TAR Lombardia (BS) Sez. II n. 7 del 4 gennaio 2022           
Ambiente in genere. Ambito della legittimazione ad impugnare atti amministrativi delle associazioni ambientaliste di livello nazionale

La legittimazione ad impugnare atti amministrativi riconosciuta in capo alle associazioni ambientaliste di livello nazionale, derivante dal combinato disposto degli artt. 18, comma 5 e 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, non deve intendersi limitata ad atti strettamente attinenti alla materia ambientale, ma deve ritenersi estensa a tutti gli atti di rilevanza urbanistica di tipo pianificatorio e autorizzatorio, ogni volta che essi involgano profili di lesione dell’ambiente


Pubblicato il 04/01/2022

N. 00007/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00014/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Legambiente - Associazione di Promozione Sociale - Aps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Emanuela Beacco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Iseo, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Gorlani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e per il Turismo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati ex lege in Brescia, presso gli Uffici della stessa, via S. Caterina, 6;

nei confronti

Sviluppo 4.O S.r.l., Immobiliarevi S.r.l., Immobiliare Arena S.r.l., Torbiere del Sebino, non costituiti in giudizio;
Lidl Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Cesare Righetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

per quanto attiene al ricorso introduttivo:

- della Delibera di Giunta Comunale n. 156 del 9 ottobre 2020, con la quale il Comune di Iseo ha approvato, previa disamina delle controdeduzioni, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della LR 12/2005 e s.m., il Piano Attuativo per la costruzione di un nuovo edificio commerciale destinato a media struttura di vendita, proposto dalla SVILUPPO 4.0 S.r.l. e pubblicata all’Albo Pretorio per 15 gg consecutivi dal giorno 14.10.2020 al 29.10.2020;

- della Delibera di Giunta Comunale n. 93 del 16.7.2020 di adozione del Piano Attuativo citato;

- per quanto occorra, della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 del 27.6.2019, recante l’interpretazione autentica dell’art. 5 lett. e) delle NTA del Piano delle Regole;

- dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004 prot. 16.7.2020, allo stato non nota;

- di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non noto ivi inclusi gli elaborati allegati, la convenzione urbanistica nelle more stipulata e i titoli abilitativi eventualmente rilasciati;

per quanto attiene al primo ricorso per motivi aggiunti:

- del Permesso di Costruire n. 6/2021 del 12 febbraio 2021, rilasciato dall’Amministrazione comunale a Lidl Italia s.r.l., allo stato non noto;

- dell’autorizzazione, ove rilasciata, per l’apertura al pubblico di media struttura di vendita;

- di tutti gli atti del procedimento e di quelli presupposti, connessi e consequenziali, non conosciuti;

per quanto attiene al secondo ricorso per motivi aggiunti:

- del parere “di interpretazione relativa a un’area di potenziale interferenza sul SIC”, rilasciato dall’Ente Torbiere il 23.1.2021 e conosciuto dalla ricorrente in seguito al suo deposito in giudizio il giorno 29 marzo 2021;

per quanto attiene al terzo ricorso per motivi aggiunti:

- dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai sensi dell’art. 146 del dl.vo 42/2004 prot. 16.7.2020 e dei pareri della commissione del paesaggio del 17 marzo 2020 e del 6 aprile 2020 già gravati con il ricorso introduttivo;

per quanto attiene al quarto ricorso per motivi aggiunti:

- del Permesso di Costruire n. 6/2021 del 12 febbraio 2021, rilasciato dall’Amministrazione comunale a Lidl Italia s.r.l. e dell’autorizzazione per l’apertura al pubblico di media struttura di vendita, entrambe già impugnate con il primo ricorso per motivi aggiunti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Iseo, della società Lidl Italia S.r.l. e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia e di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e per il Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 la dott.ssa Mara Bertagnolli e lette le note d’udienza con cui le parti hanno chiesto che la controversia fosse trattenuta in decisione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’associazione ricorrente ha impugnato gli atti relativi all’approvazione del piano attuativo promosso dalla controinteressata, sostenendo la propria legittimazione ad agire in ragione della contestazione delle omesse valutazioni di carattere ambientale (VAS- VINCA- Autorizzazione paesaggistica), ma anche del coinvolgimento di aspetti urbanistici, ivi inclusa la contestazione della monetizzazione delle aree a standard, la cui tutela rientrerebbe nella missione della stessa.

Avverso gli atti censurati parte ricorrente ha dedotto:

1.1. Violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 92/43/CEE c.c. “Direttiva Habitat” e della Direttiva 79/409/CE, c.d. “direttiva Uccelli Selvatici” (come abrogata e ricodificata dalla più recente direttiva 2009/147/CE), nonché del DPR 357/97 di recepimento e attuazione della prima e dell’art. 42 lett. a) e b) delle NTA del PdR per omessa acquisizione del parere vincolante dell’Ente Riserva delle Torbiere. Violazione dei principi di precauzione e prevenzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Contraddittorietà manifesta. In base alle direttive richiamate, per tutti i progetti che, come quello di cui al piano attuativo in questione, ricadano in prossimità del sito di interesse da esse tutelato, il progetto dovrebbe essere sempre assoggettato a VIC o Vinca. In linea con tale principio si porrebbe anche l’art. 42b delle NTA del Piano delle regole che, nella fattispecie, sarebbe stato violato, non essendo stato richiesto il parere del comitato tecnico scientifico per valutare potenziali effetti delle immissioni di acque superficiali nel SIC. Inoltre, ai sensi dell’art. 5 lett. e) delle NTA del PGT, il piano attuativo avrebbe dovuto essere sottoposto a VAS e VIC essendo illegittima l’interpretazione autentica di tale disposizione di cui alla deliberazione del luglio 2019. Il Comune, infatti, approvando il PGT che imponeva la valutazione ambientale per ogni piano attuativo, si sarebbe autovincolato e comunque, alla luce del diritto comunitario, che impone il rispetto dei principi di precauzione e prevenzione, sarebbe illegittimo un atto che stabilisse - in via generale ed astratta e senza alcuna effettiva verifica - che un piano non abbia alcuna incidenza sul sito quando l’amministrazione lo qualifichi come conforme al PGT;

1.2. Violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 42/2001/CE, del d. lgs. 152/2006, della L.R. 12/2005, degli artt. 10 e 13 della l.r. 12/2005, nonché degli artt. 1 e 5 delle NTA del Piano delle Regole del PGT del Comune di Iseo. Con tale censura Legambiente ripropone la questione della violazione dell’obbligo di sottoporre l’approvazione del piano attuativo a VAS, come già più sopra ricordata;

1.3. Violazione e/o falsa applicazione della L. 1150/1942 e dell’art. 14, comma 1 della L.R. n. 12/2005 e degli artt. 3, 6, 33 e 5 della NTA del PdR. Secondo parte ricorrente, l’art. 33 delle NTA non ammetterebbe nella zona interessata la realizzazione di medie strutture di vendita, con la conseguenza che il piano attuativo dovrebbe essere considerato come adottato in variante e, dunque, a maggior ragione si sarebbe resa necessaria la valutazione dell’impatto sull’ambiente;

1.4. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 5 e 33 delle NTA del Piano delle Regole: verifica del rapporto di permeabilità. Secondo parte ricorrente la superficie scoperta e drenante non potrebbe essere adibita a posto macchina e, dunque, l’aver considerato come drenante i 681 mq coperti da asfalto drenante e destinati a parcheggio avrebbe violato l’art. 3.2.3 del Regolamento Locale di Igiene;

1.5. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del Piano dei Servizi e dell’art. 16 delle NTA del Piano delle Regole. Secondo la L.R. 6/2010, “Ogni nuovo esercizio pertanto dovrà dotarsi di una apposita area a verde e parcheggio non inferiore al 150% della superficie lorda di pavimento per le medie strutture di vendita”. In ragione di ciò il piano avrebbe dovuto prevedere standard minimi per almeno 1507,50 mq, mentre ne ha previsti solo 905, di fatto ricorrendo a una monetizzazione degli standard che avrebbe frustrato la garanzia del raggiungimento degli standard minimi;

1.6. Eccesso di potere per perplessità e difetto di istruttoria in ragione della mancata valutazione dell’impatto del nuovo insediamento su traffico e viabilità.

Con il primo ricorso per motivi aggiunti Legambiente ha impugnato il Permesso di costruire, medio tempore rilasciato a Lidl Italia s.r.l., integrando il contraddittorio nei confronti di quest’ultima società: essa, oltre a riproporre i motivi di ricorso già dedotti con il ricorso introduttivo, ha anche lamentato il silenzio diniego sull’istanza di accesso agli atti ex art. 116 c.p.a., deducendo:

2.1. Invalidità derivata da quella degli atti impugnati con il ricorso introduttivo;

2.2. Violazione dell’art. 25 della legge n. 241/90 con riferimento all’accesso agli atti esercitato in relazione all’estrazione di copia dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata, ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004, alla Sviluppo 4.O S.r.l (corredato di tutta la relativa documentazione, ivi incluso il parere della Soprintendenza, e le note intercorse tra il Comune e l’ente ministeriale) e non consentito alla ricorrente nonostante il decorso del termine di trenta giorni dalla formulazione della richiesta in data 1 febbraio 2021. Parte ricorrente ha, quindi, chiesto la condanna del Comune al rilascio di copia degli atti suddetti.

Si è costituita in giudizio Lidl Italia s.r.l., chiarendo, preliminarmente, come l’area interessata sia un lotto residuo di un piano di lottizzazione già interamente eseguito e, dunque, completamente urbanizzato, sullo sfruttamento del quale il Comitato Tecnico Scientifico della Riserva Naturale delle Torbiere si è in effetti già espresso con parere prot. 94/2021 del 23 gennaio 2021, nel quale ha reso la valutazione di propria competenza, ritenendo che l’intervento non devesse essere assoggettato a specifica nuova V.I.C., in quanto già oggetto di valutazione nell’ambito della V.A.S. relativa all’approvazione del PGT.

Nel merito, sono state chiarite le ragioni dell’infondatezza del ricorso e dei successivi motivi aggiunti.

Il Comune, invece, dopo la costituzione formale e prima di entrare nel merito delle singole censure, ha chiarito come la monetizzazione di standard sia stata ritenuta opportuna in ragione del fatto che la completa cessione delle stesse non sarebbe stata perseguibile senza una eccesiva penalizzazione della potenzialità edificatoria assegnata dal vigente PGT al terreno oggetto del piano attuativo, di cui già si prevedeva una riduzione della SLP da mq. 2.894,13 a mq. 2010,00. In ogni caso, sin dalla lottizzazione del 2004, il lotto oggetto dell’odierno Piano ha già ceduto parcheggi per 864 mq. e reperito aree verdi per mq. 177 e la zona è già ampiamente dotata di aree a parcheggio, con la conseguenza che il Comune ha ritenuto rispondente all’interesse pubblico monetizzare parte delle aree a standard, così da reperire risorse economiche per realizzare interventi previsti nel Piano dei Servizi.

Esso ha, quindi, dato conto di come sia stata pienamente soddisfatta la richiesta di accesso agli atti (datata 1 febbraio 2021) sin dall’11 marzo 2021 e, dunque, prima del deposito del ricorso per motivi aggiunti presumibilmente notificato lo stesso giorno. Il ritardo nell’adempimento sarebbe dovuto alle numerose richieste e al periodo pandemico.

Ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti in ragione del fatto che l’interesse a ricorrere correlato alla tutela del bene ambientale sarebbe escluso dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Ha, quindi, insistito per l’infondatezza del ricorso introduttivo e di quello per motivi aggiunti.

Dopo il rigetto della misura cautelare, parte ricorrente ha proposto un nuovo ricorso per motivi aggiunti avverso il parere dell’Ente di gestione della riserva naturale “Torbiere del Sebino”, espresso il 23 gennaio 2021 e conosciuto solo a seguito del suo deposito in giudizio il giorno 29 marzo 2021.

Secondo Legambiente tale parere sarebbe illegittimo, in quanto:

3.1. adottato in violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 92/43/CEE c.d. “Direttiva Habitat”; della Direttiva 79/409/CE, c.d. “direttiva Uccelli Selvatici”; del DPR 357/97 di recepimento e attuazione della direttiva 92/43/CEE. Violazione dei principi di precauzione e prevenzione. L’ente preposto, infatti, avrebbe escluso, nella fattispecie, la necessità della VIncA senza tenere conto che “aver assolto alla VIncA di un Piano/Programma in ambito VAS non determina la possibilità di disapplicare la VIncA relativamente ai progetti e alle opere eseguite in attuazione dei detti Piani e Programmi” (così l’ultimo capoverso di pag. 5 del secondo ricorso per motivi aggiunti). A sostegno della tesi, parte ricorrente richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui non sarebbero consentite liste di esclusioni aprioristiche dalla VIncA, che dovrebbero essere di volta in volta motivate, tenendo conto degli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000. Secondo parte ricorrente, dunque, “il Piano Attuativo avrebbe potuto essere approvato solo dopo aver acquisito il Parere obbligatorio e vincolante dell’Ente Torbiere, reso secondo la metodologia imposta dalla d.g.r. 15 ottobre 2004 n. 7/19018 «Procedure per l’ applicazione della valutazione di incidenza nelle Zone di Protezione Speciale 7 (ZPS) ai sensi della Direttiva 79/409/CEE, contestuale presa d’atto dell’avvenuta classificazione di 14 ZPS ed individuazione dei relativi soggetti gestori» (oggi sostituita dalla DGR del XI/4488 del 7 aprile 2021). Parere che includesse anche le eventuali misure di mitigazione e compensazione.” (così il secondo ricorso per motivi aggiunti nell’ultimo capoverso di pag. 6).

Dunque, il parere integrerebbe una sorta di autocertificazione di non incidenza, la quale sarebbe illegittima per violazione della Direttiva Habitat, che imporrebbe di effettuare uno studio di incidenza volto a verificare i principali effetti dell’intervento sull’ambiente. Il mero richiamo alla VAS sul PGT non potrebbe sostituire tale adempimento;

3.2 Violazione della Direttiva Habitat e dell’art. 42 lett. a) e b) delle NTA – Violazione dell’art. 5 delle NTA del Piano delle Regole ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nonché contraddittorietà manifesta. Secondo parte ricorrente l’art. 5 delle NTA del PGT avrebbe previsto la necessità dell’assoggettamento a VAS e VIC dell’approvazione di qualsiasi piano attuativo e, dunque, anche nel caso di specie, il piano avrebbe dovuto essere assoggettato a VIncA, anche in considerazione del fatto che l’area ricade nella classificazione “Aree principali di appoggio BS2” e cioè aree che presentano elementi di pregio naturalistico e habitat di interesse comunitario. Dunque, Legambiente sostiene che, nell’approvare il piano in questione, il Comune avrebbe di fatto operato una variante urbanistica, perché avrebbe previsto, in difformità dall’art. 5 delle NTA, di assoggettare a VIncA solo i piani adottati in variante al PGT e non anche tutti i piani attuativi e lo avrebbe fatto bypassando il giusto procedimento previsto a tal fine. Inoltre, sarebbe stato omesso lo “Studio specifico di incidenza” relativo ai profili connessi alle immissioni di acque superficiali nel S.I.C., che sarebbe, invece, stato necessario ai sensi dell’art. 42 b) delle NTA.

Dopo l’accoglimento dell’appello avverso l’ordinanza di questo Tribunale con cui è stata negata la tutela cautelare, parte ricorrente ha depositato un terzo ricorso per motivi aggiunti, deducendo, in relazione all’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004 prot. 16.7.2020 e dei pareri della commissione del paesaggio del 17 marzo 2020 e del 6 aprile 2020, già gravati con il ricorso introduttivo, ulteriori motivi di illegittimità individuati a seguito dell’integrale evasione dell’istanza di accesso, intervenuta il 31 maggio 2021.

Parte ricorrente ha, quindi, dedotto:

4.1. la violazione e/o falsa applicazione del d. lgs. 42/2004, nonché della D.g.r. 22 dicembre 2011 - n. IX/2727 “Criteri e procedure per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di beni paesaggistici in attuazione della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12.”, in quanto la Commissione del paesaggio, nei suoi due pareri, avrebbe rilevato altri aspetti che hanno comportato un adeguamento del progetto, ma non avrebbe operato alcun richiamo alle caratteristiche del contesto, alle motivazioni del vincolo, né esplicitato - neppure in modo sintetico- le ragioni di compatibilità.

Legambiente ha, successivamente, depositato un quarto ricorso per motivi aggiunti, avverso il Permesso di Costruire n. 6/2021 del 12 febbraio 2021, rilasciato dall’Amministrazione comunale a Lidl Italia s.r.l. e l’autorizzazione per l’apertura al pubblico di una media struttura di vendita, per vizi individuati a seguito dell’accesso agli atti consentito a Legambiente solo il 13 luglio 2021 (in esito a PEC di richiesta in tal senso del 29 giugno 2021).

Entrambi gli atti sarebbe affetti da:

5.1. violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 92/43/CEE c.c. “Direttiva Habitat” relativa alla conservazione degli habitat naturali e della Direttiva 79/409/CE, c.d. “direttiva Uccelli Selvatici” (come abrogata e ricodificata dalla più recente dalla 2009/147/CE) per la protezione e la tutela dell’avifauna, nonché del DPR 357/97 e dei principi di precauzione e prevenzione, in quanto anche essi sarebbero stati adottati in assenza di valutazione di incidenza prescritta dal DPR 357/1997;

5.2. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 5 e 33 delle NTA del Piano delle Regole per mancata verifica del rapporto di permeabilità, in quanto, come già dedotto nel ricorso introduttivo, non potrebbe essere considerata, al fine del rispetto del limite imposto del 30 % della superficie filtrante/permeabile, l’asfalto drenante della viabilità interna. Anche i parcheggi sarebbero stati erroneamente conteggiati al 100 %, laddove avrebbero dovuto essere considerati al 50 %. E la situazione non è superata dalla relazione di Invarianza Idraulica, che prevede interventi di mitigazione idraulica che non risultano nel progetto;

5.3. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del PdS e dell’art. 16 delle NTA del PdR. La censura ripropone esattamente le doglianze che già hanno formato oggetto della censura sub. 1.5., salvo precisare che la monetizzazione sarebbe comunque sfavorevolmente valutata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che sottolinea lo stretto rapporto tra intervento edilizio e localizzazione dello standard, necessario per garantire la funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (Cons. Stato, 644/2013).

Il Comune, nella propria memoria difensiva, depositata in vista dell’udienza pubblica ha, in primo luogo, rinunciato ai termini a difesa con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, così da poter prontamente addivenire alla pronuncia definitiva sulla vicenda.

Quindi ha insistito per la declaratoria di improcedibilità del ricorso avverso il silenzio sulla domanda di accesso agli atti (soddisfatta solo con qualche giorno di ritardo) e per il rigetto del ricorso introduttivo e degli altri ricorsi per motivi aggiunti.

Analogamente, anche la controinteressata, nel sostenere l’infondatezza del ricorso introduttivo e dei successivi motivi aggiunti, ha rinunciato ai termini a difesa rispetto al quarto di essi.

Tutte le parti hanno ribadito le proprie tesi nelle memorie difensive e di replica.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2021, la causa su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame Legambiente censura la legittimità del Piano attuativo approvato dal Comune di Iseo, sulla scorta del quale sono stati poi rilasciati il parimenti impugnato permesso di costruire e la conseguente autorizzazione all’apertura di una media struttura di vendita, che hanno consentito alla Lidl Italia s.r.l. l’apertura del proprio punto vendita. Tutto ciò partendo dalla preliminare impugnazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del 27 giugno 2020, con cui è stata data un’interpretazione autentica dell’art. 5 delle NTA, in ragione della quale l’approvazione del piano attuativo non richiede una specifica VIC o VAS ogni volta che le sue previsioni siano conformi a quelle contenute nel PGT già assoggettato a VAS.

Preliminarmente all’esame delle censure dedotte, però, è necessario, in primo luogo, dare conto dell’improcedibilità del ricorso avverso il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accesso agli atti formulata dalla ricorrente, in quanto è incontestato che, ancorché con alcuni giorni di ritardo, il Comune abbia soddisfatto la richiesta.

Inoltre, deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’intero gravame per carenza della legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente.

La legittimazione ad impugnare atti amministrativi riconosciuta in capo alle associazioni ambientaliste di livello nazionale, derivante dal combinato disposto degli artt. 18, comma 5 e 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, non deve intendersi limitata ad atti strettamente attinenti alla materia ambientale, ma deve ritenersi estensa a tutti gli atti di rilevanza urbanistica di tipo pianificatorio e autorizzatorio, ogni volta che essi involgano profili di lesione dell’ambiente (cfr. Cons. Stato, sentenza n. 839/2015 e TAR Lombardia, sentenza n. 2491/2020). Può, quindi, ravvisarsi la sussistenza delle condizioni dell’azione.

Passando all’esame del merito della controversia, il ricorso risulta infondato nella parte in cui tende a escludere la legittimità della deliberazione con cui è stata fornita dal consiglio comunale l’interpretazione autentica dell’art. 5, lett. e) delle NTA del Piano delle Regole.

In effetti, il comma 2 ter dell’articolo 4 della L.R. 12/2005 recita: “Nella VAS del documento di piano, per ciascuno degli ambiti di trasformazione individuati nello stesso, previa analisi degli effetti sull’ambiente, è definito l’assoggettamento o meno ad ulteriori valutazioni in sede di piano attuativo. Nei casi in cui lo strumento attuativo del piano di governo del territorio (PGT) comporti variante, la VAS e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono già stati oggetto di valutazione.”.

E’ sulla scorta di tale previsione normativa che il Consiglio comunale, con la deliberazione 27 giugno 2019, ha chiarito che l’art. 5 lettera e) delle norme di attuazione del PGT, il quale impone l’assoggettamento dei piani attuativi a VAS e VIC deve intendersi come applicabile nei soli casi in cui tali strumenti rechino contenuti in deroga alle previsione del PGT. Risulta, infatti, logico e razionale non sottoporre nuovamente a VAS o VIC previsioni che già lo sono state nell’ambito della VAS generale, effettuata in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale e limitare tale assoggettamento, oltre che ai contenuti che non sono stati esaminati perché non previsti nel PGT, agli strumenti attuativi relativi a ambiti per cui in sede di VAS era stata evidenziata la necessità di ulteriori valutazioni.

Contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, dunque, nella fattispecie non vi è stata alcuna generale e estratta esclusione della valutazione dell’incidenza dell’uso del territorio sui vincoli ambientali, ma l’eliminazione di ridondanti procedure di verifica (apparentemente necessarie in base alla normativa previgente, ma eliminate espressamente dall’art. 5 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 e dalla legge regionale n. 4 del 13 marzo 2012, entrambe entrate in vigore prima dell’approvazione del piano nel settembre 2012) posto che già le previsioni del PGT hanno formato oggetto di VAS, con la conseguenza che le previsioni di utilizzo conformi al PGT non necessitano di ulteriori valutazioni, se non espressamente previste proprio in sede di VAS del PGT. Ciò nel pieno rispetto del principio espresso nella sentenza del Consiglio di Stato, richiamata dalla stessa parte ricorrente, n. 4974 del 7.8.2020, nella quale si legge che: “La VAS infatti può ritenersi non necessaria solo qualora il piano attuativo sia sostanzialmente riproduttivo delle previsioni della pianificazione sovraordinata”: circostanza, questa, il cui ricorrere non è contestato da Legambiente.

Quest’ultima, del resto, nemmeno ha indicato in base a quale norma l’approvazione di un piano attuativo e il successivo rilascio del permesso di costruire, in conformità alle previsioni del PGT, dovrebbero comunque essere assoggettati a una nuova VAS o VIC, anche laddove in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale – intervenuta dopo l’entrata in vigore della novella che l’ha limitata a tali ipotesi - non siano stati rilevati elementi di criticità necessitanti di ulteriore approfondimento nella successiva fase di attuazione della scelta urbanistica.

Né può condividersi la tesi di parte ricorrente secondo cui l’approvazione di tale deliberazione da parte del Consiglio comunale integrerebbe una variante al PGT adottata al di fuori delle ordinarie regole procedimentali. Per quanto più sopra rappresentato, infatti, il Consiglio comunale ha fornito un’interpretazione autentica dell’art. 5 delle NTA, conforme alla norma di riferimento e alla ratio della stessa e, dunque, non ha affatto introdotto una modifica alla originaria disciplina urbanistica.

Si può, quindi, prescindere dall’eccezione di inammissibilità della censura per tardività, attesa la sua infondatezza.

Anche le censure rivolte avverso l’approvazione del piano attuativo non meritano positivo apprezzamento, in particolare con riferimento a quanto dedotto con il primo motivo del ricorso principale, con il primo ricorso per motivi aggiunti (che deduce l’invalidità derivata del permesso di costruire da quella del piano attuativo), nel secondo ricorso per motivi aggiunti e nel primo motivo del quarto ricorso per motivi aggiunti, e cioè che il piano e il successivo permesso di costruire sarebbero stati illegittimamente adottati senza richiedere una VIC e senza assoggettare gli atti a una preventiva VAS nonostante il potenziale effetto negativo dell’edificazione sulle acque del vicino sito delle Torbiere.

Preliminarmente si deve dare atto di come la proprietà oggetto dell’intervento avversato ricada in zona D2 “Terziario–Commerciale consolidata e di completamento” per cui trova applicazione l’art. 33 delle NTA del Piano delle Regole del PGT vigente. L’area è altresì soggetta al vincolo proprio delle aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 d. lgs. 42/2004 (tant’è che è stata acquisita la necessaria autorizzazione paesistica), ma è esterna alla zona AS – Area sensibile, distando circa 400 mt dal confine del S.I.C. e 300 mt dalla fascia di sensibilità del S.I.C, ragione per cui non è stata sottoposta (così come chiarito nella risposta alle osservazioni) all’esame del Comitato Scientifico per lo studio di incidenza specifico previsto dall’art. 42.a delle NTA del Piano delle Regole, benché soggetta alla previsione dell’art. 42.b delle NTA dello stesso.

Tale articolo 42b, descrive l’areale di potenziale influenza sul S.I.C., prevedendo che è tale l’insieme dei bacini idorgrafici che immettono le acque superficiali nel S.I.C.. Proprio in ragione di ciò ogni progetto che ricada nell’ambito di tale aerale deve essere sottoposto all’esame del CTS per valutare la necessità di richiedere anche lo studio di incidenza specifico in relazione alla particolare immissione di acque superficiali nel SIC.

Nella fattispecie, però, il Comune ha ritenuto che il parere del CTS non fosse necessario in considerazione del fatto che il piano in questione non prevede immissioni in nessun corso d’acqua, non modifica il RIM e, comunque, a seguito dell’entrata in vigore della normativa sull’invarianza idraulica, i proponenti hanno previsto la realizzazione di una vasca di raccolta delle acque meteoriche, garantendo l’accumulo delle stesse anche in caso di abbondanti piogge e un trattamento di disoleazione delle acque bianche prima della loro immissione in fognatura.

Dunque, considerato che nell’approvazione del PGT non è stata prevista, in relazione all’area di trasformazione in questione, la necessità di assoggettare l’approvazione del piano attuativo a una valutazione di incidenza successiva, il piano attuativo risulta essere stato legittimamente adottato senza esperire preventivamente una VIC o una VAS che sarebbero andate a nuovamente valutare profili già sottoposti a verifica ambientale in sede di approvazione del PGT, non essendo stato fornito alcun principio di prova che siano state adottate soluzioni non conformi alla previsione del PGT e comportanti l’esame di nuovi e ulteriori profili ambientali che non avessero già formato oggetto di verifica in tale sede.

Tanto più che, come già anticipato, l’area in questione dista 400 mt dal confine del S.I.C. e 300 mt dalla fascia di sensibilità del S.I.C. e parte ricorrente non ha indicato come il piano e il progetto, pur non ricadendo nell’area Natura 2000, potrebbero avere un’incidenza negativa sull’ambiente tutelato, presentando una probabilità o un rischio di ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati (condizioni cui la richiamata, da parte ricorrente, sentenza n. 1970 del TAR Campania, Napoli, fa esplicito richiamo come presupposti perché possa ritenersi necessaria la VIC).

Ne deriva il rigetto anche del secondo ricorso per motivi aggiunti, volto a censurare la legittimità del parere espresso dall’Ente per la Gestione della Riserva Naturale “Torbiere del Sebino”, avendo in tale sede controparte riproposto in toto le argomentazioni spese nel ricorso introduttivo, censurando la violazione della “Direttiva Habitat” e della “Direttiva Uccelli Selvatici”, nonché il difetto di motivazione e la violazione dell’art. 5 delle NTA. Violazioni che, per tutto quanto sopra, sono state tutte escluse.

Quanto alla pretesa incompatibilità della media struttura di vendita con la normativa di piano, nella fattispecie trova applicazione l’art. 33 delle NTA del Piano delle Regole, che, attraverso i richiami in esso contenuti (in particolare all’art. 6, comma 5 lettera B) delle NTA del Piano delle Regole), ammette, in corrispondenza della destinazione urbanistica D2 di completamento, anche “attrezzature per la grande distribuzione e il commercio all’ingrosso”. Ciò fa sistema con l’art. 16, disciplinante gli esercizi commerciali, che ammette espressamente medie strutture di vendita, fino a 1500 mq, nelle zone “D”.

A tale conclusione si addiviene considerando che l’art. 33 fa riferimento alla possibilità di realizzare, nella zona D2, quale destinazione principale, “attrezzature terziarie e di servizio sub A), B), C) e D)”, le quali sono descritte al punto 5 dell’art. 6 (che definisce le diverse destinazioni d’uso possibili), distinguendo in diverse sottovoci, individuate con le lettere da A a D, tutte e quattro richiamate nell’individuare le tipologie ammissibili. Nella lettera A) rientrano gli esercizi commerciali con slp inferiore a 400 mq e superficie di vendita inferiore a 250 mq, mentre, alla successiva lettera B), anch’essa, come già detto, richiamata dall’art. 33, sono indicati anche “uffici, attrezzature espositive, paracommerciali e commerciali al dettaglio di superficie superiore a mq 400 di Slp” e “attrezzature per la grande distribuzione e il commercio all’ingrosso”. La lettura del combinato disposto delle disposizioni regolamentari citate, che chiariscono come nella zona “D2 – terziario – commerciale consolidata e di completamento”, siano ammesse anche le medie strutture di vendita, appare, dunque, perfettamente lineare, mentre risulta forzata e irrazionale quella proposta da parte ricorrente, secondo cui nella fattispecie bisognerebbe fare riferimento solo alle strutture ammesse dalla lettera A), in quanto la lettera B) ammetterebbe strutture con slp superiore a 400 mq solo se destinate all’esposizione, ma non alla vendita. Ciò risulta essere frutto di una ricostruzione della norma che non solo non risulta essere razionale e logica, ma nemmeno sostenibile da un punto di vista letterale.

Del resto, anche l’art. 16 delle NTA riconosce espressamente la compatibilità con la zona D delle medie strutture con superficie di vendita sino a mq. 1.500.

Risulta, dunque, infondato anche quanto dedotto, in termini del tutto analoghi, con la seconda censura del quarto ricorso per motivi aggiunti.

Né miglior sorte può essere riservata alla quarta censura di cui al ricorso introduttivo, riproposta in termini identici, ancorché con riferimento al permesso di costruire, nella terza censura del quarto ricorso per motivi aggiunti, entrambe riferite alla pretesa violazione del rapporto di permeabilità imposto dall’art. 33 delle NTA in misura pari al 30 % della superficie di piano.

A tale proposito si deve dare conto che, secondo l’art. 3 delle NTA, il rapporto di permeabilità (Rp) è il rapporto tra la superficie permeabile e la superficie fondiaria o territoriale e individua la superficie minima permeabile che deve risultare al termine di qualsiasi intervento. In altre parole, è la superficie territoriale o fondiaria priva di pavimentazione o di altri manufatti permanenti, entro o fuori terra, che impediscano alle acque meteoriche di raggiungere naturalmente la falda acquifera.

Invero, come riconosciuto nella sentenza TAR Brescia 120/2004, l’utilizzo di materiale drenante è idoneo al rispetto della norma, a condizione che, cosa che non è accaduta nella fattispecie in esame, parte ricorrente non abbia specificamente censurato la capacità drenante del materiale di cui è stato previsto l’utilizzo.

In ogni caso, nella fattispecie ha trovato applicazione quanto previsto dal regolamento n. 7 del 2017, adottato dalla Regione Lombardia per definire le modalità per il conseguimento dell’invarianza idraulica in relazione a una trasformazione dell’uso del suolo.

In tale regolamento è stato espressamente previsto che gli interventi soggetti a permesso di costruire debbono essere corredati di un progetto di invarianza idraulica, che deve essere allegato alla domanda.

Progetto che è stato presentato anche nella fattispecie e le cui risultanze, sul piano tecnico, non sono state censurate se non con riferimenti del tutto generici.

L’avversato piano e il conseguente permesso di costruire risultano, dunque, essere conformi alla norma, considerata la superficie a verde profondo (computata al 100 %), quella pavimentata con asfalto drenante (computata al 50 %) e i parcheggi con massetti drenanti (computata al 100 %). Tanto più che a tal fine andrebbero computati anche i 177 mq di superficie drenante destinata a verde dal precedente Piano attuativo che ha interessato il lotto nel 2006. Deve, inoltre, considerarsi che, per l’attuazione del principio dell’invarianza, il progetto prevede anche la realizzazione di una vasca di raccolta delle acque che il comitato scientifico ha ritenuto idonea a garantire l’esclusione di effetti deleteri delle acque sulle torbiere protette. Inoltre, il soggetto attuatore si è anche obbligato a una riqualificazione del parcheggio pubblico posto in fregio a viale Europa, sostituendo l’asfalto ordinario dei parcheggi esistenti con uno drenante.

Dunque, il Comune resistente ha dimostrato che, anche volendo computare i parcheggi drenanti al 50 %, sommando i mq 384 di verde profondo, ai mq 319 dei park drenanti (618 x 50%), ai mq 340.50 di asfalto drenante, ai mq 177 del precedente Piano, ad almeno 150 mq corrispondenti alla riqualificazione del parcheggio in fregio a Viale Europa, e, infine, alla capacità della vasca drenante, si ottiene una superficie drenante nettamente maggiore dei mq 1.240,34, tale per cui le esigenze di invarianza idraulica debbono ritenersi garantite. A nulla rileva il fatto che nessuna norma indichi la rilevanza della vasca di accumulo, in quanto essa è implicita, nel calcolo della invarianza idraulica, essendo la sua realizzazione strumentale proprio ad essa e a compensare l’effetto impermeabilizzante dell’intervento.

Parimenti dimostrato risulta essere il rispetto dell’art. 16 delle NTA, che impone che ogni nuovo esercizio deve dotarsi di un’apposita area a verde e a parcheggio specificando che, per le medie strutture di vendita, tale area non deve essere inferiore al 150% della SLP, di cui il 50 % a parcheggi e la cui violazione è censurata con il quinto motivo del ricorso introduttivo e con il terzo motivo del quarto ricorso per motivi aggiunti.

La tavola 6 di cui al progetto del Piano attuativo (depositata sub documento 21 da parte del Comune), dimostra come 905 mq siano destinati dal progetto approvato a parcheggio a uso pubblico e 627 mq a parcheggi pertinenziali (di cui 538 riservati ai clienti e 89 a carico e scarico merci), a disposizione del pubblico negli orari di apertura. La zona oggetto dell’intervento, però, è già corredata di un’area adibita a parcheggio pubblico e già ceduta all’ente pubblico (di mq. 864,48), collocata sul fronte lungo della costruzione, per cui la dotazione di parcheggi ceduti all’uso pubblico, pari a mq. 1769 mq è addirittura in eccedenza rispetto all’intero standard richiesto, quantificato da parte ricorrente in mq 1.507,50. Standard per il rispetto del quale, peraltro, non può trascurarsi la presenza anche dei parcheggi pertinenziali che, pur non essendo ceduti al Comune, assolvono alla funzione di garantire la disponibilità dei parcheggi ritenuti necessari.

Peraltro, proprio considerato che, al fine del computo del rispetto degli standard, la norma non impone la distinzione tra parcheggio pubblico e pertinenziale aperto al pubblico e valorizzato il fatto che 905 mq di parcheggi pubblici sono già realizzati e ceduti con il precedente Piano di lottizzazione approvato nel 2004 e di cui quello in questione rappresenta l’ultimo lotto non edificato, il Comune ha potuto legittimamente optare per la monetizzazione degli standard ulteriori (pari a 1.867.50 mq).

In altre parole, contrariamente a quanto sostenuto nelle memorie di parte ricorrente, il Comune non ha negato il collegamento tra il piano attuativo già realizzato e quello in questione, relativo all’ultimo lotto rimasto libero. Al contrario, il Comune, ha ritenuto che, essendo già soddisfatte le esigenze di avere aree destinate a standard (la cui cessione è già stata imposta dalla pianificazione di dettaglio del 2004 ed è già avvenuta in attuazione di tale pianificazione), le aree ipoteticamente destinate a soddisfare i relativi parametri, calcolate applicando all’approvazione del piano attuativo le regole ordinarie previste dal Regolamento, sarebbero comunque già disponibili. Pertanto, la particolarità della situazione - in cui non sarebbe stato necessario il ricorso a uno strumento urbanistico attuativo, ma sarebbe stato sufficiente un mero progetto di costruzione finalizzato al rilascio di un ordinario permesso di costruire, in quanto l’area risulta essere già ampiamente urbanizzata -, avrebbe reso inopportuna l’imposizione dell’obbligo di cessione di ulteriori aree ad uso pubblico oltre quelle già trasferite a seguito delle urbanizzazioni già presenti, giustificando, invece, una monetizzazione degli standard stessi. Ed è questa la ragione per cui il piano non è corredato da alcuna tavola riportante i criteri per la monetizzazione, non essendovi una rinuncia del Comune alla cessione della quantità di aree previste come destinate a uso pubblico, ma solo una rinuncia al trasferimento della proprietà di aree ad uso pubblico oltre a quelle già cedute e quelle previste in progetto nella misura di 905 mq di parcheggio e 242,50 mq di verde pubblico.

Il Collegio ritiene, quindi, che la normativa di riferimento sia stata rispettata, considerando che l’imposizione di nuovi e ulteriori standard, in un contesto già completamente urbanizzato, solo perché si è ritenuto di procedere all’approvazione di un piano attuativo laddove sarebbe stato, per la giurisprudenza, possibile richiedere un titolo edilizio semplice o tutt’al più un permesso di costruire convenzionato, avrebbe comportato la realizzazione di standard sovrabbondanti. Appare dunque immune dai vizi dedotti l’aver conteggiato anche ciò che era già stato ceduto nella lottizzazione già conclusa.

Tutto ciò considerato che la trasformazione del lotto in questione da area produttiva, come originariamente prevista, ad area commerciale non ha comportato il sorgere di un’esigenza di standard a parcheggio ex novo, ma solo una maggiorazione degli standard a disposizione.

Dunque, ritenuta soddisfatta l’esigenza di standard pubblici mediante l’acquisizione della proprietà di oltre 1700 mq, del tutto conforme all’interesse pubblico può ritenersi l’aver monetizzato gli ulteriori mq di standard necessari per l’impropria applicazione all’attuazione dell’ultimo lotto libero di un più ampio piano attuativo completamente realizzato e urbanizzato del parametro normalmente previsto per l’approvazione di un piano attuativo (il 50 % del 150 % della superficie lorda).

Deve essere ritenuto inammissibile il profilo, dedotto per la prima volta con il quarto ricorso per motivi aggiunti, nonostante il dato fosse già ben noto alla ricorrente, secondo cui i parcheggi pertinenziali sarebbero inferiori al minimo previsto dalla legge, in quanto in parte riservati a carico e scarico delle merci.

Quanto alla pretesa mancata valutazione dell’incidenza sul traffico, in disparte la mancata indicazione di quale norma sarebbe stata violata, in ogni caso non può trascurarsi che il piano di lottizzazione originario ha formato oggetto di apposita VAS che non ha evidenziato alcuna criticità al proposito.

Si tratta, peraltro, di valutazioni caratterizzate dall’ampia discrezionalità riservata alla potestà pianificatoria del Comune che, dunque, sarebbero censurabili solo laddove fosse dimostrata una loro evidente illogicità o irrazionalità, che, nel caso di specie non è stata provata.

Infine, deve essere dichiarato inammissibile il terzo ricorso per motivi aggiunti, atteso che esso ha a oggetto l’autorizzazione paesaggistica del 16 luglio 2020, che è stata regolarmente pubblicata all’albo pretorio dal 20 luglio al 4 agosto 2020. Ne deriva la tardività del ricorso, peraltro infondato, atteso che la mancata rilevazione di criticità ambientali non può significare l’omesso esame degli aspetti connessi alla tutela ambientale, ma solo l’implicita esclusione di profili rilevanti in termini di possibile incidenza negativa sull’ambiente.

In ragione di tutto ciò, le spese del giudizio non possono che seguire l’ordinaria regola della soccombenza, fatta salva la compensazione nei confronti dell’Amministrazione statale, la cui costituzione risulta essere meramente formale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara l’improcedibilità della domanda volta ad ottenere un accesso agli atti che, seppur con qualche giorno di ritardo, è stato garantito alla ricorrente;

- respinge il ricorso introduttivo, il primo, il secondo e il quarto ricorso per motivi aggiunti;

- dichiara inammissibile il terzo ricorso per motivi aggiunti;

- condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore dell’Amministrazione resistente, in misura pari a euro 3.000,00 (tremila/00) per ciascuna delle parti resistenti (per un totale di euro 6.000,00), oltre ad accessori di legge, se dovuti.

- compensa le spese nei confronti dell’Amministrazione statale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Bernardo Massari, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore