TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 510 del 26 febbraio 2024
Urbanistica.Fascia di rispetto acque pubbliche e sanatoria 

L’art. 96 comma 1 lettera f) del R.D. n. 523/1904 stabilisce che sono “vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:…f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento di terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”. La norma include, sotto la dizione onnicomprensiva “fabbriche e scavi” gli interventi edilizi che comportino alterazioni o modificazioni dello stato dei luoghi della fascia di rispetto. Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua ha carattere legale, assoluto ed inderogabile, essendo finalizzato “ad assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche il libero deflusso delle stesse, garantendo le operazioni di ripulitura e manutenzione ed impedendo le esondazioni delle acque. Il divieto si applica anche ai casi in cui il corpo idrico sia stato coperto, poiché tale circostanza non fa venir meno le ragioni di tutela che presiedono al vincolo di inedificabilità assoluta operante nella fascia di rispetto di legge, atteso che, a parte il caso che possano o meno essere riportati in qualsiasi momento allo stato precedente, anche per tali corsi d’acqua occorre consentire uno spazio di manovra, nel caso di necessarie attività di manutenzione e ripulitura delle condutture. Da tali presupposti discendono conseguenze rilevanti anche sul piano della sanabilità delle opere e delle modalità per pervenire alla loro regolarizzazione, poiché l’amministrazione non può perfezionare la pratica di sanatoria se non ha consapevolezza dello lo stato legittimo del fabbricato – cioè se e in che termini sia stata originariamente autorizzata l’edificazione in fascia di rispetto – e, soprattutto, se non è stata acquisita l’autorizzazione dell’ente competente alla tutela del vincolo idraulico. 

 

Pubblicato il 26/02/2024

N. 00510/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02361/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2361 del 2019, proposto da
Immobiliare Perla S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Spallino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Renate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Bertacco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del predetto difensore in Milano, via San Damiano, n. 9;

per l'annullamento

del silenzio rigetto formatosi per decorso del termine di cui all’art. 36, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 sulla domanda di Permesso di Costruire in Sanatoria presentata il 17.05.2019 da Immobiliare Perla S.r.l.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Renate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2024 la dott.ssa Valentina Caccamo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’Immobiliare Perla S.r.l. (di seguito, “Immobiliare Perla”) è proprietaria di un fabbricato a destinazione industriale, ubicato nel Comune di Renate, alla via Concordia n. 41 e identificato catastalmente al foglio 5, mapp. 257 sub. 0, categoria D/1 (opificio). L’immobile è stato edificato in forza della Licenza Edilizia n. 34 del 10.11.1961 e ha ottenuto “l’autorizzazione di abitabilità” in data 1.08.1963.

2. Con istanza di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 presentata il 17.05.2019, la ricorrente ha chiesto l’accertamento di conformità di alcune opere edilizie realizzate in difformità dal titolo originario, consistenti nella modifica di una porzione della copertura, da “a volta” a “piana”, nella modifica delle aperture e nella realizzazione di una tettoia a sbalzo in prolungamento della facciata.

3. Il Comune di Renate è rimasto silente sull’istanza di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente, per cui, alla scadenza del termine di sessanta giorni previsto per la definizione del procedimento, è maturato sulla domanda il silenzio-rigetto ai sensi dell’art. 36, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001.

4. Avverso tale provvedimento di diniego formatosi per silentium è insorta l’Immobiliare Perla, articolando a sostegno del gravame un unico motivo di ricorso rubricato “violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 36 D.P.R. 380/2001. Disapplicazione dello strumento urbanistico. Eccesso di potere sotto il profilo sintomatico del difetto di istruttoria”. In particolare, secondo la ricorrente sussisterebbe nella fattispecie la doppia conformità dell'intervento abusivo alla normativa primaria e secondaria di riferimento poiché, all’epoca della sua realizzazione, sia il Regolamento Edilizio approvato dalla Prefettura di Milano il 20 luglio 1954 che la L. n. 1150/1942 non avrebbero impedito la costruzione dell’immobile così come avvenuta; all’attualità, nei documenti progettuali allegati alla domanda di sanatoria sarebbe stata dimostrata la possibilità di legittimare le opere realizzate senza titolo.

4.1 Infine, la ricorrente dà atto che “nel sottosuolo dell’intero comparto cui appartiene la proprietà della ricorrente scorre il torrente Bevera, tramite una canalizzazione del corso d’acqua realizzata certamente ante 1953 (…) che si prolunga sino a attraversare tutto il comparto industriale sino ad attraversare la strada provinciale 112 (via Concordia, Renate)”. Nella prospettiva dell’Immobiliare Perla, gli interventi di cui si discute non interferirebbero con le finalità perseguite dal vincolo di cui all’art. 96, lettera f) del R.D. n. 523/1904, poiché la richiesta di sanatoria avente ad oggetto la realizzazione di una diversa copertura – e non di un’opera in senso edilizio del termine – non inficerebbe il possibile sfruttamento delle acque, né il loro libero deflusso in caso di esondazione.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Renate per resistere al ricorso, evidenziando di aver avviato, a seguito della presentazione dell’istanza di sanatoria in esame, una complessa attività di ricognizione dei titoli autorizzativi riguardanti l’immobile al fine di accertare l’esistenza di un provvedimento legittimante l’occupazione dell’alveo tombinato del Torrente Bevera. A tal fine, con delibera di G.C. n.104 del 5.11.2020, l’amministrazione comunale ha proceduto all’istituzione di un tavolo di lavoro congiunto con gli altri enti – di cui non sono noti gli approdi definitivi – per la ricognizione delle infrastrutture sovracomunali insistenti sul Torrente Bevera e per la definizione degli interventi migliorativi delle varie criticità, nell’ambito del quale valutare la situazione del compendio immobiliare sul quale insiste la proprietà della ricorrente.

5.1 Nel merito, il Comune evidenzia che le opere abusive, costituite dalla modifica della porzione della copertura con realizzazione di uno spazio destinato a esposizione, deposito e ascensore, avrebbero generato un aumento della superficie lorda di pavimento di 164,16 mq ai sensi dell’art. 13 nelle N.T.A. del Piano di Governo del Territorio (“P.G.T.”), essendo irrilevante l’affermazione secondo cui la Slp aggiuntiva sarebbe “ricavata nel piano primo” (cfr. figura n. 9 del ricorso), trattandosi piuttosto della costruzione di un nuovo piano secondo. Inoltre, anche la realizzazione della tettoia a sbalzo in prolungamento della facciata per oltre 5 metri avrebbe comportato un aumento della superficie coperta ai sensi dell’art. 13 delle NTA del P.G.T. per la parte che sporge oltre i 2,50 metri.

5.2 Infine, l’ente evidenzia come le opere di cui è stata chiesta la sanatoria determinerebbero modifiche sostanziali su un immobile che occupa l’alveo tombinato del Torrente Bevera e, dunque, insiste sulla fascia di rispetto prevista per il Reticolo Idrico Principale ai sensi del R.D. n. 523/1904, con la conseguenza che il rilascio di qualsiasi titolo edilizio risulterebbe subordinato all’autorizzazione da parte dell’autorità amministrativa competente, nella specie la Regione Lombardia, nonché alla verifica dell’esistenza del titolo legittimante l’occupazione dell’alveo, tutt’oggi non ancora rinvenuto.

6. Le parti hanno scambiato ulteriori scritti difensivi e, all’udienza pubblica del 31 gennaio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il ricorso è infondato.

8. Come noto, ai sensi dell’art. 36, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001, nel caso di opere realizzate senza titolo o in difformità da esso, è possibile ottenere il permesso in sanatoria qualora “l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello tesso, sia al momento della presentazione della domanda”. La “doppia conformità” dell’opera realizzata abusivamente è elemento indefettibile per la sua regolarizzazione postuma, che l’amministrazione è tenuta a verificare quale condizione per il perfezionamento dell’istanza di sanatoria. In questo quadro, è legittimo il diniego opposto per silentium dall’amministrazione alla richiesta della ricorrente, mancando sia la prova dell’esistenza di un valido titolo legittimante ab origine la realizzazione del fabbricato sul sedime dell’alveo del Torrente Bevera, sia l’autorizzazione attuale dell’ente competente alla tutela del reticolo idrico e alla verifica del rispetto della fascia di inedificabilità di cui all’art. 96 comma 1 lettera f) del R.D. n. 523/1904.

8.1 Tale ultima disposizione stabilisce che sono “vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:…f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento di terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”.

La norma include, sotto la dizione onnicomprensiva “fabbriche e scavi” gli interventi edilizi che comportino alterazioni o modificazioni dello stato dei luoghi della fascia di rispetto, per cui trova certamente applicazione nel caso di specie, in cui di discute dell’esecuzione di opere su un immobile preesistente realizzato sull’alveo tombinato del Torrente Bevera (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 29.11.2019, n. 8184).

8.2 Secondo costante giurisprudenza il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua ha carattere legale, assoluto ed inderogabile, essendo finalizzato “ad assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche il libero deflusso delle stesse, garantendo le operazioni di ripulitura e manutenzione ed impedendo le esondazioni delle acque (cfr., ex multis, Cons. Stato, IV, 22-6-2011 n. 3781; Trib. sup. acque, 24-6-2010, n. 104)” (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 11.11.2019, n. 7695; Cons. di Stato, Sez. II, 24.06.2020, n. 4052).

8.3 Il divieto si applica poi anche ai casi in cui, come nella presente vicenda contenziosa, il corpo idrico sia stato coperto, poiché tale circostanza non fa venir meno le ragioni di tutela che presiedono al vincolo di inedificabilità assoluta operante nella fascia di rispetto di legge. La giurisprudenza ha infatti chiarito “che i vincoli previsti dal R.D. n. 523 del 1904 sussistono anche per i corsi d’acqua tombinati, atteso che, a parte il caso che possano o meno essere riportati in qualsiasi momento allo stato precedente, anche per tali corsi d’acqua occorre consentire uno spazio di manovra, nel caso di necessarie attività di manutenzione e ripulitura delle condutture” (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 11.11.2019, n. 7695).

8.4 Da tali presupposti discendono conseguenze rilevanti anche sul piano della sanabilità delle opere e delle modalità per pervenire alla loro regolarizzazione, poiché l’amministrazione non può perfezionare la pratica di sanatoria se non ha consapevolezza dello lo stato legittimo del fabbricato – cioè se e in che termini sia stata originariamente autorizzata l’edificazione in fascia di rispetto – e, soprattutto, se non è stata acquisita l’autorizzazione dell’ente competente alla tutela del vincolo idraulico, circostanze chiaramente rappresentate alla ricorrente dal Comune di Renate nella nota del 9.07.2021.

9. Non può condividersi, a tale riguardo, l’affermazione di Immobiliare Perla secondo cui l’amministrazione avrebbe omesso qualsiasi concreto approfondimento istruttorio circa lo stato dei luoghi, al fine di accertare l’eventuale rispondenza dell’intervento con le finalità dell’art. 96 comma 1 lettera f) del R.D. n. 523/1904. Va premesso che l’ente locale non ha l’onere di comprovare le circostanze richieste dalla legge per la sanatoria di opere abusive, spettando all’interessato la prova delle stesse (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22.03.2018 n.1837). Infatti, è il richiedente “che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell'adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24.08.2017 n. 4060).

9.1 Ad ogni buon conto, nel caso di specie il Comune di Renate si è attivato per verificare, con la collaborazione della Regione Lombardia quale ente deputato alla verifica idraulica di compatibilità sul Reticolo idrico principale, la sussistenza di un eventuale titolo autorizzativo ex R.D. n. 523/1904 riguardante la realizzazione del compendio immobiliare di cui di discute, finanche convocando un’apposita conferenza di servizi per la valutazione della questione nell’ottica di un più ampio intervento finalizzato all’elaborazione di una soluzione definitiva delle problematiche connesse alla tombinatura del Torrente Bevera (cfr. nota dell’amministrazione del 9.07.2021, doc. 22 della ricorrente).

10. Del resto, come correttamente evidenziato dall’amministrazione comunale, anche qualora l’edificazione del fabbricato all’interno della fascia di rispetto fosse stata legittimamente autorizzata, sarebbe stato comunque necessario acquisire, ai fini dell’eventuale rilascio del permesso di costruire in sanatoria, la positiva valutazione di compatibilità delle opere abusive con il vincolo imposto dall’art. 96, lett. f) del R.D. n. 523/1904, che è di competenza della Regione Lombardia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e) della Legge Regionale n. 4/2016, secondo cui la stessa “gestisce i beni e le pertinenze del demanio idrico fluviale ed esercita le funzioni di polizia idraulica ai sensi del r.d. 523/1904”.

11. In conclusione, alla luce delle considerazioni tutte sopra svolte, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

12. Le spese possono essere compensate considerata la peculiarità della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere

Valentina Caccamo, Referendario, Estensore