Cass. Sez. III n. 37875 del 18 settembre 2015 (Ud 18 giu 2015)
Presidente: Squassoni Estensore: Andreazza Imputato: Belfiore
Alimenti.Misure previste dall'articolo 12 - Bis L. n. 283 del 1962
In tema di reati concernenti gli alimenti, il concetto di "non particolare gravità" che esclude l'applicazione delle pene accessorie previste dall'articolo 12-bis della legge n. 283 del 1962, non coincide con quello di "particolare tenuità" di cui alla nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 28 del 2015. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la sussistenza della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. in riferimento alla condotta di detenzione per il commercio di 90 chili di prodotti ittici in cattivo stato di conservazione, non ritenuta di gravità tale da giustificare la chiusura dello stabilimento).
RITENUTO IN FATTO
1.Belfiore Carmela ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che l'ha condannata alla pena di Euro 10.000 di ammenda per il reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b) e d) per avere detenuto per la commercializzazione 90 chili di prodotti ittici privi di involucri protettivi, insudiciati da polvere e polistirolo in cattivo stato di conservazione e ad una temperatura inferiore ai 18 gradi centigradi.
2. Con un primo motivo ha lamentato il travisamento del fatto con conseguente erronea applicazione della legge penale avendo il giudice affermato la responsabilità sulla scorta di mere congetture di una testimone che non ha riferito fatti e circostanze a sua conoscenza ma mere opinioni. Si era infatti sostenuto che la merce avariata rinvenuta era destinata alla distruzione essendo stata posta in una cella refrigerante quasi in disuso e ben lontana dai locali addetti alla commercializzazione; nè era stato possibile collocarla fuori dal refrigeratore se prima non si fossero realizzate le condizioni di immediato trasporto per lo smaltimento. Su tali punti la teste si è limitata a dissentire sulla base di sue valutazioni.
3. Con un secondo motivo ha lamentato la mancata concessione delle attenuanti generiche, nonchè la concessione della sospensione condizionale della pena e l'irrogazione della condanna dell'ammenda anzichè dell'arresto. Deduce la contraddittorietà della motivazione laddove la stessa, pur basandosi sul medesimo elemento dell'incensuratezza, ha ritenuto, da un lato, che la stessa non fosse sufficiente presupposto per la concessione delle attenuanti generiche, e, dall'altro, che invece essa fosse idonea a far conseguire la sospensione condizionale della pena. In ogni caso non sarebbe comprensibile la mancata concessione delle attenuanti generiche non essendo il fatto stato ritenuto per nulla grave come testimoniato dalla avvenuta irrogazione di pena pecuniaria; lamenta poi che sia stata concessa la sospensione condizionale della sola pena pecuniaria peraltro non richiesta perchè del tutto sfavorevole alla prevenuta.
4. Con memoria del 13/05/2015 ha poi richiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata in virtù della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis c.p.; nella specie il giudice di merito ha svolto un ragionamento logico giuridico che, pur non esente da vizi, ha evidenziato come la condotta non sia stata particolarmente grave nè tanto meno pericolosa; infatti il giudice non ha applicato la misura della chiusura definitiva dello stabilimento dell'esercizio e le altre misure previste dalla L. n. 283 del 1962, art. 12 bis irrogabili in presenza di fatto di particolare gravità, in tal modo implicitamente ritenendo che non si è trattato di un fatto particolarmente grave; allo stesso modo deve essere valorizzata l'intervenuta condanna alla sola pena pecuniaria accompagnata dal beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il primo motivo è inammissibile : a fronte della motivazione della sentenza impugnata che ha fondato la conclusione circa la destinazione dei crostacei detenuti alla loro commercializzazione sulla conservazione degli stessi, da parte di società di commercio all'ingrosso di alimenti, all'interno di una cella frigorifero, la ricorrente, con l'assumere che tale collocazione era in realtà solo temporanea in attesa della distruzione della merce, si è in realtà limitata ad invocare una diversa lettura di tale compendio probatorio pretendendo da questa Corte una inammissibile rivalutazione fattuale.
Infatti, come più volte enunciato sempre da questa Corte, pur dopo la modifica dell'art. 606 c.p.p., lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006 il sindacato della Cassazione resta quello di sola legittimità sì che continua ad esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, P.G. in proc. Vignaroli, Rv. 236893).
6. Il secondo motivo è manifestamente infondato; non è dato infatti anzitutto riscontrare alcuna contraddizione tra la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e la concessione, invece, della sospensione condizionale della pena giacchè mentre lo stato di incensuratezza non è sufficiente, ex art. 62 bis c.p., u.c., a figurare quale presupposto delle attenuanti generiche lo stesso, quale elemento di indubbia valenza positiva, ben può, in assenza di elementi di segno contrario, giustificare il giudizio prognostico favorevole alla base della concessione del beneficio ex art. 163 c.p. (tra le altre, Sez. 4, n. 2773 del 27/11/2012, Colò, Rv. 254969; Sez. 5, n. 10494 del 22/10/1997, Suncini, Rv. 209024).
Quanto alla determinazione della pena, con riguardo all'entità deve ritenersi sufficiente, ai fini di una corretta motivazione, l'impiego in motivazione del riferimento ai parametri di cui all'art. 133 c.p. atteso che la pena irrogata di Euro 10.000 di ammenda è, a fronte di una forbice ricompresa tra Euro 2.582 ed Euro 46.481, certamente inferiore al medio edittale (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153).
Infine, con riferimento alla doglianza in ordine alla operata sospensione condizionale della pena pecuniaria, va rammentato che una tale censura è inammissibile per difetto di interesse in quanto il D.P.R. n. 313 del 2002, art. 5, comma 2, lett. d), a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 287 del 2010, che ha eliminato la preclusione rappresentata dalla concessione dei benefici di cui agli artt. 163 e 175 c.p., prevede l'eliminazione delle iscrizioni relative a tutti i provvedimenti giudiziari di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell'ammenda, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta, senza più compiere alcun distinguo (da ultimo, Sez. 3, n. 21753 del 25/02/2014, D'Amico, Rv. 259722).
7. Con riguardo infine al motivo aggiunto presentato con la memoria, è pregiudiziale il rilievo che l'inammissibilità del ricorso rende inammissibili anche i motivi aggiunti ex art. 585 c.p.p., comma 4.
In ogni caso, va precisato che l'elemento ritenuto dalla ricorrente significativo al fine di rendere il fatto di particolare tenuità secondo la nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 28 del 2015 non sarebbe, in realtà, tale : da un lato, infatti, le misure previste dalla L. n. 283 del 1962, art. 12 bis non sono automaticamente conseguenti alla ritenuta particolare gravità del fatto posto che la norma lascia al giudice, attraverso l'indicazione del verbo modale, la facoltà di applicazione delle stesse e, dall'altro, in via logicamente prioritaria, va evidenziato come il concetto di non particolare gravità non possa essere equiparato a quello di particolare tenuità, ben potendo un fatto essere non particolarmente grave ma, non per questo, particolarmente tenue. Del resto, appare sufficiente porre in rilievo come la condotta illecita abbia avuto ad oggetto ben novanta chili di prodotti ittici per escludere che la stessa possa caratterizzarsi per particolare tenuità.
8. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2015.