TAR Friuli VG Sez. I n. 294 del 29 settembre 2021
Ambiente in genere.Svolgimento della procedura di VAS
Riguardo al “momento” di svolgimento della procedura di VAS tale valutazione deve essere effettuata prima dell’approvazione del piano in quanto tale normativa ha individuato, quale unico limite temporale inderogabile per l’espletamento della valutazione ambientale, la data di approvazione e non di adozione; tanto che l’art. 11 cit., comma 5, ha dichiarato espressamente annullabili i provvedimenti di approvazione degli strumenti pianificatori, ove non siano stati preceduti dal subprocedimento in questione. La procedura di VAS - quale passaggio endo-procedimentale - non deve avvenire al momento dell'adozione del piano o programma. Invece, dovrà essere esperita prima del varo finale dello stesso, consistente nell'approvazione, affinché la verifica dell'incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stiano per divenire definitive. Atteso che la VAS è volta a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, sì da rendere compatibile l'attività antropica con le condizioni di sviluppo sostenibile e ad integrare le scelte discrezionali tipiche dei piani e dei programmi, è del tutto ragionevole che venga esperita primadell'approvazione del piano, piuttosto che alla data della adozione, per far sì che la verifica dell'incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stanno per divenire definitive.
Pubblicato il 29/09/2021
N. 00294/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00084/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 84 del 2021, proposto da
Nives Ceschia, Loris Minetto e Fabio Minetto, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato prof. Angelo Scavone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Daniele del Friuli, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ino Pupulin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Marinella Pischiutta, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Battista Campeis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ivo Ceschia, non costituito in giudizio;
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- della deliberazione di Consiglio comunale, n. 91 del 28 dicembre 2020, di approvazione del PAC denominato “Sottozona E7.10 – Azienda Agricola Pischiutta Marinella” e contestuale approvazione della Variante al PRGC n. 94, con Avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 3 del 20 gennaio 2021;
- dei presupposti, collegati e connessi atti: - della deliberazione consiliare di adozione del PAC, n. 6 del 28 gennaio 2020, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 10 del 4 marzo 2020 con i relativi allegati; - della deliberazione di Giunta n. 76 del 2020 (non conosciuta) che ha escluso l’approvazione del PAC dalla procedura di VAS; - della deliberazione consiliare n. 78 del 28 novembre 2020, di approvazione delle controdeduzioni alle osservazioni presentate dai ricorrenti contenute nell’allegata “Relazione tecnica di approvazione”; - di tutti gli atti istruttori a firma del Tecnico della richiedente, Dott. Ing. Fabio Ceschia, in quanto atti assunti a presupposto degli atti amministrativi impugnati con particolare ma non esclusivo riferimento a: - Relazione illustrativa preordinata all’approvazione del PAC; - Verifica di assoggettabilità a VAS; - Elaborato contenente il Dimensionamento e Norme Tecniche di Attuazione; - Relazione Paesaggistica; - Relazione esplicativa;
- di ogni altro atto anche non conosciuto, comunque collegato o connesso con quelli qui impugnati.
con conseguente
domanda di risarcimento dei danni tutti subiti e che si fa riserva di quantificare
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Daniele del Friuli e di Marinella Pischiutta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2021 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, comproprietari di un’abitazione con terreno circostante posta nelle immediate vicinanze degli stabilimenti nei quali la Azienda Agricola di cui è titolare la controinteressata esercita attività di allevamento industriale di bovini, contestano la legittimità, invocandone l’annullamento, della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di San Daniele del Friuli n. 91 del 28 dicembre 2020 di approvazione del PAC denominato “Sottozona E7.10 – Azienda Agricola Pischiutta Marinella” e della Variante al PRGC n. 94, nonché degli altri atti e provvedimenti in epigrafe compiutamente indicati.
Chiedono, inoltre, il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito e a causa dell’attività provvvedimentale che assumono illegittima, facendo riserva di loro successiva quantificazione.
Le domande azionate sono affidate ai seguenti motivi di diritto:
1.“Violazione dell’art. 38 delle NTA del P.U.R.G. - Violazione dell’art. 31 e dell’art. 31 bis del vigente P.R.G.C.. Violazione degli artt. 63 bis, 63 quater, 63 quinquies, 63 sexies, della l.r. n. 5 del 2007 (come successivamente inseriti e modificati) anche in combinato disposto con gli artt. 25 63 sexies della medesima l.r. n. 5 del 2007. Eccesso di potere per sviamento”, con cui lamentano, in estrema sintesi, che l’approvazione del Piano Attuativo opposto avrebbe disatteso e, anzi, sovvertito i livelli di pianificazione e, addirittura, quello regionale, peraltro senza il doveroso coinvolgimento della Regione, che avrebbe dovuto, per l’appunto, approvare la variante al PRGC contestualmente approvata.
2. “Eccesso di potere per sviamento, per falsità e difetto dei presupposti, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione. Violazione delle linee guida delle zone residenziali come richiamate nei pareri dell’A.A.S. citati nel ricorso. Irragionevolezza e illogicità manifeste”, con cui lamentano che mediante l’approvazione del PAC sarebbe stata perpetrata una sanatoria dell’abuso esistente (peraltro in assenza della doppia conformità urbanistica) e, comunque, assentito l’incremento della capacità produttiva dello stabilimento in violazione delle norme di legge. Denunciano, in particolare, la complessiva non conformità, sotto molteplici profili, dell’insediamento esistente rispetto alle norme urbanistiche in vigore, la conseguente illegittimità di un Piano Attuativo in variante che non ha accertato lo stato di fatto esistente ed è intervenuto con un intento sanante, palesemente inammissibile, il grave difetto di istruttoria, affidata sostanzialmente alle Relazioni asseverate del Tecnico di parte, non verificate dal Comune, il persistere delle illegittimità già evidenziate nei precedenti dinieghi, con evidente contraddittorietà dell’azione amministrativa e il mancato rispetto del numero massimo dei capi di bestiame allevabili che costituisce un fattore dirimente.
3. “Violazione degli artt. 6 e 12 del d.lgs n. 152/2006. Violazione dell’art. 63 sexies, comma 4, lr n. 5/ 2007. Violazione dell’art. 4, comma 3, della lr n. 16/2008. Difetto assoluto dei presupposti, difetto di istruttoria. difetto di motivazione. Sviamento”, con cui lamentano la violazione della normativa ambientale e paesaggistica.
Il Comune di San Daniele del Friuli, costituito, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione all’azione in capo ai ricorrenti, non avendo gli stessi offerto evidenza che lo strumento urbanistico impugnato sia idoneo ad incidere negativamente sul loro fondo, ma solo evidenziato la sussistenza della condizione della vicinitas, che parrebbe, peraltro, difettare dato che la loro abitazione è separata dall’azienda agricola della parte controinteressata non solo da una strada pubblica, via Borgo Ceschia, ma anche da fabbricati esterni all’ambito che ne schermano la visuale, sul lato opposto della stessa via. Non pare, comunque, ravvisabile alcun pregiudizio tale da radicare il loro interesse concreto e attuale a ricorrere dato che il PAC gravato mira ad un ammodernamento e razionalizzazione delle strutture esistenti con la dichiarata finalità di migliorare l’attuale situazione, i fabbricati aziendali si trovano ad una quota inferiore rispetto alla pubblica via e risultano di per sé difficilmente visibili all’esterno, anche per la presenza di una siepe di lauro alta circa due metri sul fronte strada, e si viene, inoltre, significativamente a ridurre il numero dei capi allevabili (136 rispetto ai 180 inizialmente richiesti). Ha, pertanto, affermato la piena legittimità dell’esistente e, per converso, evidenziato l’inconsistenza della prospettazione dei ricorrenti secondo cui il piano attuativo in esame sarebbe intervenuto “sostanzialmente a sanatoria”, atteso che l’allevamento della controinteressata si è insediato diversi decenni fa sulla scorta di un piano particolareggiato adottato con delibera consiliare n. 330 del 25.9.1987 ed approvato con successiva del 10.5.1988 n. 152, cui hanno fatto seguito una serie di titoli edilizi, coerenti con lo strumento attuativo, per la realizzazione delle strutture aziendali.
Ha, in ogni caso, diffusamente controdedotto nel merito alle avverse censure e concluso per la loro reiezione.
La parte controinteressata, del pari costituita, ha stigmatizzato l’iniziativa dei ricorrenti, in quanto, a suo dire, ennesimo tentativo di ostacolare la sua attività imprenditoriale. Ha sottolineato, inoltre, che, contrariamente a quanto opinato dai medesimi, l’allevamento del bestiame non c’entra nulla con il PAC che qui rileva, che ha ad oggetto solo ed esclusivamente la realizzazione di un ampliamento di una tettoria già esistente e la realizzazione di un ricovero attrezzi di dimensioni e superfice non superiori a quelli già esistenti che si andranno a demolire, nonché che confondono un progetto non realizzato con quello oggetto del PAC.
Ha rilevato, altresì, che i ricorrenti non hanno nemmeno allegato quale sarebbe il danno patrimoniale che asseritamente subirebbero dalla realizzazione di quanto previsto nel PAC, nonché eccepito l’inammissibilità dell’azione caducatoria dai medesimi proposta per difetto di interesse a ricorrere.
Ha, infine, contestato la fondatezza dei vizi di legittimità dai medesimi denunciati e concluso per la reiezione del ricorso.
I ricorrenti, con memoria di replica, hanno svolto argomentazioni a confutazione dei rilievi preliminari di rito sollevati dal Comune e delle controdeduzioni difensive dal medesimo svolte. Nulla hanno replicato alla controinteressata, ritenendo che si sia limitata a negare gli argomenti difensivi del ricorso.
In vista dell’udienza pubblica del 22 settembre 2021, fissata per la trattazione del gravame, tutte le parti hanno chiesto, con breve atto, che la causa passi in decisione sulla base delle difese già svolte.
Celebrata l’udienza, l’affare è stato, quindi, introitato.
Le censure svolte dai ricorrenti sono prive di apprezzabile pregio, motivo per cui il Collegio ritiene di prescindere dallo scrutinio delle preliminari eccezioni di rito sollevate dalle difese del Comune e della controinteressata.
Il provvedimento opposto passa, innanzitutto, indenne alle censure articolate dai ricorrenti col primo motivo di ricorso.
In difetto di diverse allegazioni da parte dei medesimi, non v’è, infatti, motivo di dubitare che la fattispecie oggetto di scrutinio rientri a pieno titolo nella previsione di cui all’art. 63-sexies, comma 1, lett. c), della l.r. 23 febbraio 2007, n. 5 [“Non coinvolgono il livello regionale di pianificazione ai sensi dell'articolo 63 bis le varianti allo strumento urbanistico comunale vigente dotato di piano struttura, qualora ne rispettino gli obiettivi e le strategie, né quelle allo strumento urbanistico comunale vigente non dotato di tale piano, qualora prevedano almeno una delle seguenti fattispecie: (…) c) le modifiche alle norme di attuazione, (…) senza incrementi dell'indice di edificabilità territoriale e fondiaria e del rapporto di copertura (…)”], che, ai sensi dell’art. 63-quater, comma 1, consente anche al PAC di apportare modifiche al PRGC (“… il PAC, il PRPC o altro strumento urbanistico attuativo comunque denominato ai sensi dell'articolo 25, può apportare modifiche al PRGC purché si rispettino le condizioni di cui all'articolo 63-sexies”).
Non v’è, invero, evidenza che la modifica alle NTE apportata con l’approvazione del PAC abbia alterato, in incremento, l'indice di edificabilità territoriale e fondiaria e il rapporto di copertura ovvero che sia tale da avere inciso sostanzialmente sulle previsioni del piano regolatore comunale generale, al punto da esigere, per l’approvazione, il rispetto della procedura delineata dall’art. 63-bis della l.r. citata ovvero il necessario coinvolgimento della Regione.
Contrariamente a quanto ritenuto ed enfatizzato dai ricorrenti, il comma 6 introdotto nell’articolo 31 delle NTA non mutua, peraltro, pedissequamente la disposizione di cui all’art. 63-quinquies, comma 6, lett. b), della l.r. citata.
Invero – al di là del fatto che tanto la rubrica dell’articolo da ultimo citato che la sua stessa formulazione letterale inducono a ritenere che nello stesso sono contenute disposizioni distinte, la cui concreta attuazione segue iter di approvazione diversificati [n.d.r. nella rubrica sono, invero, separate da un segno di interpunzione la previsione di “Norme transitorie per la formazione di strumenti urbanistici generali comunali e loro varianti di cui all'articolo 63-bis” da quella di “Disposizioni particolari in materia di insediamenti produttivi e commerciali e a tutela del suolo naturale” e la disciplina contenuta nei primi 5 commi appare, all’evidenza, diversa da quella contenuta nei commi 6 e 7 e, anzi, appalesare che il riferimento all’art. 63-bis riguarda solo la prima delle due, ove è fatto, per l’appunto, riferimento alle disposizioni dettate dall’articolo da ultimo citato e non, invece, quella che presenta tratti analoghi a quella introdotta nelle NTA che qui rileva nella parte in cui prevede che l’ampliamento (fermi restando i caratteri distintivi di cui si dirà qui di seguito) può avvenire “anche in deroga all'articolo 38 delle norme di attuazione del PURG e fino alla distanza minima di 200 metri o fino alla distanza minima degli immobili abitativi eventualmente preesistenti e non connessi all'attività al fine di garantire la conservazione o l'aumento della capacità produttiva secondo quanto previsto dalle leggi di settore”] - non può assolutamente sottacersi di evidenziare che le due norme assentono interventi sostanzialmente diversi: la norma attuativa comunale consente, infatti, l’ampliamento degli insediamenti zootecnici esistenti solo in termini di superficie coperta e precisa a chiare lettere che resta “fermo… il mantenimento della consistenza preesistente alla data di approvazione della variante”, nel mentre la norma di legge prevede un procedimento aggravato dalla (sola) previa necessaria acquisizione del parere favorevole dell'Azienda per i servizi sanitari per le varianti che comportano “l'ampliamento degli insediamenti zootecnici esistenti in termini di superficie coperta e consistenza”.
Nel caso specifico, nulla di quanto astrattamente assentito dalla norma di legge è stato approvato dal Comune di San Daniele di Friuli. Anzi, coerentemente e in puntuale rispetto di quanto stabilito dal parere prot. P 0018966/P del 19/04/2019 dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 3 (nel quale viene specificato il numero massimo di capi allevabili nelle strutture ubicate all’interno della Sottozona E7.10) è stato reiteratamente posto l’accento sul fatto che non verrà mai superato il numero di 136 capi allevabili all’interno dei ricoveri autorizzati in sottozona E7.10 e a questa condizione è stato approvato il PAC e la modifica alle NTA.
Sicché, non solo il rischio paventato dai ricorrenti è, allo stato, inesistente, ma è anche evidente che la “variante” approvata è sussumibile nella fattispecie astratta delineata dal legislatore e dallo stesso sottratta al coinvolgimento della Regione.
Il motivo va, quindi, disatteso.
Sorte analoga spetta al secondo motivo di impugnazione.
Invero - al di là di quanto già evidenziato ovvero sostanzialmente che conditio sine qua non del PAC e della variante al PRGC contestualmente approvati è il mantenimento della consistenza dell’insediamento zootecnico preesistente alla data di approvazione della variante (ovvero imprescindibilmente la consistenza di 136 capi che l’A.S.S. Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli ha individuato nel parere dianzi indicato quale numero massimo di capi che è possibile stabulare nel corpo A e nel corpo C del PAC) – non può trascurarsi di considerare quanto opportunamente osservato dalla difesa del Comune ovvero che “l’allevamento della controinteressata, secondo quanto si evince tanto dalla relazione esplicativa del PAC (doc. 1 undecies di ctp) che dalla istruttoria tecnica dell’ufficio (doc. 5 di ctp), si è insediato diversi decenni fa sulla scorta di un piano particolareggiato adottato con delibera consiliare n. 330 del 25.9.1987 ed approvato con successiva del 10.5.1988 n.152, cui hanno fatto seguito una serie di titoli edilizi, coerenti con lo strumento attuativo, per la realizzazione delle strutture aziendali. Elementi questi tutti che evidenziano la piena legittimità dell’esistente e l’inconsistenza quindi della prospettazione secondo cui il piano attuativo in esame sarebbe intervenuto <sostanzialmente a sanatoria>. La situazione in essere all’atto della sua approvazione era infatti esattamente rispondente a quella emergente dagli atti autorizzativi rilasciati, senza che mai vi fossero state al riguardo impugnazioni ma nemmeno segnalazioni di abusi o contestazioni di sorta. Nemmeno dai sopralluoghi eseguiti in passato dall’autorità sanitaria e dall’Arpa, più volte intervenute su input di controparte, era mai emerso alcun elemento ostativo alla prosecuzione dell’attività”.
Vero è, inoltre, che, da quanto emerge dalla piana lettura della relazione esplicativa del PAC, così come da ultimo revisionata nel mese di maggio 2019, lo stesso “concerne esclusivamente l’organizzazione funzionale del comparto per l’utilizzo produttivo agricolo e non riguarda alcun ampliamento dell’allevamento”, con l’espressa precisazione che “non sarà mai superato il numero di 136 capi allevabili all’interno dei ricoveri autorizzati” e che “al fine di migliorare le condizioni attuali dell’allevamento (…) e per cercare di limitare ulteriormente qualsiasi impatto sulle aree abitate nelle vicinanze, si prevede di ammodernare le strutture esistenti, ribadendo che NON SARA’ SUPERATO il numero massimo dei capi allevabili nei ricoveri attrezzati e SARANNO MANTENUTE le destinazioni d’uso autorizzate per i corpi di fabbrica, in particolare:
- L’attuale tettoia uso deposito attrezzi agricoli (Corpo E nella Tavola 2: Stato di Fatto) sarà ampliata (Corpo E+O nella Tavola 3: Zonizzazione) ma non sarà modificata nella sua destinazione d’uso autorizzata
- Verrà realizzata una nuova struttura destinata a deposito attrezzi/fienile in sostituzione delle strutture esistenti e in posizione più arretrata rispetto la pubblica via (quindi con minor impatto in quanto più distante dalle zone abitate rispetto alle attuali). La nuova struttura sarà costruita con le più moderne tecniche costruttive garantendo la massima sicurezza e il minimo impatto in termini di odori e polveri, migliorando ulteriormente quanto già riconosciuto adeguato da A.A.S. e ARPA.
- Nelle considerazioni/valutazioni dell’Azienda Sanitaria, al punto 4) vengono indicate le migliori tecniche, gestionali e di smaltimento degli effluenti da adottare per limitare diffusioni di odori nel corso dell’attività aziendale.
- L’Azienda Agricola intende proseguire la propria attività recependo queste indicazioni, adottando le tecniche nutrizionali e di gestione degli effluenti più adeguate e per limitare le emissioni diffuse in linea con quanto indicato nel parere A.A.S.
- Verranno condotte opportune azioni sull’alimentazione dei bovini, al fine di ridurre le escrezioni di nutrienti (azoto e sostanza organica) al minimo connaturato coi processi metabolici, consistenti in particolare nel: - bilanciare correttamente i nutrienti della nella dieta, in particolare nel rapporto tra azoto (proteina) e carbonio (energia), per massimizzare l’efficienza di utilizzazione di entrambe le frazioni; - razionare per fasi, con razioni diverse per l’accrescimento, l’ingrasso e il finissaggio; - evitare gli eccessi nel razionamento proteico in modo da ridurre l’azoto escreto nelle deiezioni;
- Verranno adottate tutte le strategie e tecniche per ridurre le emissioni di odori all’interno dei ricoveri bovini, in particolare: - Nell’ambito della stabulazione a lettiera, il letame accumulato verrà rimosso con frequenze almeno mensili, l’integrazione di materiale da lettiera avverrà con frequenza, regolarità e in quantitativi adeguati, il tutto al fine di mantenere la lettiera il più possibile asciutta e creare un letame strutturato, limitando la volatilizzazione dell’ammoniaca dalle superfici bagnate e la produzione di gas metano, protossido e odori. - I ventilatori per il controllo della temperatura, saranno sempre mantenuti in efficienza o sostituiti con altri più efficienti se necessario.
- Nel caso di interventi di manutenzione straordinaria/ristrutturazione delle stalle esistenti, il livello di coibentazione dei fabbricati sarà mantenuto o se possibile migliorato, al fine di garantire il minimo surriscaldamento estivo dell’edificio (con conseguente limitazione della diffusione di emissioni dai ricoveri).
- Verranno adottate le strategie più opportune nella gestione degli effluenti, in particolare: - la movimentazione degli effluenti avverrà solo in condizioni meteo climatiche ottimali (non con calma di vento o con venti verso l’abitato, non con temperature elevate, inversione termica o in orari serali o nel fine settimana quando la popolazione è presente maggiormente nelle abitazioni); - anche lo spargimento sui campi avverrà in condizioni meteo climatiche ottimali,
con eventuale interramento immediato; - a tale scopo, sarà sempre presente in azienda una manica a vento o strumentazione analoga; - la distribuzione in campo degli effluenti zootecnici non interesserà le aree abitate attorno all’allevamento”.
L’istruttoria condotta dal Comune s’appalesa, peraltro, compiutamente e correttamente condotta, anche avuto riguardo alle osservazioni presentate nel corso del procedimento dagli odierni ricorrenti, tutte esaminate e motivatamente superate, come si evince dalla relazione tecnica di approvazione, allegata quale parte integrante e sostanziale alla deliberazione consiliare gravata.
Consta, peraltro, che l’A.S.S., nel successivo parere del 30.10.2019, ha preso atto che nella proposta di PAC sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi si prevede che “possono essere stabulati al massimo 136 capi (tutti bovini all’ingrasso) come riportato nel parere ASS n.3 di prot. P 0018966/P del 19.4.2019 precedentemente formulato dai Servizi veterinari della scrivente Azienda su richiesta del Comune di San Daniele” e ha, quindi, espresso “parere favorevole al PAC dato che gli interventi edilizi previsti riguardano locali accessori e il numero di capi verrà ridotto”.
In definitiva, il PAC approvato è il risultato del puntuale adeguamento alle prescrizioni dettate nel tempo (ovvero a partire dalla prima proposta dello stesso) tanto dall’A.S.S. che dal Comune e non risulta affatto inficiato dal deficit istruttorio lamentato dai ricorrenti.
Il motivo è, dunque, destituito di fondatezza.
Analogamente il terzo motivo di impugnazione.
Quanto al “momento” di svolgimento della procedura di VAS, il Collegio ritiene sufficiente richiamare la giurisprudenza invocata dal Comune a sostegno dei propri assunti difensivi, che ha ripetutamente (e condivisibilmente) affermato che “Tale valutazione deve essere effettuata prima dell’approvazione del piano in quanto tale normativa ha individuato, quale unico limite temporale inderogabile per l’espletamento della valutazione ambientale, la data di approvazione e non di adozione; tanto che l’art. 11 cit., comma 5, ha dichiarato espressamente annullabili i provvedimenti di approvazione degli strumenti pianificatori, ove non siano stati preceduti dal subprocedimento in questione (Cons. Stato, sez. IV, n. 43 del 2014)” e che “la procedura di VAS - quale passaggio endo-procedimentale - non deve avvenire al momento dell'adozione del piano o programma. Invece, dovrà essere esperita prima del varo finale dello stesso, consistente nell'approvazione, affinché la verifica dell'incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stiano per divenire definitive. Si è aggiunto che, atteso che la VAS è volta a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, sì da rendere compatibile l'attività antropica con le condizioni di sviluppo sostenibile e ad integrare le scelte discrezionali tipiche dei piani e dei programmi, è del tutto ragionevole che venga esperita primadell'approvazione del piano, piuttosto che alla data della adozione, per far sì che la verifica dell'incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stanno per divenire definitive (sez. IV 2014 n. 3645)” (Cons. Stato n. 6438/2019).
Quanto ai contenuti della deliberazione della Giunta comunale che si è determinata nel senso di escludere il PAC in argomento dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica in applicazione dell’art. 4, comma 3, della l.r. 16/2008 e s.m.i. che i ricorrenti pretenderebbero di censurare non può, invece, omettersi di osservare (come peraltro sostanzialmente rilevato anche dalla difesa del Comune) che le deduzioni svolte sconfinano nell’inammissibilità, in quanto, a ben vedere, rivolte non ai contenuti della detta deliberazione, ma alla mera opinione sull’assoggettabilità a VAS espressa dal tecnico progettista del PAC.
I ricorrenti, per loro espressa ammissione, non risultano, infatti, avere “a disposizione la copia della delibera di Giunta comunale n. 76 del 9 giugno 2020 che ha ritenuto di escludere il PAC dalla Valutazione Ambientale Strategica” (cosi nel ricorso a pag. 25).
Poiché dell’esistenza di tale deliberazione viene, però, offerta espressa contezza nella parte motiva di quella di approvazione del PAC e della variante al PRGC gravata, nulla avrebbe ovviamente impedito ai medesimi di acquisirne copia mediante accesso documentale e di rivolgere avverso la stessa motivate censure, se ovviamente avessero ravvisato i presupposti per poterlo fare.
Quello che è certo è che le contestazioni rivolte in maniera del tutto casuale alle considerazioni del tecnico di parte non sono in alcun caso idonee ad ottenere l’auspicato effetto di scalfire la legittimità della detta deliberazione giuntale e, conseguentemente, di quella consiliare gravata.
In definitiva, sulla scorta delle considerazioni e per le ragioni svolte il ricorso è infondato e va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore del Comune intimato e della controinteressata nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido tra loro, delle spese di lite a favore del Comune di San Daniele del Friuli e della controinteressata, che vengono liquidate nell’importo complessivo di € 2.400,00 (€ 1.200,00 a favore di ciascuna parte), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore
Luca Emanuele Ricci, Referendario