Pres.Papa Est. Lombardi Imp. Monaco Morione.
PRODUZIONE, COMMERCIO E CONSUMO - PRODOTTI ALIMENTARI (IN GENERE) - PRODOTTI IN CONFEZIONI E PRODOTTI SFUSI - IN GENERE - Reato di cui all'art. 5 lett. d) L. 283 del 1962 - Ricavabilità dello stato di alterazione dalle sole modalità di conservazione - Esclusione.
Per la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 5 lett. d) L. 30 aprile 1962 n. 283 (disciplina igienica delle sostanze alimentari), è indispensabile che il prodotto alimentare si presenti oggettivamente insudiciato o infestato da parassiti, ovvero alterato, non essendo sufficiente la semplice esposizione della sostanza alimentare agli agenti atmosferici.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza
pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 04/04/2007
Dott. CORDOVA
Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo Luigi - Consigliere
- N. 1044
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO
GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 26813/2006
ha pronunciato
la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto
da:
MONACO MORIONE Giuseppe, n. a Torre Annunziata il 6.3.1954; avverso la
sentenza in data 3.3.2006 del Tribunale di Nola, con la quale venne condannato
alla pena di Euro 3.000,00, di ammenda, quale colpevole del reato di cui della
L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. b) e d).
Visti gli atti, la sentenza
denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del
Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria;
Udito il P.M., in persona del Sost.
Procuratore Generale Dott. CIAMPOLI Luigi, che ha concluso per l'inammissibilità
del ricorso;
Udito il difensore, Avv. LOMBARDO Domenico, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza
impugnata il Tribunale di Nola ha affermato la colpevolezza di MONACO MORIONE
Giuseppe in ordine al reato di cui della L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. b) e
d), ascrittogli per avere detenuto per la vendita molluschi eduli in cattivo
stato di conservazione, nonché insudiciati.
Il giudice di merito ha accertato
in punto di fatto che l'imputato aveva collocato i mitili su un banchetto di
legno all'esterno dei locali della pescheria da lui gestita, in condizioni
igieniche del tutto precarie, in quanto esposti agli agenti atmosferici in una
giornata estiva e non essendo contenuti negli appositi retini che impediscono
l'apertura delle valve.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato,
che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la
violazione ed errata applicazione degli artt. 73 ed 81 c.p.. Si deduce che il
giudice di merito ha ritenuto la sussistenza di entrambe le violazioni di cui
alle disposizioni citate nel capo di imputazioni tra le quali doveva ravvisarsi
la fattispecie del concorso formale dei reati, ma non ha indicato in motivazione
l'entità della pena base per la violazione ritenuta più grave e quella
dell'incremento applicato sulla stessa.
Con il secondo motivo di gravame si
denuncia la illegittimità della condanna per il reato di cui alla L. n. 283 del
1962, art. 5 lett. b) perché affetta dal vizio di ultrapetizione.
Si deduce
che l'affermazione della colpevolezza dell'imputato è stata fondata sul rilievo
che i mitili non erano contenuti nelle apposite retine che impediscono
l'apertura delle valve, mentre nel capo di imputazione era stato contestato che
i molluschi eduli erano esposti alla polvere ed agli agenti atmosferici.
Con
terzo motivo di gravame si denuncia la violazione ed errata applicazione della
L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. d) e l'illogicità della motivazione della
sentenza.
Si osserva che il giudice di merito ha ritenuto l'esistenza
dell'insudiciamento dei mitili, quale conseguenza del fatto che detto prodotto
alimentare era esposto agli agenti atmosferici, sulla base di un'argomentazione
illogica, poiché si tratta di sostanze alimentari che per loro natura sono
esposte ad ogni sorta di agenti atmosferici; che, inoltre, secondo la
giurisprudenza di questa Suprema Corte, la presunzione di pericolosità del
prodotto alimentare non può farsi derivare dalle condizioni ambientali in cui
viene tenuto, ne' l'assenza di pericolosità, nel caso in esame accertata
mediante le analisi, è irrilevante ai fini della configurabilità del reato,
dovendosi considerare peraltro che si tratta di sostanze alimentari non
immediatamente commestibili. Con l'ulteriore mezzo di annullamento si denuncia
per violazione di legge e vizi della motivazione e anche l'affermazione di
colpevolezza per la fattispecie di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett.
b). Si osserva che il giudice di merito ha ritenuto, tra l'altro, l'ipotesi del
cattivo stato di conservazione dei mitili in quanto non contenuti nelle apposite
retine che impediscono l'apertura delle valve. Si deduce, quindi, che tale
assunto si palesa in contrasto con quanto previsto dalla L. 4 luglio 1929, n.
1315, art. 8, comma 1, che impone di contenere i molluschi eduli nelle retine
solo durante la spedizione degli stessi; che, inoltre, non vi è alcuna norma che
imponga l'esposizione per la vendita dei mitili in banchi frigorifero, come
affermato nella sentenza, in quanto la esposizione al di fuori dei frigoriferi
incide solo sui tempi di conservazione del prodotto alimentare, che normalmente
viene venduto lo stesso giorno in cui è esposto per la vendita, secondo la
prassi consuetudinaria generalmente applicata nel luogo in cui si è verificato
il fatto.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. Il primo
motivo di gravame, nei termini in cui è stato formulato dal ricorrente, è
inammissibile per carenza di interesse. La sentenza impugnata, infatti, non ha
applicato alcun aumento di pena per il concorso formale tra le fattispecie
contravvenzionali di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. b) e d), sicché
l'imputato non ha interesse a rilevare la omessa individuazione da parte del
giudice di merito del reato più grave, che, peraltro, è con tutta evidenza (art.
6 della medesima legge) quella di cui alla lett. d), in relazione al quale deve
ritenersi commisurata la pena, e il mancato aumento di detta pena ai sensi
dell'art. 81 c.p.. Si deve, tuttavia, rilevare che detto motivo di gravame è, in
ogni caso, assorbito dai rilievi che seguono a proposito della fondatezza delle
doglianze afferenti alla sussistenza del reato di cui alla L. n. 283 del 1962,
art. 5 lett. d), dovendosi rimettere il processo al giudice di merito per la
determinazione della pena in ordine al reato residuo di cui all'art. 5 lett. b)
della medesima legge. Il secondo motivo di gravame è infondato.
Il denunciato
vizio di ultrapetizione deve essere evidentemente ricondotto alla violazione
dell'art. 522 c.p.p., comma 2, per difetto di correlazione tra la condanna e
l'imputazione.
Orbene, nella specie, tale difetto di correlazione certamente
non sussiste, considerato che all'imputato sono state sostanzialmente
contestate, attraverso i rilievi dei verbalizzanti e l'esame dello stesso in
dibattimento, tutte le circostanze di fatto di cui alla affermazione di
colpevolezza (cfr. sez. un. 22.10.1996 n. 16, Di Francesco ed altre).
È,
invece, fondato il terzo motivo di gravame.
Il giudice di merito ha desunto
l'insudiciamento dei molluschi eduli e la conseguente sussistenza anche della
ipotesi di reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. d), quale
conseguenza della generica esposizione del prodotto alimentare agli agenti
atmosferici. È stato, però, affermato dal consolidato indirizzo interpretativo
di questa Suprema Corte in materia che "Per la configurabilità della
contravvenzione di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 lett. d),
(disciplina igienica delle sostanze alimentari) è indispensabile che il prodotto
alimentare si presenti oggettivamente "insudiciato" o, alternativamente,
"infestato da parassiti" ovvero "alterato", senza che tali circostanze possano
essere desunte dalle condizioni di conservazione dell'alimento, atteso che,
trattandosi di reato di pericolo, per la cui integrazione è sufficiente il
pericolo di un danno per la salute pubblica, la presunzione di pericolosità non
può farsi discendere dalla ulteriore presunzione che lo stato previsto dalla
citata lett. d) discenda dalle condizioni ambientali nelle quali l'alimento
viene tenuto" (sez. 3, 200009449, Campitiello, RV 217578; conf. sez. 3,
200324799, RV Scherillo, 225315). Orbene, poiché il giudice di merito ha
affermato che i molluschi eduli erano insudiciati, in assenza di qualsiasi prova
sul punto, non essendo all'uopo sufficiente la mera esposizione della sostanza
alimentare agli agenti atmosferici, l'imputato deve essere assolto da detta
ipotesi di reato perché il fatto non sussiste.
L'ultimo motivo di gravame è,
invece, infondato.
Va in primo luogo rilevato che la disposizione di legge
citata dal ricorrente è superata dalle ulteriori norme emanate in materia, di
cui ai D.M. 14 novembre 1973, contenente disposizioni "sull'igiene della
produzione e del commercio dei molluschi eduli", e dal D.M. 4 ottobre 1978,
contenente disposizioni "concernenti le modalità di confezionamento, il periodo
e le modalità di conservazione del molluschi eduli, le specie di molluschi che
possono essere vendute sgusciate", norme che continuano ad applicarsi ai sensi
della D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 530, art. 19, comma 1 lett. e).
Orbene, le
citate disposizioni regolamentari prevedono espressamente che i banchi destinati
esclusivamente alla vendita dei molluschi e dei frutti di mare devono
essere:
1) costituiti o almeno ricoperti da materiale impermeabile lavabile
che non presenti soluzione di continuità;
2) muniti di dispositivi che
mettano la merce al riparo da ogni eventuale insudiciamento e da contatti o
manipolazioni del pubblico;
3) muniti di impianto refrigerante che assicuri
una temperatura idonea al mantenimento della freschezza e della vitalità del
prodotto.
A quest'ultimo fine è consentito anche l'impiego di ghiaccio di
acqua potabile, purché detto ghiaccio non venga posto a contatto diretto con i
molluschi.
È stato peraltro puntualmente già precisato in analoga fattispecie
da questa Suprema Corte che "Colui che pone in commercio al dettaglio mitili in
"confezioni" deve adottare tutte le precauzioni igienico sanitarie riguardanti
sia la conservazione di esse, sia i locali, i banchi e le modalità di
esposizione e di vendita..." (sez. 3;
199605236, Gianniello, RV
204981).
Orbene, nel caso in esame il giudice di merito ha accertato che i
molluschi eduli, a prescindere dalla necessità della loro conservazione negli
appositi sacchetti, erano esposti in vendita all'esterno dei locali della
pescheria ed esposti al calore della giornata estiva, sicché erano tenuti in
condizioni del tutto incompatibili con le esigenze della buona conservazione del
prodotto alimentare.
Sussiste, pertanto la violazione di cui alla L. n. 283
del 1962, art. 5 lett. b), che non richiede affatto, ai fini della
configurazione di detta ipotesi contravvenzionale, anche la pericolosità per la
salute del prodotto alimentare (cfr. sez. 3, 2.9.2004 n. 35828, Cicolella, RV
229392).
Infine, le considerazioni del ricorrente circa la natura
consuetudinaria delle modalità di esposizione per la vendita di cui alla
contestazione e le altre sono del tutto irrilevanti sul piano giuridico, mentre
l'assunto, secondo il quale il sistema di produzione dei molluschi eduli implica
necessariamente il loro stato di insudiciamento, ignora che prima di essere
posti in commercio gli stessi devono essere sottoposti a procedimento di
stabulazione negli appositi impianti.
Per effetto di quanto rilevato,
pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente
alla imputazione di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. d), perché il
fatto non sussiste, e, rigettato nel resto il ricorso, deve essere disposto il
rinvio al Tribunale di Nola per la determinazione della pena in ordine al reato
residuo di cui all'art. 5 lett. b) della medesima legge.
P.Q.M.
La Corte
annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla imputazione di cui
alla L. n. 283 del 1962, art. 5 lett. d), perché il fatto non sussiste, e rinvia
al Tribunale di Nola per la determinazione della pena in ordine al reato residuo
di cui all'art. 5 lett. b) della medesima legge.
Così deciso in Roma, il 4
aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2007