TAR Lazio (Roma) Sez. I-quater sent. 10541 del 21 novembre 2008
Urbanistica. Lottizzazione abusiva mediante modifica di destinazione d'uso

Lo stravolgimento del permesso di costruire mediante la realizzazione di edifici che per le loro caratteristiche non siano più riferibili a quelli approvati costituisce fatto idoneo ad integrare la fattispecie della lottizzazione senza la prescritta autorizzazione.  In particolare, va soggiunto che, a tali fini, rileva anche la modificazione della destinazione d’uso di volumi non destinati ad abitazione, in quanto idonea a conferire di per sé all’area un diverso assetto territoriale. In definitiva, il mero mutamento della destinazione d’uso di immobili oggetto di titolo edilizio può ben configurare un’ipotesi di lottizzazione abusiva. Al riguardo è, infatti, sufficiente che tale modificazione si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. Reg. Sent.
Anno 2008
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO N. 8798 Reg. Ric.
Anno 2007
- Sezione I-quater -
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 8798 del 2007, proposto da GESTIM S.r.l., in persona dell’Amministratore Unico p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Lavitola e Raffaella Roccucci ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori, situato in Roma, via Costabella n. 23;
contro
il Comune di Castelnuovo di Porto (RM), in persona del Sindaco p.t.;
il Comune di Castelnuovo di Porto, in persona del Responsabile del Servizio Edilizia Privata p.t.;
rappresentato e difeso dall’Avv. Rossana M. A. Rinella ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, situato in Roma, via della Panetteria n. 15;
per l’annullamento
previa sospensiva, dell’ordinanza n. 28 del 2 agosto 2007, notificata in data 14 agosto 2007, a firma del Responsabile del Servizio Edilizia Privata del Comune di Castelnuovo di Porto (RM), con cui è stata ordinata la sospensione della lottizzazione abusiva asseritamene eseguita sui terreni siti nel Comune di Castelnuovo di Porto – Loc.- Monte Barbetta, via di Vallelunga, con conseguente acquisizione di diritto al patrimonio disponibile del Comune di tali terreni, qualora l’ordinanza non venga revocata entro il termine di novanta giorni, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché sconosciuto, ivi compresa la relazione di sopralluogo del 6 giugno 2007, prot. n. 162/UT, citata nell’ordinanza n. 28/2007;
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la relazione del CTU, depositata in data 18 febbraio 2008, in esecuzione dell’ordinanza del Tribunale n. 5089 del 6 novembre 2007;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza pubblica dell’1 ottobre 2008 il Primo Referendario Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 18 ottobre 2007 e depositato il 24 ottobre seguente, la ricorrente impugna l’ordinanza n. 28 del 2 agosto 2007, con la quale il Comune di Castelnuovo di Porto le ha ordinato “la sospensione della lottizzazione abusiva”, con avviso che “trascorsi novanta giorni senza che il presente provvedimento venga revocato, le aree abusivamente lottizzate verranno acquisite di diritto al patrimonio disponibile del Comune, che provvederà d’ufficio, e con spese a carico dei responsabili, alla demolizione delle opere”, chiedendone l’annullamento.
In particolare, riferisce:
- di essere proprietaria, per atto di compravendita a rogito notarile del 30 maggio 2006, rep. n. 26881 e racc. n. 9846, di un lotto di terreno, sito nel Comune di Castenuovo di Porto (RM), loc. Monte Barbetta, via Vallelunga s.n.c., della superficie di circa 27.000 mq.;
- che su tale terreno erano già in costruzione due case rurali con relativi accessori agricoli, in virtù del permesso di costruire n. 33 del 18 luglio 2002, prot. n. 8414;
- che tale permesso di costruire è stato volturato dapprima alla società Progedim e poi alla medesima con atto del 22 giugno 2006, prot. n. 8110;
- che, nel corso dei lavori, il Comune di Castelnuovo di Porto le comunicava l’avvio di un procedimento finalizzato all’emanazione dei provvedimenti sanzionatori previsti dagli artt. 30 e 31 del D.P.R. n. 380/01, in quanto da un sopralluogo effettuato in data 18 maggio 2005 sarebbero emerse sostanziali difformità rispetto al suddetto permesso nonché rispetto alle N.T.A. del P.R.G., tali da comportare una “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, finalizzata alla lottizzazione abusiva”;
- che, nonostante l’ordinanza di annullamento del decreto di sequestro, adottata dal Tribunale di Roma in data 11 giugno 2007 per carenza “allo stato” del fumus del fatto di reato, in data 19 giugno 2006 e, dunque, prima del decorso del termine di trenta giorni concesso per presentare memorie e/o documenti il Comune di Castelnuovo di Porto intimava la sospensione dei lavori con ordinanza n. 23/2007;
- che in data 14 agosto 2007 riceveva notifica del provvedimento impugnato.
Avverso il suddetto provvedimento deduce i seguenti motivi di impugnativa:
I – Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 44 lett. c) D.P.R. n. 380/2001. Violazione dell’art. 28 L. n. 1150/1942 e dei principi generali in materia di pianificazione attuativa. Eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti. Illogicità manifesta. L’Amministrazione contesta difformità dal permesso di costruire n. 33/2003, consistenti nell’asserito cambio di destinazione d’uso, mediante opere edilizie, degli accessori agricoli nonché dei locali al piano interrato ed al piano sottotetto delle case rurali che avrebbero “di fatto comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, finalizzata alla lottizzazione abusiva, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti sul lotto di terreno destinato a zona agricola, in zona quindi non urbanizzata”. Tale contestazione è infondata, atteso che gli interventi in asserita difformità riscontrati dall’Amministrazione sono costituiti da mere opere interne, inidonee ad incidere sul terreno vergine. La lottizzazione abusiva deve, infatti, riguardare esclusivamente i terreni e non già gli edifici. Come riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione penale, frazionamenti e/o mutamenti di destinazioni d’uso che intervengano su edifici già esistenti non possono integrare il reato di lottizzazione abusiva, ma eventualmente abusi sanzionabili ai sensi della lett. b) dell’art. 44 D.P.R. n. 380/01 (come, tra l’altro, riconosciuto dal Tribunale di Tivoli nel decreto di convalida del sequestro, risalente al 19-21.5.2007). Ne consegue che, con l’adozione del provvedimento impugnato, l’Amministrazione ha stravolto il concetto di lottizzazione abusiva, “in quanto riferita, non ai terreni, bensì ai fabbricati”, in contrasto con l’art. 30 del D.P.R. n. 380/01.
II – Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/01 in relazione agli artt. 22 e 37 D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti. Illogicità e contraddittorietà manifeste. Gli interventi contestati non possono essere neanche sanzionati come abusi edilizi, ai sensi degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/01, essendo possibile presentare varianti in corso d’opera sino all’ultimazione dei lavori, così come previsto dall’art. 22, comma 2, del medesimo decreto. Considerato l’attuale stato dei lavori, è prematuro procedere all’applicazione di misure sanzionatorie per un asserito cambio d’uso attribuito ad alcune modifiche interne che potranno al più costituire mere varianti in corso d’opera, da presentare prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
III – In subordine, violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 22 e 37 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G. vigente del Comune di Castelnuovo di Porto relative alla zona E agricola e della L.R. Lazio n. 38/1999, come modificata dalla L.R. Lazio n. 8/2003. Eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti. Carenza di istruttoria. Travisamento. Illogicità e contraddittorietà manifeste. Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che l’Amministrazione poteva intervenire a sanzionare gli asseriti abusi edilizi, il provvedimento impugnato risulta comunque illegittimo perché non è stato effettuato alcun mutamento di destinazione d’uso né sono state realizzate opere in totale difformità del permesso di costruire.
IV – In ulteriore subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 34 D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti. Illogicità ed ingiustizia manifeste. Difetto di pubblico interesse. Qualora permangano dubbi sulla destinazione di alcuni locali dei fabbricati, ritenendosi alcuni specifici impianti non ammessi e congrui rispetto alla destinazione autorizzata, si tratterebbe comunque di opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire, sanzionabili ex art. 34 del D.P.R. n. 380/01 e non ai sensi del precedente art. 31. La ricorrente si dichiara sin da ora disponibile al ripristino parziale delle opere che il Tribunale dovesse ritenere “in parziale difformità dal permesso di costruire”.
Con atto depositato in data 6 novembre 2007 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale – nel contempo - ha così confutato le censure formulate nel ricorso: - nel caso di specie non si è in presenza di semplici lavori (interni) che abbiano determinato un mero mutamento della destinazione d’uso di edifici già esistenti, bensì si è realizzata un’attività edificatoria idonea a snaturare la programmazione dell’uso del territorio; - è, dunque, la sommatoria degli abusi contestati e descritti in fatto a determinare il cambiamento urbanistico della zona che, da agricola, viene ad assumere gli indici di edificabilità propri di zone c.d. residenziali; - sussiste assoluta autonomia tra azione amministrativa e azione penale; - l’ordinanza impugnata è emessa ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01. Ne consegue che censure tese a dimostrare la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33 e 44 lett b del D.P.R. n. 380/01 sono prive di giuridico fondamento.
Con ordinanza n. 5089, resa alla camera di consiglio del 6 novembre 2007 (nel corso della quale la ricorrente ha depositato una sentenza della Corte di Cassazione penale), il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare nonché nominato un C.T.U. al fine di acquisire una relazione tecnica in ordine allo stato dei luoghi e, dunque, alla sussistenza di modifiche idonee a determinare cambi di destinazione d’uso e – più in generale - alla conformità delle opere realizzate ai progetti approvati.
In data 18 febbraio 2008 è stata depositata la relazione richiesta, dalla quale – in punto di mero fatto - risulta che:
- esistono svariate difformità rispetto ai progetti approvati, incidenti sui prospetti, sulle altezze dei locali nonché sulla distribuzione interna dei locali;
- per tutte le costruzioni è stato constatato ad ogni piano la predisposizioni di impianti elettrico, idrico e di riscaldamento;
- al portico del piano terra degli annessi agricoli “predisposizione impianto antifurto”;
- “esiste la predisposizione di allacci e scarichi che indicano l’intenzione di realizzare nuovi bagni non previsti al piano sottotetto della casa rurale e in tutti i piani dell’accessorio agricolo”;
- “la qualità delle finiture e la predisposizione completa di impianto elettrico, idrico e del gas, sinora realizzati in tutti e quattro i manufatti sono uguali a quelle necessarie per un utilizzo residenziale”.
Nelle “conclusioni” il C.T.U. ripercorre le difformità riscontrate, “lasciando ogni considerazione ulteriore al collegio giudicante”.
Con decreto del 9 luglio 2008 il Tribunale ha liquidato al C.T.U. la somma di Euro 5.130,34, a titolo di “competenze, rimborso spese e indennità di trasferta”, “ponendolo in solido a carico” della ricorrente e del Comune di Castelnuovo di Porto.
Con memoria depositata in data 19 settembre 2008 il Comune di Castelnuovo di Porto ha ribadito che le opere edificatorie effettivamente realizzate hanno determinato un’attività edificatoria idonea a snaturare la programmazione dell’uso del territorio nonché evidenziato che i rilievi contestati nel provvedimento impugnato sono stati tutti riscontrati dal nominato CTU.
Anche la ricorrente ha provveduto in data 20 settembre a depositare una memoria, nell’ambito della quale ha sostanzialmente reiterato le censure già formulate.
All’udienza pubblica dell’1 ottobre 2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Diritto
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
1.1. Come emerge nella narrativa che precede, la ricorrente insiste nel rappresentare una determinata “lettura” dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01, al fine di escludere “in radice” la possibilità di riscontrare nel caso in esame un’ipotesi di lottizzazione abusiva.
In particolare, la ricorrente afferma che, dalle disposizioni del richiamato articolo, “si evince…… chiaramente che, per aversi lottizzazione abusiva, deve trattarsi di opere o atti negoziali comunque incidenti su terreni e non già su fabbricati” e perviene così alla conclusione che il mutamento di destinazione d’uso è inidoneo “a configurare la lottizzazione abusiva”.
A tale fine richiama alcune sentenze della Corte di Cassazione Penale, nell’ambito delle quali il reato di lottizzazione abusiva è riconnesso esclusivamente a modifiche di terreni e non di fabbricati.
Tale ricostruzione giuridica della fattispecie non è meritevole di condivisione.
Al riguardo, è doveroso ricordare che l’art. 30 del D.P.R. in argomento dispone che “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
In ragione della citata previsione, il Collegio concorda sulla necessità che la lottizzazione abusiva presupponga opere (c.d. lottizzazione materiale) o iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione cartolare) che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni urbanistiche.
D’altro canto, ritiene che, al fine di valutare un’ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. materiale, sia necessaria una visione d’insieme dei lavori, ossia una verifica nel suo complesso dell’attività edilizia realizzata, atteso che potrebbero anche ricorrere modifiche rispetto all’attività assentita idonee a conferire un diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione (cfr., tra le altre, TAR Puglia, Bari, 24 aprile 2008, n. 1017; TAR Puglia, Bari, 10 settembre 2003, n. 3243).
Proprio in quanto sussiste lottizzazione abusiva in tutti i casi in cui si realizza un’abusiva interferenza con la programmazione del territorio, diviene, ancora, ragionevole sostenere che la verifica dell’attività edilizia realizzata nel suo complesso può condurre a riscontrare un illegittimo mutamento della destinazione all’uso del territorio autoritativamente impressa anche nei casi in cui le variazioni apportate incidano esclusivamente sulla destinazione d’uso dei manufatti realizzati.
Del resto, la stessa formulazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 consente di affermare che può integrare un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standards. Come già affermato in ambito giurisprudenziale (cfr. TAR Puglia, Bari, sent. n. 1017 del 2008, già citata), il concetto di “opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia” dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera “funzionale” alla ratio della norma, il cui bene giuridico tutelato è costituito dalla necessità di preservare la potestà programmatoria attribuita all’Amministrazione nonché l’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè il Comune), al fine di garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio ed uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standards compatibile con le esigenze di finanza pubblica.
Da quanto detto consegue che ciò che rileva è il concetto di “trasformazione urbanistica ed edilizia” e non quello di “opera comportante trasformazione urbanistica ed edilizia”.
Tenuto conto di tale assunto, si impone la verifica della conformità della trasformazione realizzata con la destinazione urbanistica impressa alla zona interessata e non – invece – dell’eventuale difformità alle norme vigenti delle singole opere, la quale è sanzionata dagli artt. 31 e ss..
Non appare, pertanto, discutibile che la conformità di cui sopra – come può mancare nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire – può non sussistere nelle ipotesi in cui siano apportate variazioni che rivelino un intento che non potrebbe essere realizzato perché, per le sue connotazioni obiettive, si pone in contrasto con previsioni dello strumento urbanistico generale.
In definitiva, è doveroso ammettere che anche il mutamento della destinazione d’uso di immobili assentiti – ancorché realizzato per mezzo di mere opere interne – può rendere la destinazione urbanistica delle zona non più corrispondente a quella prevista dallo strumento generale.
La riportata soluzione trova pieno conforto anche nell’orientamento della giurisprudenza penale.
Come di recente affermato dalla Cassazione Penale, Sezione III, nella sentenza del 7 marzo 2008, n. 24096, la trasformazione dei terreni di cui all’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 “va”, infatti, interpretata nel senso del conferimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale……..”, sicché “deve ritenersi inammissibile il mutamento della destinazione d’uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, tenuto conto che l’organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi”.
Dopo aver ricordato proprio la sentenza dell’8 maggio 1991, richiamata nel ricorso, nell’ambito della quale veniva “affermato che il mutamento di destinazione d’uso non è idoneo ad integrare il reato di lottizzazione abusiva, poiché una corretta interpretazione della L. 47 del 1985, art. 18 non consente di intravedere il reato di lottizzazione se non quando siano modificati i terreni e non gli edifici”, la Suprema Corte ha, poi, rilevato che “trattasi … di una sentenza ampiamente superata, quanto ai principi in essa enunciati, dalla più recente giurisprudenza di legittimità ed essa, comunque, trascura di considerare che:
anche il mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti può influire sull’assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare nuovi interventi di urbanizzazione;
esistono differenze quantitative e qualitative nelle opere di urbanizzazione nelle diverse zone e per le diverse destinazioni d’uso, tanto che pure i giudici amministrativi hanno ritenuto necessaria una variante allo strumento urbanistico generale per poter concedere l’autorizzazione ad eseguire una lottizzazione con cui venga attuato un mutamento della destinazione di zona”.
In conclusione, la Suprema Corte - nella pronuncia de qua - ha riconosciuto che può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modificazione della destinazione d’uso di un complesso alberghiero in residenziale.
In linea con l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, si può, pertanto, affermare – in generale - che lo stravolgimento del permesso di costruire mediante la realizzazione di edifici che per le loro caratteristiche non siano più riferibili a quelli approvati costituisce fatto idoneo ad integrare la fattispecie della lottizzazione senza la prescritta autorizzazione.
In particolare, va soggiunto che, a tali fini, rileva anche la modificazione della destinazione d’uso di volumi non destinati ad abitazione, in quanto idonea a conferire di per sé all’area un diverso assetto territoriale.
In definitiva, il mero mutamento della destinazione d’uso di immobili oggetto di titolo edilizio può ben configurare un’ipotesi di lottizzazione abusiva.
Al riguardo è, infatti, sufficiente che tale modificazione si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici.
1.2. Definita positivamente la questione – di carattere generale – attinente all’idoneità del mutamento di destinazione d’uso ad integrare un’ipotesi di lottizzazione abusiva, permane da valutare la situazione concreta prospettata.
In particolare, anche dalle ulteriori censure sollevate - intese sotto un profilo essenzialmente funzionale e, dunque, come dirette a dimostrare che non sussistono gli abusi contestati e cioè che non è stato effettuato alcun mutamento di destinazione d’uso né sono state realizzate opere in totale difformità del permesso di costruire – emerge la necessità di verificare se i lavori effettuati rivelino o meno una destinazione d’uso differente da quella assentita e, più in generale, difformità dal permesso di costruire atte a rendere il complesso “privo di ogni connessione funzionale con l’esercizio dell’attività di conduzione agricola”, come contestato nel provvedimento impugnato.
Per chiarezza, appare opportuno ricordare che, in relazione al terreno ora di proprietà della ricorrente, era stato rilasciato in data 17 luglio 2003 il permesso di costruire n. 33, il quale consentiva la realizzazione di due case rurali con relativi annessi agricoli.
Nel provvedimento impugnato, sono state contestate opere difformi da detto permesso di costruire, che “hanno di fatto comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, finalizzata alla lottizzazione abusiva, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti sul lotto di terreno destinato a zona agricola, in una zona quindi non urbanizzata”.
In relazione alle case rurali, le difformità rilevate dall’Amministrazione essenzialmente consistono in:
- aumento della superficie utile per “mancata realizzazione delle intercapedini” e variazione in aumento dell’altezza ai piani interrati;
- cambio di destinazione d’uso degli stessi piani interrati, connessa alla realizzazione di tramezzature, finiture e predisposizione degli impianti tecnologici;
- predisposizione di impianti tecnologici ai piani sottotetto che “hanno di fatto reso gli impianti dal punto di vista funzionale ad uso residenziale”.
Per quanto riguarda gli annessi agricoli, risultano, invece, contestati:
- il cambio di destinazione d’uso per tutti i tre piani del manufatto, connessa alla realizzazione di tramezzature, finiture ed impianti tecnologici;
- l’aumento della superficie utile per “mancata realizzazione quasi totale delle intercapedini” e variazione in aumento dell’altezza ai piani interrati.
In ultimo, è stato precisato che, in virtù di tali difformità, la cubatura residenziale è risultata in eccedenza rispetto al progetto approvato di mc. 3.124,70 (mc. 3.959 (totale) – mc. 834,56, cubatura residenziale assentita).
Al riguardo, il Tribunale ha ravvisato la necessità di acquisire una relazione in ordine allo stato attuale dei luoghi.
A tale fine ha disposto di nominare un C.T.U., il quale ha adempiuto all’incarico ricevuto in data 18 febbraio 2008.
L’esame della relazione depositata consente di affermare che le difformità contestate sono effettivamente esistenti, ad eccezione degli impianti TV e telefonico.
Le opere di cui trattasi consistono in modifiche idonee ad incidere sui prospetti e sulle superfici, nella predisposizione di allacci e scarichi che altra giustificazione non trovano se non quella della realizzazione di bagni e, ancora, nella realizzazione di impianti del gas, di riscaldamento e di antifurto, il tutto dichiaratamente finalizzato alla “trasformazione in residenza”.
Ciò posto, è evidente che sono stati compiuti interventi radicali di adattamento all’uso abitativo di strutture che a tanto non risultano assentite, mediante creazione di vani abitabili, dunque con effetto di realizzazione di nuove costruzioni e conseguenti cubature del tipo “civile abitazione” sicuramente incidenti sul piano urbanistico in quanto ne aumentano il carico.
In definitiva, sussistono i presupposti per ritenere che il mutamento di destinazione d’uso sia stato effettivamente realizzato (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4256); per effetto di tale mutamento, vi è stata la realizzazione di un maggior numero di unità abitative, peraltro di portata rilevante rispetto a quello assentito, connotato da una non indifferente consistenza della cubatura residenziale ottenuta che si profila incompatibile con le norme urbanistiche vigenti e, più precisamente, con la destinazione urbanistica impressa alla zona interessata.
Dette unità abitative – anche poste in relazione alle dimensioni del lotto (27.000 mq.) – conducono inequivocabilmente a riscontrare una trasformazione del terreno a scopo edificatorio, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, che – valutata nel suo complesso - incide sull’assetto urbanistico della zona.
La circostanza che i lavori non sono ancora terminati non appare, poi, rilevante, atteso che gli interventi già compiuti ed accertati sono inequivoci nel rivelare un adattamento all’uso abitativo.
Ciò trova conferma anche nella relazione del CTU, laddove si afferma che “la qualità delle finiture e la predisposizione completa di impianto elettrico, idrico e del gas, sinora realizzati in tutti e quattro i manufatti sono uguali a quelle necessarie per un utilizzo residenziale”.
A ulteriore supporto delle conclusioni alle quali si è pervenuti, è da osservare, poi, che - come constatato anche dal C.T.U. - dai progetti non si evince la natura del tipo di attività agricola a cui i fabbricati sono destinati.
A tale constatazione aggiunge il Collegio che in nessun modo è data prova dell’asservimento dei manufatti realizzati a finalità agricole, ossia dell’effettiva strumentalità degli immobili ad un’attività di tal genere.
Ciò detto, va segnalato, ancora, che l’art. 55 della legge Regione Lazio n. 38 del 22 dicembre 1999 prevede sì nell’ambito degli annessi agricoli anche “i locali ed i servizi per il riparo degli addetti” ma gli annessi contemplati nel progetto approvato non risultano affatto – neppure parzialmente – dediti ad un tale utilizzo.
In ultimo, appare opportuno ricordare che il procedimento amministrativo sanzionatorio è pienamente autonomo ed indipendente dal procedimento penale, concernente il sequestro (cfr., tra le tante, TAR Campania, Napoli, Sez. III, 8 settembre 2006, n. 7986).
Tutto ciò premesso, si perviene, pertanto, alle seguenti conclusione:
- le difformità riscontrate rivelano una destinazione d’uso differente da quella assentita, ossia sono indice di una destinazione residenziale;
- il mutamento della destinazione d’uso di cui è stata data evidenza integra un’ipotesi di lottizzazione abusiva, in quanto comporta una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico.
In definitiva, le censure sollevate sono infondate.
2. Nell’eventualità la ricorrente avesse inteso riferire le censure di cui ai punti II), III) e IV) propriamente agli artt. 22, 31, 34, 37 e 44, lett. b), del D.P.R. n. 380/01, e cioè avesse inteso esclusivamente dimostrare che gli interventi contestati nel provvedimento impugnato “non possono neanche essere sanzionati come abusi edilizi”, ai sensi dei citati artt. 31 e 44, lett. b), il Collegio – convenendo con i rilievi formulati dall’Amministrazione nella memoria di costituzione – ritiene che si tratti di motivi estranei all’ipotesi in esame e, quindi, non pertinenti, atteso che il provvedimento impugnato risulta adottato esclusivamente in applicazione della diversa previsione di cui all’art. 30 del medesimo D.P.R..
3. Per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 2.000,00 a favore del Comune di Castelnuovo di Porto, oltre IVA e CPA nei termini di legge. Si dispone, altresì, che gli onorari e le spese liquidate al consulente tecnico d’ufficio con il decreto presidenziale del 9 luglio 2008 (Euro 5.130,34) siano posti per intero a carico della ricorrente, con consequenziale obbligo per la medesima di provvedere alla rifusione in favore dell’Amministrazione di quanto da quest’ultima già corrisposto a tale titolo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater, respinge il ricorso n. 8798/2007.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio come disposto in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’1 ottobre 2008.
Dr. Giancarlo Luttazi – Presidente
Dr.ssa Antonella Mangia – Referendario- Relatore – Estensore
Dr.ssa Rita Tricarico
IL PRESIDENTE IL MAGISTRATO ESTENSORE