Cass. Sez. III n. 48474 del 28 dicembre 2011 (Ud. 19 lug. 2011)
Pres. De Maio Est. Grillo Ric. Papa
Aria. Emissioni inquinanti

Se può concordarsi in linea di principio con la tesi della esclusione di responsabilità laddove l'impianto presenti una mera potenzialità produttiva di emissioni inquinanti, laddove quella prova sia stata raggiunta e la relativa motivazione sia esente da censure sul piano logico, il reato previsto dall'art. 279 del D. L.vo 152/06 (che si pone in rapporto di continuità normativa con la precedente disciplina di cui al D.P.R. 203/88 deve ritenersi integrato.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 19/07/2011
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - N. 1776
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 20825/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PAPA Domenico, nato a Montefano il 3.2.1948;
avverso la sentenza del Tribunale di Macerata in composizione monocratica emessa il 20 maggio 2010;
udita nella udienza camerale del 19 luglio 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRILLO Renato;
lette le conclusioni depositate dal Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE SANTIS Fausto che ha richiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 20 maggio 2010 il Tribunale di Macerata in composizione monocratica dichiarava PAPA Domenico colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279 "poiché in qualità di legale rappresentante della omonima ditta individuale esercente l'attività di stampaggio di materie plastiche con sede in Via Beato Amico del Comune di Montefano, gestiva un impianto che genera emissioni in atmosfera senza autorizzazione" (reato commesso il 18 giugno 2006) e lo condannava alla pena di Euro 200,00 di ammenda assolvendolo invece da altre residue imputazioni.
Avverso la detta sentenza ha proposto appello (poi convertito in ricorso dalla Corte territoriale) l'imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).
In particolare il ricorrente espone che la norma violata, a differenza della previgente disciplina contenuta nel D.P.R. n. 203 del 1988 che faceva leva sul concetto di emissione come alterazione dell'atmosfera, implica invece una lesione o messa in pericolo derivante dalla presenza nelle sostanze emesse di caratteristiche tali da ledere o costituire un pericolo; inoltre il ricorrente rileva che l'attività istruttoria non aveva consentito di provare la natura inquinante delle emissioni e il conseguente pericolo per la salute umana e per l'ambiente circostanze.
Inoltre il ricorrente lamenta vizio di motivazione in punto di corretta valutazione da parte del Tribunale del genere di attività condotta dal ricorrente all'interno del proprio impianto industriale:
questo in particolare aveva per oggetto lo stampaggio di materie plastiche la cui lavorazione determinava delle emissioni asseritamente moleste ma non accertate nella realtà il ricorso è infondato.
Il giudice del merito nella motivazione della sentenza ha affermato che la responsabilità penale dell'imputato sussisteva per il fatto che l'impianto produttivo de quo non solo rientrava tra quelli potenzialmente produttivi di emissioni inquinanti, ma in concreto queste avvenivano con diffusione di odori molesti constatati dagli Ispettori dell'ARPAM cui si erano rivolti con diverse segnalazioni i residenti della zona.
Valgono al riguardo le puntuali osservazioni svolte dal Tribunale con riferimento ai risultati del sopralluogo che evidenziavano - per come è dato leggere nella sentenza impugnata - la presenza di emissioni diffuse maleodoranti in assenza delle doverose precauzioni e gli accorgimenti da parte del titolare dell'impianto atti ad impedire il verificarsi del fenomeno.
Non risponde quindi al vero l'osservazione difensiva secondo la quale da parte del Tribunale non sarebbe stata data alcuna motivazione in merito alla prova dell'emissione molesta, avendo invece il Tribunale diffusamente trattato l'argomento.
Se dunque può concordarsi in linea di principio con la tesi della esclusione di responsabilità laddove l'impianto presenti una mera potenzialità produttiva di emissioni inquinanti, laddove quella prova sia stata raggiunta e la relativa motivazione sia esente da censure sul piano logico, il reato previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279 (che si pone in rapporto di continuità normativa con la precedente disciplina di cui al D.P.R. n. 203 del 1988 - così Cass. Sez. 3, 14.4.2010 n. 18774, Migali, Rv. 247173) deve ritenersi integrato.
Correttamente quindi il Tribunale ha ritenuto - sulla base di una prova specifica attestante la presenza di emissioni inquinanti - che l'assenza di autorizzazione integrasse l'elemento costitutivo del reato: questo, oltretutto si configura come reato non di danno ma formale, mirando la norma a garantire il controllo preventivo da parte della P.A. sul piano della funzionalità e della potenzialità inquinante di un impianto industriale (Cass. Sez. 3, 28.6.2007 n. 35232, Fongaro, Rv. 237383).
Nè appare persuasiva la tesi del ricorrente secondo la quale il Tribunale avrebbe omesso di rilevare la tipologia dell'attività e il livello di inquinamento prodotto (ritenuto dal ricorrente "poco significativo") in quanto come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, il reato de quo è configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni superino i valori limite stabiliti, dovendosi fare invece riferimento alla presenza di emissioni comunque moleste ed inquinanti ex sè connaturate quindi alla natura formale del reato (v. Cass. N. 35232/07 cit). Il ricorso va, alla stregua di tali considerazioni, rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011