TAR Lazio (RM), Sez. II-Q, n. 2374, del 6 marzo 2013
Acque.Il concetto di acque reflue urbane comprende le acque reflue domestiche e le acque reflue industriali

L’inderogabilità dei limiti della tabella 1 e della tabella 3 dell’All. 5, parte terza al D.Lgs. 152/2006 fanno riferimento alla tipologia delle acque in ingresso e non alla tipologia dell’impianto, risultando perciò a tal fine indifferente la natura biologica o meno del depuratore. L’art. 74 del d.lvo n. 152/06 distingue le acque reflue domestiche, provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, le acque reflue industriali, scaricate da impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, ed include nel concetto di acque reflue urbane il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, provenienti da agglomerato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 02374/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01837/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1837 del 2007, proposto da: 
Soc Acea Ato 2 Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Puca, con domicilio eletto presso Vincenzo Puca in Roma, via E. Guastalla, 4;

contro

Provincia di Roma, rappresentato e difeso per legge dall'Giovanna De Maio, domiciliata in Roma, via IV Novembre, 119/A; Comune di Roma, rappresentato e difeso per legge dall'Fiammetta Lorenzetti, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

d.d. 563/06 avente ad oggetto: autorizzazione allo scarico di acque reflue urbane - depuratore pubblico roma est - sez i^ - via degli alberini snc

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Roma e di Comune di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2012 il dott. Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ACEA ATO 2 è la società del gruppo ACEA che gestisce il servizio idrico integrato nell’ambito territoriale ottimale Lazio Centrale Roma comprendente “la captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, la fognatura e la depurazione delle acque reflue”(art. 4, comma 1, lett. f) L. 36/94); come gestore ha, tra l’altro, in concessione tutti i beni demaniali, afferenti strutture e impianti funzionali e strumentali al servizio di smaltimento delle acque reflue, avendone la responsabilità di gestione.

In qualità di gestore, la società ricorrente ha chiesto alla Provincia di Roma il rinnovo dell’autorizzazione per lo scarico delle acque reflue urbane provenienti dal depuratore biologico a fanghi attivi ubicato nel Comune di Roma, Via degli Alberini snc, della capacità massima di trattamento dichiarata di mc/giorno 121.000 riferita a n. 300.000 abitanti equivalenti nel corpo idrico superficiale denominato Fiume Aniene.

Con la determinazione dirigenziale n. 563 dell’11.12.2006 la Provincia di Roma ha rilasciato l’autorizzazione richiesta, tuttavia imponendo le seguenti prescrizioni:

1. Lo scarico delle acque reflue provenienti dal depuratore deve rispettare i limiti di tab. 1 e di tab. 3 All. 5, D.Lgs. 152/2006.

2. lo scarico delle acque reflue proveniente dagli scaricatori di piena deve rispettare i limiti di tab. 1 e di tab. 3 All. 5, D.lgs. 152/2006.

La suddetta determinazione dirigenziale è impugnata deducendo i seguenti motivi di censura:

___1. Violazione delle norme in materia di procedimento amministrativo, artt. 2, 3, 5, 6, 7, 8 della L. 241/90– Eccesso di potere – Travisamento dei fatti – Difetto di istruttoria – Difetto di motivazione.

___2. Avverso la prescrizione del rispetto della tabella 3 (D. lgs. 152/2006 All.5) relativa allo scarico di acque reflue provenienti dagli scaricatori di piena, violazione degli artt. 100. 101, 103 del d.lgs. n.152/2006, eccesso di potere in tutte le sintomatiche figure, in particolare travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta.

La prescrizione con la quale la Provincia ha imposto il rispetto della tab. 3 non può essere tecnicamente rispettata, posto che gli scaricatori di piena sono situati prima dell’imbocco del depuratore e servono a scaricare immediatamente nel corpo recettore le acque eccedenti la capacità di trasporto dei collettori stessi, in caso di abbondanti precipitazioni o comunque quando il livello delle acque nelle fognature superi la portata prestabilita.

__3. Avverso la prescrizione relativa al rispetto della tabella 3 (D. lgs. 152/2006 All.5) per gli scarichi di acque reflue provenienti dal depuratore: violazione degli artt. 100. 101, 103 del d.lgs. n.152/2006, eccesso di potere in tutte le sintomatiche figure, in particolare travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta.

Nemmeno tale prescrizione può essere rispettata: si tratta di un impianto biologico a fanghi attivi progettato per il trattamento prevalente dei reflui urbani e capace di trattare solo le sostanze di cui alla tab. 1 dell’allegato 5 (ossia COD, BOD5 e dei solidi sospesi) ma non è idoneo a rimuovere le altre sostanze inquinanti indicate nella tab. 3 - che invece disciplina l’immissione in fogna di acque reflue industriali - fatta eccezione degli effetti della normale diluizione con le acque che si trovano in fognatura, che, anzi, potrebbero danneggiare l’impianto (tanto che devono essere introdotti accorgimenti per evitare che questi possano “avvelenare” il comparto biologico).

Vanno distinti i valori limite indicati nelle diverse colonne della tab. 3: quelli della terza colonna si riferiscono alla quantità massima per lo scarico in acque superficiali, quelli della quarta invece alla quantità massima per lo scarico in fogna (sono leggermente superiori per tener conto dell’effetto di diluzioni, tanto che i valori sono identici per gli elementi non diluibili, quali mercurio, selenio, cloruri, fosforo e pesticidi).

Pertanto i reflui industriali debbono essere trattati a monte, presso gli impianti industriali, mediante l’utilizzo di apposite strutture, ciascuna progettata per l’abbattimento di un dato componente chimico, prima dell’immissione in fogna, trattandosi di attività completametne diversa rispetto a quella svolta da un depuratore biologico; tant’è che le autorizzazioni per gli scarichi industriali in fognatura sono rilasciati dall’ente locale competente e la vigilanza sull’effettivo rispetto dei parametri previsti che devono verificare il rispetto dei parametri previsti dalla legge. Se lo scarico delle sostanze inquinanti industriali entra in fognatura fuori norma, il depuratore biologico non può trattarle e quindi lo scarico di quest’ultimo non può rispettare i parametri della tab. 3, senza però responsabilità del gestore – che non può nemmeno modificare gli impianti di depurazione, che restano di proprietà comunale - cui altrimenti la delibera impugnata addosserebbe un onere impossibile.

La Provincia si è costituita in giudizio e, con una prima memoria, ha chiesto il rigetto del gravame, controdeducendo in merito alla singole censure.

Con una seconda memoria ha chiesto la declaratoria di improcedibilità del ricorso, essendo nel frattempo stata adottata una nuova autorizzazione, in sostituzione di quella impugnata e venuta a scadenza, che non è stata impugnata pur contenendo identiche prescrizioni.

Con memoria di replica, l’ACEA ha sostenuto che non sarebbe venuto meno l’interesse al ricorso per effetto del rilascio della nuova autorizzazione in sostituzione di quella oggetto del presente giudizio ed ormai scaduta, permanendo l’interesse all’annullamento della prescrizione illegittima in quanto l’inosservanza della prescrizione impugnata comporta l’applicazione delle sanzioni amministrative di rilevante entità ed eventualmente anche di sanzioni penali.

Sostiene che potrebbe essere dichiarata la cessazione della materia del contendere solo ove la prescrizione fosse da intendersi negli stessi termini di cui all’autorizzazione n. 492/07 (riguardante un altro depuratore) secondo la quale il rispetto di tab. 3 riguarda solo l’ipotesi in cui siano stati legittimamente autorizzati scarichi di acque reflue industriali nella fognatura consortile.

Quanto alla questione relativa agli scolmatori di piena, entrambe le parti hanno concordato sul punto che deve ritenersi cessata la materia del contendere poiché la Provincia, con nota prot. 66969 del 12.5.2009 (in atti) ha, in autotutela, stabilito che “nelle autorizzazioni agli scarichi di acque reflue urbane , dove si autorizzano anche gli scarichi provenienti dagli scolmatori di piena è da considerarsi annullata la prescrizione secondo cui deve essere rispettata la prescrizione del rispetto della tabella 3 (all. 5, parte terza, d.lgs. 15272006). Resta ferma la condizione che gli scarichi possono essere autorizzati solo nei casi in cui sia garantito un rapporto di diluizione di almeno 1/3.

Con successive note di replica la Provincia ha insistito per la declaratoria di improcedibilità del ricorso e per la cessazione della materia del contendere in relazione alla prescrizione relativa agli scaricatori di piena.

Si è altresì costituito in giudizio il Comune di Roma che resiste solo formalmente.

All’odierna udienza, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Va in via preliminare dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alle censure relative all’imposizione della prescrizione del rispetto della tabella 3 per le acque reflue derivanti dagli scolmatori di piena in quanto con la nota n. 66969/2009 la Provincia ha provveduto in autotutela ad annullare in tutte le autorizzazioni già rilasciate, le relative prescrizioni, fermo restando l’obbligo di garantire il rapporto di diluizione dell’1:3, già imposto dalla autorizzazione impugnata.

Quanto all’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse prospettata dalla Provincia relativamente alle censure in merito alla legittimità della prescrizione con cui si impone l'obbligo del rispetto dei limiti tabellari stabiliti dalla tabella 3 dell'allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 per le acque reflue provenienti dal depuratore, atteso che l’atto gravato ha oramai esaurito i suoi effetti ed è stato sostituito da successivo provvedimento autorizzatorio, non impugnato. Nell’ultima memoria la ricorrente replica di avere ancora interesse alla decisione in considerazione di non meglio precisate sanzioni correlate alle prescrizioni oggetto di contestate per cui persiste l’interesse a che siano dichiarate illegittime.

Al riguardo il Collegio ritiene che si possa prescindere dall’esaminare l’eccezione formulata dalla Provincia - nonché a rilevare la genericità e la mancanza di attualità dell’interesse ad evitare eventuali sanzioni meramente ipotizzate - in quanto le relative censure risultano infondate nel merito. Va infatti condivisa la difesa della Provincia ove ribadisce l’inderogabilità dei limiti tabellari sopra indicati prescritti dalla normativa in materia fanno riferimento alla tipologia delle acque in ingresso e non alla tipologia dell’impianto, risultando perciò a tal fine indifferente la natura biologica o meno del depuratore. L’art. 74 del d.lvo n. 152/06 distingue le acque reflue domestiche, provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, le acque reflue industriali, scaricate da impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, ed include nel concetto di acque reflue urbane il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, provenienti da agglomerato. Pertanto, secondo la Provincia, siccome nell’agglomerato di riferimento sono presenti insediamenti in cui si svolgono le attività commerciali e produttive sopraindicate (e quindi di negozi, ipermercati, lavanderie, autolavaggi) risulta incontestabile che nel depuratore in contestazione entrino anche acque reflue industriali secondo la nozione soprariportata. Da ciò ne deriva che, siccome gli scarichi urbani immessi nel depuratore presentano natura mista, in quanto in essi confluiscono non soltanto i reflui domestici, ma anche quelli meteorici di dilavamento, e quelli derivanti da attività industriali, il gestore dell’impianto è soggetto all’obbligo del rispetto dei parametri di cui alla tab. 3.

Pertanto la Provincia afferma di aver legittimamente prescritto il rispetto dei limiti della tabella 1 e della tabella 3 dell’All. 5, parte terza al D.Lgs. 152/2006 in quanto è lo stesso legislatore ad aver previsto nel caso di reflui urbani – che per loro stessa natura possono contenere anche reflui industriali, essendo misti – l’assoggettamento al rispetto della tab. 3 nel caso in cui vi siano scarichi di acque reflue industriali; in cui evidenziandosi la ratio della disposizione, che è quella di evitare che vengano immessi nei corpi idrici superficiali reflui non adeguatamente trattati e dunque potenzialmente pericolosi per la salubrità dell’ambiente; pertanto, quando vi sia la presenza all’interno dei reflui urbani di acque reflue industriali, devono essere rispettati i più stringenti parametri di sicurezza previsti dalla tab. 3.

La ricostruzione della normativa in materia e della ratio operata dalla Provincia merita condivisione. L’obbligatorietà del rispetto di tali valori limite è espressamente sancita dall’art. 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che nello stabilire i criteri generali della disciplina degli scarichi, dispone che “Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto”. Detto allegato, recante i limiti di emissione degli scarichi idrici in corpi d'acqua superficiali, premesso che “gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono conformarsi, secondo le cadenze temporali indicate, ai valori limiti definiti dalle Regioni in funzione degli obiettivi di qualità e, nelle more della suddetta disciplina, alle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto” e che “gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1”, nonchè tabella 2 in aree sensibili, dispone che “devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3” ovvero quelli stabiliti dalle Regioni” precisando, con riferimento a questi ultimi che: “L'autorità competente per il controllo deve altresì verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura”. Il successivo art. 105, nel disciplinare gli scarichi in acque superficiali, ribadisce che gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione indicati nella tabella 3, e dispone che le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, prescrivendo, anche per queste, il rispetto dei predetti valori-limite di emissione fissati in detta tabella.

Per quanto riguarda i primi, l’art. 107 stabilisce che “Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2”. Spetta pertanto all'Autorità d'ambito individuare norme tecniche, prescrizioni regolamentari e valori-limite in base alle caratteristiche dell'impianto volte ad assicurare la tutela del corpo idrico ricettore ed il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane sopra ricordata.

L’allegato V del d.lgs. 152/2006 infatti prevede che gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2” però al punto 1.1. dell’All. 5 al D.Lgs. 152/99 stabilisce che devono essere rispettati i valori limite di tab. 3 nel caso di fognature che raccolgono anche scarichi di acque reflue industriali (“Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni”. Le finalità sopra rappresentate sono infatti tenute presenti già in sede di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane verificando che le modalità della gestione assicuri il rispetto dei valori limite degli scarichi. Non si tratta, peraltro, di un’irrazionale imposizione d’un onere impossibile, in quanto, come evidenziato dalla Provincia l’ente gestore del depuratore è coinvolto nel processo di regolazione e controllo dell’immissione dei reflui industriali, secondo le modalità indicate nel contratto di servizio con cui, ai sensi dell’art. 203, sono regolati i rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato. Ed il risultato in termini di perseguimento del rispetto di tali valori viene raggiunto mediante l’attività sinergica dei vari enti pubblici interessati, nell’ambito delle specifiche competenze, sul controllo delle immissioni, come richiamato dalla ricorrente, e quindi anche mediante la partecipazione del gestore.

Tanto chiarito in merito alla inderogabilità dei limiti tabellari in contestazione nel caso di immissioni di reflui misti, con componente anche industriale, si tratta di stabilire se l’accertamento di tale presupposto fattuale per l’imposizione della prescrizione in contestazione ricada sulla ricorrente, in quanto richiedente l’autorizzazione allo scarico in questione, oppure sull’Amministrazione competente a rilasciare il titolo autorizzatorio.

Orbene ritiene il Collegio che la dichiarazione inerente gli scarichi industriali e le connesse responsabilità - che si devono invece ritenere presunti nell’ambito dei reflui urbani di una città come Roma in cui sono presenti impianti in cui si svolgono attività produttive e commerciali che sono normativamente contemplate tra quelle produttive di “scarichi industriali” – non possano che gravare sull’istante-gestore dell’impianto in sede di domanda di autorizzazione, il quale è quindi tenuto ad acquisire – se del caso - le relative informazioni dall’Amministrazione comunale che li ha autorizzati.

A conforto di tale convincimento operano considerazioni di ordine logico relative al ruolo del gestore del Servizio idrico integrato, coinvolto nella procedura di autorizzazione degli scarichi industriali come sopra ricordato.

Naturalmente deve trattarsi di scarichi industriali autorizzati, poiché eventuali illegalità – quali ad esempio la presenza di scarichi industriali abusivi - , una volta accertate, devono essere sanzionate, ma non possono evidentemente costituire il presupposto di fatto per l’assoggettamento del gestore a parametri più gravosi quale il rispetto della tab. 3.

Ne consegue che la prescrizione ritenuta lesiva è derivata dalla condotta della stessa ricorrente, che non si è resa parte diligente nel fornire i dati necessari alla Provincia, la quale nella situazione di incertezza, ha applicato le prescrizioni più restrittive previste dalla legge, facendo corretta applicazione del principio di precauzione, che è un principio generale ormai codificato in ambito europeo e riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente (sul principio di precauzione, cfr. T.A.R. Roma Lazio sez. II 20 gennaio 2012 n. 663; T.A.R. Trento Trentino Alto Adige sez. I 14 gennaio 2012 n. 18; Cons. Stato sez. IV, 15 dicembre 2011 n. 6612).

Per cui nessuna contradditorietà può ravvisarsi nell’autorizzazione n. 492 del 24.9.2007 - più volte invocata dalla ricorrente – in quanto in questa la modifica della prescrizione del rispetto della tabella 3 era stata disposta proprio a seguito della comunicazione da parte dei ACEA ATO 2 dell’assenza di scarichi industriali (cfr. documentazione depositata dalla Provincia, in atti); sicchè a quest’ultimo provvedimento non può attribuirsi alcuna valenza di “ripensamento” dell’Amministrazione provinciale in merito all’inderogabilità dei valori limite sopra richiamati.

In conseguenza della reiezione delle doglianze di ordine sostanziale, vanno respinte anche le doglianze relative alle dedotte violazioni procedimentali, in quanto, stante la natura vincolante delle prescrizioni relative al rispetto dei valori limite indicati nella tabella 3, la ricorrente non avrebbe potuto utilmente giovarsi della partecipazione al procedimento; ed il provvedimento appare immune dal denunciato difetto di istruttoria e di motivazione. Al riguardo deve rilevarsi che: -- la natura, le caratteristiche tecniche e le modalità di funzionamento del depuratore erano ben note alla Provincia, trattandosi di rinnovo di una precedente autorizzazione nella quale peraltro era stata già prevista la prescrizione del rispetto della tab. 3 dell’All. 5 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/2006, e comunque - come già rilevato – la tipologia del depuratore non è dirimente; - il provvedimento nella parte in cui impone il rispetto dei livelli della tab. 3 si limita a riprodurre una disposizione di legge, e dunque la partecipazione della ricorrente al procedimento amministrativo non avrebbe potuto comunque incidere sulla determinazione finale. Ne consegue che, come rilevato dalla difesa della Provincia, sussistono nella fattispecie i presupposti per l’applicazione dell’art. 21 octies della L. 241/90, secondo cui non è annullabile il provvedimento anche se affetto da violazione di norme sul procedimento o sulla forma quando, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso (cfr. tra le tante, Consiglio di Stato sez. V 29 ottobre 2012 n. 5504).

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso va respinto in quanto infondato.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti, tenuto conto della novità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte dichiara la cessazione della materia del contendere, in parte lo respinge, come specificato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 29 novembre e 17 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore

Alessandro Tomassetti, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)