TAR Puglia (LE), Sez. I, n. 922, del 8 aprile 2014
Acque.Illegittimità divieto provinciale al progetto di trattamento delle acque meteoriche (separazione delle acque di prima pioggia)

E’ illegittimo il divieto della Provincia al progetto presentato dalla Società ricorrente di trattamento delle acque meteoriche, con separazione delle acque di prima pioggia e loro raccolta in una vasca a tenuta stagna, e smaltite presso uno stabilimento autorizzato, e grigliatura, dissabbiatura e disoleazione, invece, delle acque residue di dilavamento prima della loro immissione sul suolo. L’Ente provinciale non ha compiuto alcuna istruttoria per dimostrare che nel centro di raccolta gestito dalla Società, operandosi nel trattamento delle acque secondo le modalità stabilite nel progetto da essa presentato, si violerebbero comunque i limiti stabiliti nella citata tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza. Né l’amministrazione provinciale ha formulato specifiche censure in ordine alla violazione delle modalità di deposito dei rifiuti presso il centro di raccolta stabilite dal decreto ministeriale 8 aprile 2008. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00922/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01622/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1622 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Monteco Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Cantobelli, con domicilio eletto presso Francesco Cantobelli in Lecce, via Cavour N. 10;

contro

Provincia di Brindisi, rappresentata e difesa dagli avv. Mario Marino Guadalupi, Mariangela Carulli, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;

per l'annullamento

del provvedimento dirigenziale n. 65 dell'1.10.2013, acquisito dal delegato del legale rappresentante di Monteco in data 4.10.2013, con il quale il Dirigente del Servizio Ambiente ed Ecologia della Provincia di Brindisi ha stabilito di "non prendere atto" della comunicazione della Società Monteco relativa allo scarico delle acque meteoriche di dilavamento su superficie inferiore ai 2.000 mq. rivenienti dal centro di raccolta materiali sito nel Comune di Francavilla Fontana, e di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale e/o comunque collegato;

per il risarcimento del danno subito ingiustamente dalla Società ricorrente comunque derivante dal provvedimento impugnato.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Brindisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori Francesco Cantobelli, Mariangela Carulli, anche in sostituzione di Mario Marino Guadalupi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso tempestivamente notificato e depositato la Monteco srl ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il dirigente del servizio ambiente ed ecologia della Provincia di Brindisi le ha inibito di effettuare lo scarico delle acque meteoriche in relazione al centro di raccolta di Francavilla Fontana, secondo le modalità da essa prospettate nella comunicazione del 08.03.2013, in quanto ritenute dall’amministrazione resistente non idonee a garantire “il rispetto dei limiti della tabella 4 allegato 5 del d. lgs. 152/2006”, interessando le acque meteoriche di dilavamento anche superfici impermeabilizzate sulle quali sono svolte attività di deposito rifiuti.

La ricorrente ha articolato il seguente motivo di impugnazione:

“violazione dell’art. 113 del d. lgs. 152 del 2006, del decreto del commissario delegato per l’emergenza ambientale in puglia n. 282/CD/A/2003, del punto 9.6.2.3, lett. H) del Piano di Tutela delle acque per la Puglia. Eccesso di potere per illogicità manifesta, carenza assoluta di motivazione e di istruttoria, erroneità dei presupposti e sviamento della causa tipica”.

In particolare la Monteco ha rilevato che, anche volendo ritenere l’area oggetto del provvedimento impugnato come pertinenza di stabilimento industriale, le modalità da essa individuata per il trattamento delle acque meteoriche (separazione delle acque di prima pioggia e loro raccolta in una vasca a tenuta stagna per essere poi prelevate e smaltite presso uno stabilimento autorizzato; grigliatura, dissabbiatura e disoleazione, invece, delle acque residue di dilavamento prima della loro immissione sul suolo) devono ritenersi conformi alla normativa che regola la materia (decreto del commissario delegato per l’emergenza ambientale in puglia n. 282/CD/A/2003 e punto 9.6.2.3, lett. h) del Piano di Tutela delle acque per la Puglia), mentre al contrario sarebbe del tutto apodittica l’affermazione della provincia di Brindisi secondo cui il sistema delineato da Monteco non garantirebbe il rispetto dei limiti di cui alla tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del d. lgs. 152/2006.

Con motivi aggiunti notificati il 18.11.2013 la Monteco ha contestato il provvedimento impugnato anche per eccesso di potere, per avere l’amministrazione resistente, dapprima indicato quale possibile alternativa al trattamento di tutte le acque (anche non di prima pioggia) presso impianti di depurazione autorizzati, quella di coprire tutti i rifiuti, e poi del tutto omesso di motivare nel provvedimento impugnato, in ordine al rilievo di parte ricorrente secondo cui tutti i rifiuti sarebbero stati coperti (quelli pericolosi sotto apposite tettoie e quelli non pericolosi mediante collocamento in cassonetti dotati di teli di copertura).

La Provincia costituendosi in giudizio ha contestato le avverse doglianze, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza depositata il 10.01.2014 è stata respinta l’istanza cautelare articolata dalla ricorrente, sul presupposto che quanto asserito da Monteco (e cioè che tutti i rifiuti sarebbero stati coperti) non risultava dalla relazione allegata al progetto a suo tempo presentato.

Sulla base di una ulteriore analisi delle questioni oggetto di causa e degli atti prodotti in giudizio, questo collegio ritiene di dovere addivenire a conclusioni diverse rispetto a quelle esposte in sede cautelare, accogliendo quindi il ricorso.

Invero, la materia di cui si discute (modalità di trattamento delle acque di prima pioggia e di dilavamento) risulta attualmente disciplinata, in primo luogo dall’art. 113 del d. lgs. 152/2006 che così dispone:

“1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano: a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate; b) i casi in cui puo' essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione. 2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto. 3. Le regioni disciplinano altresi' i casi in cui puo' essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attivita' svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici. 4. E' comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee”.

Sulla base della delega contenuta nella norma citata, la Regione Puglia ha emesso il decreto commissariale n. 191/CD/A del 13.06.2002 (adozione del c.d. piano direttore), il decreto n. 282/CD/A del 21.11.2003 del commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia e il Piano di Tutela delle Acque adottato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 230 del 20.10.2003.

La normativa citata, ed in particolare quella da ultimo menzionata, si occupa della regolamentazione delle modalità di trattamento delle acque meteoriche, distinguendo tra acque di prima pioggia ed acque di dilavamento successive a quelle di prima pioggia e dettando norme diverse a seconda che tali acque interessino aree di pertinenza di stabilimenti industriali o meno.

Nel caso in esame Monteco, a prescindere dalla qualificabilità o meno del suo centro di raccolta come “stabilimento industriale”, nel predisporre il progetto da presentare alla Provincia, ha ritenuto di conformarsi alle regole stabilite per quest’ultima ipotesi, sicché è alle stesse che può farsi riferimento per valutare la legittimità del provvedimento impugnato.

Al riguardo, la relazione allegata al piano di tutela delle acque al punto 9.6.2.3., così dispone:

” le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne che dilavano dalle pertinenze di stabilimenti industriali, di cui alla definizione, devono essere raccolte in vasche a tenuta stagna e sottoposte ad un trattamento depurativo appropriato in loco, tale da conseguire: il rispetto dei limiti di emissione previsti dalla tab. 3 di cui all’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06, per le immissioni in fogna e nelle acque superficiali; il rispetto dei limiti di emissione previsti dalla tabella 4 di cui all’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06, nel caso di scarico sul suolo. In alternativa è facoltà del titolare avviare tali acque ad impianto di trattamento gestito da terzi. Sarà altresì possibile smaltire tali acque nella fognatura nera, previa verifica dell’idoneità dell’impianto di depurazione a ricevere e trattare tali acque sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, secondo modalità, tempi e oneri imposti dall’ente gestore della fognatura. Le acque di dilavamento successive a quelle di prima pioggia, che dilavano dalle pertinenze di stabilimenti industriali e che non recapitano in fognatura, devono essere sottoposte, prima del loro smaltimento, ad un trattamento di grigliatura, disoleazione e dissabbiatura”.

In sintesi, quindi, la normativa citata, prevede per le acque di prima pioggia due alternative e cioè la raccolta in vasche a tenuta stagna e il successivo trattamento in apposito impianto di depurazione gestito in loco che garantisca il rispetto dei limiti citati dalla disposizione, oppure l’avvio delle acque direttamente ad un impianto di depurazione gestito da terzi; per le acque di dilavamento successive a quelle di prima pioggia, invece, impone un trattamento di grigliatura, disoleazione e dissabbiatura.

Nel caso in esame, la ricorrente al punto 9 della relazione allegato al progetto presentato alla Provincia ha sul punto previsto: “per le acque di prima pioggia la raccolta in apposite vasche e il successivo smaltimento presso impianti autorizzati e per le acque di dilavamento successive a quelle di prima pioggia, il trattamento di grigliatura, disoleazione e dissabbiatura prima dello smaltimento”, modalità di trattamento delle acque effettivamente corrispondenti a quelle delineate dal piano di tutela delle acque sopra riportate.

Tuttavia, la Provincia, nel provvedimento impugnato ha concluso per l’inidoneità di detto progetto, affermando che “i sistemi di trattamento delle acque meteoriche in esso delineati, non garantiscono il rispetto dei limiti alla tabella 4 allegato 5 del d.lgs.152/2206, al fine di impedire lo scarico di sostanze pericolose negli strati superficiali del suolo e/o sottosuolo”.

Tale conclusione si fonda sull’idea che il rispetto delle norme dettate dal piano di tutela delle acque per il trattamento delle acque meteoriche, pur costituendo il parametro minimo alla luce del quale verificare l’idoneità dei progetti presentati da coloro che intendono effettuare tale attività, non esaurisce gli oneri ai quali questi ultimi sono tenuti, essendo in ogni caso necessario che gli stessi delineino soluzioni progettuali tali da garantire altresì il pieno rispetto dei limiti dettati dal d. lgs. 152 del 2006 e, in particolare, per quanto attiene la materia in esame, quelli dettati nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza di detto decreto.

Tuttavia, pur aderendosi a tale tesi, certamente fondata risulta la doglianza svolta sul punto dalla ricorrente (apoditticità dell’affermazione secondo cui il sistema delineato da Monteco non garantirebbe il rispetto di detti limiti tabellari), non avendo la Provincia compiuto alcuna istruttoria per dimostrare che nel centro di raccolta gestito da Monteco, operandosi nel trattamento delle acque secondo le modalità stabilite nel progetto da essa presentato, si violerebbero comunque i limiti stabiliti nella citata tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza, ad esempio per la presenza in loco di sostanze inquinanti. Né l’amministrazione resistente ha, nel caso in esame, formulato specifiche censure in ordine alla violazione delle modalità di deposito dei rifiuti presso il centro di raccolta stabilite dal decreto ministeriale 8 aprile 2008.

Ne consegue che il provvedimento impugnato risulta privo di adeguata motivazione laddove afferma, senza alcun riscontro istruttorio, che il sistema di trattamento delle acque meteoriche delineato da Monteco nel progetto non garantirebbe il rispetto dei limiti di cui alla tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza e ciò, a maggior ragione, tenuto conto che la Provincia, dopo avere prospettato con la nota ex 10 bis legge 241/1990 del 12.08.2013 a Monteco, al fine di garantire il rispetto di detti limiti, la possibilità di tenere tutti i rifiuti al coperto, non ha poi argomentato nel provvedimento impugnato in ordine ai chiarimenti offerti sul punto (con nota 2525/2013 la Monteco aveva precisato che tutti i rifiuti, pericolosi e non, sarebbero stati coperti, così da evitare che l’acqua venisse con essi in contatto prima di riversarsi sul suolo).

Ne consegue l’annullamento del provvedimento impugnato.

La domanda risarcitoria svolta in ricorso va, invece, respinta, essendo stata articolata in modo assolutamente generico, senza fornire alcuna specifica allegazione in ordine al tipo di danni asseritamente subiti e all’ammontare degli stessi.

Le spese di lite, in considerazione della complessità della materia e delle ragioni della decisione, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Roberto Michele Palmieri, Referendario

Jessica Bonetto, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)