Consiglio di Stato Sez. IV n. 1831 del 4 marzo 2025
Ambiente in genere.Procedura di VIA

L’elemento qualificante della disciplina recata dall'art. 27 - bis del Codice dell’ambiente (nonché dall'art. 27 per quanto riguarda il procedimento unico ambientale di competenza statale) è rappresentata dalla circostanza che l’Autorità competente in materia di VIA ha oggi il potere di assumere la determinazione finale e quindi anche quello di risolvere i conflitti interni alla Conferenza, superando gli eventuali dissensi anche delle Amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili; con l’unico limite rappresentato dal fatto che la determinazione finale deve essere assunta sulla base del provvedimento di VIA. La positiva valutazione degli impatti ambientali è il presupposto per l’ottenimento degli altri titoli abilitativi in seno al nuovo procedimento il cui elemento qualificante è costituito dall’adozione del modulo della conferenza di servizi, così come disciplinata dall’art. 14 - ter della l.n. 241 del 1990, con la conseguenza che la determinazione conclusiva viene assunta dall’Autorità procedente “con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti”. La funzione dell’Autorità “competente” non è quindi limitata al solo provvedimento di VIA né rimane neutra rispetto al processo decisionale relativo all’autorizzazione del progetto sottoposto alla valutazione ambientale. La circostanza che nel provvedimento confluiscano, oltre al provvedimento di VIA, anche gli altri titoli abilitativi necessari per la realizzazione e l’esercizio del progetto, non può inoltre elidere il fatto che l’effetto autorizzativo deriva dalla stessa determinazione conclusiva della Conferenza stessa (ove positiva), la quale è potenzialmente in grado di superare anche eventuali dissensi, o silenzi, delle Amministrazioni ordinariamente competenti.

Pubblicato il 04/03/2025

N. 01831/2025REG.PROV.COLL.

N. 04425/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4425 del 2024, proposto dal -OMISSIS- soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Pinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Provincia di Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Domizio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Marche, Ente Parco Regionale del Conero, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Ancona e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2024 la consigliera Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado l’odierna appellante, impugnava, sulla base di sei mezzi di gravame, i seguenti atti:

- il provvedimento prot. 48928 del 22 marzo 2022, emesso dal Comune di Ancona, ai sensi dell’art. 21 quater della l. n. 241/1990, con cui era stata ordinata la “sospensione dell’esecuzione” della CILA prot. 125584 del 26 luglio 2019 efficace dal 28 ottobre 2021 e del permesso di costruire n. 007/2022 del 21 febbraio 2022 al fine di procedere all’avvio di un nuovo procedimento di VIA per l’area del -OMISSIS- secondo quanto previsto dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006;

- il provvedimento prot. 2022/11387, emesso dalla Provincia di Ancona, ai sensi dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, con cui era stata riscontrata la nota comunale di cui sopra e fissato il termine di 120 gg per presentare istanza di rilascio del Provvedimento abilitativo unico regionale, ai sensi dell’art. 27 – bis del d.lgs. n. 152/2006 (PAUR) ad opera della società ricorrente.

2. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa il T.a.r.:

- ha respinto le eccezioni preliminari;

- ha respinto il ricorso nel merito;

- ha compensato tra le parti le spese di lite.

3. L’appello della ricorrente, rimasta soccombente, è affidato ai seguenti motivi.

I. Errores in procedendo per avere il T.a.r. rilevato profili di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso, in violazione del principio del giusto processo e del contraddittorio. Nullità della sentenza per illogicità ed incongruenza della motivazione.

Il primo giudice ha preliminarmente rilevato profili di inammissibilità del ricorso, in relazione all’assenza dei presupposti per la proposizione di un ricorso cumulativo, nonché di improcedibilità, per carenza sopravvenuta di interesse, stante l’esaurimento degli effetti del provvedimento di sospensione adottato dal Comune.

Il ricorrente – sebbene il T.a.r. abbia comunque deciso il merito del ricorso – ritiene che sia stato leso il proprio diritto di difesa, non avendo potuto interloquire in merito a siffatti rilievi.

Ribadisce che il proprio interesse è quello di ottenere l’invalidazione dell’unica sequenza procedimentale originata dall’atto comunale di sospensione dei titoli edilizi, con contestuale impulso rivolto alla Provincia di Ancona ad avviare la procedura di V.I.A. postuma, e proseguita dal riscontro provinciale di avvio del procedimento di P.A.U.R. con contestuale sottrazione al Comune del potere di decidere in merito alla prosecuzione dei lavori e dell’attività.

La violazione del diritto di difesa determinerebbe la nullità della pronuncia.

II. Errores in procedendo per avere il T.a.r. respinto i motivi V) e VII) del ricorso con argomentazioni apodittiche e disancorate dalla fattispecie concreta. Nullità della sentenza per motivazione apparente. Riproposizione dei motivi V) e VI) del ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 101 c.p.a.

Il T.a.r. ha ritenuto corretta la tesi sostenuta dall’Amministrazione provinciale secondo cui la fattispecie in questione rientra nella previsione dell’art. 6, comma 7, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006, con conseguentemente assoggettamento a V.I.A. perché l’opera ricade all’interno di aree naturali protette.

A sostegno di ciò è stata citata – a dire dell’appellante impropriamente - la recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, resa nella causa C-575/21, con cui è stata censurata la normativa nazionale austriaca che subordinava la realizzazione di una valutazione dell’impatto ambientale di «progetti di riassetto urbano», al solo superamento di soglie dimensionali.

La pronuncia non avrebbe alcuna attinenza con il caso in esame, atteso che il legislatore italiano ha già previsto soglie dimensionali differenziate, in ragione della localizzazione di taluni progetti in specifiche aree.

Con particolare riguardo ai terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente, partendo dalle soglie già fissate dal d.lgs. n. 152/2006 per la sottoponibilità a V.I.A. – ossia, capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari - il D.M. n. 52/2015 ha già individuato una riduzione percentuale del 50% delle soglie, qualora siano ubicati all’interno di riserve e parchi naturali, così prevedendo un trattamento differenziato del progetto in relazione alla sua localizzazione all’interno di un’area tutelata a livello ambientale .

Il progetto del campeggio avrebbe dovuto essere sottoposto a VIA solo se avesse superato il limite di 150 posti roulotte caravan o una superficie superiore a 2,5 ettari, circostanza che, nel caso di specie, non ricorrerebbe.

La decisione assunta dalla Provincia di Ancona, oltre ad essere viziata in via derivata, sarebbe anche ultronea, poiché ha ordinato alla ricorrente di presentare l’istanza di PAUR in via postuma, anziché di avviare il procedimento di VIA, così come previsto dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006.

Si tratterebbe di una richiesta illegittima, sproporzionata ed illogica, che obbliga la ricorrente a corrispondere oneri istruttori particolarmente rilevanti alle Amministrazioni, ed altrettanto ingenti compensi ai numerosi professionisti chiamati a redigere gli elaborati di progetto e gli studi specifici, laddove tutte le necessarie autorizzazioni erano già state rilasciate nell’ambito dei primigeni permessi di costruire.

Nessun permesso, autorizzazione, o nulla osta è stato mai annullato dalle Amministrazioni che li hanno rilasciati.

L’intervento della Provincia sarebbe comunque tardivo, essendo stato adottato a distanza di 5 dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2017, e comunque diversi anni dopo l’intervenuta conoscenza della presunta omissione (la quale sarebbe avvenuta nel 2010).

III. Errores in iudicando per essere stati ritenuti sussistenti i presupposti di legge per la sospensione ex art. 21 quater L. 241/90. Carenza di motivazione in punto di illegittimità dell’atto sotto il profilo dell’eccesso di potere. Riproposizione dei motivi I) e II) ai sensi dell’art. 101 c.p.a.

Il Collegio di primo grado ha ritenuto che le richieste di informazioni avanzate dai Carabinieri Forestali in ordine alla V.I.A., nonché, il passaggio della sentenza della Corte di Cassazione n. 41591/2019, nella parte in cui si evidenziava che “non vi è dubbio che l’illegittimità del permesso di costruire n. 88/2006, per non essere stata eseguita la prescritta procedura di VIA formasse oggetto di specifica contestazione”, fossero elementi di fatto sufficienti per giustificare il provvedimento sospensivo.

La sentenza penale era ben nota al Comune di Ancona, già al tempo della sua emissione nel 2019, in ragione della partecipazione dell’Ente al relativo giudizio, quale responsabile civile per i fatti addebitati a due funzionari comunali ivi imputati.

Peraltro, il fatto che con la stessa si fosse pervenuti ad una conferma del proscioglimento/assoluzione di tutti gli imputati, senza alcun accertamento in ordine alla presunta omissione della procedura di VIA, avrebbe reso la pronuncia priva di qualsivoglia efficacia ai fini amministrativi, escludendone l’efficacia di giudicato vincolante in ordine a fatti eventualmente rilevanti per l’attività di vigilanza edilizia e urbanistica.

Il Comune di Ancona, a distanza di 3 anni dall’emissione della sentenza, nella pendenza dei lavori di completamento dell’opera, ha valorizzato il suddetto passaggio motivazionale non per annullare i titoli originariamente emessi, ma per sospendere quelli rilasciati successivamente alla pronuncia, così arrecando ulteriore ed ingiustificato pregiudizio alla cooperativa.

A dimostrazione dell’infondatezza della notizia di reato per cui indagavano i Carabinieri sarebbe anche significativo il fatto che la Procura della Repubblica di Ancona, pur avendo iscritto a carico dell’attuale presidente della cooperativa un procedimento penale per il reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. 380/2001, relativamente all’omessa VIA, abbia poi richiesto l’archiviazione, accolta dal G.i.p.

Nonostante la disamina della lunga “odissea” patita dalla ricorrente per addivenire alla riapertura del campeggio, il T.a.r. ha giudicato come non “inopportuna” la sospensione disposta dal Comune, e neppure irragionevole l’approccio cautelativo tenuto dallo stesso, laddove invece, fino ad allora, il Comune aveva sembra negato la necessità della VIA.

IV. Errores in iudicando. Irragionevolezza ed erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissibili il terzo e quarto motivo di ricorso. Riproposizione dei motivi n. III) e IV) del ricorso introduttivo ex art. 101 c.p.a.

Nella sentenza impugnata, le censure dedotte nei motivi III) e IV) del ricorso, sarebbero state ritenute inammissibili per carenza di interesse, in quanto dirette verso una parte dell’atto non lesiva per la ricorrente, dato che la necessità del procedimento di P.A.U.R., e la sottoponibilità a V.I.A. postuma, non derivano dall’atto comunale, bensì da quello provinciale.

Secondo l’appellante, il procedimento di P.A.U.R. sarebbe tuttavia la diretta conseguenza delle conclusioni alle quali è giunto il Comune di Ancona, dal momento che la Provincia si è attivata solo dopo essere stata sollecitata dal Comune.

Dalla relazione tecnica a firma dell’Ing. -OMISSIS- consulente di parte nel giudizio penale, si legge che, in ragione della fascia di rispetto imposta dal -OMISSIS-, la superficie di intervento effettiva si riduce drasticamente tanto che, per il primo permesso, l’area di effettiva trasformazione risultava pari a 23.873,90 mq, mentre per quello in variante pari a 24.342 mq, quindi inferiore alla soglia minima prescritta dalla normativa regionale vigente in materia di VIA.

La cooperativa sarebbe stata quindi vincolata a ridurre l’area di intervento nei limiti della soglia di non assoggettabilità dell’opera a V.I.A.

4. Si è costituita, per resistere, la Provincia di Ancona.

5. Le parti hanno depositato memorie conclusionali e di replica, in vista della pubblica udienza del 12 dicembre 2024 alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.

6. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

7. Per ragioni di ordine logico, si procede all’esame della questione sostanziale centrale della presente controversia, ovvero quella della necessità di sottoposizione a VIA (postuma) del campeggio realizzato dall’odierna appellante, nonché dei successivi interventi i cui titoli abilitativi sono stati “sospesi” dal Comune di Ancona.

8. Il campeggio di cui trattasi sorge in un’area naturale protetta.

In ragione di ciò trova applicazione l’art. 6, comma 7, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006, secondo il quale la V.I.A. è effettuata, tra l’altro, per “i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, ovvero all'interno di siti della rete Natura 2000”.

L’opera di cui trattasi figura nell’Allegato IV, al punto 8 lett. q (“terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari”).

Di analogo tenore sono l’allegato B2, punto 6) lett. n- septies) della l.r. n. 7/2004, e, successivamente, l’allegato B2, punto 8, lett. o) della l.r. n. 11 del 2019.

8.1. Per effetto di quanto disposto dall’art. 3, comma 2, della legge della Regione Marche n. 7 del 2004 e successivamente dall’art. 2, comma 1, della l. r. n. 11 del 2019, nonché dal D.M. 30 marzo 2015 (recante “Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116”), tali soglie dimensionali sono ridotte del 50% e quindi, nel caso in esame, risultano pari a 150 posti roulotte caravan e a 2,5 ettari di superficie.

8.2. Il campeggio di cui trattasi ha una superficie superiore a 2,5 ettari.

Il dato è incontestabile perché è stato dichiarato dalla stessa società appellante in seno all’istanza di P.A.U.R. presentata in data 3 agosto 2022 (cfr. il documento depositato in primo grado dalla Provincia di Ancona in data 20.12.2022 e depositato in appello al n. 10).

Nella pagina 2 di tale istanza si dichiara infatti che “La superficie lorda dell’area interessata al campeggio è pari a circa 31.000 mq di cui circa 17.000 destinate effettivamente ai servizi, alle piazzole e ai percorsi interni mentre la restante parte di 13.000 mq circa riservata alle aree naturali”.

Il progetto del campeggio avrebbe quindi dovuto essere sottoposto a V.i.a. obbligatoria poiché ricade in un’area naturale protetta.

8.3. Ciò posto, va in primo luogo confermato il rilievo del T.a.r. secondo cui tra la “sospensione” dei titoli abilitativi edilizi disposta dal Comune e l’atto con cui la Provincia ha disposto l’effettuazione postuma del procedimento di PAUR ai sensi dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, non esiste alcun rapporto, giuridicamente rilevante, di presupposizione.

La Provincia avrebbe infatti potuto (o meglio, dovuto) intervenire indipendentemente dall’iniziativa del Comune.

In tal senso, l’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 è chiaro nello stabilire che “nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa sotto-posizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto già realizzato o in corso di realizzazione, l'autorità competente assegna un termine all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”.

La valutazione ambientale postuma non è quindi il risultato di una valutazione discrezionale ma un atto dovuto in tutte le ipotesi in cui non via sia stata una valutazione preventiva, ovvero quest’ultima sia stata annullata in sede giurisdizionale.

In tal senso, la Corte di Giustizia ha chiarito che in caso di omissione di una VIA prescritta dal diritto dell’Unione, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di detta omissione e che il diritto dell’Unione non osta a che una tale valutazione sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell’impianto interessato, alla duplice condizione, da un lato, che le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle e, dall’altro, che la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti all’impatto futuro di tale impianto sull’ambiente, ma prenda in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione (così, da ultimo, Corte giust. UE, sez. VI, sentenza 28 febbraio 2018, n. C-117/17, Comune di Castelbellino).

8.4. Va precisato, infine, che nella Regione Marche l’Autorità “competente” per il procedimento di VIA, relativamente alla tipologia di progetti di cui trattasi, è la Provincia (cfr. l’art. 3, comma 2, della cit. l.r. n. 11 del 2019).

8.5. Quanto, poi, ai rilievi del T.a.r. circa l’insussistenza dei presupposti di ammissibilità del ricorso cumulativo ovvero circa l’improcedibilità del ricorso avverso l’atto di sospensione comunale (la cui efficacia era già venuta meno al momento della decisione di primo grado), non si apprezza alcuna lesione del diritto di difesa poiché, avendo comunque il primo giudice deciso il ricorso nel merito, tali rilievi costituiscono meri obiter dicta, privi di valenza decisoria.

8.6. La doverosità del procedimento ambientale postumo consente altresì di respingere pianamente anche le doglianze relative alla pretesa tardività dell’intervento della Provincia rispetto all’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2017 (che ha introdotto il procedimento in esame).

Le disposizioni di cui all’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (come sostituito dal suddetto decreto), non pongono alcun limite temporale all’intervento dell’autorità competente in materia.

In ogni caso, la ricorrente non può vantare alcun affidamento in ordine alla conservazione di una situazione illecita alla quale essa stessa ha dato adito realizzando il progetto in violazione delle norme vigenti.

8.7. Per le stesse ragioni appena evidenziate risultano destituiti di fondamento anche i rilievi svolti avverso il provvedimento di sospensione in via cautelare dei titoli edilizi adottato dal Comune.

In disparte i passaggi in cui l’Amministrazione ha richiamato la sentenza della Cassazione resa nel parallelo procedimento penale ovvero la richiesta di informazioni da parte dei Carabinieri forestali. era infatti del tutto sufficiente a giustificare la decisione comunale la constatazione del mancato espletamento del procedimento di VIA.

8.8. L’appellante lamenta infine che la Provincia le abbia imposto non già di avviare il solo procedimento di VIA, bensì quello di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 27 – bis del d.lgs. n. 152 del 2006 (quest’ultimo comprensivo anche della VIA).

8.8.1. Al riguardo si osserva, in primo luogo, che le eventuali autorizzazioni rilasciate alla società appellante in assenza di VIA – quand’anche tuttora efficaci – rimangono comunque illegittime per violazione di legge, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006.

8.8.2. L’appellante, inoltre, non considera la natura del PAUR il quale è stato introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017 al fine di recepire le innovazioni apportate dalla direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE.

Nello specifico, tra gli obiettivi della direttiva vi è quello di integrare la valutazione di impatto ambientale nelle procedure nazionali (considerando n. 21), realizzando procedure coordinate e/o comuni nel caso in cui la valutazione risulti contemporaneamente dalla direttiva in oggetto e da altre direttive europee in materia ambientale (considerando n. 37).

Secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 198 del 2018) “Il provvedimento unico non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis cod. ambiente, introdotto dall'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017). Esso ha, dunque, una natura per così dire unitaria, includendo in un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a seguito della conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede decisoria le diverse amministrazioni competenti. Secondo una ipotesi già prevista dal decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenze di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124) e ora disciplinata dall'art. 24 del decreto legislativo censurato, il provvedimento unico regionale non è quindi un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto» (così ancora, la sentenza n. 198 del 2018, cit.).

La disciplina della conferenza di servizi è l’elemento caratterizzante il procedimento unico ambientale ed «imponendo l'esame contestuale dei diversi punti di vista» investe «anche la «qualità» delle valutazioni effettuate in conferenza (sentenza n. 9 del 2019)» (Corte costituzionale sentenza n. 53 del 2021).

L’elemento qualificante della disciplina recata dall'art. 27 - bis del Codice dell’ambiente (nonché dall'art. 27 per quanto riguarda il procedimento unico ambientale di competenza statale) è rappresentata dalla circostanza che l’Autorità competente in materia di VIA ha oggi il potere di assumere la determinazione finale e quindi anche quello di risolvere i conflitti interni alla Conferenza, superando gli eventuali dissensi anche delle Amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili; con l’unico limite rappresentato dal fatto che la determinazione finale deve essere assunta sulla base del provvedimento di VIA.

La positiva valutazione degli impatti ambientali è il presupposto per l’ottenimento degli altri titoli abilitativi in seno al nuovo procedimento il cui elemento qualificante è costituito dall’adozione del modulo della conferenza di servizi, così come disciplinata dall’art. 14 - ter della l.n. 241 del 1990, con la conseguenza che la determinazione conclusiva viene assunta dall’Autorità procedente “con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti”.

La funzione dell’Autorità “competente” non è quindi limitata al solo provvedimento di VIA né rimane neutra rispetto al processo decisionale relativo all’autorizzazione del progetto sottoposto alla valutazione ambientale.

La circostanza che nel provvedimento confluiscano, oltre al provvedimento di VIA, anche gli altri titoli abilitativi necessari per la realizzazione e l’esercizio del progetto, non può inoltre elidere il fatto che l’effetto autorizzativo deriva dalla stessa determinazione conclusiva della Conferenza stessa (ove positiva), la quale è potenzialmente in grado di superare anche eventuali dissensi, o silenzi, delle Amministrazioni ordinariamente competenti.

La stessa Corte Costituzionale ha rimarcato il carattere unitario del P.A.U.R. e ha sottolineato la capacità di tale modello procedimentale di incidere sulla “qualità” stessa della decisione.

D’altro canto, se il P.A.U.R. fosse solo un mero “contenitore” dei titoli abilitativi richiesti dalle vigenti normative di settore, risulterebbe del tutto frustrato l’obiettivo di razionalizzazione, accelerazione e semplificazione perseguito dalla normativa europea.

8.8.3. La struttura del procedimento e gli effetti propri del P.A.U.R. inducono quindi a ritenere che le relative funzioni amministrative - in quanto “integrano” la VIA “nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti” (così l’art. 1, par. 2, della direttiva 2014/52/UE) - siano espressione di un potere nuovo e diverso rispetto a quello sotteso al rilascio dei singoli titoli autorizzativi.

8.8.4. Alla luce delle richiamate coordinate normative e fattuali, la decisione della Provincia di sottoporre il progetto, in via postuma, al procedimento unico ambientale – possibilità peraltro espressamente contemplata dal cit. art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 – risulta quindi del tutto ragionevole.

9. Per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

La novità della questione induce però a ritenere la sussistenza dei presupposti per compensare integralmente tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere