Consiglio di Stato Sez. VI n. 11034 del 16 dicembre 2022
Elettrosmog.Criteri di localizzazione degli impianti
Alle Regioni ed ai Comuni è consentito, nell’ambito delle rispettive competenze, individuare «criteri» per la localizzazione degli impianti di comunicazione ‒ individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di ‘salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione’ ‒ mentre non è consentito prescrivere esclusivamente «limitazioni» alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni. Nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica.
Pubblicato il 16/12/2022
N. 11034/2022REG.PROV.COLL.
N. 04024/2022 REG.RIC.
N. 04475/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4024 del 2022, proposto da
WIND TRE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
COMUNE DI SANTA MARIA IMBARO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Febbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
SPORTELLO UNICO ATTIVITÀ PRODUTTIVE SANGRO AVENTINO-ENTE CAPOFILA COMUNE DI ATESSA, non costituito in giudizio;
ASSOCIAZIONE TRA ENTI LOCALI PER L’ATTUAZIONE DEL PATTO TERRITORIALE SANGRO AVENTINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Federica Ciciliani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 4475 del 2022, proposto da
WIND TRE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Sartorio in Roma, via della Giuliana, n. 80;
contro
COMUNE DI SANTA MARIA IMBARO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Paolo Febbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
SPORTELLO UNICO ATTIVITÀ PRODUTTIVE SANGRO AVENTINO, A.S.L. N. 2 LANCIANO VASTO CHIETI, COMITATO PER LA SALUTE E L'AMBIENTE SANTA MARIA IMBARO, non costituiti in giudizio;
AGENZIA REGIONALE TUTELA AMBIENTE ABRUZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Saverio De Nardis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
ASSOCIAZIONE TRA ENTI LOCALI PER L’ATTUAZIONE DEL PATTO TERRITORIALE SANGRO AVENTINO-ENTE CAPOFILA COMUNE DI ATESSA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Federica Ciciliani, Lorenzo Casaroli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
- quanto al ricorso n. 4024 del 2022, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione distaccata di Pescara (sezione Prima), n. 471 del 2021;
- quanto al ricorso n. 4475 del 2022, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione distaccata di Pescara (sezione Prima) n. 469 del 2021;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti in epigrafe indicate
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2022 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Ivan Pietroluongo, per delega dell’avvocato Giuseppe Sartorio, e Alfredo Del Vecchio, per delega dell’avvocato Francesco Paolo Febbo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ I fatti principali, utili ai fini del decidere, possono così riassumersi:
- la Wind Tre s.p.a. (di seguito: ‘Wind’) presentava, in data 18 novembre 2019, tramite il SUAP dell’Associazione tra Enti Locali per l’attuazione del Patto Territoriale Sangro-Aventino, un’istanza di autorizzazione, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, per realizzare un nuovo impianto di telefonia mobile su una porzione privata di terreno nel Comune di Santa Maria Imbaro (CH), in località Mozzagrogna, S.S.524, via Nazionale per Lanciano;
- con nota prot. 3656 del 28 aprile 2020, il SUAP trasmetteva a Wind il parere urbanistico negativo espresso dal Servizio Urbanistico ed Edilizia Privata del Comune di Santa Maria Imbaro, sul rilievo, considerato ostativo, che il vigente P.R.E. prevedeva l’ubicazione e la realizzazione di tali impianti in apposta zona urbanistica FE Attrezzature tecnologiche, nonché per incompletezza dell’istanza in quanto priva delle dichiarazioni obbligatorie del richiedente e del tecnico incaricato;
- in riscontro a tale parere, con nota del 9 giugno 2020, Wind rappresentava al Comune le ragioni per le quali riteneva di non poterne condividere contenuto e forma (trattandosi di parere intervenuto a silenzio-assenso già formatosi), e trasmetteva le documentazioni richieste;
- adottati i pareri favorevoli di ARTA Abruzzo (nota prot. 25358 del 17 giugno 2020), del Dipartimento di prevenzione dell’ASL 02 Lanciano-Vasto-Chieti (nota prot. 43185U20-CH del 31 luglio 2020), il parere negativo del Comune non veniva però revocato;
- conseguentemente la ‘Wind’ impugnava il suddetto parere innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (con ricorso n. 220 del 2020), chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, e ne contestava l’illegittimità per violazione dell’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 (di seguito: ‘Codice della comunicazioni elettroniche’), essendo stato adottato dopo la formazione del titolo per silentium sull’istanza di autorizzazione del 18 novembre 2019 ed il contrasto della motivazione con l’art. 86 del Codice della comunicazioni elettroniche e l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001, stante l’astratta compatibilità di tale tipo d’impianti con qualsiasi destinazione di zona, in virtù della loro espressa qualificazione di opere di urbanizzazione primaria;
- nelle more del giudizio di primo grado, con l’ulteriore nota prot. n. 5905/2020 del 1 luglio 2020, il Responsabile dell’Ufficio Suap Sangro Aventino comunicava la conclusione negativa del procedimento amministrativo avviato per le motivazioni contenute nell’ulteriore parere negativo reso dal Comune di Santa Maria Imbaro con nota prot. n. 3977 del 24 giugno 2020, confermativo del precedente;
- avverso tali atti l’odierna appellante proponeva motivi aggiunti, riproponendo sostanzialmente le medesime censure articolate nel ricorso introduttivo nel giudizio;
- con ordinanza n. 340 del 23 novembre 2020, il T.a.r. accoglieva l’istanza cautelare, ritenendo che il parere negativo impugnato sembrava aver comportato un arresto procedimentale rispetto al disposto di cui all’art. 87, comma 6, del d.lgs. n. 259 del 2003, a tenore del quale nel caso in cui un’amministrazione interessata abbia espresso motivato dissenso il responsabile del procedimento convoca una conferenza di servizi, per cui ordinava all’Amministrazione competente di concludere il procedimento garantendo altresì l’apporto endoprocedimentale della società istante sui rilievi ostativi emersi;
- in esecuzione dell’ordinanza cautelare, il SUAP dell’Associazione, con nota prot. n. 11240 del 4 dicembre 2020, indiceva la conferenza di servizi invitando a parteciparvi: il Comune di Santa Maria Imbaro, l’A.R.T.A. Abruzzo, la A.S.L. n. 2 Lanciano-Vasto-Chieti, e la stessa Wind Tre;
- nel corso dei lavori venivano acquisiti il parere favorevole dell’A.S.L. e dell’A.R.T.A. Abruzzo, ed il parere contrario del Comune di Santa Maria Imbaro;
- con verbale del 28 gennaio 2021, venivano conclusi i lavori della conferenza con esito positivo, derivante dalla maggioranza dei voti favorevoli espressi dai partecipanti e, in data 26 febbraio 2021, l’Associazione tra Enti Locali adottava il provvedimento di formale conclusione del procedimento, recante l’autorizzazione alla realizzazione del nuovo impianto;
- con il ricorso n. 127 del 2021, il Comune di Santa Maria Imbaro impugnava il provvedimento autorizzativo con richiesta di misure cautelari, le quali venivano, tuttavia, respinte dal T.a.r. con ordinanza n. 99 del 27 aprile 2021;
- all’udienza pubblica del 29 ottobre 2022, il T.a.r., decideva entrambi i ricorsi ‒ quello n. 127 del 2021, proposto dal Comune, e quello n. 220 del 2020, proposto da ‘Wind’ ‒ con due distinte sentenze, e segnatamente:
i) con sentenza n. 469 del 2021, il T.a.r. accoglieva il ricorso n. 127 del 2021 promosso dal Comune, in quanto la determinazione adottata in sede di Conferenza di Servizi era intervenuta sul riscontro della ‘maggioranza’ delle posizioni espresse ed in assenza di motivazione e bilanciamento dell’opposto interesse fatto valere dal Comune istante che aveva reso parere contrario, per il resto rigettando gli ulteriori motivi di ricorso; secondo il T.a.r.: «l’applicazione del criterio maggioritario secco basato sulla maggioranza delle posizioni espresse in seno alla Conferenza di Servizi, oltre a violare il criterio della prevalenza delle posizioni, inteso quale norma di principio, si è tradotta altresì in un deficit di motivazione, dal momento che manca nel provvedimento impugnato alcuna esplicitazione delle ragioni per cui siano state privilegiate le posizioni espresse dall’A.r.t.a. e dall’A.sl. rispetto a quella contraria opposta dal Comune ricorrente»; il T.a.r. rilevava, inoltre, l’illegittimità dei pareri dell’A.S.L. del 31 luglio 2020 e del parere confermativo del 27 gennaio 2021 in quanto motivati tramite mero rinvio per relationem al parere dell’A.R.T.A., in assenza di alcuna autonoma valutazione dell’impatto della stazione radio base sulla salute pubblica nell’area di interesse; la sentenza concludeva affermando che «in esecuzione della presente decisione, l’amministrazione procedente sarà tenuta a riattivare il procedimento al fine di pervenire ad una determinazione conclusiva in aderenza ai termini di cui alla presente decisione»;
ii) con sentenza n. 471 del 2021, il T.a.r. dichiarava il ricorso n. 220 del 2020 proposto da Wind, in parte improcedibile (sul presupposto che «l’intervenuto annullamento con la sentenza resa sul ricorso n.127/2021 dell’esito favorevole alla società ricorrente della Conferenza di Servizi ed il conseguente onere di riattivazione del procedimento in parte qua determina tuttavia l’improcedibilità del presente ricorso risultando superato il profilo inerente l’arresto procedimentale determinato dal parere negativo impugnato, in funzione della pendenza del procedimento destinato a concludersi con una determinazione finale su cui si concentrerà eventualmente l’interesse dell’istante»), in parte infondato (laddove era stata invocata la formazione del silenzio-assenso ai sensi dell’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 sull’istanza di autorizzazione del 19 novembre 2019, in quanto «alla data del 16 febbraio 2020 non poteva ritenersi perfezionato il silenzio assenso invocato in mancanza del prescritto parere dell’A.R.T.A. che, in quanto relativo alla verifica del rispetto dei limiti di emissione, costituisce indubitabilmente elemento essenziale della procedura»).
2.‒ Avverso la sentenza n. 471 del 2001, la Wind s.p.a. ha proposto l’appello n. 4024 del 2022, sostenendone l’erroneità sotto i seguenti profili:
a) nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il ricorso, in quanto il ricorrente avrebbe potuto ancora trarre un’utilità dalla pronuncia del giudice sulla questione;
b) nella parte in cui ha ritenuto ostativa al formarsi del silenzio assenso la mancanza del parere ARTA a corredo dell’istanza, posto che quest’ultimo non sarebbe atto presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo del Comune, bensì atto necessario esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto;
c) essendo inibito al legislatore regionale introdurre appesantimenti al procedimento autorizzativo disciplinato dall’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, l’articolo 11, comma 3, della legge della Regione Abruzzo n. 45 del 2004, dovrebbe essere interpretato nel senso di richiedere l’acquisizione del parere ARTA non come condizione del rilascio dell’autorizzazione all’installazione dell’impianto, ma solo ai fini dell’effettivo esercizio dell’impianto;
d) ove si ritenesse che non sussistano margini per un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma regionale, l’art. 11, comma 3, della legge regionale n. 45 del 2004 dovrebbe essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui la Regione si sarebbe discostata dai principi di semplificazione fissati dal legislatore statale;
e) essendo conforme l’istanza trasmessa al SUAP al modello A dell’allegato n. 13 Codice delle Comunicazioni e non comportando la tardiva richiesta di integrazione documentale l’interruzione del termine per la formazione del silenzio-assenso, lo stesso si sarebbe dunque formato trascorsi 90 giorni dalla presentazione della istanza, effettuata il 18 novembre 2019, con la conseguente illegittimità dei successivi atti adottati dal Comune;
L’appellante Wind ha riproposto, infine, le censure articolate in primo grado e non esaminate dal T.a.r., ovvero l’illegittimità del diniego per la violazione dell’art. 86 del Codice delle comunicazioni elettroniche e dell’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001, stante l’astratta compatibilità di tale tipo d’impianti con qualsiasi destinazione di zona, in virtù della loro espressa qualificazione di opere di urbanizzazione primaria.
2.1.‒ Si sono costituite in giudizio l’Associazione tra Enti Locali-Patto territoriale Sangro-Aventino, Ente capofila Comune di Atessa, nonché il Comune di Santa Maria Imbaro, insistendo per il rigetto del gravame, affermando in particolare che nessun silenzio-assenso avrebbe potuto formarsi sull’istanza presentata dall’appellante vista l’assenza del parere dell’ARTA, acquisito solo successivamente al decorso del termine di 90 giorni.
2.2.‒ Con ordinanza n. 4886 del 15 giugno 2022, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare, rilevando che, ad un primo esame proprio della fase cautelare, «l’impianto parrebbe munito dei pareri relativi alla tutela della salute pubblica ed ai limiti di emissione e che in ogni caso va compiutamente approfondita la formazione del silenzio assenso ai sensi dell’articolo 87 d.lgs. 1/8/2003, n. 259, in considerazione del tardivo parere del Comune appellato».
2.3.‒ Seguivano memorie con cui le parti costituite, ribadendo quanto già dedotto negli atti introduttivi del giudizio, insistevano per le relative pretese.
3.‒ Avverso la sentenza n. 469 del 2001, la Wind s.p.a. ha proposto l’appello n. 4475 del 2022, sostenendone l’erroneità sotto i seguenti profili:
i) in virtù del principio lex posterior generalis non derogat priori specialis la modifica normativa della disciplina della conferenza di servizi introdotta dal d.lgs. n.127 del 2016, che prevede l’approvazione in relazione alla decisione sulla base delle ‘posizioni prevalenti’, non potrebbe applicarsi al procedimento autorizzativo degli impianti di telecomunicazioni, che continuerebbe ad essere regolato, in relazione all’esito della conferenza di servizi, dall’art. 87, comma 7, del d.lgs. n. 259 del 2003 (nella versione vigente prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n.77 del 31 maggio 2021) secondo il criterio della maggioranza delle posizioni espresse;
ii) anche nell’ipotesi in cui si considerasse applicabile il criterio della prevalenza delle posizioni espresse dai partecipanti, il parere urbanistico negativo reso dal Comune non avrebbe potuto giustificare un legittimo rifiuto da parte dell’Associazione, anche a fronte dell’infondatezza delle ragioni poste a fondamento del parere negativo da questo espresso;
iii) nessun deficit d’istruttoria e di motivazione sarebbe rinvenibile nel parere reso dall’A.S.L., in quanto motivato per relationem, con richiamo alla documentazione già̀ acquisita agli atti ed all’ulteriore parere ‘tecnico’ sempre favorevole espresso dall’ARTA;
iv) che il provvedimento finale adottato dall’Associazione, sarebbe rispettoso del dettato normativo che regola la materia (d.lgs. n. 259 del 2003 e della legge n. 36 del 2001) ed espressione del giusto bilanciamento delle ragioni manifestate nel corso della conferenza, tenuto conto del contenuto delle motivazioni poste a fondamento di ciascun parere.
3.1. Si è costituita in giudizio, l’A.R.T.A., chiedendo l’accoglimento dell’appello.
3.2.‒ Si sono costituiti, altresì, il Comune di Santa Maria Imbaro e Associazione Tra Enti Locali - Patto territoriale Sangro-Aventino, Ente capofila Comune di Atessa chiedendo invece il rigetto dell’appello.
3.3.‒ In data 29 settembre 2022, l’appellante ha depositato memoria con la quale ha dedotto che dopo la pubblicazione delle pronunce del T.a.r. oggetto di due distinti giudizi di appello, il SUAP dell’Associazione tra Enti Locali per l’attuazione del Patto Territoriale Sangro-Aventino ha indetto una nuova conferenza di servizi, i cui lavori si sono conclusi con un nuovo provvedimento di diniego del 16 maggio 2022. Tale provvedimento è stato impugnato da ‘Wind’ con ricorso n. 221 del 2022, tutt’ora pendente.
3.4.‒ Con successiva memoria l’A.R.T.A. ha ribadito la legittimità del proprio operato e la legittimità del parere ambientale favorevole del 16 giugno 2020, non avendo la stessa riscontrato il possibile superamento delle future emissioni elettromagnetiche dei limiti imposti dall’art. 3 e dall’art. 4 del decreto ministeriale n. 381 del 1998 e del successivo decreto ministeriale dell’8 luglio 2003, né la presenza di un qualche sito sensibile da salvaguardare.
3.5.‒ L’appellante Wind s.p.a. ha poi depositato memoria con la quale ha eccepito l’inammissibilità delle difese sostanziali che il Comune di Santa Maria Imbaro e l’Associazione tra Enti Locali per l’attuazione del Patto Territoriale Sangro-Aventino dovessero eventualmente depositare, essendosi le stesse costituite unicamente mediante memoria formale rispettivamente in data 8 agosto 2022 ed in data 19 settembre 2022, costituendo le memorie di replica uno strumento per contro-dedurre esclusivamente rispetto a nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, e non per proporre per la prima volta l’intero impianto difensivo non esternato prima.
3.6.‒ Con memoria del 22 ottobre 2022, il Comune ha insistito per il rigetto dell’appello, sostenendo che, diversamente da quanto eccepito dall’appellante, la modalità di adozione della determinazione finale in sede di conferenza di servizi costituirebbero espressione di un principio di ordine generale che in quanto sopravvenuto alla originaria previsione normativa è destinato a prevalere, in virtù del principio secondo cui lex posteriore derogat priori. Essendo, dunque, la posizione prevalente quella del Comune di Santa Maria Imbaro, il Responsabile del Procedimento per adottare la determinazione conclusiva della conferenza avrebbe dovuto tener conto della sua posizione.
4.‒ All’udienza del 3 novembre 2022, entrambe le cause sono state discusse e trattenute in decisione.
DIRITTO
1.‒ I due appelli in epigrafe vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.
2.‒ Il Codice delle comunicazioni elettroniche (di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, nel testo applicabile ratione temporis), con riferimento alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici (tra cui «l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti»), prevede la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, con il finale rilascio (in forma espressa o tacita) di un titolo abilitativo, qualificato come ‘autorizzazione’.
La fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica è considerata dal legislatore di preminente interesse generale, oltre che libera (art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 259 del 2003).
L’art. 86, al comma 3, del Codice (sempre nel testo e nella numerazione vigente ratione temporis) recita che: «Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia».
L’art. 90 dello stesso Codice aggiunge che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno «carattere di pubblica utilità», con possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola).
2.1.‒ Nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, le predette infrastrutture non possono essere evidentemente localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica l’esigenza della realizzazione dell’opera di pubblica utilità può risultare cedevole.
Il Codice delle comunicazioni elettroniche fa infatti espressamente «salve le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell’ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione» (art. 3 comma 3).
A questi fini, «l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre» viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell’Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36» (così l’art. 87, comma 1, del Codice delle comunicazioni, vigente ratione temporis).
L’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 stabilisce che «i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico», con il solo limite della impossibilità «di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato» (cfr. la formulazione della disposizione dopo la modifica introdotta dall’articolo 38, comma 6, del decreto legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020).
Tali disposizioni – volte a realizzare un equilibrio tra esigenze plurime, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, in ragione del nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione – recepiscono l’indirizzo della giurisprudenza costituzionale secondo cui, nell’esercizio dei suoi poteri, il Comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla legge quadro n. 36 del 2001 (sentenze n. 307 e n. 331 del 2003).
In definitiva, alle Regioni ed ai Comuni è consentito, nell’ambito delle rispettive competenze, individuare «criteri» per la localizzazione degli impianti di comunicazione ‒ individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di ‘salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione’ ‒ mentre non è consentito prescrivere esclusivamente «limitazioni» alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni.
Nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica.
3.‒ Su queste basi, la sentenza del T.a.r. Abruzzo n. 471 del 2021 va riformata.
4.– In primo luogo, è erroneo il capo di sentenza che ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso.
4.1.– Secondo il giudice di prime cure, il sopravvenuto annullamento (disposto dallo stesso T.a.r.) del provvedimento autorizzativo adottato dalla conferenza di servizi in data 26 febbraio 2021 – indetta in esecuzione del ‘remand’ di cui all’ordinanza n. 340 del 23 novembre 2020, recante l’autorizzazione alla realizzazione del nuovo impianto – avrebbe comportato il superamento del «profilo inerente l’arresto procedimentale determinato dal parere negativo impugnato, in funzione della pendenza del procedimento destinato a concludersi con una determinazione finale su cui si concentrerà eventualmente l’interesse dell’istante».
4.1.– In senso contrario, va ricordato che la dichiarazione di improcedibilità presuppone necessariamente il sopraggiungere di una situazione di fatto o di diritto che renda certa e definitiva l’inutilità della pronuncia del giudice, risultando preclusa la realizzazione dell’interesse sostanziale o strumentale del ricorrente.
Nello specifico caso di un provvedimento sopravvenuto, adottato in esecuzione di un dispositivo cautelare di natura propulsiva, volto a imporre la riedizione del potere secondo i criteri conformativi enucleati nello stesso provvedimento interinale (cd. ‘remand’), non si dà né l’improcedibilità del ricorso, né la cessazione della materia del contendere. L’adozione non spontanea dell’atto non può infatti che avere una rilevanza giuridica meramente provvisoria e condizionata dalla sorte del giudizio a cognizione piena che accerti, in via definitiva, la fondatezza o meno della domanda di annullamento.
Diverso è il caso in cui, a seguito del ‘remand’, l’Amministrazione effettui ‒ nell’esercizio del potere di autotutela ‒ una rivalutazione della materia che culmini con l’adozione di un atto espressivo di un giudizio nuovo, autonomo e indipendente dall’esecuzione della pronuncia cautelare.
Per le ragioni anzidette, la definizione del presente giudizio di appello riveste sicuramente utilità per l’appellante. L’accoglimento della censura proposta con il primo motivo di ricorso volta a sostenere il perfezionamento del silenzio-assenso sull’istanza di autorizzazione (alla data del 16 febbraio 2020) comporterebbe, infatti, il conseguimento del bene della vita ambito, rappresentato dal titolo abilitativo alla realizzazione dell’impianto di telefonia.
Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, è il giudizio vertente sull’accertamento del silenzio-assenso a rivestire natura pregiudiziale rispetto al successivo giudizio (n. 127 del 2021) promosso dal Comune, e non viceversa.
5.‒ Va riformata anche l’ulteriore statuizione di merito che – sia pure con la problematica tecnica della ‘doppia motivazione’ – ha comunque escluso la formazione del silenzio-assenso, per asserita incompletezza della documentazione a corredo della domanda.
Ritiene, infatti, il Collegio che l’Amministrazione locale ha violato l’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, nel testo vigente ratione temporis, il quale prevede che: «[l]e istanze di autorizzazione si intendono accolte qualora, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell’organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali».
Di seguito alcuni spunti ricostruttivi, di carattere generale, necessari per definire il caso concreto .
5.1.– Come recentemente osservato da questa Sezione (con sentenza n. 5746 del 2022), il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio-assenso’ risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia ‘equivale’ a provvedimento di accoglimento (tale ricostruzione teorica si lascia preferire rispetto alla tesi ‘attizia’ del silenzio, che appare una fictio non necessaria). Tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo. Con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.
Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l’altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a.
Inoltre, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie ‘silenziosa’ in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.
L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione – viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la solo possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’.
L’ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe in contrasto con il principio di «collaborazione e buona fede» (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’Amministrazione (ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990).
Resta fermo che il silenzio-assenso non costituisce una modalità ‘ordinaria’ di svolgimento dell’azione amministrativa, bensì costituisce uno specifico ‘rimedio’ messo a disposizione dei privati a fronte della inerzia dell’amministrazione, come confermato dall’art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990, secondo cui «[l]a mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente». Nello stesso senso depone anche l’obbligo di provvedere (sia pure redatto in forma semplificata) rispetto alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, sancito dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
5.2.– Che il silenzio-assenso si formi anche quando l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alle norme – oltre che desumibile dalle considerazioni sistematiche sopra svolte – è confermato da puntuali ed univoci indici normativi con il quali il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio-assenso sarebbe legato, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo.
Segnatamente, deve tenersi conto delle seguenti disposizioni:
i) l’espressa previsione della annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il «provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20», presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto;
ii) l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) – nella parte in cui afferma che «Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni» – conferma che, decorso il termine, all’Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;
iii) l’art. 2, comma 2-bis – prevedendo che «Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo […]» (analoga, ma non identica, disposizione è contenuta all’ultimo periodo dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001) – stabilisce, al fine di ovviare alle perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un’attestazione che deve dare unicamente conto dell’inutile decorso dei termini del procedimento (in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti);
iv) l’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, «in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente»;
v) l’art. 21, comma 1, della legge n. 241 del 1990 – secondo cui: «Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi […] –, da cui si desume che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfeziona comunque (al riguardo, sussiste una antinomia, che non rileva sciogliere in questa sede, con l’art. 21-nonies, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, il quale riconduce all’autotutela anche l’ipotesi di «provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato», salva la possibilità di auto-annullamento anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi).
5.3.– La stessa Sezione ha precisato che dai requisiti di validità – il cui difetto, come abbiamo visto, non impedisce il perfezionarsi della fattispecie – va distinta l’ipotesi della radicale ‘inconfigurabilità’ giuridica dell’istanza. La domanda, cioè, per potere innescare il meccanismo di formazione silenziosa dell’atto, deve essere quantomeno aderente al ‘modello normativo astratto’ prefigurato dal legislatore.
5.4.‒ Va pure rimarcato che le esigenze di semplificazione possono risultare diversamente modulate dal legislatore in ragione degli interessi sottesi alla specifica materia e tipologia di procedimento.
Ad esempio, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, nello specifico ed eccezionale sistema del condono edilizio, di cui all’art. 35, comma 18, della legge n. 47 del 1985, il termine biennale, previsto ai fini della formazione del silenzio-assenso, non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria, nonché quando non sia stata interamente pagata l’oblazione e altresì quando l’opera sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 settembre 2022, n. 8303; 12 luglio 2022, n. 5853; 15 marzo 2022, n. 1813; Id., 24 novembre 2020, n. 7382). Il termine biennale decorre dal momento in cui tali carenze siano state eliminate ad opera della parte interessata, ponendo l’Amministrazione in condizione di esaminare compiutamente la relativa domanda (ex plurimis, cfr.: Consiglio di Stato, sez. VI, 26 gennaio 2022, n. 535; sez. II, 18 febbraio 2021, n. 1474). A sua volta, il termine di trentasei mesi per la prescrizione breve del diritto al rimborso e al conguaglio, decorre esclusivamente nei casi in cui il procedimento risulti definito con la formazione del silenzio assenso.
6.– Su queste basi, è erronea l’affermazione del giudice di prime cure, secondo cui sarebbe stata ostativa alla formazione del silenzio-assenso la circostanza che non era stato acquisito il preventivo parere dell’AR.T.A.
6.1.– Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il parere prescritto dall’art. 87, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003 ‒ secondo cui: «copia dell’istanza ovvero della segnalazione viene inoltrata contestualmente all’Organismo di cui al comma 1 [N.d.R.: si tratta dell’organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36], che si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione» ‒ non è un atto presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo, bensì atto di un procedimento parallelo necessario, non per la formazione del titolo edilizio e per l’inizio dei lavori con esso assentiti, bensì esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3970 del 2017; Sez. VI, n. 98 del 2011 e n. 7128 del 2010; n. 4918 del 2022).
L’accertamento da parte dell’ARTA della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione alle emissioni elettromagnetiche, nonché con i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità ‒ stabiliti uniformemente a livello nazionale a tutela della salute della popolazione ‒ deve seguire, e non già precedere, la presentazione dell’istanza di autorizzazione. Le prescrizioni così impartite rientrano tra i compiti di controllo e vigilanza della stessa agenzia, in quanto prodromiche al riscontro della corrispondenza tra i dati progettuali elaborati ex ante (come riportati nella domanda) e quelli rilevati nella fase di concreta attivazione degli impianti.
In definitiva, l’autorizzazione unica ‒ in quanto rilasciata sulla base di dati prognostici sui futuri valori di campo elettromagnetico, i quali potranno essere realmente riscontrati nella loro effettiva portata solo a seguito dell’attivazione dell’impianto ‒ è dunque una condizione necessaria ma non sufficiente per l’attivazione dell’impianto, richiedendosi anche il positivo parere dell’ARTA.
6.2.‒ Poiché l’acquisizione del parere dell’ARTA è necessaria ai soli fini della realizzazione dell’installazione e non anche ai fini della regolarità e completezza dell’istanza, il termine per la formazione del silenzio-assenso decorre dalla presentazione della domanda corredata dal progetto, e non dalla ricezione, da parte del Comune, del parere dell’ARPA (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2436 del 2010; Sez. VI, n. 7128 del 2010; Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5756).
Per gli stessi motivi, non sussiste un onere per il richiedente di allegare siffatto parere in sede di presentazione dell’istanza di titolo edilizio (della denuncia di inizio di attività), né un obbligo di far pervenire il parere medesimo all’ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003.
6.3.– La tesi del giudice di primo grado non può sorreggersi neppure sull’art. 11, comma 3, della legge regionale n. 45 del 2004, secondo cui: «Il Comune, acquisito il parere dell'ARTA e dell'ASL con le modalità previste dalla L.R. n. 64/1998, autorizza l’installazione degli impianti previsti nel Programma o parte di essi nel rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici individuati agli articoli 3 e 4 del D.M. n. 381 del 1998, del D.P.C.M. 8 luglio 2003 relativo a campi magnetici ad alta frequenza e delle disposizioni di cui all'art. 11 e tenuto conto delle esigenze di copertura del servizio sul territorio».
Sul piano letterale, la disposizione regionale non attribuisce al parere dell’ARTA la funzione di atto condizionante il rilascio dell’autorizzazione.
Va poi considerato, sul piano dell’interpretazione logico-sistematica, che la stessa norma regionale stabilisce che il parere dell’ARTA deve essere acquisito dal Comune, il quale pertanto non può certo opporne l’assenza all’istante.
In ogni caso, in assenza di una chiara indicazione, l’obbligo di interpretazione conforme impone di non assegnare al parere dell’ARTA una funzione diversa da quella assegnatagli dalla norma statale, ovvero (come si è visto) di atto prodromico soltanto all’attivazione dell’impianto.
Vale la pena ricordare il costante insegnamento della Corte Costituzionale, secondo cui «di una disposizione legislativa non si pronuncia l’illegittimità costituzionale quando se ne porrebbe dare un’interpretazione in violazione della Costituzione, ma quando non se ne può dare un’interpretazione conforme a Costituzione» (ex plurimis, sentenza n. 46 del 2013; nello stesso senso sentenza n. 77 del 2007, ordinanze n. 102 del 2012, n. 212, n. 103 e n. 101 del 2011, n. 110, n. 192 e n. 322 del 2010, n. 257 del 2009, n. 363 del 2008). L’interpretazione conforme non è dunque un mero argomento persuasivo per la risoluzione delle antinomie normative, bensì una vera e propria re-gola precettiva per l’ascrizione di significato a una determinata disposi-zione primaria nel confronto con la fonte gerarchicamente superiore (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza, 21 aprile 2020, n. 2359).
Le disposizioni in materia di comunicazioni elettroniche attengono ad una pluralità di materie rispetto alle quali variamente si atteggiano la competenza legislativa dello Stato e quella delle Regioni (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 336 del 2005 307 del 2003). Tra i titoli di competenza esclusiva statale vengono in rilievo, per taluni profili, come si vedrà in prosieguo, le materie dell’«ordinamento civile», del «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» e della «tutela della concorrenza» (una efficiente rete di infrastrutture di comunicazione elettronica incide sullo sviluppo economico del Paese e sulla concorrenzialità delle imprese). Un ulteriore titolo legittimante l’intervento statale è costituito dalla «tutela dell'ambiente»
I titoli di legittimazione regionale attengono invece a materie di competenza ripartita, relative alla «tutela della salute» (per i profili inerenti alla protezione dall’inquinamento elettromagnetico), all’«ordinamento della comunicazione» (per quanto riguarda gli impianti di telecomunicazione o radiotelevisivi), al «governo del territorio» (per tutto ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività): cfr. sentenza n. 307 del 2003.
Su queste basi, l’istituto del silenzio-assenso, costituendo uno strumento di semplificazione procedimentale e di snellimento dell’azione amministrativa, deve ritenersi, anche tenuto conto degli interessi sottesi a questo tipo di costruzioni, espressione di un principio fondamentale della legislazione statale.
Deve quindi ritenersi inibito al legislatore regionale di introdurre ragioni di appesantimento dell’iter autorizzatorio, che si porrebbero in contrasto con le esigenze di tempestività e di contenimento dei termini.
A riprova, è significativo osservare come l’art. 87, comma 9, consenta (soltanto) «agli Enti locali di prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma».
7.– Neppure può invocarsi, per escludere la formazione del silenzio-assenso, la mancata allegazione delle dichiarazioni obbligatorie, sia del richiedente che del tecnico incarico.
7.1.– La richiesta presentata dalla ricorrente riguardava l’installazione di un nuovo impianto di telefonia, con potenza in singola antenna superiore a 20 watt.
Dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni, si desume che la documentazione da allegare all’istanza per il rilascio dell’autorizzazione a installare un impianto è quella prevista dal modello A dell’allegato n. 13.
Alla luce di quando dedotto dall’appellante senza specifica contestazione di controparte, l’istanza era conforme al predetto modello, recando gli elementi necessari all’istruttoria della pratica, quali: l’indirizzo completo del sito; i dati catastali; le coordinate geografiche; l’inquadramento urbanistico; l’assenza i vincoli paesaggistici.
La formazione del silenzio-assenso non è condizionata dalla presenza di altri documenti (Consiglio di Stato, Sez. III, 9 luglio 2018, n. 4189).
Peraltro, le suddette dichiarazioni (che Wind ha comunque successivamente provveduto a trasmettere al Comune in data 9 giugno 2020) contengono i medesimi riferimenti già riportati in sede di istanza, ed assumevano un rilievo puramente formale.
7.3–Va pure ricordato che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il silenzio-assenso previsto dall’art. 87, comma 9, del Codice delle comunicazioni rappresenta una fattispecie procedurale di carattere speciale che esclude l’applicazione della normativa di carattere generale di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, che assorbe in sé e sintetizza anche la valutazione edilizia che presiede al titolo ed esprime la volontà del legislatore di concludere il procedimento in un termine breve, per l’evidente favore che assiste il sollecito rilascio delle autorizzazioni relative alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici. Il legislatore ha prefigurato un procedimento unico, nell’ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, senza che debba essere attivato un secondo autonomo procedimento (sentenza n. 3019 del 2021, n. 9985 del 2022).
8.‒ In definitiva, il silenzio-assenso deve ritenersi formato trascorsi i 90 giorni dalla presentazione della istanza protocollata (al SUAP dell’Associazione tra Enti Locali per l’attuazione del Patto Territoriale Sangro-Aventino) il 18 novembre 2019.
Gli atti sopravvenuti impugnati nel ricorso di primo grado ‒ quali: il diniego adottato dal Suap, prot. 5905 del 1 luglio 2020; il parere comunale del 24 giugno 2020, il parere urbanistico del 28 aprile 2020 ‒ in quanto adottati oltre il termine di formazione del titolo per silenzio (decorso il 16 febbraio 2020) sono dunque di per sé invalidi (secondo l’attuale qualificazioni normativa essi sono inefficaci, ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990), in quanto non rivestono i connotati dei poteri di auto-annullamento.
9.– L’accoglimento dell’appello n. 4024 del 2022 comporta l’improcedibilità dell’appello n. 4475 del 2022 e prima ancora del ricorso a suo tempo proposto dal Comune ‒ avente ad oggetto un tratto procedimentale successivo al formarsi del silenzio-assenso e destinato ad essere automaticamente caducato dal giudicato oggetto del presente giudizio ai sensi dell’art. 336, comma 2, c.p.c., espressione di una regola generale applicabile al processo amministrativo in base all’art. 39 c.p.a. ‒ per sopravvenuta carenza di interesse.
10.‒ Le spese di lite del doppio grado di giudizio, tenuto conto della natura della controversia e della particolarità delle questioni giuridiche trattate, vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando:
- riunisce i ricorsi in epigrafe;
- accoglie l’appello n. 4024 del 2022 e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accerta il formarsi del silenzio assenso sulla domanda presentata il 18 novembre 2019 e annulla gli atti impugnati con il ricorso di primo grado, nei termini idi cui in motivazione;
- per l’effetto dichiara improcedibile l’appello n. 4475 del 2022, per sopravvenuta carenza di interesse dell’originario ricorso di primo grado con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza appellata;
- compensa interamente tra le parti, le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Dario Simeoli, Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti, Consigliere
Francesco De Luca, Consigliere
Lorenzo Cordi', Consigliere