Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente  

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Sull'accesso all'informazione ambientale
di Luca RAMACCI
pubblicato sulla rubrica Ecolex de La Nuova Ecologia gennaio 2006

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Dopo la Legge 11 febbraio 2005 n. 5, della quale abbiamo già parlato e che ha apportato importanti modifiche alla legge 24190, sostituendo gli articoli che disciplinavano l’accesso agli atti amministrativi, è stata data attuazione, recentemente, alla direttiva 20034CE disciplinando l'accesso del pubblico all'informazione ambientale.

Il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 195 ha sostituito il previgente decreto 39 del 1997 fornendo nuovi e più efficaci strumenti per l’accesso del pubblico all'informazione ambientale.

Tenendo conto delle finalità del decreto e delle definizioni che contiene, apprendiamo che i dati accessibili riguardano non solo l’ambiente nelle sue componenti essenziali ed i fattori che con le stesse interferiscono, ma anche le misure adottate, le analisi effettuate e le informazioni stato della salute e della sicurezza umana.

Altrettanto ampia è la gamma dei soggetti presso i quali possono essere acquisite le informazioni: non solo le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, ma anche ogni persona (fisica o giuridica) che svolga pubbliche funzioni connesse alle tematiche ambientali o che eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico.

L’informazione deve poi essere resa disponibile a chiunque (quindi a singoli, associazioni, comitati etc.) senza obbligo di dichiarare il proprio interesse ed entro tempi ragionevolmente brevi che il decreto indica in modo esauriente, lasciando poco spazio a risposte dilatorie da parte del soggetto interpellata.

Anche i casi in cui le informazioni possono essere legittimamente negate sono espressamente individuati dal legislatore e gli interessi degli utenti sono anche tutelati prevedendo la possibilità di ricorso in caso di diniego o mancata risposta.

Ancora una volta, dunque, una direttiva comunitaria fornisce un utile strumento per le associazioni ed i cittadini costringendo il legislatore nazionale, che, probabilmente, non vi avrebbe mai pensato, a disciplinare una materia tanto delicata.

Resta da vedere come le pubbliche amministrazioni daranno concreta attuazione alla nuova disciplina e se coloro che ne richiederanno l’applicazione saranno capaci, diversamente da quanto avvenuto talvolta in passato, di farne un uso oculato e non strumentale. Spesso, infatti, si è equivocato considerando questo strumento come una implicita forma di pressione verso le amministrazioni o, peggio ancora, un mezzo per rallentarne l’attività.

Luca RAMACCI