Le ultime modifiche normative sulle sanzioni della normativa ambientale
di Gianfranco AMENDOLA
pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore
1. - Premessa. Continua l’inquinamento da leggi in campo ambientale. Pochi giorni fa, infatti, convertendo in legge il d.l. 10 agosto 2023, n. 1051, nato per dettare Disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della P.A., il Parlamento ha pensato bene di aggiungere un art. 6 ter, intitolato ai Reati ambientali e responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, per intervenire anche sulla normativa di tutela penale dell’ambiente. E, si badi bene, senza alcun collegamento reale con gli altri contenuti del decreto legge che, come già si evince dal titolo, a parte gli incendi boschivi, è stato emanato per occuparsi con urgenza di tutt’altri argomenti, certamente non connessi con la tutela ambientale. Peraltro, senza alcuna seria riflessione e discussione, visto che la conversione in legge è avvenuta ricorrendo al voto di fiducia. E, soprattutto, senza spiegare per quale necessità ed urgenza è stato operato con decreto legge questo inserimento che, francamente, appare molto meno urgente ed importante di ben altre modifiche e semplificazioni di normativa che sarebbero necessarie per garantire una reale tutela penale dell’ambiente.
2. - Le modifiche. Ma vediamo di che si tratta:
1) La prima novità riguarda l’art. 255 del TUA (d.lgs. n. 152/06), comma 1, in tema di abbandono di rifiuti, secondo cui, (dopo le modifiche del d.lgs. n. 205/2010) «Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio».
In proposito, il comma 1 dell’articolo 6 ter modifica il comma sopra riportato, trasformando l’illecito amministrativo in reato contravvenzionale. E pertanto, a seguito dell’intervento normativo, si passa dalla sanzione amministrativa da 300 a 3.000 euro alla previsione dell’ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chiunque abbandoni o depositi rifiuti ovvero li immetta nelle acque superficiali o sotterranee in violazione degli artt. 192, commi 1 e 2 (che vietano l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo e l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee), 226, comma 2 (che vieta l’immissione di taluni imballaggi nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani), e 231, commi 1 e 2 (in materia di demolizione di veicoli fuori uso); con aumento della pena fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi.
Il resto dell’articolo resta immutato.
Si tratta di una modifica che, evidentemente, aumentando e trasformando in penale una sanzione amministrativa, comporta un trattamento sanzionatorio più severo, anche se, in realtà, si possono agevolmente evitare conseguenze di natura penale. Poiché, infatti, trattasi di sanzione penale solo pecuniaria, è applicabile l’art. 162 c.p., il quale stabilisce che «nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la sola pena dell’ammenda, il contravventore è ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento». Quindi, si può estinguere il reato attraverso una oblazione di 3.300 euro. Di più: ai sensi dell’art. 131 bis c.p., la punibilità può essere addirittura del tutto esclusa nei casi in cui l’offesa sia di particolare tenuità (per l’esiguità del danno e del pericolo) e il comportamento non sia abituale (in relazione alle modalità della condotta). Resta da valutare se vi sia anche una (terza) possibilità di eliminare la contravvenzione attraverso l’applicazione della speciale procedura prevista dall’art. 318 bis e ss. del TUA per le contravvenzioni che non hanno provocato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, incentrata sull’intento di conseguire una regolarizzazione della situazione attraverso la emanazione di una prescrizione della P.G., cui fa seguito un comportamento virtuoso di ottemperanza da parte di chi ha violato la legge. Trattasi, tuttavia, di strada, a nostro sommesso avviso, meno praticabile e conveniente in quanto, se anche, alla fine, in tal modo la contravvenzione può essere estinta pagando solo un quarto del massimo, si deve tuttavia ricorrere ad una procedura complessa (con intervento attivo della P.A.) e, nonostante le benevole aperture della Cassazione verso questa forma di eliminazione2, non è affatto chiaro se e quando un abbandono o deposito incontrollato di rifiuti possa essere definito tale da non cagionare il danno o pericolo attuale per l’ambiente, come richiesto dall’art 318 bis del TUA per la sua applicazione3.
Per completezza, è bene ricordare che, quanto all’ambito della norma sanzionatoria in esame, essa si applica «fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2»; e pertanto, se il fatto è commesso da titolari di imprese e responsabili di enti, si applica, comunque, la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; ovvero la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi4. Distinzione più volte chiarita (ovviamente con riferimento all’illecito amministrativo prima esistente) dalla Suprema Corte, secondo la quale «qualora la condotta tipizzata venga posta in essere da soggetto qualificato, il giudice dovrà procedere all’applicazione della norma penale avente carattere di specialità rispetto a quella che prevede l’illecito amministrativo – infliggendo la sanzione penale alternativa dell’ammenda o dell’arresto, se trattasi di rifiuti non pericolosi, o congiuntamente se trattasi di rifiuti pericolosi. Tuttavia, tale differenziazione non va vista solo con riferimento al soggetto che compie materialmente l’atto, ma deve essere valutata anche la natura realmente domestica o meno dei rifiuti abbandonati. La ratio del diverso trattamento riservato alla medesima condotta, secondo l’autore della violazione, è evidentemente fondata su una presunzione di minore incidenza sull’ambiente dell’abbandono posto in essere da soggetti che non svolgono attività imprenditoriale o di gestione di enti, ed in particolare la norma in questione è finalizzata ad: “impedire ogni rischio di inquinamento derivante da attività idonee a produrre rifiuti con una certa continuità, escluse perciò solo quelle del privato, che si limiti a smaltire i propri rifiuti al di fuori di qualsiasi intento economico”»5.
2) La seconda modifica [art. 6 ter, comma 3, lett. a)] riguarda, invece, il codice penale, al fine di inasprire il trattamento sanzionatorio in materia di delitti contro l’ambiente.
E così la lett. a) interviene sull’art. 240 bis, primo comma, c.p. in relazione ai reati che consentono, nel caso di condanna o patteggiamento, la confisca del denaro o dei beni di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, aggiungendo:
a) il delitto di inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.);
b) la morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452 ter c.p.);
c) il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies c.p.);
d) le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti (art. 452 quaterdecies c.p.).
Si amplia così la possibilità di confisca già prevista, ai sensi dell’art. 240 bis, primo comma c.p., in casi particolari per i delitti di disastro ambientale (art. 452 quater c.p.) e di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro l’ambiente (art. 452 octies, primo comma, c.p.).
3) La terza modifica [art. 6 ter, comma 3, lett. b)] riguarda il delitto di inquinamento ambientale previsto dall’art. 452 bis c.p. che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 «chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna», intervenendo sull’aggravante prevista dal secondo comma secondo cui «Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata».
Adesso, infatti, si stabilisce che, in questi casi, la pena deve essere aumentata da un terzo alla metà, aggiungendo che «nel caso in cui l’inquinamento causi deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat all’interno di un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, la pena è aumentata da un terzo a due terzi». Quindi, la originaria circostanza speciale aggravante ad efficacia comune (aumento fino a un terzo della pena prevista per il reato semplice) viene trasformata in circostanza aggravante ad effetto speciale (quella, cioè, che ai sensi dell’art. 63, comma terzo, c.p. importa un aumento o una diminuzione di pena superiore ad un terzo) con un aggravamento di sanzione nel caso in cui si verifichi anche deterioramento, compromissione o distruzione di habitat.
4) L’ultima modifica [art. 6 ter, comma 3, lett. c)] riguarda il delitto di disastro ambientale (art. 452 quater c.p.), punito con la reclusione da cinque a quindici anni, e, analogamente a quanto sancito per il delitto di inquinamento ambientale, sostituisce il secondo comma, secondo cui «Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata», precisando che, in tal caso, «la pena è aumentata da un terzo alla metà»; con analoga trasformazione della originaria circostanza speciale aggravante ad efficacia comune in circostanza aggravante ad effetto speciale.
3. - Conclusioni. Appare, quindi, evidente che, nel complesso, le modifiche apportate hanno inasprito il sistema sanzionatorio a tutela dell’ambiente anche se, come già abbiamo premesso, non risulta affatto chiara la scelta di queste priorità né l’urgenza dell’intervento. Intendiamoci, a nostro sommesso avviso, ogni inasprimento di sanzioni a tutela dell’ambiente non può che essere, di regola, accolto con favore. Ma oggi, in realtà, i veri nodi di questa normativa non riguardano la entità delle sanzioni e delle aggravanti ma la sua farraginosità, la formulazione di molti precetti basati su obblighi solo formali, la mancanza di coordinamento e, soprattutto, la inadeguatezza dell’apparato di controllo. A che serve inasprire le sanzioni di una normativa che, nella stragrande maggioranza dei casi, non viene applicata o, al massimo, viene controllata solo con riferimento ad obblighi formali?
E allora questo inasprimento può certamente essere utile come «merito politico» ma ben poco serve per una reale tutela dell’ambiente.
1 L. 9 ottobre 2023, n. 137, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché' in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione (in G.U. 9 ottobre 2023, n. 236); Testo coordinato del decreto legge 10 agosto 2023, n. 105, Testo del decreto legge 10 agosto 2023, n. 105 (in Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 186 del 10 agosto 2023), coordinato con la legge di conversione 9 ottobre 2023, n. 137, recante: «Disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione.», ivi. I testi sono reperibili in www.osservatorioagromafie.it.
2 Cfr. per tutte Cass. Sez. III Pen. 26 agosto 2019, n. 36405, P.M. in proc. A., in www.osservatorioagromafie.it, ove la Suprema Corte ha affermato che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 318 bis e ss. d.lgs. n. 152/2006 si applica tanto alle condotte esaurite - come tali prive di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore - quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso. In dottrina, si rinvia anche per approfondimenti e richiami, al nostro Legge ecoreati. La Cassazione riscrive le condizioni per la estinzione delle contravvenzioni ambientali in Dir. giur. agr. al. amb., 2020, 2; e, da ultimo, al nostro Diritto penale ambientale, Pisa, 2022, 218 e ss.
3 Amplius anche per richiami, cfr. Vita, La procedura estintiva dei reati contravvenzionali del d.lgs. 152/2006 introdotta dalla l. n. 68/2015: analisi e riflessioni, in www.osservatorioagromafie.it, 2016.
4 Sanzioni pecuniarie amministrative minori sono previste se l’abbandono riguarda rifiuti di prodotti da fumo o rifiuti piccolissimi (artt. 232 bis, 232 ter e 256, comma 1 bis)
5 Cass. Sez. III Pen. 14 aprile 2021, n. 13817, Pascariello, in www.osservatorioagromafie.it. In dottrina, anche per richiami, ci permettiamo rinviare al nostro Diritto penale ambientale, cit., 168 e ss.