Nota a Cassazione, Sez. III penale, n. 52495/2014.

di Massimo GRISANTI

La sentenza in commento della III^ Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Fiale, Rel. Gentili) è importante laddove afferma che il permesso a sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 non è più ottenibile una volta trascorso, senza esito, il termine assegnato dal Comune ai responsabili dell’abuso ed indicato nell’ingiunzione alla demolizione e rimessa in pristino.

La questione era stata già trattata sulla Rivista Lexambiente (cfr. http://lexambiente.it/materie/urbanistica/184-dottrina184/10450-urbanisticail-termine-massimo-per-ottenere-il-permesso-a-sanatoria.html) quale nota assai critica alla sentenza del TAR Toscana, n. 583/2014 (Pres. Nicolosi, Rel. Gisondi), pervenendo alle medesime conclusioni. La posizione del TAR, quindi, si pone in posizione manifestamente contraria a quella della Suprema Corte.

La Cassazione, decidente un caso di nuova costruzione, ha stabilito che <… l’art. 36, comma 1, del DPR 380/2001 prevede che, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, questo possa essere conseguito in sanatoria dall’autore dell’abuso ovvero dall’attuale proprietario dell’immobile, in caso di conformità di quest’ultimo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell’opera che a quello di presentazione della domanda in sanatoria, solo entro la scadenza, fra l’altro, del termine di cui all’art. 31, comma 3, del medesimo DPR.

La disposizione di rinvio prevede a sua volta che, il dirigente del competente ufficio comunale, il quale accerti la realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, ingiunga al responsabile dell’abuso la rimozione delle opere ovvero la loro demolizione entro il termine di novanta giorni dalla ingiunzione stessa.

Poiché nel caso che interessa la predetta ingiunzione risulta essere stata disposta con atto del 6 luglio 2007, mentre la ricordata sanatoria, per la quale vi era stata istanza del 22 novembre 2007, è stata concessa solo in data 18 dicembre 2009, è evidente che ad essa, stante il suo contrasto con la puntuale previsione di cui al citato art. 36, comma 1, DPR 380/2001, nessun rilievo può essere in questa sede attribuito>.

Poiché l’acquisizione del bene abusivo al patrimonio comunale si verifica, di diritto e in via automatica, alla scadenza del termine assegnato, si ritiene che la precisazione della Suprema Corte – in ordine all’impossibilità di ammettere che il permesso rilasciato fuori dei termini abbia effetti in sede penale – lascia aperta l’interpretazione a che il titolo possa sortirli in sede amministrativa, a favore dell’Amministrazione comunale divenuta proprietaria medio tempore.

Si consideri che il Comune ha sicuramente l’interesse a che l’opera acquisita al proprio patrimonio venga riconosciuta legittima al fine di poterla alienare mediante procedure di vendita ad evidenza pubblica. Invero, la vendita deve comunque essere rispettosa delle disposizioni in tema di nullità contrattuale ex art. 46 T.U.E. od art. 40 della Legge n. 47/1985.

Infine, una breve dissertazione.

Non si dimentichi che il permesso a sanatoria può essere richiesto ed ottenuto dai responsabili dell’abuso; definizione che, visto l’art. 29 T.U.E., ricomprende non solo il proprietario dell’opera, ma anche il committente, il direttore dei lavori e l’esecutore.

Il direttore e/o l’esecutore dei lavori potrebbero avere interesse a dimostrare in sede civile che il loro operato non era difforme dalla normativa sostanziale e che solamente l’inerzia o la volontà omissiva-commissiva del proprietario (posta in essere, ad esempio, per non corrispondere oneri di urbanizzazione al Comune oppure per non sostenere ulteriori costi di progettazione) è stata l’origine dei danni causati dal fermo cantiere.

Peraltro, non si vede come il proprietario del bene possa validamente opporsi all’iniziativa in tal senso, atteso che il provvedimento conseguibile va nel verso del proprio logico interesse a mantenere l’opera, magari dal medesimo commissionata, senza, del pari, ledere i diritti degli altri responsabili a veder riconosciuta la sostanziale legittimità del proprio operato.

Del resto, se il proprietario intendesse rifiutare i benefici della sanatoria ben può demolire l’oopera abusiva nel termine concesso dalla P.A.

In ultimo, si ritiene che possa essere ottenuto il permesso a sanatoria anche per le opere eseguite che non sono più esistenti al momento del rilascio del titolo, in quanto, visto che la demolizione della res abusiva non estingue il reato (cfr. ex multis: CP, III^, n. 52322/2014), sussiste comunque l’interesse dei responsabili dell’abuso a vederne riconosciuta la sostanziale legittimità al fine di poter beneficiare, in sede processuale, dell’effetto estintivo del reato conseguente al pagamento dell’oblazione ex art. 36 T.U.E.

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Scritto il 16 gennaio 2015