TAR Lombardia (BS) Sez. II n. 256 del 28 marzo 2024
Urbanistica.Nozione di sagoma
Per "sagoma" si intende la conformazione planivolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l'edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti; mentre il prospetto individua gli sviluppi in verticale dell’edificio e quindi la facciata dello stesso, rientrando nella fattispecie anche le aperture presenti sulle pareti esterne
Pubblicato il 28/03/2024
N. 00256/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00609/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 609 del 2020, proposto da
Ravelli Giovanni, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Luppi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, via Solferino n. 10;
contro
Comune di Padenghe sul Garda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Ballerini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, viale della Stazione n. 37;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 6390/2020 (P.E. 65/2020) del 23/7/2020, notificato, a mezzo posta elettronica certificata, in pari data, con il quale il Comune di Padenghe sul Garda, nella persona del Responsabile dell'Area Tecnica, arch. Luca Fornari, ha rigettato la domanda di permesso di costruire in sanatoria prot. n. 3494 depositata in data 22/4/2020, doc. n. 11, nonché la comunicazione di preavviso di diniego del 11/6/2020, doc. 9;
- di ogni provvedimento presupposto, consequenziale e connesso, anche non espressamente richiamato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padenghe sul Garda;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2024 il dott. Ariberto Sabino Limongelli, nessuna delle parti presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Antefatto. L’ordinanza di demolizione n. 14 del 21 agosto 2019 e il ricorso R.G. 117/2020.
1.1. Il ricorrente è proprietario, a far data dal 4 ottobre 2019 (in precedenza usufruttuario), di un edificio residenziale nel Comune di Padenghe sul Garda, in via Calvino (mappale n. 179); l’area è classificata in zona E1 (Aree agricole produttive), ed è sottoposta a vincolo paesistico.
1.2. Il Comune, con ordinanza del responsabile dell’Area Tecnica n. 14 del 21 agosto 2019, ingiungeva al ricorrente, ai sensi dell’art. 31 comma 2 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, la rimozione di alcune opere abusive, descritte come segue: (i) demolizione del corpo 1; (ii) costruzione del corpo 3, sostitutivo del precedente, ma collocato in parte su una strada pubblica; (iii) costruzione del corpo 2, consistente in un portico aperto su tre lati, a sostegno dei balconi sovrastanti; (iv) realizzazione di un nuovo piano con torrette.
L’ordinanza di demolizione era corredata da documentazione illustrativa; nell’allegato A era rappresentata la consistenza cartografica dell’immobile in diversi periodi, a partire dal catasto del 1961; nell’allegato B era riportata la sovrapposizione tra il database topografico del 2015 (con la situazione reale dei luoghi) e la cartografia catastale del 2019; gli elaborati evidenziavano che il corpo 3 era stato realizzato su un sedime del tutto diverso da quello del corpo 1 demolito, e con una diversa sagoma; che il corpo 2 fuoriusciva in modo significativo dal perimetro originario; che il fabbricato era stato sopraelevato rispetto alla proprietà adiacente.
1.3. Contro l’ordinanza di demolizione il ricorrente proponeva ricorso dinanzi a questo TAR (r.g. 117/2020), che con ordinanza n. 158 del 27 aprile 2020 accoglieva la domanda cautelare sotto il profilo del periculum.
2. Il diniego di sanatoria del 23 luglio 2020.
2.1. Contestualmente, in data 22 aprile 2020, il ricorrente formulava istanza di sanatoria edilizia ex art. 36 D.P.R. 380/2001 e istanza di accertamento di compatibilità paesistica ex art. 167 commi 4 e 5 del d. lgs. n. 42/2004, in particolare qualificando l’intervento come “ristrutturazione edilizia” con riduzione del volume complessivo da 2.092,46 mc a 1.867,95 mc, e quindi ammissibile in zona, tenuto conto che l’art. 8.7 delle NTA del Piano delle Regole del vigente PGT, nel disciplinare gli edifici classificati – come quello in questione – come “edifici isolati non connessi all’attività agricola, esterni al perimetro del tessuto urbano consolidato”, consente espressamente gli “interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia (…)”.
2.2. Il responsabile del Settore Edilizia Privata, con provvedimento del 23 luglio 2020, respingeva entrambe le istanze, sul presupposto che l’intervento costituirebbe una “nuova costruzione”, non ammessa in zona dall’art. 8.7 delle NTA: mancherebbe, infatti, il fedele rispetto del volume, del sedime e della sagoma dell’edificio preesistente; in ogni caso, tenendo conto di quanto stabilito dall’art. 3 comma 1-d) del DPR 380/2001, la modifica della sagoma, in presenza di un vincolo paesistico, impedirebbe di qualificare l’intervento come ristrutturazione.
3. Il presente ricorso.
Con il ricorso qui in esame, notificato il 19 ottobre 2020 e ritualmente depositato, il ricorrente impugnava il predetto diniego di sanatoria del 23 luglio 2020 e ne chiedeva l’annullamento sulla base di un unico motivo, con il quale deduceva vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 della L. n. 241/1990, degli artt. 3, comma 1, lett. d), 10 e 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, nonché vizi di eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, difetto di istruttoria e motivazione contraddittoria..
4. La sentenza TAR Brescia, II, 245 del 15 marzo 2021 e la nuova ordinanza di demolizione n. 1 del 12 maggio 2022.
4.1. In pendenza del presente giudizio, la Sezione definiva con sentenza n. 245 del 15 marzo 2021 il pregresso giudizio r.g. 117/2020 sull’ordinanza di demolizione n. 14 del 21 agosto 2019, dichiarando il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, sul rilievo che il diniego di sanatoria aveva fatto venire meno l’efficacia dell’ordinanza di rimessione in pristino; nel contempo, la sentenza evidenziava “il potere-dovere per l’amministrazione di adottare un nuovo provvedimento demolitorio, che tenga conto degli approfondimenti intervenuti nel frattempo, e descriva più in dettaglio il contenuto degli adempimenti imposti al ricorrente. Per definire questi ultimi potrà essere attivata una nuova fase di interlocuzione, come del resto già prefigurato nel provvedimento oggetto di impugnazione, che aveva chiesto al ricorrente una perizia statica riferita all’intero edificio”.
4.2. In adempimento di tale obbligo conformativo, il Comune, disposto ed eseguito un nuovo sopralluogo in data 2 settembre 2021, che confermava la persistenza dei medesimi abusi edilizi, adottava nei confronti del ricorrente una nuova ordinanza di demolizione e riduzione in pristino (la n. 1 del 12 maggio 2022), notificata al ricorrente il 13 maggio 2022, specificando nel dettaglio le operazioni necessarie per eseguire la riduzione in pristino dello stato dei luoghi.
4.3. Il ricorrente non impugnava tale provvedimento.
5. Svolgimento del presente giudizio.
Nel presente giudizio, il Comune di Padenghe sul Garda si costituiva con atto di stile, successivamente integrato, in prossimità dell’udienza di merito, dal deposito di documentazione e di memoria difensiva, eccependo preliminarmente l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione della nuova ordinanza di demolizione n. 1 del 12 maggio 2022; in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Anche la parte ricorrente depositava scritti conclusivi e di replica nei termini di rito.
All’udienza pubblica del 6 marzo 2024, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Si può prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare formulata dalla difesa del Comune, dal momento che il ricorso è infondato nel merito.
1. Secondo il ricorrente, l’intervento oggetto di sanatoria sarebbe qualificabile come “ristrutturazione edilizia” (ammissibile in zona), e non - come ritenuto dall’amministrazione - come “nuova costruzione” (non ammissibile), avendo riguardato un insieme di opere comprensive di demolizioni e ricostruzioni, ma sostanzialmente rispettose dell’organismo originario, senza alcun aumento volumetrico; anzi, l’intervento avrebbe persino ridotto la volumetria preesistente da 2.092,46 mq a 1.867,95 mc, come esposto dal progettista nelle relazioni allegate alle domande di sanatoria paesistica ed edilizia.
1.1. Sotto tali profili, il provvedimento impugnato sarebbe fondato su una motivazione generica, in quanto non spiegherebbe alla luce di quali parametri l’intervento oggetto di sanatoria costituirebbe una “nuova costruzione”, in assenza di un comprovato aumento di volume, superficie coperta ed s.l.p.
1.2. Né sarebbe applicabile, nel caso di specie, il disposto di cui all’art. 3 comma 1 lett. d) ultimo periodo del D.P.R. n. 380/2021 - laddove si prevede che, in relazione agli immobili sottoposti a vincolo culturale o paesistico, gli interventi edilizi possono essere qualificati di “ristrutturazione edilizia” soltanto nel caso in cui siano mantenuti sagoma e sedime dell’edificio preesistente - dal momento che l’operatività di tale condizione sarebbe circoscritta dalla norma agli "interventi di demolizione e ricostruzione e (a)gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti", fattispecie che non ricorrerebbe nel caso di specie. Nel caso di specie, infatti, l’intervento in questione si sarebbe limitato a ricomporre diversamente i volumi dell’edificio preesistente, mantenendo inalterato l’organismo originario nelle parti principali, laddove la norma richiamata si applicherebbe soltanto agli interventi di “integrale” demolizione e ricostruzione.
2. La censura, osserva il Collegio, non può essere condivisa.
2.1. L’art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. 380 del 2011 prevede che per "interventi di ristrutturazione edilizia” si intendono, in linea generale, “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”. La norma precisa che, nell’ambito di tale definizione di carattere generale, “sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche (…)”, aggiungendo che “L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.
2.2. Peraltro, il concetto di “ristrutturazione edilizia” assume connotati particolari e molto più restrittivi allorchè vengano in considerazione immobili sottoposti a vincolo culturale o paesaggistico. L’ultimo periodo della norma in esame, infatti, prevede che “Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, (…) gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
2.3. In forza di tale previsione, i lavori implicanti demolizione e ricostruzione di manufatti preesistenti, mentre in linea generale rientrano nel concetto di ristrutturazione edilizia anche qualora implichino modifica della sagoma e dei prospetti, nel caso di beni sottoposti a vincolo culturale o paesaggistico sono qualificabili come interventi di ristrutturazione edilizia soltanto a condizione che non comportino modifiche alla sagoma, ai prospetti, al sedime e alle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non determinino incrementi volumetrici (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, Sentenza, 12/10/2017, n. 4728; T.A.R. Brescia, Sez. I, Sentenza, 23/02/2016, n. 284; TA.R. Sardegna Cagliari, Sez. II, 31/01/2018, n. 53)
2.4. Per "sagoma" si intende, in linea con l'insegnamento giurisprudenziale, la conformazione planivolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l'edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti; mentre il prospetto individua gli sviluppi in verticale dell’edificio e quindi la facciata dello stesso, rientrando nella fattispecie anche le aperture presenti sulle pareti esterne (cfr. tra le tante Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4307; T.A.R., Napoli, sez. VIII, 27 marzo 2023, n. 1881; T.A.R. Catania, sez. II, 1 marzo 2023, n. 660; T.A.R. Firenze, Sez. III, 21/01/2014, n. 156).
2.5. Nel caso di specie, l’immobile di proprietà del ricorrente, oggetto dell’istanza di sanatoria denegata dall’amministrazione con il provvedimento impugnato, è sottoposto a vincolo paesaggistico. La circostanza non è contestata. Pertanto, gli interventi di ristrutturazione edilizia implicanti demolizioni e ricostruzioni soggiacciono al vincolo del rispetto di sagoma, prospetti, sedime e volume. Gli accertamenti istruttori svolti dall’amministrazione comunale attestano che tale vincolo non è stato rispettato. Come emerge, infatti, dall’articolata motivazione del provvedimento impugnato - corredata di tavole di raffronto e di sovrapposizione dello stato originario dell’immobile e di quello conseguito all’intervento – quest’ultimo si è articolato in una serie di demolizioni parziali dell’edificio preesistente, con conseguenti ricostruzioni dei volumi demoliti in altra zona del sedime con diversa forma e aumento di superficie.
2.6. La motivazione del provvedimento impugnato descrive nel dettaglio gli interventi eseguiti, evidenziando in particolare:
- che al piano interrato lo stato originario consisteva in due corpi staccati allineati, mentre attualmente uno dei due corpi è stato demolito e sostituito con nuovo corpo di fabbrica collocato su altro sedime con diversa forma e sagoma, e aumento di superficie;
- che al piano terra lo stato originario era costituito da un corpo con forma ad U, mentre attualmente un’ala del corpo è stata demolita ed è stato costruito altro corpo di fabbrica in altra zona del sedime con una forma a L e staccato dall’edificio originario;
- che al piano primo lo stato originario era costituito da un corpo con forma a U, mentre allo stato un’ala del corpo è stata demolita ed è stato costruito altro corpo di fabbrica in altra zona del sedime con una forma a L e staccato dall’edificio originario; inoltre, è stato aggiunto un nuovo corpo di fabbrica, indicato negli atti istruttori come corpo 2;
- che al piano sottotetto lo stato originario era costituito da un corpo con forma a U, mentre attualmente esso ha forma a L; inoltre è stato aggiunto nuovo corpo di fabbrica (indicato come corpo 2 degli atti istruttori), sono state riviste le aperture finestrate; è stato trasformato e rialzato il tetto con aggiunta della superficie abitabile, creazione d balconi e loggiati e formazione di nuova torretta accessibile;
- che per quanto riguarda la copertura, l’originario volume del tetto “a capanna” è stato trasformato in un nuovo tetto “a falde” con sagoma diversa.
2.7. In tale contesto, giustamente l’amministrazione ha rilevato che, delle due l’una:
- o si tratta di una “nuova costruzione”, non ammissibile in zona in base alle norme di attuazione dello strumento urbanistico, che ammettono esclusivamente interventi di carattere conservativo estesi fino alla ristrutturazione edilizia (art. 8.7 NTA del Piano delle Regole del PGT);
- oppure di una ristrutturazione edilizia c.d. “pesante” con modifica di sagoma, sedime e volumi, anch’essa non ammissibile su di un bene sottoposto a vincolo paesaggistico, ex art. 3 comma 1 lett. d) D.P.R. 380 del 2001.
2.8. La tesi di parte ricorrente secondo cui la norma da ultimo citata si applicherebbe soltanto al caso della demolizione “integrale” dell’edificio preesistente non ha alcun fondamento, né nella lettera della disposizione, nella quale non si rinviene alcuna specificazione in tal senso, né tanto meno nella sua ratio, che è quella di preservare i beni sottoposti a vincolo paesaggistico o culturale nella loro consistenza originaria, quanto a sagoma, prospetti, sedime e volumi, pur nell’ambito di interventi di rinnovamento dell’edificio.
3. Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va respinto.
4. Peraltro, la complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:
Bernardo Massari, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore