Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Schembri
Aria. Violazione articolo 674 c.p.
Il reato di cui all\'art. 674 c.p. si configura in presenza di un evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche quando sia superato il limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ.
Con ordinanza in data 3 luglio 2008 il Tribunale di Palermo, giudice di rinvio, rigettava la domanda di riesame proposta da Schembri Pasquale, indagato del reato di cui all’art. 674 cod. pen., e dalla s.p.a. Kuwait Petroleum Italia avverso il decreto di sequestro preventivo, disposto dal GIP in data 7 marzo 2007, di un impianto di distribuzione di carburanti sito in Ficarazzi, di proprietà della società.
Il Tribunale ravvisava il fumus per le emissioni di vapori di benzina provocati dal ristagno di carburante, all’atto dei riempimenti tramite autocisterne dei serbatoi interrati, per l’omessa applicazione, nei pozzetti d’ispezione, di apparecchi di misurazione della capacità residua di tali serbatoi, sicché le emissioni erano da ascrivere a negligenza del gestore.
Richiamata altra sentenza di annullamento emessa da questa Corte nel procedimento incidentale de quo, rilevava il Tribunale che la relazione descrittiva prodotta dall’indagato non aveva dimostrato l’eliminazione della condotta antigiuridica.
Proponeva ricorso per cassazione l’indagato e la società proprietaria dell’impianto denunciando violazione di legge sulla ritenuta sussistenza del fumus.
L’istallazione e la gestione dell’impianto rispettavano la normativa vigente essendo intervenuti provvedimenti di omologazione e di concessione petrolifera, sicché il tribunale non era legittimato a ipotizzare l’adozione di dispositivi aggiuntivi a quelli normativamente previsti.
Il vizio motivazionale, al di là di imprecisioni terminologiche, consisteva, però, nella ritenuta sussistenza di emissione di vapori molesti pur in mancanza di supporti fattuali e nell’avere riversato sull’indagato l’onus probandi che competeva all’accusa.
Deduceva che l’ultima sentenza d’annullamento aveva affermato che il sequestro del distributore poteva trovare legittimità solo dall’accertamento della permanenza di fatti cui attribuire astratta configurabilità, ormai esclusa, di reati relativi al potenziale inquinamento del sito e, ancora, che l’altra sentenza di questa Corte 15 novembre 2007, pur riguardando il caso in esame ma emessa in altro contesto processuale, aveva affermato che le esalazioni dei pozzetti potrebbero essere imputate al gestore in caso di permanenza di pericolo d’inquinamento o qualora superassero la normale tollerabilità o, a prescindere da ciò, se fossero comunque moleste e dipendenti da deficienze dell’impianto che il proprietario potrebbe eliminare usando la normale diligenza, ma nessuna di queste condizioni era stata verificata dal Tribunale.
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
Il ricorso è infondato e va rigettato con le conseguenze di legge.
Deve premettersi che, con sentenza 11 aprile 2008, la quarta sezione di questa Corte ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Palermo 11 dicembre 2007 [pure emessa in sede di rinvio] affermando, con riferimento alla configurabilità dell’art. 674 cod. pen., che andava valutata l’ipotesi di reato relativa all’emissione di gas, vapori e fumi nei casi non consentiti dalla legge.
Con l’ordinanza impugnata il tribunale ha revocato il sequestro preventivo limitatamente al reato di cui agli art. 242, 246, 257 d.lgs. n. 152/2006 e ha ravvisato il fumus della contravvenzione di cui alla seconda parte dell’art. 674 cod. pen., con riferimento a emissioni di vapori di benzina provocati dal ristagno di carburante nei pozzetti d’ispezione per l’omessa attivazione di meccanismi di misurazione della capacità residua dei serbatoi interrati all’atto dei riempimenti [frequenti per la ridotta capacità degli stessi] tramite autocisterne, sicché le emissioni erano da scrivere a negligenza del gestore.
Tanto premesso, va osservato che, in tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo, l’ipotesi accusatoria deve corrispondere, per costante giurisprudenza di questa Corte, a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato per il quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l’ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell’astrattezza.
Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l’esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato.
Soltanto quando l’enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro.
Il reato ipotizzato si configura in presenza di un evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche quando sia superato il limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ. [Cfr. Cassazione Sezione I n. 16693/2008, RV. 240117], sicché “la contravvenzione dl cui all’art. 674 cod. pen. è integrabile indipendentemente dal superamento del valori limite d’emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un’attività produttiva dl carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l’incolumità delle persone indipendentemente dall’osservanza o meno di standards fissati per la prevenzione dall’inquinamento atmosferico” [Cassazione Sezione III n. 38936/2005, Riva, RV. 232359].
Tanto premesso, quanto all’enunciazione del fatto inquadrabile come reato, il Tribunale si è attenuto ai dati acquisiti nel corso dell’istruttoria, da cui, pur emergendo che l’impianto di distribuzione era strutturato legalmente anche riguardo alla capacità dei serbatoi interrati, è emersa la presenza di molestie, intollerabili, provocate dalla mancata adozione di accorgimenti tecnici necessari per impedire il ristagno dei vapori di carburante.
Conseguentemente, non è censurabile la ritenuta sussistenza del fumus.
Il Tribunale ravvisava il fumus per le emissioni di vapori di benzina provocati dal ristagno di carburante, all’atto dei riempimenti tramite autocisterne dei serbatoi interrati, per l’omessa applicazione, nei pozzetti d’ispezione, di apparecchi di misurazione della capacità residua di tali serbatoi, sicché le emissioni erano da ascrivere a negligenza del gestore.
Richiamata altra sentenza di annullamento emessa da questa Corte nel procedimento incidentale de quo, rilevava il Tribunale che la relazione descrittiva prodotta dall’indagato non aveva dimostrato l’eliminazione della condotta antigiuridica.
Proponeva ricorso per cassazione l’indagato e la società proprietaria dell’impianto denunciando violazione di legge sulla ritenuta sussistenza del fumus.
L’istallazione e la gestione dell’impianto rispettavano la normativa vigente essendo intervenuti provvedimenti di omologazione e di concessione petrolifera, sicché il tribunale non era legittimato a ipotizzare l’adozione di dispositivi aggiuntivi a quelli normativamente previsti.
Il vizio motivazionale, al di là di imprecisioni terminologiche, consisteva, però, nella ritenuta sussistenza di emissione di vapori molesti pur in mancanza di supporti fattuali e nell’avere riversato sull’indagato l’onus probandi che competeva all’accusa.
Deduceva che l’ultima sentenza d’annullamento aveva affermato che il sequestro del distributore poteva trovare legittimità solo dall’accertamento della permanenza di fatti cui attribuire astratta configurabilità, ormai esclusa, di reati relativi al potenziale inquinamento del sito e, ancora, che l’altra sentenza di questa Corte 15 novembre 2007, pur riguardando il caso in esame ma emessa in altro contesto processuale, aveva affermato che le esalazioni dei pozzetti potrebbero essere imputate al gestore in caso di permanenza di pericolo d’inquinamento o qualora superassero la normale tollerabilità o, a prescindere da ciò, se fossero comunque moleste e dipendenti da deficienze dell’impianto che il proprietario potrebbe eliminare usando la normale diligenza, ma nessuna di queste condizioni era stata verificata dal Tribunale.
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
Il ricorso è infondato e va rigettato con le conseguenze di legge.
Deve premettersi che, con sentenza 11 aprile 2008, la quarta sezione di questa Corte ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Palermo 11 dicembre 2007 [pure emessa in sede di rinvio] affermando, con riferimento alla configurabilità dell’art. 674 cod. pen., che andava valutata l’ipotesi di reato relativa all’emissione di gas, vapori e fumi nei casi non consentiti dalla legge.
Con l’ordinanza impugnata il tribunale ha revocato il sequestro preventivo limitatamente al reato di cui agli art. 242, 246, 257 d.lgs. n. 152/2006 e ha ravvisato il fumus della contravvenzione di cui alla seconda parte dell’art. 674 cod. pen., con riferimento a emissioni di vapori di benzina provocati dal ristagno di carburante nei pozzetti d’ispezione per l’omessa attivazione di meccanismi di misurazione della capacità residua dei serbatoi interrati all’atto dei riempimenti [frequenti per la ridotta capacità degli stessi] tramite autocisterne, sicché le emissioni erano da scrivere a negligenza del gestore.
Tanto premesso, va osservato che, in tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo, l’ipotesi accusatoria deve corrispondere, per costante giurisprudenza di questa Corte, a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato per il quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l’ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell’astrattezza.
Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l’esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato.
Soltanto quando l’enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro.
Il reato ipotizzato si configura in presenza di un evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche quando sia superato il limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ. [Cfr. Cassazione Sezione I n. 16693/2008, RV. 240117], sicché “la contravvenzione dl cui all’art. 674 cod. pen. è integrabile indipendentemente dal superamento del valori limite d’emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un’attività produttiva dl carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l’incolumità delle persone indipendentemente dall’osservanza o meno di standards fissati per la prevenzione dall’inquinamento atmosferico” [Cassazione Sezione III n. 38936/2005, Riva, RV. 232359].
Tanto premesso, quanto all’enunciazione del fatto inquadrabile come reato, il Tribunale si è attenuto ai dati acquisiti nel corso dell’istruttoria, da cui, pur emergendo che l’impianto di distribuzione era strutturato legalmente anche riguardo alla capacità dei serbatoi interrati, è emersa la presenza di molestie, intollerabili, provocate dalla mancata adozione di accorgimenti tecnici necessari per impedire il ristagno dei vapori di carburante.
Conseguentemente, non è censurabile la ritenuta sussistenza del fumus.