TAR Toscana Sez. III n.1625 del 10 novembre 2016
Urbanistica.Contestazione preventiva in ordine all’ammissibilità di interventi comunicati con CILA
Con riferimento al regime della edilizia libera non v’è dubbio che l’interesse del titolare del diritto sul bene all’accertamento circa la realizzabilità dell’intervento divisato può insorgere ancor prima che sia irrogata dalla p.a. una eventuale misura sanzionatoria (impugnabile con domanda di annullamento). Siffatto interesse diviene, infatti, attuale e concreto già nel momento in cui vi sia stata in ordine all’intervento una contestazione preventiva da parte dell’amministrazione, contestazione che, sebbene (per le ragioni già dette) non possa assumere carattere propriamente provvedimentale, vale, comunque, a creare i presupposti per l’esperimento innanzi al g.a. di un’azione di accertamento (sulla falsa riga di quanto accade anche nel processo civile).
Pubblicato il 10/11/2016
N. 01625/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00613/2016 REG.RIC.
N. 00545/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 613 del 2016, proposto da:
Ernesto Schiatti, rappresentato e difeso dall'avvocato Guglielmo Saporito C.F. SPRGLL53B09F839L, con domicilio eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. per la Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;
contro
Comune di Forte dei Marmi, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Turri C.F. TRRGLN54E12E625Y, con domicilio eletto presso lo Studio Giallongo e Associati in Firenze, via V. Alfieri n. 19;
Regione Toscana non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 545 del 2016, proposto da:
Ernesto Schiatti, rappresentato e difeso dall'avvocato Guglielmo Saporito C.F. SPRGLL53B09F839L, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. per la Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;
contro
Comune di Forte dei Marmi, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Turri C.F. TRRGLN54E12E625Y, con domicilio eletto presso lo Studio Giallongo e Associati in Firenze, via V. Alfieri n. 19;
Regione Toscana non costituita in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 613 del 2016:
dei provvedimenti che incidono sullo ius utendi di un immobile sito in Forte dei Marmi (Lucca), in via Versilia 3, impedendone il funzionamento, ed in particolare:
a - del provvedimento del Comune di Forte di Marmi (18.02.2016 prot. 3869) che si pronuncia sfavorevolmente su una "comunicazione inizio attività" (in avanti, CILA) presentata dal ricorrente per il frazionamento di un'unità immobiliare. In tale provvedimento si afferma che per il frazionamento non sarebbe necessario alcun titolo, ma ciononostante il Comune impedisce il frazionamento stesso;
b - del parere (18.03.2015 prot. 6938) con cui il Comune ritiene “inefficace" la "comunicazione inizio lavori", parere che osta al frazionamento dell'immobile da una a tre unità immobiliari;
c- della nota interlocutoria (26.02.2015 prot. 5031) con cui il Comune torna ad esprimersi sulla CILA predetta per gli aspetti disciplinati dalla legge statale 164 del 2014, in tema di opere di manutenzione;
d - dell'orientamento (10.03.2015 prot. 9827) con il quale il Comune fornisce chiarimenti in merito alla CILA predetta, richiamando - quale motivo ostativo all'operatività della CILA - l'art. 10 comma quater del locale Regolamento urbanistico e l'art. 136 della L.R.T. 65 del 2014;
nonché qualora necessario:
- del regolamento urbanistico del Comune di Forte dei Marmi (Norme tecniche di attuazione approvate il 12.08.2013, nella parte in cui (art. 10.co.1 quater) sembra porre un limite al frazionamento dell'unità immobiliare del ricorrente;
e infine - per l'accertamento del diritto del ricorrente allo ius utendi sull'immobile di via Versilia 3, con il consequenziale diritto:
a) ad attuarvi il frazionamento da 1 a 3 unità;
b) a disporre del proprio bene con il solo rispetto delle normative igienico sanitarie, antinfortunistiche ed ambientali, e ciò anche con frazionamenti;
c) - per la condanna del Comune al risarcimento dei danni causati dall'ostacolo alla fruizione di tre unità immobiliari in luogo dell'unica, attuale unità di via Versilia 3..
quanto al ricorso n. 545 del 2016:
a) del provvedimento del Comune di Forte dei Marmi (18.02.2016 prot. 3869) che si pronuncia sfavorevolmente su una "comunicazione inizio attività" (in avanti, CILA) presentata dal ricorrente per il frazionamento di un'unità immobiliare;
b) del parere (18.03.2015 prot. 6838) con cui il Comune ritiene "inefficace" la "comunicazione inizio lavori" presentata dal ricorrente il 16.03.2015 prot. 6638, parere che osta al frazionamento dell'immobile da una a tre unità immobiliari;
c) della nota interlocutoria 26.02.2015 prot. 5031) con cui il Comune torna ad esprimersi sulla CILA predetta per gli aspetti disciplinati dalla legge statale 164 del 2014, in tema di opere di manutenzione;
d) dell'orientamento (10.04.2015 prot. 9827) con il quale il Comune fornisce chiarimenti in ordine alla CILA predetta, richiamando - quale motivo ostativo all'operatività della CILA - l'articolo 10 comma uno quater del locale Regolamento urbanistico e l'art. 136 della L.R.T. 65 del 2014;
nonché, qualora necessario, del Regolamento urbanistico del Comune di Forte dei Marmi (Norme tecniche di attuazione approvate il 12.08.2013) nella parte in cui (l'art. 10 co. 1 quater) sembra porre un limite al frazionamento dell'unità immobiliare del ricorrente;
e infine, per l'accertamento del diritto del ricorrente allo ius utendi sull'immobile di via Versilia 5, con il consequenziale diritto:
a) ad attuarvi il frazionamento da 1 a tre unità;
b) a disporre del proprio bene con il solo rispetto delle normative igienico sanitarie, antinfortunistiche ed ambientali, e ciò anche con frazionamenti;
c) per la condanna del Comune al risarcimento dei danni causati dall'ostacolo alla fruizione di tre unità immobiliari in luogo dell'unica, attuale unità di via Versilia 5.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Forte dei Marmi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2016 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori avv. G. Saporito per la parte ricorrente e avv. G. Turri per l'amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La controversia in esame ha ad oggetto la pretesa del Sig. Ernesto Schiatti di frazionare liberamente un appartamento di sua proprietà ubicato in Forte dei Marmi alla via Versilia n. 5 in relazione al quale egli ha presentato una CILA ex art. 6 t.u.e. dichiarata inefficace dall’omonimo comune in base all’assunto che l’intervento contrasterebbe con il divieto di incremento delle unità immobiliari previsto dalle n.t.a. del vigente regolamento urbanistico.
Il comune di Forte dei Marmi, costituitosi in giudizio, ha eccepito in primo luogo la tardività del ricorso in quanto il provvedimento impugnato avrebbe carattere meramente confermativo di precedenti atti con cui l’Ente si era già espresso in ordine alla non conformità dell’intervento allo strumento urbanistico.
L’eccezione è priva di fondamento per le ragioni che si vanno ad esporre.
Il regime della edilizia libera di cui all’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001, diversamente da quello della scia, non prevede una fase di controllo successivo (da esperirsi entro un termine perentorio) che – in caso di esito negativo - si chiude con un provvedimento di carattere inibitorio.
Gli interventi che rientrano nella sfera di “libertà” definita dalla predetta norma non sono infatti soggetti ad alcun titolo edilizio tacito o espresso: in relazione agli stessi, pertanto, l’amministrazione dispone di un unico potere che è quello sanzionatorio da esercitarsi nel caso in cui gli stessi vengano realizzati in contrasto con la disciplina urbanistica o edilizia.
Eventuali pronunciamenti anticipati dell’ente in ordine alla ammissibilità degli interventi comunicati con CILA non hanno, quindi, carattere provvedimentale ma meramente informativo, non rispondendo gli stessi ad un potere legislativamente tipizzato.
Dalla predetta premessa non consegue, tuttavia, l’inammissibilità del ricorso, atteso che il ricorrente non ha solo formulato una domanda di annullamento ma ha anche richiesto l’accertamento della legittimità dell’intervento che intende realizzare.
A tale domanda non osta il disposto dell’art. 34 c.p.a laddove prevede che il g.a. non possa pronunciarsi con riferimento a poteri non ancora esercitati.
Con tale formula il legislatore ha voluto, infatti, conservare il carattere reattivo del processo amministrativo prevedendo che lo stesso non possa surrogarsi al procedimento amministrativo e presupponga, quindi, un preventivo esercizio della funzione.
Si tratta, però, di un principio che non va assolutizzato dovendo lo stesso bilanciarsi con altra regola fondamentale di ogni tipo di processo che è quella dell’interesse ad agire.
L’interesse ad agire, denotando un bisogno di tutela riferito ad una posizione soggettiva, radica l’esercizio del diritto di azione assicurato a difesa dei diritti e degli interessi legittimi dall’art. 24 Cost.. E poiché l’interesse legittimo è oramai pacificamente considerato come posizione sostanziale che preesiste all’atto non vi possono essere ostacoli ad ammettere la sussistenza di un interesse alla sua tutela – entro i limiti della giurisdizione di legittimità - anche prima della adozione di un provvedimento lesivo tutte le volte che la dinamica procedimentale si riveli, per una qualche ragione, insufficiente o inidonea ad assicurarne la soddisfazione (come, ad esempio, accade nei casi di mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento).
Con riferimento al regime della edilizia libera non v’è dubbio che l’interesse del titolare del diritto sul bene all’accertamento circa la realizzabilità dell’intervento divisato può insorgere ancor prima che sia irrogata dalla p.a. una eventuale misura sanzionatoria (impugnabile con domanda di annullamento).
Siffatto interesse diviene, infatti, attuale e concreto già nel momento in cui vi sia stata in ordine all’intervento una contestazione preventiva da parte dell’amministrazione, contestazione che, sebbene (per le ragioni già dette) non possa assumere carattere propriamente provvedimentale, vale, comunque, a creare i presupposti per l’esperimento innanzi al g.a. di un’azione di accertamento (sulla falsa riga di quanto accade anche nel processo civile).
Nel merito il ricorso è fondato.
Il comune di Forte dei Marmi asserisce che l’attività edilizia libera si connoterebbe come tale solo per il fatto di non essere sottoposta, diversamente dalle attività soggette a permesso, dia o scia, ad un potere amministrativo di controllo preventivo o successivo, ma non formerebbe, invece, un ambito sottratto al potere di regolamentazione della attività edilizia, restando subordinata al rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali e delle altre normative di settore.
In altre parole la categoria in esame, secondo questa tesi, sarebbe stata concepita dal legislatore in un ottica di mera liberalizzazione dai controlli ma non come deregolazione sostanziale.
Siffatta impostazione, tuttavia, non coglie appieno l’esatta portata giuridica della categoria in esame.
Il legislatore, infatti, non si è limitato a sottrarre le tipologie di intervento che vi rientrano ad ogni forma di controllo preventivo o successivo ma le ha contestualmente fatte refluire nell’ambito delle categorie della manutenzione ordinaria e straordinaria.
Tale operazione possiede una sua specifica rilevanza in quanto manutenzione ordinaria e straordinaria sono da sempre considerate forme di gestione che, in quanto finalizzate alla tutela della integrità ed alla conservazione funzionale del patrimonio edilizio esistente, non possono essere indiscriminatamente vietate.
Si tratta, in altre parole, di attività rientranti nel nucleo del diritto dominicale che deve ritenersi normalmente incomprimibile da parte degli strumenti urbanistici e territoriali i quali possono disciplinarne il quo modo solo in funzione di specifiche esigenze che, solitamente, attengono alla tutela del paesaggio o del patrimonio storico artistico (Corte Cost. 529/1995).
Non a caso, infatti, il loro svolgimento è ex lege ammesso anche nei comuni e nelle zone privi di disciplina urbanistica ed è sottratto al controllo paesaggistico nei casi in cui non comporti un’alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici.
La specifica qualificazione manutentiva dei lavori che il legislatore ha incluso nell’ambito della edilizia libera è, quindi, rivelatrice del fatto che gli stessi sono stati considerati come facoltà di uso del bene che, non incidendo – di regola – sugli interessi protetti dalle varie discipline che regolamentano l’uso del territorio, costituiscono una libera manifestazione del diritto di proprietà che recede solo a fronte di esigenze pubbliche ben determinate e riconoscibili.
Per cui, se è ben vero, come rimarca la difesa comunale, che a mente dell’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001 (e dell’art. 136 comma 1 della L.R. 64/2015 che deve essere interpretato in senso ad esso conforme) gli interventi di edilizia libera possono essere soggetti alle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, nondimeno, a seguito delle recenti modifiche legislative del D.P.R. 380 del 2001, ciò può avvenire solo nelle ipotesi eccezionali in cui la regolamentazione urbanistica ed edilizia delle costruzioni possa riguardare gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Nel caso di specie la norma che secondo il comune osterebbe alla ammissibilità dell’intervento pone un divieto di incremento di unità abitative nella zona del centro, andando così a precludere l’esercizio di una facoltà che a mente del combinato disposto dell’art. 3 comma 1 lett. c) e dell’art. 6 comma 1 del D.P.R. 380 del 2001 rientra nell’ambito degli interventi manutentivi di edilizia libera.
Non si comprendono, tuttavia, le superiori ragioni di interesse pubblico che tale norma intenderebbe proteggere.
Il frazionamento non incide, infatti, sull’aspetto esteriore dell’edificio e non chiama, quindi, in causa profili di tutela del paesaggio.
Nemmeno può dirsi che il frazionamento in sé determini una indesiderata variazione del carico urbanistico ammesso nella zona, posto che lo stesso (concretandosi in una perequazione di superfici già autorizzate interne ad un medesimo edificio) non comporta un incremento complessivo di superficie utile o di volume (che costituiscono i parametri in relazione ai quali si commisurano gli standards giusto il disposto dell’art. 3 comma 1 del DM 1444 del 1968).
Sicché, la norma in questione nella parte in cui va a limitare indiscriminatamente una attività di tipo manutentivo rientrante nell’ambito della edilizia libera ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 comma 1 e 6 comma 1 del d.p.r. 380 del 201 deve considerarsi illegittima e deve, quindi, essere annullata.
Rimane assorbito ogni altro motivo.
La domanda risarcitoria formulata nel ricorso deve essere respinta in difetto di prova di un danno nell’an e nel quantum.
La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in epigrafe:
1) annulla l’art. 10 comma 1 quater del regolamento urbanistico del comune di Forte dei Marmi nella parte in cui comporta il divieto di aumento di unità immobiliari nell’ambito di operazioni di frazionamento costituenti manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. c) del d.p.r. 380 del 2001;
2) accerta che l’esecuzione dell’intervento di cui alla CILA presentata dal ricorrente non trova limite nella norma di piano di cui al precedente punto n. 1 e che il comune di Forte dei marmi non può sanzionarne la violazione;
3) respinge la domanda risarcitoria;
4) compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Raffaello Gisondi, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaello Gisondi Rosaria Trizzino