Cass. Sez. III sent. 13677 del 3 aprile
2007 (c.c. 15 dic. 2006)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Scalfati
Beni Ambientali. Lago comunicante
con il mare. Natura demaniale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 15/12/2006
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1339
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 39888/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCALFATI Alfredo, n. a Roma il 27/10/1956;
avverso l'ordinanza 21/07/2006 del
Tribunale per il riesame di Latina;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere
Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona
del Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori Avv.ti MARVASI Tommaso e
PLACANICA Cesare, i quali hanno concluso chiedendo l'accoglimento del
ricorso. FATTO E DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Latina, con
provvedimento del 4.7.2006, disponeva il sequestro preventivo di una
struttura per approdo turistico, gestita dalla s.r.l. "In Land Sea",
esistente nel lago di Sabaudia (noto anche come lago di Paola) e
costituita da nove pontili collegati tra loro a mezzo di un passaggio
centrale e da due ulteriori pontili adiacenti la sponda del lago, per
una lunghezza complessiva di mt. 944,40 ed una superficie totale di mq.
1983,81, idonei all'ormeggio di 593 imbarcazioni.
La misura di cautela reale veniva disposta
in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt: a) artt. 54 e 1161
cod. nav.; b) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c; c) D.Lgs.
n. 42 del 2004, art. 181; d) L. n. 394 del 1991, artt. 13 e 30; e) art.
734 cod. pen.; f) artt. 632 e 639 bis cod. pen., trattandosi di opere
realizzate in assenza di concessione demaniale, di permesso di
costruire, di autorizzazione paesaggistica e di nulla-osta del Parco
nazionale del Circeo.
Il Tribunale di Latina - con ordinanza del
21.7.2006 - rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse
dell'indagato Scalfati Alfredo, legale rappresentante della s.r.l. "In
Land Sea". Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore
dello Scalfati, il quale - sotto il profilo della violazione di legge -
ha eccepito:
- la prescrizione dei reati contestati, in
quanto le strutture assoggettate al sequestro esisterebbero da epoca
antecedente al 1984 e sarebbero state oggetto di autorizzazioni
sindacali contenenti il riferimento al parere dell'Ente parco;
- la erronea affermazione della demanialità
marittima del lago, oggetto invece di proprietà privata;
- la carenza del "periculum in mora",
mancando i presupposti di concretezza ed attualità.
Il ricorso deve essere rigettato, poiché
infondato. 1. Elementi necessari per una adeguata comprensione della
vicenda sono i seguenti:
- secondo lo stralcio bibliografico
esistente presso l'amministrazione del Parco nazionale del Circeo, il
cd. "lago di Sabaudia (o di Paola)" è lungo circa 6,7 km. e ha una
superficie di circa 3,8 kmq. Esso è congiunto al mare, fino dall'epoca
romana, attraverso un canale lungo circa 700 metri e, dal 1935, anche
attraverso un canale più stretto (Caterattino) lungo circa 500 metri.
Il livello delle acque, da centinaia di anni, è pari a quello del mare
ed il regime delle stesse è condizionato delle maree, con minimo
afflusso di acque dolci superficiali;
- lo Stato italiano, in data 22.4.1981,
vendette l'intero ex feudo di San Felice Circeo, comprendente il lago,
a tale Ottavio Giachetti e, in seguito a successivi atti di
trasferimento anche mortis causa, il compendio immobiliare pervenne nel
1910 alla famiglia Scalfati;
- con decreto 2.9.1946 del Capo provvisorio
dello Stato, il lago - considerato appartenente al demanio idrico -
venne inserito nell'elenco delle acque pubbliche del Comune di Latina;
il relativo provvedimento di iscrizione, però, venne dichiarato
illegittimo dal Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, con sentenza
del 27.7.1956, confermata dalle Sezioni Unite civili di questa Corte
Suprema con sentenza del 20.6.1958;
- la Corte di Appello di Roma - Sezione usi
civici, con sentenza del 7.11.2003 (gravata da ricorso per cassazione
proposto dal Comune di Sabaudia, tuttora pendente), ha escluso la
demanialità civica del lago, rivendicata dai Comuni di Sabaudia e
Terracina;
- con decreto del 9.5.1961 il Direttore
marittimo di Civitavecchia, di concerto con l'Intendente di finanza di
Latina, incluse il lago nel demanio marittimo quale bacino di acqua
comunicante con il mare. Tale decreto, però, è stato dichiarato
illegittimo dalla Corte di Appello di Roma, con sentenza del 9.12.1980,
confermata dalla 1^ Sezione civile di questa Corte Suprema con la
sentenza n. 1863 del 19.3.1984.
2. Nella situazione dianzi descritta deve
essere esaminata la questione della contestata appartenenza del lago al
demanio marittimo.
Al riguardo va evidenziato che la Corte di
Appello di Roma, con la citata sentenza del 9.12.1980, ha affermato che
la comunicazione del lago medesimo con il mare non era libera, bensì
rimessa ad opere e canalizzazioni realizzate dall'uomo.
Quella Corte territoriale ha rilevato,
quindi, che il bene - tenuto conto della condizione in cui all'epoca
versava - non era idoneo ad essere utilizzato per i pubblici usi del
mare, non sussistendo alcun interesse pubblico attinente la navigazione
in mancanza di punti tra i quali creare un collegamento marittimo, e
che, quanto all'approdo ed al rifugio di natanti, l'ingresso nel bacino
interno era allo stato impossibile e poteva avvenire solo a costo di
imponenti opere di ristrutturazione dei canali di accesso.
Sempre secondo quella pronuncia di merito,
nessuna struttura destinata alla balneazione esisteva sulle sponde del
lago, che neppure era naturalmente dotato di notevole pescosità ma
soltanto sede di un vivaio utilizzato per la riproduzione di specie
ittiche determinate.
La 1^ Sezione civile di questa Corte
Suprema, con la sentenza del 19.3.1984, n. 1863:
- ha affermato innanzi tutto l'irrilevanza,
ai fini di quanto previsto dall'art. 28 c.n., della circostanza che la
comunicazione fra acque esterne ed interne sia o meno assicurata
dall'opera dell'uomo;
- ha evidenziato, però, che l'elemento
fisico della comunicazione con il mare può essere apprezzato solo in
quanto tale comunicazione attui la funzione di interesse pubblico che
il bene è in condizione di potere assolvere e, sul punto, ha
considerato motivato ih maniera completa e congrua l'accertamento di
fatto del giudice di appello, riferito nell'epoca in cui esso era stato
effettuato alla insussistenza di interesse alla creazione di linee di
comunicazione marittima ed all'impossibilità di ingresso nel lago di
natanti, se non a seguito di opere di ristrutturazione dei canali di
accesso e alla costruzione ex novo di moli, banchine, pontili e fondali;
- ha rilevato che i due canali di accesso
al mare avevano in atto una profondità, poco prima delle foci, di circa
80 cm. e larghezza di circa 15 metri, che nel tratto finale si riduceva
a pochi metri, rendendo particolarmente problematica qualsiasi
utilizzazione del lago ai fini della navigazione e del trasporto
marittimo. 3. In punto di diritto, quanto al riconoscimento della
demanialità marittima, questo Collegio afferma e ribadisce i seguenti
principi:
a) agli effetti dell'art. 28 c.n., lett.
b), - secondo cui fanno parte del demanio necessario marittimo i bacini
di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno
comunicano "liberamente" con il mare - l'indispensabile elemento
fisicomorfologico della comunicazione con il mare, pur essendo
irrilevante che questa sia assicurata attraverso l'opera dell'uomo che
impedisca il progressivo interramento delle acque, non costituisce di
per sè solo il fattore decisivo e qualificante della demanialità, ma
esso deve essere accertato e valutato in senso finalistico-funzionale,
in quanto, cioè, si presenti tale da estendere al bacino di acqua
salmastra le stesse utilizzazioni cui può adempiere il mare, rivelando
l'idoneità attuale, e non meramente potenziale e futura, del bene,
secondo la sua oggettiva conformazione fisica, a servire ai pubblici
usi del mare, anche se in atto non sia concretamente destinato all'uso
pubblico (vedi Cass. civ.: Sez. 1^, 19.3.1984, n. 1863, Min. marina
mercantile c/Scalfati, con la già citata decisione riferita appunto al
lago di Sabaudia in oggetto; Sez. 2^, 6.6.1989, n. 2745; Min. finanze
c/Mion, con decisione riferita ad una valle da pesca nella laguna
veneta);
b) riguardo ai beni di cui all'art. 28
c.n., lett. b), il requisito della libera comunicazione con il mare
(necessario ai fini della loro demanialità) non è rilevante di per sè
(onde non importa che a realizzarlo sia necessaria la periodica opera
dell'uomo per impedire la naturale tendenza all'interramento delle foci
e dei canali), ma solo in quanto assicura l'idoneità dei beni stessi
(considerati in rapporto all'estensione, alle annessioni ed alle
strutture e caratteristiche idrogeologiche) agli usi pubblici del mare
(vedi Cass. civ., Sez. 1, 27.1.1975, n. 316, Min. finanze c/Carta, con
decisione riferita agli stagni di Cabras nei pressi di Oristano); c) il
requisito della libera comunicazione con il mare durante una parte
almeno dell'anno dei bacini d'acqua salsa o salmastra non è, di per sè
solo, rilevante ai fini della legittima identificazione della loro
appartenenza al demanio marittimo, attesa la necessità dell'ulteriore
requisito della idoneità oggettiva ed immediata dei bacini stessi agli
usi pubblici del mare, indipendentemente da qualsiasi indagine sulla
loro idoneità ad utilizzazioni pubbliche meramente potenziali e future
(vedi Cass. civ., Sez. 1^, 16.2.1999, n. 1300, Arena ed altri c/Min.
trasp. e navigazione, con decisione riferita ai laghi di Ganzirri
presso Messina);
d) al fine dell'applicazione dell'art. 28
c.n., lett. b), che assegna al demanio marittimo "i bacini di acqua
salsa o salmastra che almeno una parte dell'anno comunicano liberamente
col mare", occorre fare riferimento alla situazione attuale del bene,
nel senso che detta demanialità postula la sua attitudine oggettiva ed
immediata all'uso pubblico, sicché resta irrilevante ogni indagine
sull'idoneità del bene medesimo ad utilizzazioni pubbliche meramente
potenziali e future (vedi Cass. civ., Sez. 1^, 23.11.1979, n. 6118,
Min. marina c/Schiano, con decisione riferita al lago di Lucrino presso
Napoli);
e) l'uso marittimo può essere il più vario
e sicuramente ricomprende l'accesso, l'approdo, la tirata in secco dei
natanti, le operazioni attinenti alla pesca da terra e le operazioni di
balneazione (vedi Cass. civ., Sez. 2^, 23.4.1981, n. 2417, Fortunato
c/Min. finanze);
f) l'art. 29 c.n., in quanto esige per la
demanialità delle "pertinenze marittime" la loro appartenenza allo
Stato, esclude anche che simile appartenenza sia rilevante per gli
stessi fini in ordine ai beni compresi nel precedente art. 28 c.n., per
i quali essa non è menzionata (vedi Cass. civ., Sez. 1^, 27.1.1975, n.
316, Min. finanze c/Carta).
4. Nella vicenda in esame risulta
accertata, allo stato, l'utilizzabilità attuale del cd. lago di
Sabaudia per i pubblici usi del mare.
La situazione dei luoghi, infatti, è
assolutamente diversa da quella posta a base della decisione assunta
dalla Corte di Appello di Roma il 9.12.1980 e confermata da questa
Corte Suprema con la sentenza n. 1863/1984 della 1^ Sezione civile, in
quanto:
- il 27.7.1984, il Sindaco di Sabaudia ha
autorizzato a titolo precario la s.r.l. "In Land Sea" ad eseguire
lavori di rifacimento sia di una parte dell'argine del lago sia delle
passerelle in legno appoggiate sulla sponda; nonché ha concesso
nulla-osta per l'ormeggio di imbarcazioni in numero non maggiore di 500
e con lunghezza non superiore a sei metri, facendo divieto di
navigazione nel lago di imbarcazioni a motore;
- detta autorizzazione all'ormeggio è stata
rinnovata per un anno con provvedimento del 27.5.1985;
- la preesistente banchina in legno per
l'attracco delle imbarcazioni ed una recinzione metallica (che separava
il percorso lungo la sponda di accesso al lago dal terreno retrostante)
sono stati sostituiti da una banchina in cemento armato e da una
diversa recinzione;
- negli anni successivi sono stati
realizzati svariati manufatti, a terra, connessi all'attività di
ormeggio, tutti privi di permesso di costruire e delle autorizzazioni
correlate ai vincoli esistenti (per i quali si afferma, nell'ordinanza
impugnata, la pendenza di distinti procedimenti penali);
- in data 6.5.2003 il Comune di Sabaudia ha
autorizzato la demolizione di un manufatto asseritamente pericolante,
costituito dalla ex chiusa sul canale romano di Torre Paola, di
collegamento con il mare, nonché il dragaggio del fondo del canale
limitato ai soli materiali di risulta della demolizione;
- in seguito a detta demolizione ed alla
ripetuta attività di dragaggio risulta ampliata la possibilità di
navigazione dal lago al mare e viceversa;
- alla data del 30.6.2000 vi erano, nella
darsena, soltanto sei pontili per circa 437 metri lineari;
- sulla base dei rilievi
aerofotogrammetrici eseguiti il 24.1.2004 risulta che 268,70 metri
degli attuali 944,40 sono stati realizzati dopo quel rilevamento,
mediante realizzazione ex novo di due pontili ed ampliamento di altri
due preesistenti;
- una delle passerelle attualmente
esistenti, con i relativi moduli galleggianti di appoggio, risulta
acquistata in data 12.4.2005;
- la s.r.l. "In Land Sea" pubblicizza la
prestazione attuale sia del servizio di ormeggio con fornitura di acqua
ed elettricità sui pontili, sia dei servizi di sollevamento di barche e
di officina meccanica; a terra funzionano inoltre una scuola di sci
nautico, un ristorante, un bar ed una bautique.
Nella situazione di fatto sopra descritta,
razionalmente il Tribunale di Latina ha ravvisato "l'utilizzo, da anni,
delle acque del lago ai fini dell'ormeggio delle imbarcazioni,
continuamente incrementato attraverso la realizzazione di nuove opere
che hanno determinato sostanzialmente la realizzazione di una struttura
portuale per la nautica da diporto", sicché legittimamente lo stesso
Tribunale ha ritenuto "comprovata la natura demaniale marittima del
lago... prevalente sui titoli di proprietà, vantati peraltro da
soggetti diversi dall'odierno indagato".
In particolare, alla stregua dei principi
di diritto dianzi enunciati:
- non è dubitabile che si tratti, nel caso,
di un bacino di acque salmastri, sia pure commiste in parte con acque
dolci e nessuna rilevanza può comunque ascriversi al tasso di salinità;
- il bacino comunica direttamente,
ininterrottamente e liberamente con il mare (anche) attraverso un
canale navigabile;
- incontestabile è l'uso marittimo attuale
del bacino medesimo nonché la sua attitudine oggettiva ad essere
utilizzata per fini del pubblico uso del mare, poiché tra questi vanno
sicuramente ricompresi l'accesso, l'approdo e la tirata in secco dei
natanti;
- è irrilevante che tale attuale
destinazione sia sorta e venga mantenuta per un'opera innovatrice
dell'uomo.
La 1^ Sezione civile di questa Corte - con
la sentenza n. 316/1975 - ha testualmente affermato che "la
destinabilità immediata all'uso pubblico, che si sovrappone
escludendolo all'uso privato, giustifica che un bene, per forza stessa
della legge e finanche senza bisogno di formalità accertativi
appartenga allo Stato, e vi appartenga in quella forma particolare per
la quale neppure lo Stato come entità soggettiva può liberamente
disporne contro la sua conservazione per la utilizzabilità generale da
parte di tutti, sia pure con quella serie di condizioni formali che
sono giustificate dalla necessità di un ordinato svolgimento dell'uso.
A questa stregua perde perfino valore la genesi di una destinabilità
pubblica in atto; nel senso che se, al limite, un cittadino privato
effettuasse, legittimamente o non, un'opera per cui sorge un bene prima
inesistente e destinarle ad uso pubblico... non vi è dubbio che il bene
nuovo diventi, anzi nasca come bene demaniale, a prescindere dai
rapporti economici o di altro tipo tra il cittadino e lo Stato".
5. Nella specie, in conclusione,
razionalmente risulta ravvisata la sussistenza del fumus del reato di
occupazione abusiva del demanio marittimo (di cui agli artt. 54 e 1161
cod. nav.), attraverso la installazione ed il mantenimento dei pontili
di approdo nonché attraverso lo stesso ormeggio delle imbarcazioni
(vedi Cass., Sez. 3^: 4.3.2005, n. 8410, Di Palma; 9.4.2003, n. 16670,
P.M. in proc. Bolognesi; 25.1.2000, n. 354, Carrodano).
A fronte degli accertamenti effettuati
devono riconoscersi, pertanto, profili di impudenza all'affermazione
del ricorrente secondo la quale unica funzione del canale di
collegamento con il mare sarebbe quella di "consentire l'ossigenazione
del lago".
Il reato ha natura permanente, sicché sono
irrilevanti le discettazioni difensive pretesa prescrizione.
Le autorizzazioni temporanee all'ormeggio
rilasciate dal Comune di Sabaudia in data 27.7.1984 e 27.5.1985 non
costituiscono concessioni demaniali (all'epoca, tra l'altro, non era
configurabile alcuna competenza dei Comuni in ordine al rilascio di
concessioni demaniali marittime).
6. La misura di cautela reale è stata
altresì disposta in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del
2001, art. 44, lett. C) installazione delle strutture di approdo senza
il necessario permesso di costruire); al D.Lgs. n. 42 del 2004, art.
181 (carenza dell'autorizzazione paesaggistica); L. n. 394 del 1991,
artt. 13 e 30 (mancanza del nulla-osta del Parco nazionale del Circeo).
In ricorso non si assume l'esistenza dei provvedimenti amministrativi
anzidetti (si adombra soltanto l'esistenza di un non meglio specificato
"parere" reso dall'Ente parco in relazione ai più limitati interventi
autorizzati dal Comune negli anni 1984 e 1985), e quanto all'eccezione
di prescrizione di tali reati, va rilevato che l'ultimo pontile è stato
sicuramente installato in epoca successiva all'acquisto dei suoi
componenti, documentato da una fattura del 12.4.2005.
7. Il "periculum in mora" è più che
evidente, quanto alla contravvenzione demaniale, tenuto conto che la
libera disponibilità dei beni sequestrati determina il protrarsi della
occupazione abusiva costituente reato.
Appare ultroneo discettare, pertanto, circa
l'aggravamento del carico urbanistico connesso all'incremento dei
posti-barca disponibili, comunque valutabile quanto meno sotto il
profilo della necessità di maggiori spazi da destinare a parcheggio dei
veicoli utilizzati dai proprietari delle imbarcazioni per raggiungere
il luogo di ormeggio. 8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli
artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio, il 15 dicembre 2006. Depositato in Cancelleria il 3 aprile
2007