TAR Piemonte, Sez. II, n. 590, del 9 maggio 2013
Urbanistica.Definizione di “muro” in base alla destinazione del manufatto

La giurisprudenza ha da tempo individuato un corretto discrimine tra le costruzioni che si definiscono “muro”, in base alla destinazione del manufatto. Nel caso in cui lo scopo della realizzazione sia unicamente la delimitazione della proprietà, si ricade nell'ipotesi della “pertinenza”, per cui non è normalmente necessario il rilascio della concessione ai sensi di quanto previsto, al contrario, dall’art. 3, comma 1, lett. e.6, del d.P.R. n. 380 del 2001. Nel caso in cui il muro sia invece destinato non solo a recingere un fondo, ma anche a contenere o a sostenere esso stesso dei volumi ulteriori, l’opera è tale da presentare una funzione autonoma, sia dal punto di vista edilizio che da quello economico, con la conseguenza che fuoriesce dalla nozione edilizia di “pertinenza” e necessita del permesso di costruire. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00590/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00453/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 453 del 2012, proposto da: 
SOCIETÀ L&M GROUP S.R.L., rappresentata e difesa dagli avv. Enrico Inserviente, Andrea Dal Negro, con domicilio eletto presso Enrico Inserviente in Torino, corso G. Ferraris, 120;

contro

COMUNE DI TORTONA;

per l'annullamento

dell'ordinanza n. 10/2012 del 18 gennaio 2012, a firma del Dirigente del Settore Territorio e Ambiente-Servizio Edilizia Privata, con la quale si ingiunge alla Società ricorrente la demolizione di "una armatura di una porzione di muro in c.a. realizzato a ridosso di altro muro di confine preesistente rivolto verso la linea ferroviaria ivi esistente delle dimensioni di ml. 80 di lunghezza, ml. 2,50 di altezza con una larghezza di ml. 0,35 circa ed un basamento in c.a. della lunghezza di ml. 23 circa in linea con il muro anzidetto", nonchè di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi espressamente compreso il non conosciuto verbale del sopralluogo richiamato nell'ordinanza impugnata in via principale.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe la società “L&M Group” s.r.l. ha impugnato l’ordinanza n. 10/2012, del 18 gennaio 2012, con la quale il Comune di Tortona (AL) le ha intimato, in qualità di proprietaria delle aree, la demolizione della “armatura di una porzione di muro in c.a. realizzato a ridosso di altro muro di confine preesistente rivolto verso la linea ferroviaria ivi esistente delle dimensioni di ml. 80 di lunghezza, ml. 2,50 di altezza con una larghezza di ml. 0,35 circa ed un basamento in c.a. della lunghezza di ml. 23 circa, in linea con il muro anzidetto”, opera realizzata presso il sito denominato “ex OMT” nella strada provinciale per Alessandria n. 25/B. Nella motivazione si evidenzia che il manufatto “è stato realizzato in assenza di titolo abilitativo ed in difformità da quanto previsto dalle norme di attuazione del vigente PRGC”.

Dell’atto impugnato la società ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, premettendo in punto di fatto che l’opera contestata ha delimitato un’area di estensione pari ad oltre 7.300 mq di superficie, adibita alle attività di deposito e stoccaggio di ferroleghe. Il muro perimetrale precedentemente esistente “versava in stato di instabilità tale da non consentire l’esercizio delle attività di movimentazione e di stoccaggio del materiale nelle abituali condizioni di sicurezza, esponendo il personale dedito alle varie fasi della lavorazione ad indesiderati rischi”.

In diritto il gravame è affidato ai seguenti motivi di legittimità:

- violazione degli artt. 6, 10, 22, 31 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti: l’abuso realizzato consisterebbe solo in un muro realizzato all’interno dello stabilimento industriale, avente la funzione di delimitazione, senza peraltro espressione di alcuna volumetria. Si tratterebbe, pertanto, di un’opera non assoggettabile all’ordinario regime concessorio, bensì rientrante tra le “pertinenze edilizie” assentibili con denunzia di inizio di attività ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001: la fattispecie, pertanto, avrebbe dovuto essere assoggettata, tutt’al più, alle sanzioni pecuniarie di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001;

- eccesso di potere per travisamento dei fatti; perplessità della motivazione: la società ricorrente, diversamente da quanto ritenuto dall’amministrazione, non è proprietaria delle aree, ma ne è solo locataria;

- violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 per mancata comunicazione di avvio del procedimento;

- violazione dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001; difetto di motivazione: l’amministrazione avrebbe omesso di indicare quale sia complessivamente l’area che verrà acquisita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.



2. L’amministrazione comunale, pur regolarmente chiamata, non si è costituita in giudizio.

Con ordinanza n. 307 del 2012 questo TAR ha accolto la domanda cautelare, in accoglimento del primo motivo di gravame.

Con memoria depositata in vista della pubblica udienza di discussione, la società ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni, insistendo per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.



3. Il ricorso è fondato.

Osserva il Collegio che la giurisprudenza, anche di questo TAR (cfr. TAR Piemonte, sez. I, n. 657 del 2003), ha da tempo individuato un corretto discrimine tra le costruzioni che si definiscono “muro”, in base alla destinazione del manufatto. Nel caso in cui lo scopo della realizzazione sia unicamente la delimitazione della proprietà, si ricade nell'ipotesi della “pertinenza”, per cui non è normalmente necessario il rilascio della concessione ai sensi di quanto previsto, a contrario, dall’art. 3, comma 1, lett. e.6, del d.P.R. n. 380 del 2001. Nel caso in cui il muro sia invece destinato non solo a recingere un fondo, ma anche a contenere o a sostenere esso stesso dei volumi ulteriori, l’opera è tale da presentare una funzione autonoma, sia dal punto di vista edilizio che da quello economico, con la conseguenza che fuoriesce dalla nozione edilizia di “pertinenza” e necessita del permesso di costruire (cfr., più di recente, TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 4275 del 2012). In ogni caso – è stato anche aggiunto – ciò che più conta è “l’impegno visivo” dell’opera, ossia la sua concreta idoneità ad incidere sulla trasformazione del suolo (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 3847 del 2010): beninteso, purché però tale “impegno” (che deve formare, evidentemente, oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione) sia adeguatamente valorizzato come parte integrante della motivazione dell’ordine di ripristino, nel senso che l’amministrazione deve preoccuparsi di offrire ragionevoli indicazioni (derivanti, ad esempio, dalle notevoli dimensioni o dalle modalità costruttive dell’opera) in ordine alla ritenuta trasformazione del suolo, tali da giustificare il più severo regime edilizio applicato.

Nel caso di specie non appare dubbio, in base sia agli atti versati in giudizio sia alla motivazione dell’ordinanza di demolizione, che la funzione del muro edificato è unicamente quella di recingere l’area adibita a deposito e stoccaggio di materiali industriali, anche al fine di assicurare idonee condizioni di sicurezza dello stabilimento. Sotto altro profilo, poi, la motivazione dell’atto, nella sua estrema sinteticità, non si è preoccupata di individuare i profili che potevano indurre a ritenere integrata una vera e propria trasformazione urbanistica del suolo, in modo da giustificare l’applicazione del regime edilizio della concessione, in luogo di quello tipico delle opere pertinenziali. Emerge, in definitiva, ed allo stato degli atti, un’oggettiva destinazione pertinenziale dell’opera de qua a servizio della proprietà, senza particolari problematiche di compatibilità urbanistica (se non un fugace, e del tutto generico, accenno – compiuto nell’ordinanza impugnata – a non meglio definite “difformità da quanto previsto dalle norme di attuazione del vigente PRGC”), con un quadro di risulta tale quindi da determinare l’applicazione del più blando regime edilizio della d.i.a., e la conseguente inapplicabilità della sanzione ripristinatoria ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001.



4. Il ricorso, pertanto, è da accogliere, con assorbimento degli ulteriori motivi. Resta comunque fermo il potere dell’amministrazione di aprire un nuovo procedimento volto ad una più approfondita verifica dello stato dei luoghi e delle relative norme urbanistiche da applicare, secondo le indicazioni della presente sentenza.

Sono ravvisabili giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, sopratutto in considerazione delle oggettive difficoltà definitorie dell’intervento realizzato ed oggetto della presente causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,

Accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 10/2012, del 18 gennaio 2012, del Comune di Tortona.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Savio Picone, Primo Referendario

Antonino Masaracchia, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)