Corte di Giustizia (Grande Sezione) 19 dicembre 2019
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Articolo 6, articolo 47, primo comma, e articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Direttiva 2008/50/CE – Inquinamento atmosferico – Qualità dell’aria ambiente – Piano per la qualità dell’aria – Valori limite per il biossido di azoto – Obbligo di adottare misure appropriate per garantire un periodo di superamento minimo – Obbligo per i giudici nazionali di adottare tutte le misure necessarie – Rifiuto opposto dal governo regionale di conformarsi ad un’ingiunzione giudiziaria – Pena detentiva prevista nei confronti di alti rappresentanti politici o alti funzionari della regione interessata – Tutela giurisdizionale effettiva – Diritto alla libertà personale – Fondamento giuridico – Proporzionalità»
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
19 dicembre 2019(*)
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Articolo 6, articolo 47, primo comma, e articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Direttiva 2008/50/CE – Inquinamento atmosferico – Qualità dell’aria ambiente – Piano per la qualità dell’aria – Valori limite per il biossido di azoto – Obbligo di adottare misure appropriate per garantire un periodo di superamento minimo – Obbligo per i giudici nazionali di adottare tutte le misure necessarie – Rifiuto opposto dal governo regionale di conformarsi ad un’ingiunzione giudiziaria – Pena detentiva prevista nei confronti di alti rappresentanti politici o alti funzionari della regione interessata – Tutela giurisdizionale effettiva – Diritto alla libertà personale – Fondamento giuridico – Proporzionalità»
Nella causa C‑752/18,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo superiore del Land Baviera, Germania), con decisione del 9 novembre 2018, pervenuta in cancelleria il 3 dicembre 2018, nel procedimento
Deutsche Umwelthilfe eV
contro
Freistaat Bayern
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Prechal, M. Vilaras, E. Regan, M. Safjan (relatore), S. Rodin, L.S. Rossi, I. Jarukaitis, presidenti di sezione, E. Juhász, D. Šváby, C. Vajda, F. Biltgen, K. Jürimäe e A. Kumin, giudici,
avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe
cancelliere: D. Dittert, capo unità
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 settembre 2019,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Deutsche Umwelthilfe eV, da R. Klinger, Rechtsanwalt;
– per il Freistaat Bayern, da J. Vogel, W. Brechmann e P. Frei, in qualità di agenti;
– per il governo tedesco, da S. Eisenberg, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da F. Erlbacher, G. Gattinara e E. Manhaeve, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 novembre 2019,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 4, prima frase, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, dell’articolo 197, paragrafo 1, TFUE, nonché dell’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Deutsche Umwelthilfe eV, un’organizzazione non governativa per la tutela dell’ambiente, e il Freistaat Bayern (Land Baviera, Germania) in merito all’esecuzione forzata di un’ingiunzione giudiziaria di adottare divieti di circolazione al fine di rispettare gli obblighi derivanti dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1).
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 L’articolo 9 della convenzione di Aarhus, intitolato «Accesso alla giustizia», dispone quanto segue:
«(...)
2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato
a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.
Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).
(...)
3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.
4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.
(...)».
Diritto dell’Unione
4 Ai sensi del considerando 2 della direttiva 2008/50:
«Ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso, è particolarmente importante combattere alla fonte l’emissione di inquinanti nonché individuare e attuare le più efficaci misure di riduzione delle emissioni a livello locale, nazionale e comunitario. È opportuno pertanto evitare, prevenire o ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi e definire adeguati obiettivi per la qualità dell’aria ambiente che tengano conto delle pertinenti norme, orientamenti e programmi dell’Organizzazione mondiale della sanità».
5 L’articolo 4 di detta direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri istituiscono zone e agglomerati in tutto il loro territorio. Le attività di valutazione e di gestione della qualità dell’aria sono svolte in tutte le zone e gli agglomerati».
6 L’articolo 13 di detta direttiva, intitolato «Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana», prevede al suo paragrafo 1 quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI.
Per quanto riguarda il biossido di azoto e il benzene, i valori limite fissati nell’allegato XI non possono essere superati a decorrere dalle date indicate nel medesimo allegato.
Il rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III.
(...)».
7 L’articolo 23, paragrafo 1, della stessa direttiva così recita:
«Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV.
In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.
Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
(...)».
8 L’allegato XI della direttiva 2008/50 è intitolato «Valori limite per la protezione della salute umana». Il suo punto B fissa valori limite per inquinante in funzione della sua concentrazione nell’aria ambiente misurata in diversi periodi di tempo. Per quanto riguarda il biossido di azoto, tale allegato prevede quanto segue:
Periodo di mediazione
Valore limite
Margine di tolleranza
Data entro la quale il valore limite deve essere raggiunto
1 ora
200 μg/m3, da non superare più di 18 volte per anno civile
(...) 0% entro il 1° gennaio 2010
1° gennaio 2010
Anno civile
40 μg/m3
(...) 0% entro il 1° gennaio 2010
1° gennaio 2010
Diritto tedesco
9 La prima frase dell’articolo 104, paragrafo 1, della Grundgesetz (legge fondamentale) dispone quanto segue:
«Non è ammessa alcuna restrizione della libertà personale se non per legge e nel rispetto delle forme che vi sono prescritte».
10 L’articolo 167, paragrafo 1, prima frase della Verwaltungsgerichtsordnung (codice di giustizia amministrativa; in prosieguo: la «VwGO») prevede quanto segue:
«Salvo diverse disposizioni specifiche contenute nella presente legge, l’esecuzione è disciplinata, mutatis mutandis, dall’ottavo libro della Zivilprozessordnung [codice di procedura civile]».
11 Secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, l’articolo 172 della VwGO costituisce una siffatta disposizione specifica che, conformemente alla formulazione introduttiva della prima frase dell’articolo 167, paragrafo 1, della VwGO, esclude in linea di principio l’applicazione delle disposizioni in materia di esecuzione forzata di cui all’ottavo libro della Zivilprozessordnung (codice di procedura civile; in prosieguo: la «ZPO»). Esso prevede quanto segue:
«Se, nei casi previsti all’articolo 113, paragrafo 1, seconda frase, all’articolo 113, paragrafo 5, nonché all’articolo 123, l’amministrazione non ottempera all’ingiunzione pronunciata a suo carico nella sentenza o nell’ordinanza che dispone misure provvisorie, il giudice di primo grado può, su istanza di parte e mediante ordinanza, irrogare all’amministrazione una penalità pari ad un importo massimo di EUR 10 000 in caso di mancata esecuzione entro il termine da esso fissato, provvedere, in caso di mancata esecuzione entro il suddetto termine, alla liquidazione di tale penalità e procedere d’ufficio all’esecuzione forzata. Una medesima ingiunzione può dare luogo a ripetute irrogazioni di penalità, nonché alla liquidazione ed esecuzione delle medesime».
12 L’articolo 888, paragrafi 1 e 2, della ZPO, così recita:
«1. Qualora un’azione non possa essere compiuta da un terzo, laddove essa dipenda unicamente dalla volontà del debitore, il giudice procedente di primo grado è tenuto, su istanza di parte, a dichiarare che il debitore è obbligato a compiere l’azione di cui trattasi, pena l’irrogazione di una sanzione pecuniaria coercitiva dell’adempimento - sostituita, ove essa non possa essere riscossa, dalla detenzione coercitiva dell’adempimento - oppure direttamente pena l’applicazione di una detenzione coercitiva dell’adempimento. L’importo di ogni penalità non può eccedere EUR 25 000. Le disposizioni della sezione 2 relative alla privazione della libertà si applicano mutatis mutandis.
2. I mezzi di coercizione sono disposti senza previa comminatoria».
13 L’articolo 890, paragrafi 1 e 2, della ZPO, stabilisce quanto segue:
«1. Il debitore che violi l’obbligo di non compiere o di tollerare un’azione è condannato per ogni infrazione, su istanza del creditore, dal giudice di primo grado ad una sanzione pecuniaria coercitiva dell’adempimento - sostituita, ove essa non possa essere riscossa, dalla detenzione coercitiva dell’adempimento - oppure direttamente alla detenzione coercitiva dell’adempimento che non ecceda i sei mesi. Ciascuna sanzione pecuniaria non può essere di importo superiore a EUR 250 000 e la durata complessiva della misura coercitiva detentiva non può superare i due anni.
2. La condanna deve essere preceduta da un’intimazione che, su istanza, è pronunciata dal giudice di primo grado, se non è già contenuta nella sentenza che dispone l’obbligo».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
14 Dalla decisione di rinvio risulta che il valore limite stabilito dal combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, e dell’allegato XI, punto B, della direttiva 2008/50 per il biossido di azoto (NO2), ossia 40 μg/m³ in media su un anno civile, è stato superato in molti luoghi, a volte di molto, su diversi chilometri di strada all’interno della città di Monaco (Germania).
15 A seguito di un ricorso della Deutsche Umwelthilfe, il Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo di Monaco, Germania), con sentenza del 9 ottobre 2012, ha ingiunto al Land Baviera di modificare il piano d’azione per la qualità dell’aria, applicabile alla città di Monaco, che costituisce un «piano per la qualità dell’aria» ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50, in modo che esso contenesse le misure necessarie per garantire che il valore limite stabilito per il biossido di azoto fosse rispettato quanto prima in tale città. Questa sentenza è passata in giudicato.
16 Con ordinanza del 21 giugno 2016, il Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo di Monaco) ha rivolto un’intimazione al Land Baviera con la minaccia di una penalità di EUR 10 000 in caso di inosservanza di tale ingiunzione entro un anno dalla data di notifica di detta ordinanza. Nell’ambito del procedimento di ricorso contro tale stessa ordinanza, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo superiore del Land Baviera, Germania), con ordinanza del 27 febbraio 2017, ha minacciato il Land Baviera di penalità comprese tra EUR 2 000 e 4 000 qualora non avesse adottato le misure necessarie affinché fossero rispettati i valori limite stabiliti dalla direttiva 2008/50, compresa l’imposizione di divieti di circolazione per determinati veicoli a motore diesel in talune aree urbane. Anche tale ordinanza è passata in giudicato.
17 Poiché il Land Baviera non si è pienamente conformato agli obblighi derivanti dall’ordinanza del 27 febbraio 2017, il Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo di Monaco), su richiesta della Deutsche Umwelthilfe, ha condannato il Land Baviera, con ordinanza del 26 ottobre 2017, al pagamento di una penalità di EUR 4 000. Il Land Baviera non ha impugnato questa ordinanza e ha pagato l’importo della penalità.
18 Successivamente, il Land Baviera ha continuato a non ottemperare alle ingiunzioni che erano state emesse nei suoi confronti mediante l’ordinanza del 27 febbraio 2017. Al contrario, i rappresentanti del Land Baviera, compreso il ministro presidente del Land, hanno annunciato pubblicamente la loro intenzione di non rispettare i suddetti obblighi relativi all’imposizione di divieti di circolazione.
19 Con ordinanze del 28 gennaio 2018, il Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo di Monaco), su istanza della Deutsche Umwelthilfe, ha condannato il Land Baviera al pagamento di una penalità di EUR 4 000 per la mancata esecuzione di un punto del dispositivo dell’ordinanza del 27 febbraio 2017, e ha minacciato tale Land di infliggere una penalità supplementare dello stesso importo qualora non si fosse conformato, entro un nuovo termine, ad un altro punto del dispositivo di tale ordinanza. D’altro canto, questo tribunale ha respinto, in particolare, la richiesta di disporre una misura coercitiva detentiva nei confronti del Ministro dell’ambiente e della tutela dei consumatori del Land Baviera o, altrimenti, del Ministro presidente del suddetto Land. Il Land Baviera ha impugnato tali ordinanze del 28 gennaio 2018 dinanzi al Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo superiore del Land Baviera), che ha respinto tali ricorsi con ordinanza del 14 agosto 2018.
20 È, tuttavia, ancora pendente dinanzi a quest’ultimo giudice il ricorso presentato dalla Deutsche Umwelthilfe contro l’ordinanza del 28 gennaio 2018 con la quale è stata respinta la sua richiesta di imposizione di una misura coercitiva detentiva. Secondo il giudice del rinvio, non vi è motivo di attendersi che il Land Baviera si conformi all’ordinanza del 27 febbraio 2017 adottando i divieti di circolazione in questione.
21 Orbene, quando il potere esecutivo manifesta, in modo così esplicito e risoluto, la propria determinazione a non conformarsi a determinate decisioni giudiziarie, si dovrebbe ritenere escluso che la minaccia e la liquidazione di nuove penalità, di importo più elevato, possano incidere in qualche modo su tale condotta. Infatti, il pagamento di una penalità non comporterebbe alcun danno patrimoniale per il Land Baviera. Al contrario, il pagamento di tale penalità avverrebbe, infatti, gravando una singola voce del bilancio del Land con l’importo fissato dal giudice e contabilizzando il medesimo importo come entrata della cassa centrale di tale Land.
22 Sebbene, in linea di principio, sia possibile garantire il rispetto degli obblighi e delle decisioni giudiziarie in questione mediante una misura coercitiva detentiva imposta a taluni membri del governo dell’Alta Baviera (Germania), del Ministro dell’ambiente e della tutela dei consumatori del Land Baviera o anche del Ministro presidente di tale Land, il giudice del rinvio ritiene che, per motivi di diritto costituzionale, tale strumento, previsto dalla ZPO, non sia applicabile nella fattispecie.
23 Infatti, mentre l’articolo 167, paragrafo 1, prima frase, della VwGO consente l’applicazione, salvo disposizione specifica di tale legge, delle misure previste dall’ottavo libro della ZPO, compresa la misura coercitiva detentiva, l’articolo 172 della VwGO costituirebbe una siffatta disposizione specifica, escludendo l’applicazione delle misure di esecuzione forzata contenute nell’ottavo libro della ZPO.
24 Certo è che il Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania) ha già dichiarato in diritto che i tribunali amministrativi hanno in linea di principio il dovere di considerare, se del caso, di non essere vincolati dalle restrizioni derivanti dall’articolo 172 della VwGO.
25 Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, se, sul fondamento dell’articolo 888 della ZPO, venisse disposta la misura coercitiva detentiva nei confronti di titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri, non sarebbe rispettata la condizione sancita dal Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale) nell’ordinanza del 13 ottobre 1970, secondo la quale nell’intento del legislatore al momento dell’adozione di una disposizione che funge da fondamento giuridico per una privazione della libertà personale dev’essere inglobato l’obiettivo per il perseguimento del quale sarà poi applicata tale disposizione. Orbene, secondo il giudice del rinvio, alla luce della genesi dell’articolo 888 della ZPO, la condizione così stabilita non è soddisfatta nei confronti dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri.
26 Tale giudice si chiede nondimeno se il diritto dell’Unione non richieda una diversa valutazione della situazione giuridica di cui trattasi nel procedimento principale.
27 Infatti, qualora il diritto dell’Unione richiedesse di disporre la misura coercitiva detentiva in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, i tribunali tedeschi non sarebbero autorizzati a tenere conto dell’ostacolo costituito dalla giurisprudenza costituzionale summenzionata.
28 Alla luce di ciò, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo superiore del Land Baviera) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«Se
– l’obbligo gravante sugli Stati membri di adottare ogni misura generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione, sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE,
– il principio dell’attuazione effettiva del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri, sancito, in particolare, dall’articolo 197, paragrafo 1, TFUE,
– il diritto a un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47[, primo comma,] della [Carta],
– l’obbligo gravante sugli Stati contraenti di garantire una tutela giurisdizionale effettiva in materia ambientale, derivante dall’articolo 9, paragrafo 4, prima frase, della [convenzione di Aarhus],
– l’obbligo gravante sugli Stati membri di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE,
debbano essere interpretati nel senso che un organo giurisdizionale tedesco è legittimato – o, se del caso, addirittura tenuto – a disporre la pena detentiva finalizzata alla coercizione dell’adempimento nei confronti dei funzionari pubblici di un Land (...), affinché sia data esecuzione all’obbligo, gravante su detto Land, di aggiornare un piano per la qualità dell’aria ai sensi dell’articolo 23 della direttiva [2008/50] con un determinato contenuto minimo, qualora tale Land sia stato condannato, mediante sentenza passata in giudicato, a provvedere ad un aggiornamento con un siffatto contenuto minimo, e,
– le ripetute minacce ed irrogazioni di penalità nei confronti del citato Land siano rimaste senza esito,
– le minacce ed irrogazioni di penalità non spieghino alcun effetto coercitivo rilevante neppure quando vengono minacciate o irrogate penalità di importo superiore rispetto a quelle precedenti, poiché il pagamento delle penalità non comporta per il Land federale condannato con sentenza passata in giudicato alcuna perdita patrimoniale, bensì unicamente un trasferimento degli importi di volta in volta stabiliti da una voce contabile a un’altra all’interno del bilancio statale,
– il Land federale condannato con sentenza passata in giudicato abbia dichiarato, sia dinanzi alle autorità giudiziarie, sia pubblicamente – ed in particolare dinanzi al Parlamento attraverso i suoi funzionari politici di più alto livello – che non adempirà gli obblighi impostigli in via giudiziaria in relazione al piano per la qualità dell’aria,
– il diritto nazionale preveda, in linea di principio, l’istituto della pena detentiva finalizzata alla coercizione dell’adempimento ai fini dell’esecuzione di decisioni giudiziarie, e tuttavia una giurisprudenza nazionale costituzionale osti all’applicazione della relativa disposizione ad una fattispecie come quella in esame, e
– per una fattispecie come quella in esame, il diritto nazionale non metta a disposizione mezzi coercitivi che siano più efficaci della minaccia e dell’irrogazione di penalità ma meno invasivi della pena detentiva finalizzata alla coercizione dell’adempimento, e il ricorso a siffatti mezzi coercitivi sia peraltro escluso per motivi sostanziali».
Sulla questione pregiudiziale
29 Con la sua questione il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 47, primo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, in circostanze caratterizzate da un persistente rifiuto da parte di un’autorità nazionale di conformarsi ad una decisione giudiziaria che gli impone di rispettare un obbligo chiaro, preciso e incondizionato derivante da tale diritto, in particolare dalla direttiva 2008/50, esso autorizza o addirittura obbliga il giudice nazionale competente ad imporre una pena detentiva ai titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri.
30 Secondo il giudice del rinvio, tale questione si pone nel contesto della giurisprudenza della Corte secondo la quale, qualora uno Stato membro non osservi le condizioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 e non abbia richiesto la proroga del termine nelle condizioni previste dall’articolo 22 di tale direttiva, spetta al giudice nazionale competente, eventualmente adito, adottare nei confronti dell’autorità nazionale ogni misura necessaria, come un’ingiunzione, affinché tale autorità predisponga il piano richiesto dalla citata direttiva alle condizioni previste da quest’ultima (sentenza del 19 novembre 2014, ClientEarth, C‑404/13, EU:C:2014:2382, punto 58).
31 Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha già ordinato al Land Baviera, conformemente a tale giurisprudenza, di adottare divieti di circolazione per taluni veicoli a motore diesel in alcune aree urbane della città di Monaco al fine di far rispettare quanto prima il valore limite per il biossido di azoto fissato nell’allegato XI, punto B, della direttiva 2008/50.
32 Alla luce del rifiuto del Land Baviera di ottemperare a tale ingiunzione, passata in giudicato, il procedimento principale riguarda in particolare un’istanza della Deutsche Umwelthilfe finalizzata all’esecuzione forzata di tale ingiunzione mediante misura coercitiva detentiva nei confronti del Ministro dell’ambiente e della tutela dei consumatori del Land Baviera o, altrimenti, contro il Ministro presidente di tale Land.
33 A tale proposito, si deve osservare, in primo luogo, che, in mancanza di armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata, le modalità della loro attuazione rientrano nella competenza dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio di autonomia processuale di questi ultimi. Nondimeno, tali modalità devono soddisfare la doppia condizione di non essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe soggette al diritto nazionale (principio di equivalenza) e di non rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 26 giugno 2019, Kuhar, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
34 In secondo luogo, occorre rammentare che gli Stati membri, quando attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti ad assicurare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta (sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 69), che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva. Nel caso di azioni per il rispetto del diritto ambientale, in particolare su iniziativa di associazioni di tutela ambientale come nel procedimento principale, tale diritto ad un ricorso effettivo è parimenti sancito dall’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus.
35 Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale che porta a una situazione in cui la decisione di un organo giurisdizionale resta inoperante, non disponendo il medesimo organo di alcun mezzo per farla rispettare, viola il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 72).
36 Infatti, tale diritto sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria resti inoperante a danno di una parte (sentenze del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 57).
37 Emerge, più specificatamente, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, alla luce della quale l’articolo 47 della Carta dovrebbe essere interpretato (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 41 e giurisprudenza ivi citata), che il fatto, per le autorità pubbliche, di non conformarsi ad una decisione giudiziaria definitiva ed esecutiva priva tale disposizione di ogni effetto utile (v., in tal senso, Corte EDU, 19 marzo 1997, Hornsby c. Grecia, CE:ECHR:1997:0319JUD001835791, §§ 41 e 45).
38 Il diritto a un ricorso effettivo è tanto più importante in quanto, nel settore disciplinato dalla direttiva 2008/50, la mancata adozione delle misure da quest’ultima richieste metterebbe in pericolo la salute delle persone (v., per analogia, sentenza del 25 luglio 2008, Janecek, C‑237/07, EU:C:2008:447, punto 38).
39 Peraltro, spetta al giudice nazionale, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’ambiente dell’Unione, interpretare il proprio diritto nazionale in un modo che sia il più conforme possibile sia agli obiettivi dell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus, sia agli obiettivi di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie, C‑240/09, EU:C:2011:125, punti 50 e 51).
40 A tal fine, spetta a detto giudice verificare, prendendo in considerazione l’intero diritto nazionale e applicando le modalità interpretative da esso riconosciute, se possa giungere ad un’interpretazione di tale diritto che gli consenta di applicare misure coercitive efficaci per garantire l’esecuzione, da parte delle autorità pubbliche, di una sentenza definitiva, come, in particolare, penalità di importo elevato, ripetute a breve scadenza, e il cui pagamento non vada alla fine a vantaggio del bilancio da cui provengono.
41 Stando così le cose, nel caso di specie, il giudice nazionale ritiene di non poter far rispettare il principio dell’effettività del diritto dell’Unione e il diritto a un ricorso effettivo, a meno che il diritto dell’Unione non lo autorizzi o addirittura non lo obblighi ad escludere motivi costituzionali che, a suo avviso, impediscono l’applicazione della misura coercitiva detentiva nei confronti dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri.
42 A tale riguardo, occorre ricordare che, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, ogni giudice nazionale chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze ha, in quanto organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione di diritto dell’Unione dotata di effetto diretto nella controversia di cui è investito (sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punto 21, nonché del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 58 e 61).
43 Tuttavia, tale giurisprudenza della Corte non può essere interpretata nel senso che il principio di effettività del diritto dell’Unione e il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, garantiti dall’articolo 47, primo comma, della Carta, obblighino il giudice nazionale a lasciare inapplicata una disposizione di diritto nazionale o la sua interpretazione unica che consideri conforme alla Costituzione nazionale qualora, facendo ciò, egli violi un altro diritto fondamentale garantito dal diritto dell’Unione.
44 Infatti, come emerge dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non è un diritto assoluto e può comprendere restrizioni, in particolare per tutelare i diritti e le libertà altrui. Orbene, una misura coercitiva come quella detentiva porta con sé una limitazione del diritto alla libertà, garantito dall’articolo 6 della Carta.
45 Per rispondere alla questione pregiudiziale, è quindi necessario, in terzo luogo, procedere alla ponderazione dei diritti fondamentali in questione con i requisiti di cui all’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta.
46 Per quanto riguarda i requisiti che il fondamento giuridico per una limitazione del diritto di libertà deve soddisfare, la Corte ha già rilevato, alla luce della sentenza della Corte EDU del 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna (CE:ECHR:2013:1021JUD004275009), che una legge che autorizza il giudice a privare una persona della sua libertà deve, per soddisfare i requisiti dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, essere sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione al fine di evitare qualsiasi pericolo di arbitrio (sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punti 38 e 40).
47 È opportuno precisare che tali condizioni si applicano a qualsiasi tipo di privazione della libertà, anche quando risulti dalla necessità di garantire l’esecuzione di una pena irrogata da una decisione giudiziaria, a prescindere dalla possibilità per l’interessato di evitare la privazione della libertà mediante l’esecuzione di un’ingiunzione ordinata mediante tale stessa decisione o mediante una decisione precedente.
48 Pur se dalle discussioni in udienza dinanzi alla Corte emerge che sussistono dubbi sul fatto che siano soddisfatte le condizioni per la pronuncia della pena detentiva prevista dal diritto tedesco nei confronti dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri, spetta al solo giudice nazionale valutare se le disposizioni nazionali pertinenti siano, in considerazione del loro tenore letterale e sostanziale, sufficientemente accessibili, precise e prevedibili nella loro applicazione e consentano quindi di evitare qualsiasi rischio di arbitrarietà.
49 In caso contrario, il giudice nazionale non può, sulla sola base del principio di effettività e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, imporre una misura coercitiva detentiva. Infatti, qualsiasi limitazione del diritto alla libertà deve essere prevista da una legge che soddisfi i requisiti di cui al punto 46 della presente sentenza.
50 Per quanto riguarda i requisiti derivanti dal principio di proporzionalità, è importante ricordare che, qualora più diritti fondamentali siano in discussione, la valutazione del rispetto del principio di proporzionalità dev’essere effettuata nel rispetto della necessaria conciliazione tra i requisiti connessi alla tutela di questi diversi diritti e di un giusto equilibrio tra di essi (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 60 e giurisprudenza citata).
51 Orbene, occorre considerare che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 86 delle sue conclusioni, poiché la pronuncia di una pena detentiva comporta una privazione della libertà personale, essa deve essere applicata solo qualora non esista alcuna misura meno restrittiva atta a consentire di raggiungere l’obiettivo perseguito. Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se la legge nazionale che disciplina l’esecuzione forzata possa essere interpretata conformemente al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nel senso che autorizzerebbe tale giudice ad adottare misure che non violano il diritto alla libertà, come quelle menzionate al punto 40 della presente sentenza.
52 Solo se il giudice del rinvio dovesse concludere che, nell’ambito della ponderazione di cui al punto 45 della presente sentenza, la limitazione del diritto alla libertà mediante l’imposizione di una pena detentiva soddisfa le condizioni poste a tal riguardo dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, il diritto dell’Unione non solo autorizzerebbe, ma imporrebbe anche l’applicazione di una siffatta misura.
53 Occorre inoltre sottolineare che le considerazioni che precedono non pregiudicano, in particolare, la possibilità che una violazione della direttiva 2008/50, come quella che il giudice del rinvio identifica come all’origine della controversia di cui al procedimento principale, sia accertata dalla Corte nell’ambito di un ricorso per inadempimento.
54 Inoltre, occorre ricordare che la piena efficacia del diritto dell’Unione e l’effettiva tutela dei diritti che i singoli ne derivano possono, se del caso, essere garantiti dal principio della responsabilità extracontrattuale dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili, principio inerente al sistema dei Trattati su cui si basa quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punti 20, 39 e 52, e del 28 luglio 2016, Tomášová, C‑168/15, EU:C:2016:602, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).
55 Questo principio si applica a qualsiasi caso di violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, indipendentemente dall’autorità pubblica responsabile di tale violazione (sentenza del 28 luglio 2016, Tomášová, C‑168/15, EU:C:2016:602, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).
56 Alla luce di quanto precede, la questione sollevata deve essere risolta dichiarando che il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 47, primo comma, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze caratterizzate da un persistente rifiuto di un’autorità nazionale di conformarsi ad una decisione giudiziaria che le ingiunge di adempiere un obbligo chiaro, preciso e incondizionato derivante da tale diritto, segnatamente dalla direttiva 2008/50, spetta al giudice nazionale competente pronunciare una misura coercitiva detentiva nei confronti dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri quando, nelle disposizioni di diritto interno, vi sia un fondamento giuridico per l’adozione di una siffatta misura che sia sufficientemente accessibile, preciso e prevedibile nella sua applicazione e purché la limitazione che sarebbe imposta al diritto alla libertà personale, garantito dall’articolo 6 della Carta, mediante tale pronuncia soddisfi le altre condizioni previste al riguardo dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Per contro, in mancanza di un fondamento giuridico simile nel diritto nazionale, il diritto dell’Unione non conferisce a tale giudice la facoltà di ricorrere a una siffatta misura.
Sulle spese
57 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze caratterizzate da un persistente rifiuto di un’autorità nazionale di conformarsi ad una decisione giudiziaria che le ingiunge di adempiere un obbligo chiaro, preciso e incondizionato derivante da tale diritto, segnatamente dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, spetta al giudice nazionale competente pronunciare una misura coercitiva detentiva nei confronti dei titolari di un mandato per l’esercizio di pubblici poteri quando, nelle disposizioni di diritto interno, vi sia un fondamento giuridico per l’adozione di una siffatta misura che sia sufficientemente accessibile, preciso e prevedibile nella sua applicazione e purché la limitazione che sarebbe imposta al diritto alla libertà personale, garantito dall’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali, mediante tale pronuncia soddisfi le altre condizioni previste al riguardo dall’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima. Per contro, in mancanza di un fondamento giuridico simile nel diritto nazionale, il diritto dell’Unione non conferisce a tale giudice la facoltà di ricorrere a una siffatta misura.
Firme