Consiglio di Stato Sez. V n. 3262 del 15 aprile 2025
Ambiente in genere.Proroga del termine di validità del parere positivo di compatibilità ambientale

La valutazione di impatto ambientale è un intervento amministrativo tecnico-discrezionale finalizzato a tutelare un determinato contesto ambientale dagli effetti nocivi che gli possono derivare dalla realizzazione di un nuovo impianto tecnologico-industriale; dunque, per motivi logici, consustanziali alla sua natura, oltre che giuridici, la relativa verifica non può che essere attualizzata e riferita al preciso momento nel quale il progetto esaminato inizia l’iter costruttivo. Affermare, al contrario, che, in sede di proroga, essa avrebbe una funzione meramente ricognitiva dell’esistenza, ora per allora, dei presupposti per assentire l’intervento, significherebbe compromettere la natura dell’istituto e degradarlo a mero orpello formale e burocratico. Ripetesi, ammesso che sia implicata dalla suddetta norma, la differenza tra proroga e rinnovo è esclusivamente rinvenibile nella non necessità, per la prima, che venga riavviato l’intero procedimento, ma certamente non nell’esonerare quest’ultima, così come preteso dalla doglianza in esame, dalla verifica in concreto, rispetto al “qui ed ora”, della sua compatibilità rispetto all’ambiente in cui l’impianto di cui al progetto sarà realizzato

 Pubblicato il 15/04/2025

N. 03262/2025REG.PROV.COLL.

N. 02268/2022 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2268 del 2022, proposto da T Power S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Germana Cassar, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Basilicata, Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente ed Energia – Ufficio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente ed Energia – Ufficio Energia, Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata - Potenza, non costituiti in giudizio;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comune di Melfi, non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 853/2021


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 aprile 2025 il Cons. Sergio Zeuli e uditi per le parti in collegamento da remoto l’avv. Cassar.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante per l’annullamento della deliberazione di Giunta Regionale n. 220 del 27 marzo 2020 che le ha negato l’ulteriore proroga del termine di validità del parere positivo di compatibilità ambientale relativamente al “Progetto per la costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica, e relative opere ed infrastrutture connesse denominato “Monte Carbone” di potenza nominale pari a 24,255 MW” sito nel Comune di Melfi (PZ), nonché di tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti fra i quali la determina n. 514 del 26 maggio del 2020 del Dirigente dell’Ufficio Energia della Regione Basilicata, oltre a rigettare altresì la domanda di risarcimento danni pure avanzata dalla parte.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:

1) Error in procedendo e in iudicando – violazione degli artt. 24, 111 e 113 Cost. – violazione dell’art. 112 c.p.c. – violazione del diritto di difesa – violazione del principio del doppio grado di giudizio ex art. 125 Cost. e artt. 4 e 6 c.p.a. (…) riproposizione dei motivi dichiarati assorbiti (primo e terzo).

2) Error in procedendo e in iudicando - violazione dell’art. 64 c.p.a. - difetto di motivazione e contraddittorietà - violazione dell’art. 112 c.p.c. - fondatezza del secondo motivo di diritto del ricorso introduttivo

3) Sull’accertamento dell’illegittimità del ritardo con cui le Amministrazioni resistenti hanno provveduto e sulla domanda di risarcimento del danno.

2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Cultura, contestando l’avverso dedotto, e chiedendo il rigetto del gravame.

3. L’odierna controversia ha origine con la domanda, presentata il 25 gennaio del 2013, con cui la parte appellante ha chiesto alla Regione Basilicata la VIA e l’Autorizzazione ex art.12 D. Lgs. n.387/2023 per la realizzazione di un impianto eolico.

La ridetta domanda è stata accolta, per quanto riguarda la VIA, con un giudizio favorevole di compatibilità ambientale contenuto nella Delibera di Giunta Regionale n.677 del 10 giugno del 2019, di durata quinquennale, e, per quanto riguarda l’Autorizzazione ex art.12 D. Lgs. citato, con la Determina n.809/2015 che fissava in un anno il termine di inizio dei lavori, e in tre anni quello di fine.

Sennonché l’inizio dei lavori subiva una serie di differimenti, su richiesta della parte appellante. Sicché con la determina n.645/2016, a seguito di una prima istanza, il termine di inizio lavori veniva prorogato all’8 giugno del 2017, ulteriormente prorogato all’8 giugno del 2018, con termine di ultimazione differito all’8 giugno del 2019, in corrispondenza di un’ulteriore richiesta.

Nel frattempo, con la determina n.307/2016, era stata autorizzata una variante di modifica dell’impianto.

Infine, sempre su richiesta di parte, con la determina n.640/2018 il termine di inizio veniva prorogato all’8 giugno del 2019.

Il presente contenzioso è precisamente sorto allorquando, con l’istanza del 3 agosto del 2018, la parte appellante ha chiesto un’ulteriore proroga di cinque anni per il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, ossia fino al 10 giugno del 2024, integrando l’istanza con i documenti richiesti dall’Ufficio Regionale Compatibilità Ambientale, con nota del 22 maggio del 2019, ma la richiesta è stata respinta dalla Delibera di Giunta regionale n.220/2020.

Nel frattempo, il 5 giugno del 2019, la parte appellante aveva chiesto anche una proroga del termine unico di inizio e fine dei lavori; anche questa richiesta è stata respinta con la determina n.514 del 2020, dopo aver preso atto che non era stata concessa la proroga del giudizio favorevole di compatibilità ambientale.

La parte appellante proponeva ricorso innanzi al Tar Basilicata, ritenendo illegittimi entrambi i provvedimenti, in quanto fondati sull’applicazione della legge regionale Basilicata n.54 del 2015 che, essendo sopravvenuta, riteneva non fosse applicabile alla fattispecie.

Come detto il primo giudice ha rigettato il ricorso.

4. Il primo motivo d’appello contesta la pronuncia di primo grado che sarebbe incorsa in un travisamento dei presupposti. Infatti, dopo aver affermato che - trattandosi di provvedimento plurimotivato - è sufficiente che uno solo degli elementi su cui si basa sia fondato, per sorreggerne l’intero impianto, avrebbe erroneamente omesso di esaminare il primo ed il terzo motivo di ricorso.

La parte appellante sostiene invece che, come da lei espressamente dedotto con il primo motivo di ricorso, il diniego impugnato non avrebbe dovuto essere un atto plurimotivato, perché alla Regione spettava solo di verificare se permanessero o meno i presupposti per rilasciare la proroga, e non procedere, come fece, ad un riesame nel merito della compatibilità ambientale dell’intero progetto, alla luce delle sopravvenienze normative e di fatto.

Dunque, se il primo giudice avesse correttamente ricostruito la sua doglianza, avrebbe dovuto partitamente analizzare tutti i vizi denunciati con il ricorso introduttivo, senza dichiarare irrilevante la delibazione di una parte di essi.

La necessità di valutare questi ultimi – secondo la parte appellante – era vieppiù evidente dal momento che con essi la parte sosteneva che, anche a volerle (indebitamente) valutare, nessuna delle sopravvenienze costituiva una preclusione assoluta al rilascio della proroga.

In definitiva, poiché ai sensi dell’art.25 del d. lgs. 152 del 2006, decorsi cinque anni dal rilascio del provvedimento di VIA, senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento va reiterato, salvo specifica proroga, la doglianza in esame sostiene che vi sarebbe una radicale differenza tra i due istituti della proroga e del rinnovo, nel senso che, allorquando il proponente richieda la prima - non essendo necessario disporre il rinnovo e dunque procedere alla rivalutazione del progetto, finalizzata al rilascio di un nuovo provvedimento di VIA – la Regione si dovrebbe limitare a verificare la persistenza degli originari presupposti di compatibilità del progetto con l’ambiente circostante, per come valutati all’atto della prima autorizzazione.

Al contrario, l’obiezione in esame ritiene che la Regione abbia indebitamente sovrapposto questi due diversi istituti, trattando come richiesta di rinnovo quella che era in realtà solo una richiesta di proroga che, per di più, andava accordata, oltre che per i motivi appena indicati, anche perché: a) ricorrevano fatti di forza maggiore che non avevano consentito di rispettare i termini previsti per la realizzazione del progetto; b) il realizzando impianto eolico rivestiva importanza strategica per abbattere le emissioni di CO2.

4.1. Il motivo è complessivamente infondato.

4.1.1. Per comodità espositiva converrà iniziare dalla doglianza che si fonda sulla differenza che esisterebbe tra proroga e rinnovo; nel caso di specie l’oggetto della domanda di parte, presentata il 3 agosto del 2018, come del resto di quelle precedenti, sarebbe la prima, e non la seconda.

La questione, per come posta, è frutto di un travisamento dei presupposti; infatti, ammesso che sia rinvenibile nel comma 5 dell’art.25 del d. lgs. n.152 del 2006 la prospettata differenza tra proroga e rinnovo, quest’ultimo si verificherebbe qualora fosse necessario, in assenza di una richiesta di proroga, reiterare il procedimento di VIA, ossia l’unica sostanziale diversità tra i due istituti sarebbe di tipo procedurale, richiedendo il rinnovo, diversamente dalla proroga, il riavvio dell’intero procedimento di VIA.

A parte questa differente modus procedendi – che è testualmente, l’unica previsione contenuta nel citato articolo 25 comma 5 che distingue i due istituti – non è seriamente sostenibile che la norma, nella formulazione allora vigente, abbia inteso escludere la necessità che, in sede di proroga, siano valutate le sopravvenienze normative e di fatto nel frattempo intervenute, se e nei limiti in cui abbiano inciso sulla situazione oggetto dell’originario provvedimento.

Sostenere la suddetta insensibilità significherebbe affermare un principio in radicale contrasto con la natura e la funzione della VIA, per come definita nel d. lgs. n.152 del 2006.

La valutazione di impatto ambientale è infatti un intervento amministrativo tecnico-discrezionale finalizzato a tutelare un determinato contesto ambientale dagli effetti nocivi che gli possono derivare dalla realizzazione di un nuovo impianto tecnologico-industriale; dunque, per motivi logici, consustanziali alla sua natura, oltre che giuridici, la relativa verifica non può che essere attualizzata e riferita al preciso momento nel quale il progetto esaminato inizia l’iter costruttivo. Affermare, al contrario, che, in sede di proroga, essa avrebbe una funzione meramente ricognitiva dell’esistenza, ora per allora, dei presupposti per assentire l’intervento, significherebbe compromettere la natura dell’istituto e degradarlo a mero orpello formale e burocratico.

Ripetesi, ammesso che sia implicata dalla suddetta norma, la differenza tra proroga e rinnovo è esclusivamente rinvenibile nella non necessità, per la prima, che venga riavviato l’intero procedimento, ma certamente non nell’esonerare quest’ultima, così come preteso dalla doglianza in esame, dalla verifica in concreto, rispetto al “qui ed ora”, della sua compatibilità rispetto all’ambiente in cui l’impianto di cui al progetto sarà realizzato (vedasi, pienamente conforme in questo senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 11285/2023).

4.1.2. Tanto premesso, poiché il provvedimento di rigetto della proroga è per l’appunto motivato sulla base di due sopravvenienze, ossia in ragione delle norme sopravvenute della legge regionale n.54 del 2015 – che ha introdotto il rispetto delle cd. “aree buffer” - e del mutamento dello stato dei luoghi, perché, nel quinquennio precedente, nell’area dove avrebbe dovuto sorgere l’impianto della parte appellante erano stati, nel frattempo, installati altri generatori, e creato il Parco Regionale del Vulture, e dunque l’impatto ambientale del progetto era cambiato ed andava rivalutato, ciò dimostra che il provvedimento impugnato venne, correttamente, plurimotivato.

Tanto meno può sostenersi che esso sia affetto da illogicità o da travisamento dei presupposti, risultando la relativa scelta amministrativa ragionevole e coerente con le mutate ragioni di tutela del contesto ambientale di riferimento.

A maggior ragione laddove si consideri che la richiesta di proroga era stata proposta con riferimento ad un impianto i cui lavori non erano neppure iniziati, il che a fortiori imponeva di valutare tutte le sopravvenienze nel frattempo avutesi.

4.1.3. Le ultime considerazioni inducono altresì a condividere la decisione del giudice di primo grado che ha ritenuto che, non risultando l’illegittimità del diniego di proroga, con riferimento alla sopravvenienza rappresentata dall’installazione, nella stessa area, di altri aerogeneratori di grandi dimensioni, questo solo fatto è idoneo a giustificare la reiezione della proroga, e dunque a fondare l’irrilevanza degli altri motivi pure sollevati dalla parte.

4.1.4. Lo stesso giudizio di irrilevanza va espresso, infine, con riferimento agli elementi addotti dalla parte – ossia il ritardo nell’avvio delle procedure espropriative e la necessità di ulteriori indagini geognostiche successivamente emersa - a giustificazione delle richieste di proroga.

Infatti la sopravvenuta situazione di incompatibilità, allo stato, tra l’ambiente circostante e il progetto realizzando priva di qualsivoglia rilievo giuridico i suddetti elementi che, in tesi, avrebbero potuto valere quali scusanti, solo laddove l’impianto, anche con qualche accorgimento, si fosse potuto tuttora realizzare, evenienza, per quanto detto, allo stato non prospettabile.

5. Il secondo motivo d’appello contesta alla Regione di avere, nel suo provvedimento di diniego, integralmente condiviso il parere negativo espresso dalla Soprintendenza, nonostante quest’ultimo non fosse né vincolante né, anche a stare al suo contenuto, in concreto ostativo rispetto alla proroga.

Secondo la parte appellante, le cd. aree buffer di rispetto individuate dal parere della Soprintendenza, ai sensi della legge n. 54 del 2015, e cioè quelle del Vallone Casella, del Tratturello Melfi Cerignola e del Centro storico di Melfi, in ogni caso non rappresenterebbero un impedimento assoluto all’installazione dell’impianto.

A tutto concedere, sostiene la doglianza in esame, l’insediamento di quest’ultimo avrebbe richiesto una più approfondita valutazione, ed, eventualmente, imposto l’adozione di qualche misura di mitigazione, ma certamente non obbligava la Regione ad escludere l’assentibilità di un’ulteriore proroga.

Con riferimento alla non assolutezza dell’incompatibilità, la parte rappresenta che l’amministrazione avrebbe potuto trarre elementi in tal senso dalla Relazione allegata all’istanza, nella parte in cui descriveva le caratteristiche non sostanziali della variazione delle condizioni ambientali nel frattempo intervenuta, la quale – a dire del tecnico che l’aveva redatto - non avrebbe mutato nella sostanza gli originari caratteri distintivi del paesaggio, presenti al momento della prima richiesta.

Infine, quanto al vincolo archeologico, pur non rispettando l’impianto la fascia di 5000 metri dal centro storico di Melfi, il motivo segnala che gli aerogeneratori T08V T09V T10V non sono comunque visibili dal centro abitato, né dal centro storico, dunque che al più si tratterebbe di un’interferenza non sostanziale.

Senza contare, aggiunge, che l’area di innesto, si trova ad una significativa distanza, rispettando la fascia di rispetto di 1000 metri, dai siti che sono effettivamente di interesse archeologico e storico, presenti nell’area.

5.1. Il motivo è infondato.

5.1.1. Innanzitutto l’avvenuta installazione di ulteriori impianti eolici, di notevoli dimensioni, nell’area rappresentava un ulteriore elemento di impatto ambientale che, come detto, dovendo essere valutato, mutava il contesto, rendendo inattuale il progetto.

E vale osservare che su questo specifico punto la parte non ha sollevato obiezioni di sorta, limitandosi a contestare l’esistenza di un potere di rivalutare la situazione attuale, in capo alla Regione; dunque il provvedimento impugnato rimarrebbe comunque valido, con dequotazione dell’interesse ad agire della parte appellante.

5.1.2. In secondo luogo si osserva che anche la doglianza in esame, come la precedente, incorre in un travisamento dei presupposti.

5.1.2.1. Infatti la questione non è se il parere della Soprintendenza fosse o meno vincolante, quanto piuttosto se lo stesso fosse o meno convincente, ossia se conteneva fondati argomenti per negare la chiesta proroga della VIA.

5.1.2.2. Ebbene, sotto questo profilo, si osserva che il suddetto intervento tecnico-discrezionale si presenta articolatamente motivato, risultando, ad un giudizio intrinseco di legittimità, frutto di un ragionevole esercizio del relativo potere.

Il che significa che, pur non valendo quale parere vincolante, la Regione poteva legittimamente rifarsi ad esso, per relationem, onde sostenere la non prorogabilità della VIA.

5.1.2.3. Aggiungasi che i vincoli connessi alle fasce di rispetto, così come le ragioni di tutela dei siti archeologici – ossia gli elementi che giustificano il parere negativo della Soprintendenza- rappresentano esigenze reali che, in fatto, non sono smentite dalla parte appellante, che, come visto, si è limitata a contestarne la portata assoluta, ma non l’esistenza.

E sta di fatto che la Soprintendenza, con riferimento ad esse, ha espressamente affermato, con il ricordato parere del 23 gennaio del 2020, la non idoneità dell’area ad accogliere l’impianto eolico progettato dalla parte appellante, trattandosi di un sito che presenta obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti.

Dunque è evidente che, a prescindere dalla natura vincolante o meno, il suddetto parere si era espresso in termini negativi, peraltro adducendo a supporto significativi elementi ostativi che la Regione, con l’atto impugnato, ha ritenuto di condividere.

E poiché come anticipato, il risultato di questa attività consultiva tecnico-discrezionale non si presenta palesemente irragionevole o frutto di un uso disfunzionale del potere, non si ravvisano vizi nella determinazione della Regione che, sia pure in parte, a quel parere si è rifatta per denegare il provvedimento richiesto.

5.1.2.4. Del resto il provvedimento impugnato si fonda anche su altri elementi, richiamando altre sopravvenienze, fra cui l’istituzione del Parco Regionale del Vulture, non estratte dal parere della Soprintendenza e che parimenti osterebbero al rilascio della proroga di una VIA, dunque anche sotto questo aspetto la critica in esame si rivela parziale, e dunque infondata.

6. Il terzo motivo d’appello contesta la decisione del primo giudice nella parte in cui ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla parte.

6.1. Il motivo è infondato mancando, alla luce delle considerazioni che precedono, uno degli elementi necessari per poter configurare l’esistenza di un fatto illecito addebitabile alla parte appellata, ossia l’illegittimità del provvedimento amministrativo di proroga che, sarebbe quello che, nella tesi attorea, avrebbe funto da veicolo di danno.

6.2. Tanto meno un’ipotesi di danno potrebbe derivare dalla durata del procedimento, attribuibile alla stessa parte appellante, in ragione delle istanze di proroga della VIA da lei ripetutamente presentate.

7. Questi motivi inducono in definitiva a rigettare il gravame. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Davide Ponte, Presidente FF

Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore

Carmelina Addesso, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere