Cass. Sez. III n. 48401 28 novembre 2019 (PU 26 set 2019)
Pres. Izzo Est. Gai Ric. Savino
Ambiente in genere.Violazione prescrizioni AIA

L’accertamento della violazione delle prescrizioni ben può scaturire dalla comunicazione obbligatoria da parte del gestore dell’impianto dei risultati in sede di autocontrollo, essendo, il gestore, soggetto tenuto all’effettuazione di analisi in sede di autocontrollo e poi all’inoltro dei dati così rilevati e, in tale ambito, la previsione della sanzione penale è coerente con la ratio legis e si colloca a chiusura della disciplina di settore che pone obblighi precisi, indicati nell’AIA, al gestore dell’impianto che è tenuto a procedura di autocontrollo, e costituisce un presidio sanzionatorio all’osservanza delle prescrizioni imposte nell’AIA, con la punizione dell’inosservanza alle prescrizioni imposte a tutela dell’ambiente


RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 febbraio 2019, il Tribunale di Matera, in composizione
monocratica, ha affermato la responsabilità̀ dell'imputato, condannandolo alla pena sospesa dell'ammenda di € 15.000,00, per il reato di cui agli artt. 81 comma 2 cod.pen., art. 29 quattuordecies, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere, in qualità di amministratore della società Tecnoparco Valbasento spa, violato, in più circostanze nel corso degli anni 2012 e 2013, le prescrizioni contenute nell’AIA (rilasciata alla società con determinazione della Giunta Regionale n. 1490 del 05/08/2009 della Regione Basilicata), con riferimento al superamento dei valori limite per le emissioni in atmosfera. Accertato il 01/09/2014.

2. Avverso la sentenza l’imputato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari come richiesto dall’art. 173 disp. att. cod.proc.pen.
- Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 29 quattuordecies, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, mancanza di motivazione e omesso esame della memoria difensiva.
Argomenta il ricorrente che il Tribunale avrebbe tratto la prova della  responsabilità penale sulla scorta del dato formale della violazione delle prescrizioni dell’AIA, contenuta nella documentazione fornita all’ARPAB dall’imputato in sede di autocontrollo, in assenza di accertamento ispettivo da parte dei funzionari preposti ai controlli, in violazione dei “Criteri sulle modalità applicative della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs 4 marzo 2014, n. 46”, adottate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale per le Valutazioni e le Autorizzazioni Ambientali (registro Ufficiale del 14/11/2016).
Il mero invio del dato del superamento dei valori di emissione in atmosfera non potrebbe automaticamente fondare la responsabilità del gestore, costituendo, quello di comunicare gli esiti delle procedure di autocontrollo, un obbligo per il gestore da cui non può scaturire in via immediata la responsabilità penale per la violazione contestata.
- Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 158 cod.pen., prescrizione del reato.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il reato de quo avesse natura permanente, essendo la violazione dell’art. 29 quattuordecies, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, un reato di natura istantanea; di poi avrebbe errato nell’interpretazione dell’art. 158 cod.pen., come modificato dalla legge n. 251 del 2005, in relazione al computo della prescrizione in presenza di reato continuato da cui consegue che le violazioni riferite all’anno 2012 si sarebbero prescritte prima della pronuncia della sentenza del Tribunale.
- Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla determinazione della pena in violazione dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen. e alla concessione d’ufficio del beneficio della sospensione condizionale della pena e alla esclusione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. in ragione del mancato “rientro alla normalità”.

3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.  Il primo motivo di ricorso non è fondato in forza delle seguenti considerazioni.
Va, anzitutto, premesso che a seguito delle modifiche apportate all'art. 29-quattuordecies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, ad opera del digs. 4 marzo 2014, n. 46 (recante Attuazione 2 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali), la condotta di chi, essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), non ne osserva le prescrizioni, è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi 3 e 4 della medesima disposizione, le quali conservano, invece, rilevanza penale (Sez. 3, n. 14741 del 11/02/2016, dep. 11/04/2016, Gavioli, Rv. 266397; v. anche Sez. 7, n. 30398 del 10/0372017, dep. 16/06/2017, Donini, non massimata). Per converso, mantengono intatta l'originaria natura contravvenzionale le ipotesi in cui l'inosservanza "a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa; b) sia relativa alla gestione di rifiuti; c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa; ovvero, per quanto invece attiene al comma 4, i casi in cui l'inosservanza sia riferibile "a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati; b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza; c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa; d) all'utilizzo di combustibili non autorizzati". Ciò premesso, i fatti contestati all’imputato rientrano tutt’oggi nella fattispecie contravvenzionale.
5. Nel merito, sul primo motivo, osserva, il Collegio, che la disciplina prevista dal titolo III bis del d.lgs n. 152 del 2006, Autorizzazione integrata ambientale, prevede, per quanto qui di rilievo in connessione con la censura mossa, all’art. 29 decies comma 2 che “il gestore trasmette all'autorita' competente e ai comuni interessati, nonche' all'ente responsabile degli accertamenti di cui al comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale, secondo modalita' e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa.
L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o, negli altri casi, l'autorita' competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore: a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale; b) la regolarita' dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarita' delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonche' al rispetto dei valori limite di emissione”.  Al comma 3 prevede che “ Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall' autorita' competente nel caso in cui l'inosservanza: a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entita', fissati nell'autorizzazione stessa”.
A tenore della disciplina qui evidenziata, l’accertamento della violazione delle prescrizioni ben può scaturire dalla comunicazione obbligatoria da parte del gestore dell’impianto dei risultati in sede di autocontrollo, essendo, il gestore, soggetto tenuto all’effettuazione di analisi in sede di autocontrollo e poi all’inoltro dei dati così rilevati e, in tale ambito, la previsione della sanzione penale è coerente con la ratio legis e si colloca a chiusura della disciplina di settore che pone obblighi precisi, indicati nell’AIA, al gestore dell’impianto che è tenuto a procedura di autocontrollo, e costituisce un presidio sanzionatorio all’osservanza delle prescrizioni imposte nell’AIA, con la punizione dell’inosservanza alle prescrizioni imposte a tutela dell’ambiente.
Quanto alla responsabilità connessa alla posizione del gestore che è destinatario della richiesta di inoltro dei dati, in esito a procedure di autocontrollo, essa non contrasta con il diritto costituzionale di difesa sul presupposto che, in tal modo, si imporrebbe agli stessi un obbligo di possibile autodenuncia, in quanto le suddette richieste derivano da specifici obblighi normativi per consentire lo svolgimento della vigilanza amministrativa demandata agli organi indicati nel comma 3,  e, come tali, da un lato assoggettano l'imprenditore allo stesso trattamento riservato a ogni cittadino sottoposto ad atti di controllo amministrativi per fini di interesse generale.
Non di meno, dal tenore delle norme di settore e dal riferimento alla “tolleranza” per frequenza e entità, non c’è alcuna automaticità, come assume la difesa che potrebbe avere profili di dubbia compatibilità con il diritto di difesa, nel senso che la sanzione penale, non consegue al mero dato del rilevamento in sede di autocontrollo del superamento, nel nostro caso, delle emissioni, ma dalla complessiva valutazione, cui è tenuto il giudice del merito, anche a fronte delle allegazioni difensive, dei dati provenienti dal sistemi di autocontrollo e della tolleranza delle violazioni.

6. Nel caso in esame, la sentenza dà conto (e con ciò è infondata la censura di omesso esame della memoria) dei rilievi difensivi e argomenta il superamento rilevante delle emissioni dei camini siglati E2, E7, E8, E9, E10, E11, E12, E14, E15, rispetto ai quali riportava, a pag. 3, i risultati nel dettaglio delle singole violazioni all’AIA quanto ai parametri fisici e tecnologici della portata volumetrica, dell’ossigeno, dell’umidità, della pressione dei fumi e della temperatura.
La sentenza impugnata ha congruamente argomentato (pag. 4) la violazione dell’AIA, quanto al superamento dei parametri indicati sulle emissione in atmosfera, dimostrato dai valori comunicati dal gestore e dall’esito dell’attività ispettiva, evidenziando, altresì, che il responsabile non aveva comunicato se l’emissione fuori norma fosse originata da spegnimento/avviamento dell’impianto o da altri fattori che avrebbero potuto influire sulla lettura del dato, onere che non è stato assolto dall’imputato. Lungi dalla sostenuta automaticità dell’affermazione della responsabilità penale dal mero dato proveniente dall’imputato, il Tribunale è pervenuto all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato all’esito di una valutazione complessiva che, partendo dall’analisi dei dati trasmessi dal gestore in sede di autocontrollo e dei rilievi difensivi, ha escluso i margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa, che escludono la rilevanza penale dell’inosservanza della prescrizione.

7. E’ fondato il secondo motivo di ricorso con cui si denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 157 cod.pen.
Il reato di cui all’art. 29 quattuordecies, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, con riguardo alla contestazione specifica mossa all’imputato, ha natura di reato istantaneo che si è perfezionato in occasione dei singoli superamenti dei valori limiti di emissioni in atmosfera, come specificatamente indicati nel capo di imputazione. La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto il reato permanente (anche se poi ha applicato gli aumenti per la continuazione).
Tenuto conto del tempo a prescrivere di cinque anni, oltre il periodo di sospensione del corso della prescrizione, decorrenti da ciascuna contestazione, sono prescritte tutte le violazioni contestate ad esclusione di quella del 3 agosto 2013, come indicato anche dal difensore.
La sentenza va, sul punto, annullata senza rinvio quanto alle violazioni commesse sino al 15/03/2013, perché i reati sono estinti per prescrizioni e con rinvio al Tribunale di Matera per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio con riguardo al reato commesso il 3 agosto 2013.
Ai sensi dell’art. 624 cod.proc.pen. va dichiarata l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato per il fatto commesso il 3 agosto 2013.
Restano assorbiti i restanti motivi di ricorso.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai fatti commessi fino al 15 marzo 2013 perché estinti per prescrizione.
Annulla la medesima sentenza in relazione del fatto del 3 agosto 2013, limitatamente alla rideterminazione della pena, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Matera.
Rigetta il ricorso nel resto
Visto l’art. 624 cod.proc.pen. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il fatto commesso il data 3 agosto 2013.
Così deciso il 26/09/2019