Cass. Sez. III n. 48406 28 novembre 2019 (PU 18 ott 2019)
Pres. Andreazza Est. Noviello Ric. Livello
Ambiente in genere.Norme di tutela ambientale e rapporto con l’art. 674 cod. pen.
Non vi è rapporto di specialità, ne' si verifica assorbimento della norma dell'art. 674 C.P. nelle previsioni incriminatrici relative alla tutela dell'ambiente in generale, quando sussista l'attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone, costituente elemento ulteriore ed essenziale della fattispecie di pericolo delineata dalla norma codicistica
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28 gennaio 2019, il tribunale di Pescara assolveva Livello Lorenzo e Di Giovanni Bartolomeo in ordine al reato di cui all’art. 137 Dlgs. 152/2006 per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, condannandoli invece alla pena di euro 100,0 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 674 cod. pen.
2. Contro la predetta sentenza hanno proposto ricorso, mediante il loro difensore, Livello Lorenzo e Di Giovanni Bartolomeo, proponendo quattro motivi di impugnazione.
2. Con il primo motivo hanno dedotto il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione degli articoli 15 e 674 cod. pen.; si osserva che l’illecito di cui all’articolo 137 commi 6 e 7 del Dlgs. 152/2006 deve ritenersi norma speciale rispetto all’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 674 cod. pen. Tanto alla luce di una lettura unitaria degli articoli 9 e 32 della costituzione, come illustrata dalla corte costituzionale, che ha evidenziato una concezione unitaria dell’ambiente idonea, come tale, a tutelare anche il bene dell’incolumità pubblica protetto attraverso l’articolo 674 cod. pen. citato. Quanto al rapporto di specialità sopra indicato, andrebbe valorizzato il rapporto di omogeneità esistente tra le due norme suindicate.
3. Con il secondo motivo hanno dedotto il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 674 c.p., atteso che alla luce dei risultati dibattimentali, con particolare riferimento al luogo dell’intervenuto sversamento - privo di bagnanti nelle vicinanze –, alla durata, breve, dello scarico, ed alla ridotta persistenza della portata inquinante delle liquido, destinato peraltro a diluirsi in mare con conseguente progressiva eliminazione della relativa pericolosità, dovrebbe ritenersi la mancata immissione di elementi idonei a configurare la molestia alle persone, che costituisce l’elemento oggettivo tipico del reato.
4. Con il terzo motivo hanno dedotto il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 674 cod. pen.; si osserva che la fattispecie contestata di cui all’articolo 674 cod. pen. comma 1, nel richiamare un versamento di cose atte ad offendere, presuppone necessariamente la realizzazione di una condotta attiva e non anche omissiva, che invece è stata contestata agli imputati, sub specie del non avere impedito lo sversamento in mare di liquido fognario. Va quindi disatteso il più recente indirizzo giurisprudenziale che ha ricompreso nella nozione di sversamento la diffusione, in qualsiasi modo, attivo od omissivo, di sostanze moleste o offensive. Si aggiunge che l’equiparazione della causalità omissiva con la causalità attiva presuppone il riferimento a reati con evento naturalistico, che non si identificano in quello in contestazione, ove viene delineato un evento in senso giuridico quale l’offesa o molestia alle persone.
5. Con il quarto motivo hanno dedotto i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 674 cod. pen. oltre che per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, nel quadro del travisamento della prova e dell’inesistenza dell’elemento soggettivo del reato. I giudici avrebbero travisato la prova ritenendo che il troppo pieno sia strumento atto ad evitare lo sversamento delle acque reflue, laddove invece la sua funzione è proprio quella di consentire lo sversamento dei reflui in mare al fine di evitare che, in caso di mancato funzionamento delle elettropompe di sollevamento che conducono i reflui all’interno delle condutture collegate al depuratore, le acque di scarico risalgano in superficie allagando strade e piazze poste al di sopra dell’impianto. In tale quadro il sistema di troppo pieno avrebbe esattamente svolto la propria funzione evitando lo scarico sulla pubblica via. Da qui l’illogicità e contraddittorietà nelle motivazioni della sentenza laddove il tribunale ha sostenuto che gli imputati avrebbero causato il cattivo funzionamento del troppo pieno, omettendo di far eseguire la manutenzione ordinaria dello stesso, nonostante il corretto funzionamento del medesimo, come tale sintomatico di regolare manutenzione dello stesso. Da qui l’assenza di qualsivoglia condotta omissiva e colposa a carico dei ricorrenti. In ogni caso, non sarebbe configurabile a carico dei ricorrenti l’elemento soggettivo del reato in ragione della comprovata manutenzione dell’impianto di sollevamento interessato, del carattere accidentale ed episodico del guasto di una delle elettropompe da cui è conseguito lo sversamento e del ritardo, non ascrivibile agli imputati, nell’eseguire lavori di ammodernamento del quadro elettrico e del sistema di telecontrollo dell’impianto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Procedendo all’esame del primo motivo di impugnazione, si rileva che questa Corte di Cassazione, esaminando il rapporto tra il reato ex art. 674 cod. pen. e le “norme incriminatrici relative alla tutela dell’ambiente in generale”, ha sottolineato - con decisione che questo collegio intende confermare siccome consolidata nonché puntuale in ordine alla diversa struttura delle fattispecie, ostativa già di per sé ad ipotesi di specialità -, che “non vi è rapporto di specialità, ne' si verifica assorbimento della norma dell'art. 674 C.P. nelle previsioni incriminatrici relative alla tutela dell'ambiente in generale, quando sussista l'attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone, costituente elemento ulteriore ed essenziale della fattispecie di pericolo delineata dalla norma codicistica” (cfr. sentenza n. 26109 del 22/06/2005 Rv. 231882 – 01 Ventura; Cass., Sez. 1^, 10.11/17.12.1998, Mangione; più di recente Sez. 3, n. 25037 del 25/05/2011 Rv. 250618 – 01 Olivo). Consegue la manifesta infondatezza della censura.
2. Il secondo motivo, proposto in termini di violazione di legge ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. è anche esso inammissibile, atteso che la situazione di fatto, come illustrata dal ricorrente e su cui è misurata la tesi dell’erronea applicazione dell’art. 674 cod. pen., non è desumibile dal contenuto della sentenza impugnata né è suffragata da elementi probatori prodotti a supporto della ricostruzione di parte, come invece richiesto dal principio di autosufficienza del ricorso.
3. Preliminare rispetto alla questione di cui al terzo motivo di ricorso, è quella relativa al vizio di motivazione per intervenuto travisamento della prova, di cui al quarto motivo.
3.1. Va precisato che il sistema di “troppo pieno” consiste, in via generale, in una apertura di scarico accessoria, posta a una certa distanza dal fondo e dal bordo di un contenitore. Esso mira, di norma, conformemente a quanto assunto dai ricorrenti, ad ovviare a situazioni straordinarie e comunque comprovate, di eccessiva raccolta di reflui, suscettibili di esondare in maniera incontrollata, così da pregiudicarne l’efficace gestione dei medesimi; si traduce, sul piano funzionale, nella predisposizione di vie alternative di raccolta delle acque, da effettuare pur sempre nel rispetto delle disposizioni vigenti in tema di scarico o sversamento, non ultima quella di cui all’art. 674 cod. pen. In altri termini, il sistema di troppo pieno non è un mezzo attraverso cui poter derogare alle disposizioni vigenti in tema di gestione (latu sensu intesa) di reflui, bensì una modalità volta, al contrario, a garantirne il rispetto in presenza di dimostrate problematiche, riguardanti l’ordinaria ed efficace gestione delle acque. Consegue che il suo utilizzo non può essere piegato all’effettuazione di sversamenti non conformi alle discipline vigenti, e quindi chi vi faccia ricorso deve evitare ogni sversamento che abbia caratteristiche oggettive e soggettive di illegittimità o illiceità penale.
Nell’ambito specifico dei depuratori, il predetto sistema può tradursi in cd. “scaricatori di piena” (secondo denominazioni peraltro non esaustive né esclusive, tanto che si parla, tra l’altro, anche di “scolmatori”), che consistono in manufatti regolatori di flusso attraverso cui un sistema di collettazione può trasmettere acque ad altro ramo tramite una soglia o uno sfioro, che scarica la portata superiore a quella di progetto. Ogni volta che per particolari circostanze aumenti la portata in transito, i reflui sono parzialmente allontanati in altro ricettore per evitare sovraccarichi idraulici all'impianto di depurazione.
Uno “scaricatore di emergenza” può essere associato, invece, ad un impianto elettromeccanico di sollevamento fognario ed è uno scarico di sicurezza che consente alla portata in arrivo alla stazione di sollevamento di riversarsi in un idoneo ricettore nel caso di avaria della pompa, per evitare che le fognature rigurgitino a monte non potendo più i reflui proseguire verso il depuratore.
In tutti i casi predetti, applicativi di un sistema di “troppo pieno”, il corpo recettore finale del refluo deve essere comunque utilizzato con sversamenti diretti sullo stesso o stoccaggi (con successivo smaltimento del refluo divenuto rifiuto) che non integrino fattispecie illegittime o illecite secondo le norme vigenti.
3.2. Tanto precisato, avendo riguardo al caso di specie e considerando che in contestazione non sembra farsi riferimento al predetto meccanismo quanto ad altra vicenda, a monte dell’eventuale ”innesco” del “troppo pieno”, quale il cattivo funzionamento delle pompe di sollevamento delle acque di un impianto di depurazione, la motivazione censurata non pare avere correttamente messo a fuoco il citato sistema di “troppo pieno”. Cosicchè, neppure si comprende se le ragioni del contestato sversamento siano da ricondurre al cattivo funzionamento delle elettropompe quale causa del successivo sversamento in mare mediante il meccanismo di “troppo pieno”, con attribuzione agli imputati della scarsa funzionalità delle pompe medesime o dell’improprio, negligente e conseguente utilizzo del sistema di troppo pieno volto con sversamento illecito di liquidi come contestato, piuttosto che esclusivamente e direttamente all’utilizzo del sistema di “troppo pieno”, sempre per realizzare uno sversamento in mare che, per le caratteristiche di cui al primo comma dell’art. 674 cod. pen., debba ritenersi comunque illecito.
Consegue la fondatezza del motivo di impugnazione proposto sotto il profilo dell’illogicità della motivazione nel contesto di un quadro probatorio non chiaramente delineato e quindi esaminato dal tribunale, in funzione della valutazione degli eventuali profili di responsabilità.
Tale vizio precede ed assorbe le ulteriori censure pure proposte nel medesimo motivo di ricorso qui in esame, in ordine all’assenza dell’elemento psicologico del reato, nonché la questione della rilevanza della cd. causalità omissiva ai fini della configurabilità del reato ex art. 674 cod. pen., di cui al terzo motivo di ricorso. Infatti, la precisa e chiara ricostruzione delle modalità attraverso cui sarebbe scaturito il contestato “getto” pericoloso, risulta necessariamente preliminare all’esame della struttura giuridica del reato, sub specie della riconducibilità in esso anche di condotte omissive. Tanto più che non è estranea alla configurazione di una condotta attiva od omissiva la previa valutazione dello stato e della gestione del sistema di collettazione da cui possa determinarsi un’esondazione di reflui. In proposito infatti, questa Suprema Corte ha precisato che la decisione consapevole di fare funzionare e gestire un impianto fognario difettoso, implica una condotta positiva di disturbo e molestia a livello igienico e non una mera condotta omissiva dell'adozione di cautele idonee ad impedire il versamento (cfr. Sez. 3, n. 6419 del 07/11/2007 (dep. 11/02/2008) Rv. 239058 – 01 Costanzach).
4. Deve quindi essere annullata la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Pescara per nuovo esame in ordine alla ricostruzione dei fatti e quindi alla valutazione della responsabilità o meno degli imputati, alla luce dei principi sopra espressi.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Pescara.
Così deciso il 18.10.2019.