ha una resistenza pari a ICS kg/cmq. A partire da questo dato, è chiaro che per determinare lo spessore del muro di progetto dovevo calcolare il peso “P” che l’edificio avrebbe scaricato su un metro di muro: e allora ho calcolato il peso dell’edificio (muri e solai) sovrastante il muro, il sovraccarico dovuto al vento d’autunno, alla neve d’inverno, all’allagamento dell’appartamento che non manca di allietare le assenze dei proprietari, alle persone che si sarebbero riunite per festeggiare il natale o il compleanno, ai bambini che saltano sul letto, al terremoto che ormai non manca mai nelle serene notti d’estate, ai piatti che talvolta volano tra i coniugi, alla lavatrice che traballa quando scarica, alle onde sonore di una schitarrata rocckettara che un figlio decente non si fa sfuggire per comunicare al quartiere che è vivo, … e insomma il sovraccarico della vita a cui l’immobile poteva essere destinato. Fatto questo calcolo lo spessore del muro è venuto fuori di conseguenza: ”P : ICS”, cioè come esito del rapporto tra il Peso che scarica sul muro e la Resistenza del Muro”;

  • E se questo committente mi sfruculiasse chiedendomi “ma perché – vista la facilità con cui intorno a noi tutto sta crollando, non hai previsto un muro di spessore maggiore, in modo da essere ancora più sicuri ?” io saprei ancora rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, le ragioni di un muro non stanno solo nella solidità ma anche nell’economicità. Consideri, ad esempio, per un attimo il Muro di Berlino: solidissimo, ma è valso quanto è costato? Insomma, i muri devono reggere per costruire, ma non tanto da non poter essere, quando serve, abbattuti”.

  • Insomma, mi sono detto che alle domande del Consiglio di Stato avrei risposto con enunciati intelligibili, con una geometria della logica in grado di traslare significati dal campo specifico del calcolo numerico a quello a-specifico della comprensione (che non richiede necessariamente competenza) generale.

Ecco, qual era il problema che emergeva dalle conclusioni del Consiglio Stato con riguardo alla corretta interpretazione dell’articolo 4, comma 1, del Piano Casa Campania:

mi imponevano una de-geometrizzazione logica che non dava luogo a possibilità di costruire, di determinare esiti conseguenti, intelligibili come un muro di 30 cm di spessore.

DAL VANGELO SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO

 

A volte il diavolo

mi induce nella tentazione
di credere in Dio 8

A partire dalla seguente, testuale formulazione della norma inclusa nel Piano Casa Campania:

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

 

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

 

 

il Consiglio di Stato ha “legittimato” la seguente interpretazione:

 

“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico depongono per

un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel primo comma dell’art. 4”

 

con questi argomenti che riporto e commento:

  • Quanto al profilo letterale infatti il legislatore regionale non ha affatto elencato tre requisiti obbligatoriamente necessari per far luogo all’intervento di ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della volumetria esistente per i seguenti edifici…. “ . Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle differenti tipologie ivi considerate.

COMMENTO. Dubito, per vero, che una simile formulazione abbia capacità di “chiarire” la geometria logica del Consiglio di Stato, visto il largo uso di formule allusive/non dimostrative:

infatti, sottolineare la circostanza che il legislatore ha fatto uso dell’espressione “… della volumetria esistente per i seguenti edifici…. “ non equivale a enunciare un criterio interpretativo ma è un mero, inutile e ridondante “citare il legislatore”;

e così pure affermare che - per sostenere diversa interpretazione - “la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle differenti tipologie ivi considerate“ non può assumere valore equivalente all’indicare un “criterio”, se poi si omette di indicare quale avrebbe dovuto essere questa presunta “differente allocuzione”;

 

  • In ogni caso, nonostante un’introduzione argomentativa - come quella sopra riportata - che non enunciava “argomenti”, il Consiglio di Stato prosegue:

In tale direzione l’ampliamento del 20 % in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:

-- di “edifici residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);

-- di “ edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi (lett. b) come nel caso in esame, o infine

-- per “edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto”.

Sotto il profilo letterale si tratta dunque di tre ipotesi differenti e distinte dirette ad assicurare una copertura normativa anche a situazione tra loro differenziate, ma comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento dell’offerta abitativa.

 

COMMENTO. Cosa dire: c’è tra i lettori chi conosce l’arte divinatoria in grado di espungere dall’enunciato “Sotto il profilo letterale si tratta dunque…” il nocciolo atomico fondante, costitutivo del senso ultimo con cui riempire l’inconsistente/apparente criterio interpretativo del profilo letterale ?

Per quanto mi è possibile capire con i miei modesti strumenti di indagine ed analisi, si qui il comportamento del Consiglio di Stato mi appare traducibile come segue:

 

Immaginate che un giorno vostro figlio, tornando da scuola piangendo vi dicesse:

“Papà, il professore di italiano mi ha interrogato su Dante e mi ha messo quattro meno meno …”.

Di primo acchitto, naturalmente, sareste tentati di consolarlo ma, conoscendo i rischi di un perdono senza condizioni, gli chiederete: “Come mai ?”.

E lui, singhiozzando:

“Ecco, mi ha chiesto di spiegare l’incipit della Divina Commedia:”Nel mezzo del cammin di nostra vita …” e, quando l’ho fatto, mi ha detto:

“Eh no, non è così perché, vede, caro studente:

- Dante ha scritto letteralmente: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”;

- se avesse voluto dire qualcosa di diverso l’avrebbe detto”.

Non avendo capito un’acca delle motivazioni addotte per condannare ad un quattro meno meno lo sforzo di quel figlio adorato, cercherete una via di scampo onorevole:

“Beh, anche i professori sono uomini e, talvolta sbagliano …”.

Solo che vostro figlio vi blocca con :

“Ma io non piango per il voto, perché – alto o basso che sia – non può essere in se stesso, di per sé, giusto o sbagliato.

Io piango l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo del cammin di nostra vita” … .

Papà: io piango perché il Bianco è Bianco perché è Bianco, capisci?”

  • Per fortuna, dopo questo vagar per argomenti ondosi la nebbia dei significati sale agli irti colli e libera alla vista del cercatore i punti di possibili approdi. Infatti il Consiglio di Stato, ad un certo punto, alza le bandierine sulla seguente pista di atterraggio::

Tale conclusione è avvalorata, sul piano logico, dalla struttura complessiva dell’intero articolo in questione che:

-- al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;

-- al secondo ed al terzo comma ha individuato i limiti, e le modalità, di realizzazione degli interventi nelle diverse casistiche,

-- al quarto comma ne ha specificato i requisiti tecnici e funzionali di carattere obbligatorio.

Ciò posto, come esattamente sottolineato dalla Difesa del controinteressato, l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso,

La considerazione del piano teleologico degli interessi abitativi porta a dover ritenere che non avrebbe avuto alcun senso limitare l’ampliamento solo a “edifici residenziali uni-bifamiliari; di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi; composti da non più di tre piani fuori terra”, in quanto con tale interpretazione si sarebbe finito per vanificare le finalità della disposizione.

In tale direzione l’interpretazione restrittiva della disposizione sarebbe anche incompatibile con anche la possibilità, alternativa all’ampliamento concessa dal terzo comma dell’articolo in questione di mutare a residenziale la destinazione d’uso di volumetrie esistenti limitata però ai soli edifici “prevalentemente residenziali”

In definitiva, in tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva realizzare l’ampliamento del 20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del resto appare del tutto corrispondente a normali regole -- non solo di buon senso ma di carattere economico ed ambientale (per i minori spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di creare o di ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o dei figli.

In conclusione, in base al principio per cui “ubi lex voluit dixit”, la mancata apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I° co della L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del 20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³.

 

COMMENTO. In questa parte della sentenza c’è, per così dire, il succo del pensiero del Consiglio di Stato, per il quale, a partire dalla seguente, testuale formulazione della norma inclusa nel Piano Casa Campania:

 

“Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento 1.

In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.”

si deve ritenere che la mancata apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4, I° co della L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del 20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³. in quanto:

- l’art. 4 del Piano Casa, al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;

- l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso;

- e Del resto appare del tutto corrispondente a normali regole -- non solo di buon senso ma di carattere economico ed ambientale (per i minori spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di creare o di ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o dei figli.

- e, se tutto questo non basta, ricordatevi che “ubi lex voluit dixit”.

 

Di fronte a questa enunciazione dei criteri interpretativi dell’art. 4, a un lettore di media caratura non sfugge, però, la debolezza di un ragionare che - non procedendo per accumulazione di elementi circostanziali positivi e intelligibili – perviene a editare criteri che non si auto-verificano.

Infatti, se si perviene - applicando il principio “ubi lex voluit dixit” – alla decisione di assumere come criterio dirimente che l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso , dovremmo poi (anche) necessariamente inferire (applicando il medesimo principio e criterio dirimente) :

  • che l’art. 4, comma 1 lett. b) è applicabile a qualunque “EDIFICIO” di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi, a prescindere dalla sua connotazione di residenziale o non residenziale e dalla sua connotazione in termini di piani;

  • e che l’art. 4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali uni-bifamiliari (come quelli indicati all’art.4, lett. a) di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi,;

  • o che l’art. 4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto (come quelli indicati all’art.4, lett. c) di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

Ma questa inferenza porta a inevitabilmente a concludere che il ragionamento del Consiglio di Stato è fallace, perché, se si accredita la tesi di partenza che

 

l’art. 4 del Piano Casa,

al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;

  • non si può, contemporaneamente, affermare che nelle fattispecie di cui all’art. 4 sub lett. b) ricadano – in parte – anche fattispecie sub lett. a) o fattispecie sub lett. c);

infatti sarebbe come affermare, ad esempio, che

gli edifici residenziali uni-bifamiliari di cui all’art. 4 sub lett. a)

possono essere ampliati

“fino al venti per cento della volumetria esistente”

purché abbiano, ai sensi cui all’art. 4 sub lett. b) , una volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi …….

 

Non c’è Vangelo che possa chiederci di credere che l’art. 4, comma 1, del Piano Casa Campania ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti che – però, contemporaneamente – si limitano e condizionano reciprocamente.

Non c’è Vangelo che possa chiederci di credere che Dio è uno e trino.

Anzi no: un Vangelo c’è.

Ma non è quello del Consiglio di Stato.

CAPIRE? E’ UN PO’ MORIRE

 

… la speranza si compra 
… tutto il resto si vende 9 … …

 

Sono un geometra e costruisco muri.

Talvolta li demolisco.

Non so se in questo modo costruisco mondi o li distruggo, se altero o conservo, se innovo o mi ripeto nell’eterno credere di andare avanti.

Alla consapevolezza del proprio posto nel mondo si giunge per distacco, per frenate riflessive sul ciglio della strada, per incontri inaspettati, per dolori provocati e subiti, per insiemi.

 

Per questo cerco di stare attento a misurare distanze, scegliere strade, comprendere gli incroci e registrare voci con strumenti che si ribellano all’ineluttabilità di una sola direzione.

 

Ed è per questo che, all’indomani della promulgazione della LRC 19/09 e s.m.i., di fronte al seguente testo dell’art. 4:

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

 

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

 

 

scelsi di non asservire il mio incedere interpretativo ad una logica geometrica tipizzata ma alla continenza di una geometria della logica capace di garantire esiti super partes.

 

E dopo aver misurato e registrato, ascoltato e controdedotto, calcolato e verificato, affermai:

coloro che aderiscono ad una tesi “indipendentista” come quella enunciata dal Consiglio di Stato, e cioè che l’art. 4, comma 1, del Piano Casa Campania ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti , incorrono in un errore di fondo, simile a quelli che - di fronte ad una legge del seguente tenore :

 

“In Italia possono votare gli uomini :

a) che abbiano compiuto 18 anni;

b) che siano nati in Italia;

c) che siano alti almeno 1,70 metri“

 

deducano paradossalmente che:

- IN ITALIA Possono votare anche i Masai, perché sono alti più di 1,70 metri (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve ritenere che la norma ha individuato tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub lett. c), la quale - essendo connotata dal solo requisito dell’altezza – consente di prescindere del tutto dal possesso di ogni altro requisito);

 

- IN ITALIA Possono votare anche i QUINDiCENNI NATI IN ITALIA (infatti - parafrasando il Consiglio di Stato – si deve ritenere che la norma ha individuato tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub lett. b), la qule – essendo connotata dal solo requisito dell’essere nati in Italia – consente di prescindere del tutto dal possesso di ogni altro requisito);

 

- IN ITALIA Possono votare anche i NANI CHE HANNO 37 ANNI (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve ritenere che la norma ha individuato tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub lett. a), la quale – essendo connotata dal solo requisito dell’età – consente di prescinde del tutto dal possesso di ogni altro requisito);

 

 

Ora che il Consiglio di Stato ha armato questa tesi “indipendentista” di un caricatore retorico, di una minaccia a non opporre remore all’avanzata del fate come vi pare, fatelo in fretta chè domani è un altro giorno … si vedrà, piango una delusione profonda.

 

“Ma non piango per i vostri voti, perché – alti o bassi che siano – non possono essere in se stessi giusti o sbagliati.

Io piango l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo del cammin di nostra vita” … .

Piango perché se il Bianco è Bianco perché è Bianco, allora vuol dire che ho perso … la geometria, capisci, figlio mio?”

 

 

 

Geom. Marcellino Bottone

 

Piedimonte Matese, 10 settembre 2013



 

1 Frase attribuita a Luigi Pirandello.

2 Dal testo - scientemente modificato e asservito all’uso e finalità di questo scritto – della canzone di Edoardo Bennato: “Un giorno credi”

3 Mi riferisco a un mio commento intitolato: “IL PIANO CASA CAMPANIA: DUBBI SULLA APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, LRC 1/2011” facilmente reperibile in rete o, se se si vuole, richiedendolo all’autore.

4 Dal romanzo di Massimo Lugli: “Il Carezzevole”, Ed. Newton Compton, pag. 231,

5 Uso questi nomi di fantasia perché mi piace pensare che possa esserci – oltre al diritto al romanticismo – un romanticismo del diritto …

6 Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (LA) (trad. "Dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto") è un brocardo latino evocato a proposito dell'interpretazione della legge. Se infatti in un disposto normativo non è stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare (difetto di norma) e che pertanto non si debba procedere ad interpretazioni estensive. Il brocardo richiama l'interprete ad attenersi al testo della norma, ossia a non dedurre conseguenze dal silenzio.

7 Frase attribuita a Stanislaw Jerzy Lec

8 Frase attribuita a Stanislaw Jerzy Lec

9 Dalla canzone “L’Arcangelo”, di Ivano Fossati