Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2218, del 19 aprile 2013
Ambiente in genere.Uso pubblico strada vicinali

La servitù di uso pubblico delle strade vicinali è caratterizzata dall'utilizzazione da parte di una collettività indeterminata di persone del bene privato idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa. Caratteristiche indispensabili di questo diritto sono: il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale; la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via; un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell'uso da tempo immemorabile. Va poi soggiunto che la destinazione delle strade vicinali “ad uso pubblico”, imposta dal codice della strada di cui al d.lgs. n. 285/1992 (art. 3, comma 1, n. 52) fa sì che queste debbano necessariamente interessate da un transito generalizzato, tale per cui, a fronte della proprietà privata del sedime stradale e dei relativi accessori e pertinenze (spettante ai proprietari dei fondi latistanti), l’ente pubblico comunale possa vantare su di essa, ai sensi dell’art. 825 cod. civ., un diritto reale di transito, con correlativo dovere di concorrere alle spese di manutenzione della stessa (pro quota rispetto al consorzio privato di gestione ai sensi dell’art. 3 D.lgs.lgt. n. 1446/1918, “Facoltà agli utenti delle strade vicinali di costituirsi in Consorzio per la manutenzione e la ricostruzione di esse”), onde garantire la sicurezza della circolazione che su di essa si realizza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02218/2013REG.PROV.COLL.

N. 01098/2002 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1098 del 2002, proposto da: 
Tosello Umberto, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Manzi e Alfonso Distaso, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Comune di Trevignano, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Sartorato, Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via del Viminale, 43;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00150/2001, resa tra le parti, concernente demolizione opere edilizie abusive



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Luigi Manzi su delega dell'avv. Andrea Manzi e Guido Meloni su delega dell'avv. Fabio Lorenzoni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Oggetto del presente giudizio è l’ordinanza sindacale n. 45 del 14 settembre 1995 con la quale il Comune di Trevignano ha ingiunto a Umberto Tosello di demolire la recinzione in muratura posta a delimitazione del fabbricato di civile abitazione, con annesso terreno, di sua proprietà, censito al foglio 20, mappale n. 123, di detto comune.

Il provvedimento in questione si fonda sullo sconfinamento di tale recinzione su “un tratto di strada pubblica e la sede di corso d’acqua demaniale”, e cioè, rispettivamente, sulla strada vicinale “della Brentella”, qualificata nel provvedimento come strada vicinale gravata da servitù d’uso pubblico e “catastalmente”pubblica, nonché su un canale consorziale.

Con la propria impugnativa, proposta davanti al TAR Veneto, Tosello ha, da un lato, contestato che la recinzione sia stata eretta sul sedime della predetta strada vicinale, obiettando che questa, in realtà, in seguito a modifiche dell’originario tracciato, si interrompe in prossimità del canale consorziale e, dall’altro lato, che il manufatto insiste esclusivamente sul tracciato del corso d’acqua, appositamente tombato, ma che ciò nondimeno l’ordine di demolizione non avrebbe potuto essere emanato, in pendenza di istanza di concessione idraulica in sanatoria, presentata all’ufficio regionale del Genio civile il 18 settembre 1995, ed in assenza di parere di quest’ultimo.

Il ricorrente ha inoltre censurato la carente motivazione in ordine all’asservimento all’uso pubblico ed al contrasto della recinzione con gli interessi urbanistici di cui il comune è portatore.

2. Il TAR ha respinto il ricorso.

Secondo il giudice di primo grado:

- oltre alle dichiarazioni ammissive del ricorrente circa la realizzazione del manufatto sul corso d’acqua in assenza di titolo autorizzativo, gli accertamenti alla base del provvedimento impugnato hanno consentito di rilevare che la recinzione “sconfina sulla particella che il catasto denomina strada pubblica con il nome di strada vicinale “alla Brentella””, e che quest’ultima è asservita all’uso pubblico, in quanto “utilizzata dai proprietari dei fondi latistanti e dal personale dei consorzi gestori dei canali Sologna e del canale della Vittoria”;

- accertato tale sconfinamento, non è necessario richiedere il parere del Genio civile regionale, allorché il manufatto sia dichiarato in contrasto con rilevanti interessi urbanistici, ai sensi dell’art. 95, comma 3, l. reg. n. 61/1985 (“Norme per l’assetto e l’uso del territorio”), come quello inerente la “conservazione della viabilità pubblica”, nel caso di specie debitamente esternato a mezzo di apposita delibera consiliare (n. 32 dell’8 giugno 1995).

3. Nel presente appello sono riproposti tutti i motivi alla base dell’impugnativa di primo grado.

3.1 Con il primo Tosello ribadisce che il preteso sconfinamento sulla strada pubblica non è supportato da alcun elemento di prova, se non le mappe catastali, che tuttavia devono ritenersi superate dalla situazione di fatto, quale in primo luogo descritta nella relazione tecnica allegata all’istanza di concessione idraulica in sanatoria, poi effettivamente conseguita, caratterizzata dall’interruzione della strada in corrispondenza della riva del canale consorziale e, in secondo luogo, accertabile nel corso dell’istruttoria se il comune resistente avesse sentito l’ente proprietario di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 14 l. n. 47/1985.

3.2 Con il secondo motivo l’appellante enuclea un’ulteriore violazione procedimentale, consistente nella mancata previa audizione del Genio civile, giusta il disposto dell’art. 378 l. n. 2248/1865, all. F, nuovamente tradottasi nella difettosa rappresentazione dello stato dei luoghi e nella conseguente emanazione dell’ordine di demolizione malgrado il competente ufficio regionale del Genio civile avesse espresso il parere favorevole sull’istanza di sanatoria.

3.3 Con il terzo motivo reitera la censura: di contraddittorietà estrinseca dell’ordine di demolizione impugnato, sul rilievo che in precedenza, con l’ordinanza n. 60 dell’11 luglio 1994, era emerso, all’esito di approfondimenti istruttori (“ricerca e rilevazione documentale e storica”), che la strada “della Brentella” “non è inclusa fra quelle comunali o vicinali, né ha le caratteristiche della strada pubblica”, e si era conseguentemente disposta la revoca della precedente ordinanza di demolizione (n. 8 del 1 marzo 1994) della medesima recinzione, nella quale questa era stata genericamente qualificata come demaniale; nonché di carenza motivazionale e violazione dell’art. 825 cod. civ. in ordine al preteso uso pubblico.

3.4 Con il quarto motivo, infine, l’appellante insiste nello stigmatizzare l’ordinanza impugnata per mancanza di motivazione in ordine alla supposta lesione arrecata dalla recinzione ai “rilevanti interessi urbanistici”, come invece imposto dall’art. 95, comma 3, l. reg. n. 61/1985 citata e l’insufficiente motivazione sul supposto impedimento da essa arrecato al transito sulla strada su cui sarebbe avvenuto lo sconfinamento.

4. Il Comune di Trevignano ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi e la loro infondatezza nel merito.

DIRITTO

1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, poiché entrambi tendono a contestare il presupposto dello sconfinamento sulla strada vicinale “della Brentella” e sul canale consorziale.

Con specifico riguardo a quest’ultimo, occorre subito dire che il ragionamento probatorio che ha condotto il TAR a rigettarli, fondato sulle dichiarazioni ammissive del ricorrente circa la realizzazione della recinzione sul canale irriguo, non si rivela conferente, visto che con riguardo a tale circostanza lo stesso ricorrente deduce e comprova (con le ricevute di pagamento degli oneri concessori) di avere chiesto ed ottenuto la concessione idraulica in sanatoria.

1.1 Il TAR, peraltro, ha anche ritenuto che sussista lo sconfinamento del manufatto sulla strada vicinale, e che tale circostanza sia stata accertata dai tecnici del comune resistente, le cui risultanze sono richiamate nell’ordine di demolizione qui impugnato.

Si tratta più precisamente “della relazione quale supplemento di istruttoria […] datata 20.03.95” dell’ufficio tecnico comunale.

2. Tanto precisato, deve innanzitutto dissentirsi dall’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal comune resistente per difetto di specificità dei motivi.

In questi ultimi vi è una puntuale critica di tali accertamenti procedimentali e della decisione di primo grado che li ha fatti propri.

Si censura infatti come insufficiente l’impiego delle mappe catastali, e si obietta che queste risultano superate dalla situazione di fatto, quale rappresentata nella relazione tecnica allegata all’istanza di concessione idraulica in sanatoria, ed in particolare della parte in cui si dà atto che la strada vicinale “non attraversa più il Canale Consorziale, come originariamente, ma si arresta in prospicenza della riva sinistra del Canale Consorziale stesso”.

Tanto si pone in effetti critica diretta alla ratio decidendi esternata dal TAR a confutazione del motivo di impugnazione, e cioè che le risultanze degli accertamenti sulla cui base è stato emanato il provvedimento repressivo hanno consentito di accertare che la strada vicinale, essendo “utilizzata dai proprietari dei fondi latistanti e dal personale dei consorzi gestori dei canali Sologna e del canale della Vittoria”, è in effetti asservita all’uso pubblico, perché la contraria deduzione della modifica della situazione di fatto è in grado di privare tale giudizio del relativo fondamento logico, così rispettandosi in definitiva i requisiti di specificità dei motivi d’appello previsti dall’art. 342 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis al presente appello (ora art. 101, comma 2, cod. proc. amm.).

2.1 I motivi in esame sono anche fondati nel merito.

Dalla documentazione fotografica allegata alla relazione tecnica (in particolare: foto nn. 9 – 12) risulta che la recinzione corre lungo la strada vicinale e che la prima non impedisce il transito pedonale e viario sulla seconda.

A fronte di tale elemento di prova documentale, l’ordinanza di demolizione impugnata non specifica in alcun modo le caratteristiche e la consistenza del supposto sconfinamento, lasciando questo necessario presupposto fattuale del provvedimento repressivo in uno stato di vaghezza.

Né tanto meno ragguagli sul punto sono forniti dal supplemento di istruttoria richiamato nel provvedimento.

In quest’ultimo, infatti, vi è esclusivamente un approfondimento – erroneo, come si vedrà – sull’esistenza sulla strada vicinale della Brentella di una servitù pubblica di transito.

3. E’ inoltre fornita dei necessari requisiti di specificità la censura facente parte del terzo motivo d’appello, in cui si contesta la qualificazione della strada vicinale su cui è avvenuto lo sconfinamento come gravata da servitù di uso pubblico e si critica la carente motivazione ed istruttoria sul punto.

Nell’illustrare il motivo in questione, in comparsa conclusionale l’appellante sottolinea che la servitù di uso pubblico deve necessariamente sostanziarsi in una fruizione generalizzata del bene privato in favore di una collettività indeterminata di persone, non essendo sufficiente che tale utilizzo avvenga da parte di proprietari di fondi vicini, né che tale elemento possa essere comprovato attraverso il ricorso alle mappe catastali. Inoltre - sempre secondo l’appellante - occorre dimostrare che il bene è idoneo ad un simile uso e che quest’ultimo avvenga in presenza di un valido titolo giuridico, laddove nulla sul punto è specificato nell’ordine di demolizione impugnato.

3.1 Oltre che rispettoso del predetto requisito di ammissibilità, anche questo motivo è fondato.

L’elemento di fatto valorizzato dal TAR non è infatti sufficiente a costituire una servitù di uso pubblico.

Nel supplemento di istruttoria richiamato nell’ordine di demolizione si afferma che, in base alle mappe catastali e a non meglio precisate “informazioni assunte sul posto” la strada risulta essere utilizzata “dai proprietari dei fondi latistanti”, nonché dal personale dei consorzi di gestione dei canali irrigui (Solagna e della Vittoria) per la normale manutenzione.

Tuttavia, per giurisprudenza costante di questo Consiglio di Stato, ancora di recente riaffermata, e dalla quale non vi è motivo di discostarsi, affinché il diritto reale in questione possa dirsi sorto occorre che il bene privato sia idoneo ed effettivamente destinato al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato (Sez. V, 14 febbraio 2012 n. 728; in senso conforme: Sez. IV, 15 maggio 2012, n. 2760; Sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6242, quest’ultima citata dall’appellante).

L’indirizzo ora citato è perfettamente conforme a quello della Cassazione, nel quale ha da ultimo ribadito che la servitù di uso pubblico è caratterizzata dall'utilizzazione da parte di una collettività indeterminata di persone del bene privato idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa (Sez. II, sentenza del 10 gennaio 2011, n. 333).

Caratteristiche indispensabili di questo diritto sono:

1. il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale;

2. la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;

3. un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell'uso da tempo immemorabile.

Va poi soggiunto che la destinazione delle strade vicinali “ad uso pubblico”, imposta dal codice della strada di cui al d.lgs. n. 285/1992 (art. 3, comma 1, n. 52) fa sì che queste debbano necessariamente interessate da un transito generalizzato, tale per cui, a fronte della proprietà privata del sedime stradale e dei relativi accessori e pertinenze (spettante ai proprietari dei fondi latistanti), l’ente pubblico comunale possa vantare su di essa, ai sensi dell’art. 825 cod. civ., un diritto reale di transito, con correlativo dovere di concorrere alle spese di manutenzione della stessa (pro quota rispetto al consorzio privato di gestione ai sensi dell’art. 3 D.lgs.lgt. n. 1446/1918, “Facoltà agli utenti delle strade vicinali di costituirsi in Consorzio per la manutenzione e la ricostruzione di esse”), onde garantire la sicurezza della circolazione che su di essa si realizza.

Non è dunque sufficiente che l’utilizzo della strada avvenga in favore di proprietari di fondi vicini, né di personale dei consorzi irrigui incaricati della gestione del canale.

Del resto, l’amministrazione resistente, che della prova dell’uso generale è onerata, non ha in alcun modo riferito di segnalazioni o esposti della cittadinanza tendenti a denunciare un diminuito godimento del diritto transito per effetto della (pur risalente) opera muraria oggetto dell’ordine di demolizione.

Va infine dato atto che nel supplemento di istruttoria si desume l’uso pubblico dall’inserimento della strada vicinale nello “strumento urbanistico vigente che individua un “percorso ambientale” che collega la strada comunale Via alloro con la strada provinciale Via Villette”.

Ma anche questo elemento è all’evidenza del tutto inidoneo a provare l’asservimento effettivo all’uso della collettività.

Pertanto, il provvedimento qui impugnato è effettivamente contrastante con l’art. 825 cod. civ. e carente di istruttoria e motivazione sullo specifico punto dell’asservimento all’uso pubblico della strada vicinale.

Tale vizio risulta ancora una volta inficiante in modo decisivo l’ordine di demolizione impugnato, perché lo priva di un fondamentale presupposto fattuale. Esso fa infatti emergere, al di là della sintomatica contraddittorietà in ordine alla natura di tale strada quale incontestabilmente emergente nella vicenda qui in decisione, l’assenza di un abuso sanzionabile con l’ordine di demolizione, visto che per quanto concerne l’altra situazione di illegalità in detto provvedimento enucleata, consistente nello sconfinamento sul canale consorziale, è stata rimossa in seguito all’ottenimento della concessione idraulica in sanatoria, come debitamente comprovato in via documentale dall’appellante.

4. Risulta comunque fondata anche la censura di carenza motivazionale in ordine all’esistenza di un contrasto con un rilevante interesse urbanistico, ai sensi dell’art. 95, comma 3, l. reg. n. 61/1985 di cui all’ultimo motivo d’appello.

Contrariamente a quanto opinato dal comune, non è sufficiente addurre a sostegno dell’ordine di demolizione l’interesse “alla conservazione della viabilità pubblica”, come si afferma nella delibera consiliare n. 32 dell’8 giugno 1995, richiamata nell’ordine di demolizione impugnato, visto che è proprio la sussistenza di quest’ultimo presupposto che avrebbe dovuto essere acclarato in sede procedimentale dallo stesso ente pubblico.

Dai provvedimenti in questione non è in ogni caso dato evincere se la recinzione costituisca effettivo ostacolo a tale circolazione. Questo rilievo va posto in relazione con la circostanza che dalle foto allegate alla relazione illustrativa dell’istanza di concessione idraulica in sanatoria risulta comunque consentito il passaggio degli autoveicoli (in particolare le foto 9, 10 e 12) e dunque a maggior ragione il passaggio pedonale, senza peraltro trascurare che – come giustamente sottolineato dall’appellante – l’ordine di demolizione impugnato e gli atti ad esso presupposti non si curano di specificare quale sia stato il transito esercitato sulla strada vicinale.

In ragione di tutte queste considerazioni l’appello deve dunque essere accolto, conseguendone, in riforma della sentenza appellata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento degli atti con esso impugnati.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando gli atti con esso impugnati.

Condanna il Comune di Trevignano a rifondere all’appellante Tosello Umberto le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in € 6.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)