Cass. Sez. III n. 19736 del 19 maggio 2011 (Cc. 14 apr. 2011)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Seiello
Urbanistica. Cessione a terzi di manufatto abusivo
L’esecuzione di un sequestro o di un ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato non è preclusa dall’intervenuta cessione a terzi del manufatto, operando la demolizione nei confronti di chiunque abbia la disponibilità di un manufatto che continui ad arrecare pregiudizio al territorio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Guido De Maio Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Santi Gazzarra Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dal difensore di Seiello Raffaele, nato a Qualiano il 13 marzo del 1964, avverso l'ordinanza del tribunale di Napoli sezione distaccata di Marano;
- Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- Letta la requisitoria del Procuratore generale nella persona del dott. Gabriele Mazzotta, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, con sentenza del 24 giugno del 2002 condannava Seiello Raffaele alla pena ritenuta di giustizia, quale responsabile, in concorso con Marino Ciro e Valentino Rosaria, proprietari e committenti,di abuso edilizio. Con la medesima sentenza il Tribunale ordinava la demolizione del manufatto abusivo. La decisione era impugnata dai soli proprietari committenti i quali in appello ottenevano il proscioglimento dal reato edilizio per essersi lo stesso estinto per prescrizione.
Divenuta irrevocabile la decisione nei confronti del solo Seiello il Procuratore della Repubblica ha ingiunto la demolizione.
Il Seiello ha proposto incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca dell' ingiunzione a demolire assumendo di essere stato un mero esecutore dei lavori.
La tesi è stata respinta dal tribunale con ordinanza del 23 aprile del 2010. A fondamento della decisione il tribunale ha osservato che il Seiello non era un mero esecutore dei lavori in quanto lo stesso aveva dichiarato nella domanda di condono che una parte dell'immobile sarebbe stata destinata a sua abitazione. Inoltre era stato nominato custode del manufatto. Successivamente alla edificazione del primo piano, accertata il 10 febbraio del 1997, era stato stipulato un atto di compravendita con cui tale Raimondo Antonio,che si era qualificato esecutore dei lavori, aveva ceduto l'immobile ai coniugi Marino Ciro e Valentino Rosaria. Il Tribunale ha rilevato altresì che le opere non erano state condonate e comunque non erano condonabili come emergeva dalla sentenza di merito.
Ricorre per cassazione l'interessato per mezzo del proprio difensore deducendo:
violazione di legge per avere il giudice omesso di apprezzare l'attestazione rilasciata il 7 luglio del 1998 dall'Ufficio tecnico del Comune di Villaricca da cui emergeva che l'immobile era stato condonato a norma della legge n 724 del 1994 nonché la circostanza che il manufatto era stato alienato a soggetti prosciolti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo.
L'immobile non può essere stato condonato a norma della legge n 724 del 1994 perché è stato ultimato in epoca successiva a tale legge. Il giudice dell'esecuzione ha accertato e dato atto che nel procedimento di cognizione non era stato prodotto alcun provvedimento di condono e peraltro l'opera non era condonabile per la volumetria.
In ogni caso, secondo l'orientamento costante di questa Suprema Corte (v., tra le molte, sez. 3, sentenza n. 24665 del 15/04/2009), il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell'illecito edilizio non determina, ove sia intervenuta sentenza di condanna irrevocabile, né l'estinzione del reato né l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione. In materia di sanatoria edilizia, infatti, il legislatore non ha compreso l'estinzione della pena e la cessazione della sua esecuzione fra le conseguenze derivanti dall'oblazione intervenuta dopo il giudicato di condanna, in quanto preciso intendimento legislativo è stato quello di limitare l'efficacia estintiva del condono edilizio fino alle sentenza definitiva come risulta dal comma terzo dell'articolo 38 della legge n 47 del 1985 .Solo il rilascio del permesso in sanatoria può determinare la revoca dell'ordine di demolizione contenuto in una sentenza passata in giudicato.
La sospensione del processo nell'attesa della definizione della domanda di condono può essere disposta solo allorquando sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo l'autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l'ordine di esecuzione (Sez. 3 n. 11051 del 30/1/2003, Rv. 224347).Il raccordo tra il procedimento amministrativo e l'esecuzione penale viene, quindi, effettuato sulla base di un contemperamento tra l'interesse pubblico alla rapida riparazione del bene giuridico violato e l'interesse privato del condannato ad evitare l'irreparabilità del danno in presenza di una situazione giuridica suscettibile di essere modificata. Il giudice, perciò, deve effettuare una valutazione di prognosi sui tempi di definizione e sui possibili esiti del procedimento amministrativo pendente; in tale prospettiva, secondo Cass. sez. 3, sentenza n. 16686 del 05/03/2009, che si riporta ad un indirizzo giurisprudenziale consolidato, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con sentenza irrevocabile, non può essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di un ricorso in sede giurisdizionale avverso il rigetto della domanda di condono edilizio, non potendo neppure rilevare la possibilità dell'eventuale emanazione di atti favorevoli al condannato in tempi lontani o non prevedibili.
Ciò precisato va rilevato altresì che secondo l'orientamento di questa Corte (Cass. n. 48925 del 2009, n 22853 del 2007: n 3679 del 2003) l'esecuzione di un sequestro o di un ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato non è preclusa dall'intervenuta cessione a terzi del manufatto, operando la demolizione nei confronti di chiunque abbia la disponibilità di un manufatto che continui ad arrecare pregiudizio al territorio. Invero l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso dal giudice penale ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio e deve pertanto essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato (cfr per tutte Cass. n.22853 del 2007; n. 16687 del 2009).
Nella fattispecie, come accertato dai giudici del merito, il Seiello non era un mero esecutore dei lavori, ma aveva realizzato in proprio la costruzione.
Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma , che stimasi equo determinare in € 1000,00 , in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.186 del 2000.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14/04/2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 19 MAG. 2011