TAR Toscana Sez. III n. 536 del 5 maggio 2020
Urbanistica.Sanzione pecuniaria e acquisizione coattiva
Il vincolo di destinazione apposto dal legislatore ai proventi delle sanzioni pecuniarie irrogate ai sensi dell’art. 31 co. 4-bis d.P.R. n. 380/2001 – proventi che, a norma del comma 4-ter dello stesso art. 31 “sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico” – comporta che le sanzioni in questione abbiano il solo scopo di munire le amministrazioni interessate dei mezzi finanziari occorrenti per procedere alla esecuzione d’ufficio degli ordini di demolizione non eseguiti spontaneamente, e ha dunque una funzione complementare rispetto all’acquisizione coattiva alla mano pubblica dei manufatti abusivi e delle relative aree di sedime. Il combinato disposto delle misure reale e pecuniaria costituisce un duplice deterrente che si giustifica in ragione della necessità, non irragionevolmente avvertita dal legislatore nazionale, di addossare al trasgressore tutte le conseguenze dannose della condotta illecita, vale a dire il pregiudizio arrecato ai beni territoriali, da un lato, e i costi di ripristino, dall’altro, scongiurando il rischio di una tutela ineffettiva dell’interesse generale, senza che per questo possa parlarsi di un indebito bis in idem.
Pubblicato il 05/05/2020
N. 00536/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00813/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 813 del 2019, proposto da
Andrea Landini, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Bruno Campagni e Ilaria Torracchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Elena Bartalesi, Paola Tognini e Stefania Logli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso le stesse in Prato, piazza del Comune 3;
per l'annullamento
a) della dichiarazione del Dirigente del Governo del Territorio del Comune di Prato 07.03.2019 (p.g. 42958 - AB 173/2013) di “acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere in assenza di permesso di costruire e relative pertinenze urbanistiche”, notificata il 05.04.2019 (doc. n. 1);
b) della planimetria dell'area acquisibile, costituente porzione di mq. 85,00 della particella n. 40, sub. 1, fg. 74 del N.C.E.U. di Prato, allegata all'atto sub a);
c) del verbale del Dirigente comunale 08.03.2019 (prot. 44305) di “accertamento, contestazione ed irrogazione della sanzione pecuniaria ex art. 196, comma 4bis, legge reg. Toscana n. 65/2014, nell'importo massimo di e 20.000,00”, notificato il 05.04.2019;
d) degli atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti, e, specificamente:
d1) ingiunzione del dirigente comunale 26.02.2016 (ORD. OE. 534/2016 - AB 173/2013) di demolizione di opere in assenza di permesso di costruire ed individuazione dell'area di sedime ex art. 196, co. 2, 3, 4, 4bis e 5, L.R.T. n. 65/2014”;
d2) verbale della P.M. 25.05.2017 (prot. n. 91059) di “accertamento esecuzione ordinanza di demolizione AB 173/13”;
e, in subordine, per la declaratoria:
del quantum dovuto dal ricorrente, a titolo di sanzione ex art. 196, co. 4bis, L.R.T. n. 65/2014, a fronte degli abusi residuanti in loco, quale congruamente determinato in un importo compreso tra € 2.000,00 ed € 20.000,00, avuto riguardo alla natura e consistenza delle opere contestate, ovvero nella misura ridotta ex art. 16, legge n. 689/1981, pari ad € 4.000,00;
nonché per la condanna del Comune di Prato alla restituzione al ricorrente delle somme indebitamente percepite o percipiende nelle more del giudizio, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2020 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Pietro Landini è l’attuale proprietario di un compendio immobiliare in Prato, alla via di Gello 36, composto da un’abitazione unifamiliare con resede esclusivo di pertinenza e adiacente terreno.
Egli impugna l’atto del 7 marzo 2019, in epigrafe, con cui il Comune di Prato – verificata la non integrale inottemperanza all’ordine di demolire adottato con provvedimento n. 534 del 26 febbraio 2016 e relativo ad alcuni manufatti abusivamente realizzati sul terreno predetto – ha acquisito al proprio patrimonio i manufatti stessi e le relative aree di sedime e pertinenze urbanistiche, ai sensi dell’art. 196 co. 3 e 4 della legge regionale toscana n. 65/2014.
Il ricorrente impugna altresì il “verbale di accertamento e contestazione” dell’8 marzo 2019, recante la comminatoria a suo carico della sanzione pecuniaria di cui all’art. 196 co. 4-bis della l.r. n. 65/2014, cit., nella misura massima di euro 20.000,00, ancora una volta per non aver dato esecuzione alla menzionata ordinanza demolitoria n. 534/2016.
Il gravame è affidato a sette motivi in diritto, in forza dei quali il signor Landini conclude per l’annullamento degli atti impugnati.
1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Prato, che resiste al ricorso.
1.2. Nella camera di consiglio dell’11 luglio 2019, è stata sospesa in via cautelare l’esecuzione della sanzione pecuniaria impugnata.
1.3. Nel merito, la causa è stata trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 4 marzo 2020, preceduta dallo scambio fra le parti di documenti, memorie difensive e repliche ex art. 73 c.p.a..
2. Il ricorrente espone di essere divenuto proprietario esclusivo del compendio immobiliare sito in via di Gello 36 per aver acquistato, in virtù di atto di divisione stipulato il 22 giugno 2017, la quota dell’allora comproprietario signor Pietro Landini.
Tanto premesso, con il primo motivo di impugnazione egli lamenta che il Comune di Prato avrebbe omesso di notificare l’atto di acquisizione dei manufatti abusivi e relativi sedimi nei confronti degli eredi di Pietro Landini, frattanto deceduto. La notifica sarebbe resa necessaria dal fatto che l’acquisizione gratuita retroagirebbe, o meglio, opererebbe sin dal momento della scadenza del termine di novanta giorni assegnato per dare esecuzione all’ordinanza n. 534/2016, risultandone perciò posti nel nulla gli effetti dell’atto di divisione successivamente intercorso.
Per questo aspetto la censura è doppiamente inammissibile, posto che dal suo eventuale accoglimento non deriverebbe alcun effetto utile al ricorrente (questi si vedrebbe comunque privato della proprietà dei beni), e che legittimati a far valere il vizio di notifica sarebbero semmai i comproprietari pretermessi.
Resta comunque fermo che l’acquisto ope legis in favore del Comune, previsto dall’art. 31 co. 3 d.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 196 co. 3 l.r. n. 65/2014, è opponibile ai terzi solo a seguito dell’accertamento, con atto formale, dell’inottemperanza al pregresso ordine di demolizione (atto che, pertanto, va notificato a coloro che risultano proprietari del bene al momento in cui l’inottemperanza è formalmente accertata).
Nelle proprie memorie, il signor Landini sostiene poi che l’interesse alla corretta identificazione dei destinatari dell’atto acquisitivo dipenderebbe dal trattarsi di coobbligati in solido al pagamento della sanzione pecuniaria.
Il rilievo attiene non più all’atto di acquisizione del 7 marzo 2019, ma al separato provvedimento irrogativo della sanzione pecuniaria, congiuntamente impugnato. Esso integra un vero e proprio motivo di impugnazione nuovo per petitum (il provvedimento dell’8 marzo 2019) e causa petendi, surrettiziamente introdotto in giudizio attraverso atti difensivi non notificati alla controparte e che, come tale, va dichiarato inammissibile.
3. Con il secondo e il terzo motivo, il signor Landini rivendica di essere estraneo alla commissione degli abusi sanzionati con l’ordinanza demolitoria n. 534/2016, e di averne tempestivamente sollecitata la rimozione all’autore delle opere. La solo parziale ottemperanza all’ordine di demolizione sarebbe imputabile unicamente alle resistenze di quest’ultimo, con conseguente illegittimità dell’acquisizione coattiva disposta dal Comune, come pure della sanzione pecuniaria ex art. 196 co. 4-bis.
Le censure sono infondate.
Il proprietario dell’opera abusiva, per sottrarsi alle conseguenze dell’ordine di demolizione rimasto inottemperato, deve dimostrare non soltanto la propria estraneità alla commissione degli abusi e la messa in pratica di tutte le misure offerte dall’ordinamento per impedire gli abusi stessi, ma anche di aver intrapreso tutte le iniziative idonee a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall'autorità amministrativa, se del caso attivandosi nei confronti di colui che abbia la disponibilità del bene per costringerlo ad eseguire la demolizione.
Una siffatta dimostrazione non è stata fornita dal signor Landini, le cui affermazioni restano prive di riscontro (tale non può considerarsi la nota trasmessa al Comune in data 18 aprile 2017, oltretutto quando il termine per ottemperare all’ordinanza n. 534/2016 era già ampiamente scaduto).
4. Il quarto motivo investe il quantum della sanzione pecuniaria, irrogata dal Comune in misura pari al massimo edittale di 20.000,00 euro.
Il ricorrente deduce che la motivazione addotta dagli uffici comunali per giustificare l’irrogazione dell’importo massimo sarebbe apparente, tautologica e apodittica, non dando conto della natura, tipologia e consistenza dei manufatti abusivi non demoliti, aventi consistenza di 18,75 mq, onde l’incongruità della sanzione, non commisurato alla effettiva entità degli abusi.
Il motivo è fondato.
Com’è noto, la previsione di una sanzione pecuniaria per il caso di inosservanza dell’ingiunzione a demolire è stata introdotta dal d.l. n. 133/2014 mediante l’aggiunta di un comma 4-bis all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
La sanzione, che il cui ammontare è stabilito dalla norma in un importo compreso tra 2.000,00 e 20.000,00 euro, ha lo scopo di tenere le amministrazioni comunali indenni dalle spese occorrenti per l’esecuzione coattiva delle demolizioni rimaste ineseguite, e non è riferita all’abuso edilizio in sé considerato, quanto alla condotta inadempiente del destinatario dell’ordine di demolizione.
Essa è stata recepita dal legislatore regionale toscano al co. 4-bis dell’art. 196 della legge n. 65/2014, che, specularmente alla corrispondente norma statale, prevede che la sanzione è sempre irrogata nella misura massima “in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui all’articolo 193, comma 2, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato”.
Ai sensi del richiamato art. 193 co. 2, quando il Comune accerta l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo “su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici oppure ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla l. 167/1962, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli strumenti della pianificazione urbanistica o dei regolamenti edilizi, ordina la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi”.
L’impugnato provvedimento dell’8 marzo 2019, a sua volta, applica nei confronti dell’odierno ricorrente la sanzione ex art. 196 co. 4-bis nella misura massima “in quanto le opere risultano difformi dalle norme urbanistiche e dalle prescrizione del Regolamento urbanistico e Regolamento edilizio del Comune di Prato”.
Tale motivazione implica che, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 196 co. 4-bis, la sanzione pecuniaria sia dovuta nella misura massima in tutte le ipotesi contemplate dall’art. 193 co. 2. Si tratta, tuttavia, di un’interpretazione non rispettosa del tenore testuale della disposizione, la quale, lo si è visto, riferisce la sanzione più gravosa agli abusi commessi “sulle aree e sugli edifici”, e non a “tutti i casi”, di cui all’art. 193 co. 2; e non è dubbio che le “aree” cui quest’ultima norma si riferisce siano quelle vincolate o destinate a opere e spazi pubblici, o a interventi di edilizia residenziale pubblica, o su aree a rischio idrogeologico elevato o molto elevato (in questo senso si vedano anche i lavori preparatori della legge di conversione del d.l. n. 133/2014, e in particolare i dossier dell’Ufficio studi della Camera dei Deputati).
Per questo aspetto, il ricorso coglie nel segno e la sanzione pecuniaria deve essere annullata.
5. Con il quinto motivo, il ricorrente sostiene che la sanzione pecuniaria sarebbe stata irrogata a suo carico sulla base del procedimento prescritto dalla legge n. 689/1981. Nondimeno, gli uffici comunali avrebbero omesso l’avvertimento circa il pagamento dell’importo ridotto pari al doppio del minimo edittale, nonché l’indicazione del termine di trenta giorni per la presentazione di scritti difensivi e documenti e della facoltà di audizione personale, disattendendo così il disposto degli artt. 16 e 18 della citata legge n. 689/1981.
La censura è infondata.
Anche ad ammettere che il pagamento in misura ridotta sia consentito anche per la sanzione pecuniaria stabilita dagli artt. 31 co. 4-bis d.P.R. n. 380/2001 e 196 co. 4-bis l.r. n. 65/2014, pur in assenza di una previsione di legge statale o regionale in tal senso (si ricorda che l’art. 12 della legge n. 689/1981 estende le disposizioni della stessa legge alle sanzioni amministrative pecuniarie “in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito”, e che il pagamento in misura ridotta appare scarsamente compatibile con la ratio sottesa alla sanzione pecuniaria in questione), il mancato avvertimento della facoltà di procedere al pagamento in misura ridotta non impedisce all’interessato di avvalersene, ove ne ricorrano le condizioni, né di per sé costituisce un vizio di legittimità del provvedimento applicativo della sanzione pecuniaria.
6. Con il sesto motivo, il ricorrente afferma che il cumulo di sanzione pecuniaria e acquisizione coattiva darebbe luogo a una duplicità di pena per la medesima condotta, incompatibile con il divieto del bis in idem sancito dalla Carta del diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea e dalla C.E.D.U., e sollecita il T.A.R. a rimettere al giudice comunitario la corrispondente questione pregiudiziale.
In contrario, può osservarsi che il vincolo di destinazione apposto dal legislatore ai proventi delle sanzioni pecuniarie irrogate ai sensi dell’art. 31 co. 4-bis d.P.R. n. 380/2001 – proventi che, a norma del comma 4-ter dello stesso art. 31 “sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico” – comporta che le sanzioni in questione abbiano il solo scopo di munire le amministrazioni interessate dei mezzi finanziari occorrenti per procedere alla esecuzione d’ufficio degli ordini di demolizione non eseguiti spontaneamente, e ha dunque una funzione complementare rispetto all’acquisizione coattiva alla mano pubblica dei manufatti abusivi e delle relative aree di sedime. Il combinato disposto delle misure reale e pecuniaria costituisce un duplice deterrente che si giustifica in ragione della necessità, non irragionevolmente avvertita dal legislatore nazionale, di addossare al trasgressore tutte le conseguenze dannose della condotta illecita, vale a dire il pregiudizio arrecato ai beni territoriali, da un lato, e i costi di ripristino, dall’altro, scongiurando il rischio di una tutela ineffettiva dell’interesse generale, senza che per questo possa parlarsi di un indebito bis in idem.
Il tema non richiede peraltro di essere ulteriormente approfondito, dovendosi la pregiudiziale comunitaria suggerita dal ricorrente reputare assorbita dall’accoglimento di una delle censure sostanziali proposte avverso il provvedimento sanzionatorio.
Analogamente, deve considerarsi assorbita la questione di legittimità costituzionale sollecitata con il settimo motivo in relazione all’art. 117 Cost. e alla Convenzione E.D.U..
7. In forza e nei limiti delle considerazioni che precedono, il ricorso dev’essere accolto ai fini dell’annullamento della sanzione pecuniaria irrogata con l’impugnato provvedimento dell’8 marzo 2019, mentre si sottrae ai vizi dedotti l’atto comunale del 7 marzo 2019, dichiarativo dell’acquisto al patrimonio comunale delle opere abusive e delle relative aree di sedime e pertinenze urbanistiche.
8. Le spese di lite possono essere compensate in ragione della reciproca soccombenza delle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2020 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere