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Sez. 3, Sentenza n. 14237 del 08/03/2006 Ud. (dep. 21/04/2006 ) Rv. 233931
Presidente: Papadia U. Estensore: Ianniello A. Relatore: Ianniello A. Imputato: Schiano Di Cola. P.M. Passacantando G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App. Napoli, 11 Maggio 2004)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Impianto di nuovo oliveto - Autorizzazione paesistica - Necessità - Esclusione - Fondamento.

L'attività di bonifica di un fondo agricolo, finalizzata all'impianto di un oliveto, costituisce esercizio di attività agro-silvo-pastorale non comportante alterazione permanente dei luoghi, e come tale non necessitante della preventiva autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela dei vincoli paesaggistici.
Fonte CED cassazione

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 08/03/2006
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00413
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 027484/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) SCHIANO DI COLA LUCIA, N. IL 15/01/1965;
avverso SENTENZA del 11/05/2004 CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. IANNIELLO ANTONIO;
udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. PASSACANTANDO G., che ha concluso: inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell'11 aprile 2003 il Tribunale di Napoli - sezione distaccata di Pozzuoli - aveva riconosciuto Lucia Schiano Di Cola responsabile dei reati di cui alla L. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, nonché L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 1, 2 e 20 e L.R. n. 9 del 1983, art. 2, per avere realizzato, in qualità di proprietaria e committente, in assenza di concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza del relativo nulla osta e senza osservare le disposizioni in materia di costruzioni in zona sismica, n. 11 scavi profondi un metro e delle dimensioni di circa 80 cm. per 8 cm. su di un'area di circa mq. 120, in Monte di Procida il 19 dicembre 2001, condannandola alla pena di giorni undici di arresto e Euro 11.000,00 di ammenda.
La decisione è stata quindi riformata dalla Corte d'Appello di Napoli con sentenza dell'11 maggio 2004, che ha assolto l'imputata perché il fatto non sussiste dai reati di cui alle leggi edilizia e quella relativa alle costruzioni in zona sismica, rideterminando la pena per il reato paesaggistico ambientale, in ordine al quale ha confermato il riconoscimento di responsabilità, in giorni 10 di arresto e Euro 10.666,00 di ammenda.
La Corte ha ritenuto al riguardo fondato il dubbio relativamente alla finalità edilizia dell'attività realizzata dalla Schiano, escludendone la ricorrenza, mentre ha valutato comunque violato il vincolo paesaggistico anche alla luce delle deduzioni dell'appellante, secondo le quali lo scopo dei lavori era quello di bonificare il fondo con l'impianto di nuove essenze arboree (alberi di ulivo), affermando che tale impianto avrebbe comunque modificato l'aspetto esteriore del fondo.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l'imputata, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, in relazione alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, comma 1, lett. c), alla stregua del quale sarebbero puniti unicamente gli interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo, mentre nel caso in esame la natura edilizia dell'intervento accertato era da escludere, trattandosi esclusivamente di interventi di natura agricola finalizzati all'impianto di alberi di ulivo.
La ricorrente chiede pertanto l'annullamento della sentenza impugnata, senza rinvio, perché il fatto non costituisce reato o perché il fatto non sussiste.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Con l'unico motivo dello stesso, la ricorrente censura la decisione dei giudici di merito laddove, pur valutando l'intervento contestato come non inerente ad opere edili, tuttavia lo ha ritenuto comunque vietato e punito dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali vigente all'epoca dell'accertamento del fatto, e ciò in contrasto col contenuto di tale decreto. Ed invero, se a norma del Decreto citato, art. 151, per eseguire opere di qualunque genere sui beni assoggettati a vincoli ambientali, è necessario ottenere la preventiva autorizzazione dell'autorità amministrativa competente (ove si tratti quindi, come nel caso di specie, di vincoli ambientali di natura non assoluta, ma relativa), il successivo art. 152, lett. b) del medesimo Decreto esclude la necessità di una tale autorizzazione, tra gli altri casi, ""per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempre che non si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio".
Poiché infine l'art. 163 del Decreto punisce chiunque esegue lavori di qualunque genere sui beni ambientali senza la prescritta autorizzazione, restano al di fuori dell'ambito di applicazione della norma penale gli interventi indicati dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 152, in quanto per essi non è prescritta la preventiva autorizzazione.
Nel caso in esame, è stata accertata dal Giudice di primo grado la natura e la finalità non edilizia dell'intervento contestato, consistente viceversa in una attività di bonifica di un fondo agricolo finalizzata all'impianto di piante di ulivo, come tale riconducibile ad uno dei casi che a norma del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 152, comma 1, lett. b) non necessitano di preventiva autorizzazione ambientale.
Il ricorso va pertanto accolto, con l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto di reato contestato non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2006