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Corte Costituzionale Sent. 7 del 13 gennaio 2004

giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2, lett. i) della legge della Regione Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23, recante (Disposizioni in campo energetico. Procedure di formazione del piano regionale energetico-ambientale. Abrogazione delle leggi regionali 23 marzo 1984, n. 19; 17 luglio 1984, n. 31 e 28 dicembre 1989, n. 79), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 dicembre 2002, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 93 del registro ricorsi 2002.

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SENTENZA N. 7

ANNO 2004



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo CHIEPPA Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice

- Valerio ONIDA “

- Carlo MEZZANOTTE “

- Fernanda CONTRI “

- Guido NEPPI MODONA “

- Piero Alberto CAPOTOSTI “

- Franco BILE “

- Giovanni Maria FLICK “

- Francesco AMIRANTE “

- Ugo DE SIERVO “

- Romano VACCARELLA “

- Paolo MADDALENA “



ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2, lett. i) della legge della Regione Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23, recante (Disposizioni in campo energetico. Procedure di formazione del piano regionale energetico-ambientale. Abrogazione delle leggi regionali 23 marzo 1984, n. 19; 17 luglio 1984, n. 31 e 28 dicembre 1989, n. 79), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 dicembre 2002, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 93 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica del 28 ottobre 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi l’avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anita Ciavarra per la Regione Piemonte.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 9 dicembre 2002, depositato il 14 dicembre 2002 e iscritto al registro ricorsi n. 93 del 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, lettera i), della legge regionale del Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23 (Disposizioni in campo energetico. Procedure di formazione del piano regionale energetico-ambientale. Abrogazione delle leggi regionali 23 marzo 1984, n. 19; 17 luglio 1984, n. 31 e 28 dicembre 1989, n. 79), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte del 10 ottobre 2002, n. 41, per violazione dell’art. 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione, nonché per violazione del principio di ragionevolezza.

Secondo le argomentazioni proposte dal ricorrente, tale norma, nella parte in cui prevede l’emanazione da parte della Regione di “linee guida per la progettazione tecnica degli impianti di produzione, distribuzione e di utilizzo dell’energia”, consentirebbe alla Regione stessa di richiedere per tali impianti, da realizzare nell’ambito del proprio territorio, “caratteristiche strutturali differenziate rispetto a quelle fissate dalle direttive dell’Autorità per l’energia elettrica ed attuate dal gestore della rete”.

Tale previsione normativa, innanzi tutto, sarebbe viziata da irragionevolezza, e ciò in quanto, ammettendo un analogo potere per le altre Regioni, la rete nazionale avrebbe una struttura diversificata regione per regione.

La norma impugnata, inoltre, violerebbe l’art. 117, comma primo, della Costituzione, in quanto contrastante con i vincoli che derivano dalla normativa comunitaria, ed in particolare dalla direttiva 96/92/CE del 19 dicembre 1996 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), nella quale verrebbe espressamente disposto il principio della unitarietà della rete di trasmissione. Contrasterebbe inoltre con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe i principi fondamentali della materia desumibili dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), che ha attuato la direttiva 96/92/CE; in particolare, rileverebbe l’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 79 del 1999, il quale avrebbe previsto la adozione, da parte del gestore della rete di trasmissione nazionale, di regole tecniche “di carattere obiettivo e non discriminatorio” in materia di progettazione e funzionamento degli impianti di generazione, della rete di distribuzione, delle apparecchiature direttamente connesse, dei circuiti di interconnessione e delle linee dirette, “al fine di garantire la più idonea connessione alla rete di trasmissione nazionale nonché la sicurezza e la connessione operativa tra le reti”.

Infine, sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che assegna alla legislazione esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza. Ciò, in quanto, se si consentisse di differenziare la rete di distribuzione, il mercato nazionale risulterebbe “compartimentalizzato”, pregiudicando in tal modo il corretto esplicarsi della libera concorrenza nel mercato elettrico.

2. – Si è costituita la Regione Piemonte, la quale ha chiesto che la questione proposta sia dichiarata infondata. Nella sintetica memoria depositata, la difesa regionale ha affermato – senza ulteriori precisazioni – che la censura mossa dallo Stato sarebbe fondata su un’erronea interpretazione della norma impugnata, nonché su una alterazione del quadro della normativa comunitaria e della sua attuazione secondo le competenze stabilite dall’art. 117 Cost.

3. – In prossimità dell’udienza, la Regione resistente ha depositato una ulteriore memoria, nella quale vengono contestate le censure mosse dallo Stato, rilevando in particolare come attraverso la legge regionale n. 23 del 2002 si intendesse fare piena applicazione della normativa comunitaria e nazionale regolante il settore energetico e disciplinare esclusivamente le attività rientranti nella competenza regionale. Più specificamente, l’art. 2 impugnato rimarrebbe nell’ambito della competenza già delineata dalla legge della Regione Piemonte 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni normative per l’attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), di attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Il suo tenore letterale, inoltre, non consentirebbe di desumere l’attribuzione della possibilità di adottare disposizioni in contrasto con quelle dell’Autorità per l’energia elettrica e del gestore della rete o che comunque possano comportare la differenziazione nel territorio regionale delle strutture della rete di trasmissione dell’energia elettrica.

4. – Anche l’Avvocatura dello Stato, in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria nella quale ribadisce, con ulteriori argomentazioni, le censure mosse avverso la legge regionale del Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23. Si evidenzia come l’art. 2 di tale legge, nel consentire alla Regione di adottare linee guida per la progettazione tecnica degli impianti di produzione, distribuzione di utilizzo dell’energia, contrasterebbe con la normativa comunitaria contenuta nella direttiva 96/92/CE, secondo la quale le infrastrutture nazionali e comunitarie devono assicurare la interconnessione e l’interoperabilità delle reti. La norma contrasterebbe, inoltre, con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe i principi fondamentali della materia, quali emergono dal d.lgs. n. 79 del 1999 e che consistono nella unitarietà della rete nazionale, nella esigenza di interconnessione tra tale rete e quelle europee, nonché nella esigenza di uniformità di norme tecniche di progettazione, per questo affidate al gestore della rete.

Da ultimo, in relazione alla ipotizzata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella memoria si evidenzia come la norma impugnata diversificherebbe le modalità di accesso alla rete, determinando in tal modo una discriminazione tra gli utenti, in violazione del principio della concorrenza, che richiederebbe l’assoluta parità degli operatori economici.

Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, lettera i), della legge regionale del Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23 (Disposizioni in campo energetico. Procedure di formazione del piano regionale energetico-ambientale. Abrogazione delle leggi regionali 23 marzo 1984, n. 19, 17 luglio 1984, n. 31 e 28 dicembre 1989, n. 79), per violazione dell’art. 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione, nonché per violazione del principio di ragionevolezza.

Secondo il ricorrente la norma impugnata violerebbe gli evocati parametri costituzionali innanzi tutto in quanto si porrebbe in contrasto con gli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, ed in particolare dalla direttiva 96/92/CE del 19 dicembre 1996 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica); in secondo luogo, in quanto determinerebbe una lesione della competenza che la Costituzione assegna allo Stato in materia di tutela della concorrenza; ancora, a causa della violazione dei principi fondamentali della materia concernente la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale di energia, ed in particolare dell’art. 3, comma 6, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica). Da ultimo, la norma impugnata sarebbe irragionevole, in quanto se tutte le Regioni esercitassero una analoga potestà normativa, la rete di distribuzione dell’energia elettrica sarebbe profondamente diversificata da Regione a Regione, con notevoli inconvenienti sia sul piano tecnico che su quello economico.

2. – Preliminarmente, si deve osservare che la disposizione legislativa impugnata si colloca inequivocabilmente nell’ambito della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” contemplata nell’art. 117, comma terzo, della Costituzione.

Secondo la disposizione impugnata, la Regione “emana linee guida per la progettazione tecnica degli impianti di produzione, di distribuzione e di utilizzo dell’energia e per le caratteristiche costruttive degli edifici”. La norma specifica altresì che tale funzione deve essere svolta “in coerenza” con la legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 che reca (Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Tale legge individua le funzioni affidate alle Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali, nelle materie indicate nel suo art. 1, tra le quali è ricompresa – ai sensi dell’art. 34 della medesima legge – anche l’energia elettrica. Tale individuazione, ai sensi del già citato art. 1, avviene “nel quadro dei principi costituzionali relativi all’ordinamento regionale (…) nonché in attuazione dell’art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed Enti locali, per la riforma della pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa)”.

Dall’art. 2, comma 2, lettera i) della legge della Regione Piemonte n. 23 del 2002, secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe desumibile la possibilità, per la Regione, di dettare linee guida per la realizzazione degli impianti, tali da pregiudicare la compatibilità, da un punto di vista tecnico, della rete regionale di distribuzione dell’energia elettrica, con la rete nazionale nonché con le altre reti europee.

Tale interpretazione della disposizione impugnata, tuttavia, anche alla luce del quadro normativo di riferimento, sia comunitario che nazionale, non può essere accolta.

Quanto alla normativa comunitaria, rileva la direttiva 96/92/CE, la quale stabilisce “norme comuni per la generazione, la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica” (art. 1), al fine, come si evidenzia nel sesto “considerando”, di “favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti” (tale direttiva è stata peraltro abrogata, con decorrenza 1° luglio 2004, dalla direttiva 2003/54/CE del 26 giugno 2003 – del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE, - che, peraltro, all’art. 29, mantiene fermi “gli obblighi degli Stati membri circa i termini del recepimento e dell'applicazione” della direttiva 96/92/CE).

A sua volta, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il cui art. 29 riserva allo Stato, tra le altre, le funzioni amministrative concernenti “la determinazione dei criteri generali tecnico-costruttivi e le norme tecniche essenziali degli impianti di produzione, conservazione e distribuzione dell’energia”.

In questo quadro, il d.lgs. n. 79 del 1999, in attuazione della direttiva 96/92/CE, ha affidato “le attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, ivi compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale” ad un gestore unico nazionale, prevedendo altresì per quest’ultimo “l’obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta, senza compromettere la continuità del servizio e purché siano rispettate le regole tecniche del presente articolo e le condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione fissate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas” (art. 3, comma primo). L’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 79 del 1999, inoltre, prevede che il gestore della rete di trasmissione nazionale adotti “regole tecniche, di carattere obiettivo e non discriminatorio, in materia di progettazione e funzionamento degli impianti di generazione, delle reti di distribuzione, delle apparecchiature direttamente connesse, dei circuiti di interconnessione e delle linee dirette, al fine di garantire la più idonea connessione alla rete di trasmissione nazionale nonché la sicurezza e la connessione operativa tra le reti”.

Nell’art. 2 del d.lgs. n. 79 del 1999, peraltro, sono reperibili, in base a quanto già disposto dalla direttiva 96/92/CE (si veda l’art. 2 di quest’ultima), le definizioni normative dei termini “produzione” e “distribuzione” dell’energia elettrica, nonché dell’espressione “utente della rete”, rilevanti al fine di interpretare correttamente la disposizione regionale oggetto del presente giudizio.

In particolare, per “produzione” si intende “la generazione di energia elettrica, comunque prodotta” (art. 2, comma 19); per “distribuzione” si intende “il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali” (art. 2, comma 14); per “utente della rete” si intende “la persona fisica o giuridica che rifornisce o è rifornita da una rete di trasmissione o distribuzione” (art. 2, comma 25).

3. – Su queste premesse, la questione proposta non è fondata.

È infatti possibile giungere ad una lettura della norma impugnata che – alla luce del quadro normativo complessivo – superi le censure prospettate.

In assenza di una specifica e alternativa definizione normativa contenuta nella legislazione regionale, è evidente che la disposizione impugnata deve essere letta alla luce di quanto disposto dai citati commi 19, 14 e 25 dell’art. 2 del d.lgs. n. 79 del 1999.

Conseguentemente, si deve ritenere che le “regole tecniche”, che ai sensi del comma 6 dell’art. 3 del d.lgs. n. 79 del 1999 devono essere adottate da parte del gestore nazionale, si applichino anche alla progettazione degli impianti di produzione, distribuzione e utilizzo dell’energia cui si riferisce l’art. 2 della legge della Regione Piemonte n. 23 del 2002.

Pertanto, la progettazione tecnica degli impianti di produzione, distribuzione ed utilizzo dell’energia elettrica, e la costruzione dei relativi edifici, di cui alla disposizione regionale impugnata, non può sfuggire al rispetto di quanto disposto dal citato art. 3 del d.lgs. n. 79 del 1999, e, conseguentemente, deve necessariamente uniformarsi alle “regole tecniche” predisposte dal gestore nazionale “al fine di garantire la più idonea connessione alla rete di trasmissione nazionale nonché la sicurezza e la connessione operativa tra le reti”.

D’altra parte, nulla – nel tenore testuale della disposizione oggetto del presente giudizio – autorizza a ritenere che quest’ultima determini la sottrazione della realizzazione dei citati impianti all’osservanza di tali regole. È tuttavia da osservare che le “regole tecniche” cui si riferisce l’art. 3 del d.lgs. n. 79 del 1999 non esauriscono i criteri di progettazione tecnica degli impianti. A tacer d’altro, basti pensare che – come messo in evidenza più sopra – l’art. 29 del d.lgs. 112 del 1998 conserva allo Stato solo la determinazione delle “norme tecniche essenziali degli impianti di produzione, conservazione e distribuzione dell’energia”, e che, d’altra parte, il gestore nazionale ha il compito di predisporre le regole di cui si tratta esclusivamente in vista della finalità “di garantire la più idonea connessione alla rete di trasmissione nazionale nonché la sicurezza e la connessione operativa tra le reti” (art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 79 del 1999). A conferma di quanto detto, può evidenziarsi come il gestore della rete nazionale debba individuare non già tutte le regole tecniche, bensì, più semplicemente, regole tecniche volte al perseguimento delle specifiche finalità di cui si è detto.

È evidente, pertanto, che rientra nei poteri delle Regioni la individuazione di ulteriori criteri di realizzazione degli impianti, fermo restando, naturalmente, che questi ultimi dovranno comunque uniformarsi agli standard stabiliti dal gestore della rete di trasmissione nazionale.

4. – La norma impugnata, dunque, si limita a prevedere la emanazione, da parte dei competenti organi regionali, di linee guida che dettino criteri per la progettazione tecnica degli impianti di produzione e distribuzione dell’energia, nonché per la costruzione dei relativi edifici, aggiuntivi rispetto a quelli individuati dalle “regole tecniche” adottate dal gestore nazionale. Ciò comporta naturalmente che, ove si reputasse che le linee guida regionali fossero, in concreto, contrastanti con queste ultime, ne potrà essere fatta valere la relativa illegittimità con gli ordinari rimedi.

Così ricostruita la portata normativa della disposizione impugnata, la questione di costituzionalità sollevata dal ricorso indicato in epigrafe deve ritenersi infondata.

5. – Quanto detto in precedenza, del resto, determina anche l’ infondatezza della censura di irragionevolezza proposta dal ricorrente, giacché proprio la necessità che le linee guida regionali non si pongano in contrasto con le regole tecniche predisposte dal gestore nazionale consente di salvaguardare adeguatamente le esigenze di unitarietà della rete.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, lettera i), della legge regionale del Piemonte 7 ottobre 2002, n. 23 (Disposizioni in campo energetico. Procedure di formazione del piano regionale energetico-ambientale. Abrogazione delle leggi regionali 23 marzo 1984, n. 19; 17 luglio 1984, n. 31 e 28 dicembre 1989, n. 79), sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione, nonché in riferimento al principio di ragionevolezza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.



Riccardo CHIEPPA, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.