Cass. Sez. III n. 38677 del 23 settembre 2014 (Ud. 3 giu 2014)
Pres. Squassoni Est. Di Nicola Imp. Liccardi
Beni Ambientali.Dichiarazione intervenuta in base a precedenti provvedimenti e configurabilità del delitto paesaggistico

In tema di tutela del paesaggio, il delitto previsto dall'art. 181, comma primo bis, lett. a), D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è configurabile anche quando i lavori abusivi sono effettuati su beni paesaggistici dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti. (Fattispecie relativa alla realizzazione abusiva di manufatto edilizio in zona dichiarata di notevole interesse pubblico, con D.M. 24 marzo 1977, ai sensi della legge n. 1497 del 1939).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 03/06/2014
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. DI NICOLA Vito - rel. Consigliere - N. 1590
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - N. 37357/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Liccardi Massimo, nato a Cagliari il 15/09/1980;
avverso la sentenza del 11/02/2013 della Corte di appello di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. DI NICOLA Vito;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale BALDI Fulvio, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;
udito per l'imputato.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Cagliari, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la decisione emessa dal Tribunale della stessa città con la quale Liccardi Massimo è stato dichiarato colpevole del reato previsto dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, per aver realizzato abusivamente un manufatto edilizio in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del comb. disp. D.M. 24 marzo 1977, della L.R. n. 5 del 1999 e del D.M. 12 gennaio 1979, in
assenza della prescritta autorizzazione, e condannato alla pena di mesi otto di reclusione.
2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza, ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore, Liccardi Massimo affidando il gravame ad un unico complesso motivo con il quale deduce violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto l'inapplicabilità al caso di specie della procedura disciplinata del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 136, 139 e 140, nonché per violazione del principio dell'onere della prova.
Si assume come non risulti specificata l'esatta contestazione del fatto (solo con la sentenza d'appello è stato precisato che la violazione riguarderebbe del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. "a"); come siano stati richiamati provvedimenti
amministrativi inconferenti (tra l'atro il D.M. 12 gennaio 1979 non esisterebbe); come non si faccia alcun riferimento in rubrica al fatto che le aree sulle quali è stato realizzato il manufatto sarebbero state dichiarate di notevole interesse pubblico che rappresenta il requisito necessario perché possa procedersi alla contestazione di cui del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis. In particolare, si osserva come non sia stata dimostrata l'esistenza della dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area sulla quale è stato realizzato l'intervento e soprattutto non è stato dimostrato il compimento dell'iter prescritto della L. 29 giugno 1939, n. 1497, artt. 2, 3 e 4.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. È incontroverso che l'area interessata all'intervento ricada in località "Is Arenas" ed in particolare nella zona degli stagni (c.d. zona umida) del Molentargius sito nel comune di Quartu Sant'Elena.
2.1. In base alla disciplina contenuta nel D.Lgs. 42 del 2004 (Codice Urbani), che riprende le previsioni della L. n. 431 del 1985 (cosi detta "Legge Galasso"), recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, la zona umida costituisce bene soggetto a tutela paesaggistica.
Più precisamente, il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, prevede che sono soggetti a tutela: "i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448". Il decreto citato è quello col quale lo Stato ha dato esecuzione alla convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971.
Tale convenzione, meglio conosciuta come "Convenzione di Ramsar", è un trattato intergovernativo che rappresenta il primo dei moderni trattati intergovernativi sulla conservazione e l'uso sostenibile delle risorse naturali.
Secondo tale convenzione, le zone umide (quali stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e artificiali permanenti o temporanee con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata, comprendendo le distese di acqua marina la cui profondità in condizioni di bassa marea non supera i sei metri) sono generalmente ambienti di transizione con funzioni "tampone" tra terra e mare (es. lagune), tra terra e fiumi (es. paludi perifluviali) o tra terra e ghiacciai (torbiere alpine) e sono caratterizzati da significative variazioni del livello d'acqua sia giornaliere (es. ambienti sotto l'influsso delle maree) che stagionali, da una ricca vegetazione acquatica e da un'alta produttività ecologica.
2.2. Sull'area (zona umida del Molentargius) insistono una pluralità di vincoli e limitazioni d'uso, che è opportuno elencare in ordine cronologico:
- D.M. ex L. n. 1497 del 1939 del 24 marzo 1977, (G.U. 20 dicembre 1977, n. 345) relativo al territorio di Cagliari;
- D.M. ex L. n. 1497 del 1939 del 24 marzo 1977, (GU n. 346 del 21 dicembre 1977) relativo al territorio di Quartu S. Elena;
- PTP (piano territoriale paesistico) di Monte Urpinu - Molentargius, approvato con Decreto Assessoriale del 12 gennaio 1979 (GU n. 286 del 4 dicembre 1992);
- vincolo ex Galasso derivante dalla Convenzione di Ramsar (L. n. 431 del 1985, ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142);
- Parco Regionale ai sensi della L.R. n. 31 del 1998 (L.R. 26 febbraio 1999, n. 5, BURAS n. 7 del 8 marzo 1999);
- Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della direttiva 79/409/CEE (cod. ITB044002);
- Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE (cod. ITB040022).
Va dunque precisato che il riferimento al provvedimento del 12 gennaio 1979 deve intendersi non al decreto ministeriale ma al Decreto Assessoriale del 12 gennaio 1979 istitutivo del Piano Territoriale Paesistico di Monte Urpinu -Molentargius e dunque ad provvedimento di tutela paesaggistica del territorio esistente ed in vigore.
2.4 Quanto più specificamente ai Decreti ministeriali ex L. n. 1497 del 1939, in data 24 marzo 1977 (sul punto vi è preciso riferimento
nel capo di imputazione) vennero emanati i due decreti ai sensi della L. n. 1497 del 1939, con i quali vennero emesse le dichiarazioni di notevole interesse pubblico sul rilievo che il territorio in esame venne riconosciuto come facente parte di "un quadro naturale di rilevante bellezza, visibile da vari punti di vista e belvedere nonché dalle strade".
2.5. Per quanto qui interessa, con la L.R. n. 31 del 1989, lo Stagno del Molentargius venne inserito tra le aree protette della Sardegna, mentre con la L.R. n. 5 del 1999 (indicata nel capo di imputazione) si istituì il Parco regionale Molentargius - Saline". 3. Il quadro normativo, come sopra delineato, è stato tenuto presente, benché non del tutto enunciato, dai Giudici del merito e, fatta eccezione dell'errato riferimento al decreto ministeriale, anziché al decreto assessoriale del 12 gennaio 1979 (erronea indicazione del tutto irrilevante ai fini della corretta contestazione dell'accusa), è stato riportato nel capo di imputazione con la conseguenza che alcuna limitazione, peraltro neppure reclamata, ha comportato per l'esercizio del diritto di difesa.
Ciò posto, questa Corte ha affermato e ribadito che, in tema di paesaggio, la fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis lett. a), esecuzione di lavori
senza la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di notevole interesse pubblico, introdotta dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 36, lett. c), è configurabile anche se la
dichiarazione di notevole interesse pubblico è avvenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti (Sez. 3^, n. 45609 del 09/11/2005, Pastore, Rv. 232641; Sez. 3^, n. 9278 del 26/01/2011, Berti, Rv. 249755). Va premesso che la L. 15 dicembre 2004 n. 308, art. 36, comma 1, lett. e), ha introdotto nell'art. 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio il comma 1 bis, ai sensi del quale è punito, con la pena della reclusione dai uno a quattro anni, chi esegue lavori, senza la prescritta autorizzazione, su beni paesaggistici che:
a) ricadano su immobili o aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi". Tanto premesso, questa Corte ha chiarito che, ai sensi della novella richiamata, il delitto si configura a carico di chi esegue lavori di qualsiasi genere che alterino gli immobili o le aree espressamente dichiarati di notevole interesse pubblico, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 136 e segg., ovvero l'esecuzione di volumetrie di
particolare consistenza nelle aree sottoposte per legge a vincolo ai sensi dell'art. 142 del medesimo testo normativo.
Sennonché la previsione di aree sottoposte a vincolo paesaggistico per legge, di cui all'art. 142, è stata introdotta per la prima volta dal D.L. n. 312 del 1985, artt. 1 e 1 quater, convertito con modificazioni dalla L. n. 431 del 1985, che ha inserito i commi 5, 6 e 7 nel D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, e tali disposizioni sono state successivamente recepite dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 136 e nel citato art. 142 del Codice.
Il procedimento per la dichiarazione degli immobili o delle aree espressamente sottoposti a tutela in ragione del loro notevole interesse pubblico previsto dagli artt. 136 e segg. del Codice dei beni culturali e del paesaggio risulta, invece, sostanzialmente analogo a quello già previsto dalle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 139 e segg., che a loro volta richiamavano le
disposizioni di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 1 e segg.. Con riferimento agli immobili di notevole interesse pubblico, inoltre, il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 157, dispone che:
"1) Fatta salva l'applicazione dell'art. 143, comma 6, dell'art. 144, comma 2, e dell'art. 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti:
a) le notifiche di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, eseguite in base alla L. 11 giugno 1922, n. 778;
b) gli elenchi compilati ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497;
c) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497;
d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, comma 5, aggiunto dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1,
convertito con modificazioni nella L. 8 agosto 1985, n. 431;
e) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490;
f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490;
2) Le disposizioni della presente parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico".
Ne consegue che, alla luce delle disposizioni richiamate, la sentenza impugnata ha esattamente affermato che la fattispecie criminosa di cui all'art. 181, comma 1 bis, lett. a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio è configurabile anche nell'ipotesi di esecuzione di lavori, senza la prescritta autorizzazione, nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico in base a provvedimenti emessi ai sensi delle disposizioni previgenti alla emanazione del codice cit..
Come questa Corte ha affermato è evidente, infatti, che il riferimento ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, contenuto nell'art. 181, comma 1, lett. a), nella formulazione antecedente alla modifica di cui al D.Lgs. n. 157 del 2006, corrisponde all'analogo riferimento contenuto nella lett.
b) del predetto comma ai beni immobili tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 del medesimo decreto legislativo, sussistendo piena continuità normativa sul piano procedi menta le tra le disposizioni del D.Lgs. n. 42 del 2004 (citato artt. 136 e segg.) e quelle del D.Lgs. n. 490 del 1999 (artt. 139 e segg.) in materia di dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree, disposizioni che, a loro volta, richiamavano quelle della L. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 1 e segg.
Allo stesso modo vi è piena continuità normativa tra le previsioni del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142 e quelle contenute nel D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 146 a loro volta riferibili a quelle del D.L. n. 312 del 1985, artt. 1 e 1 quater convertito con modificazioni nella
L. n. 431 del 1985, palesandosi evidente la irrazionalità di una disposizione normativa che avesse fondato la configurabilità della fattispecie delittuosa più grave sulla rinnovazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico con riferimento a tutto il patrimonio paesaggistico ed immobiliare italiano, già ritenuto tale in base a precedenti provvedimenti.
Una diversa interpretazione, infine, risulta in contrasto con l'espresso disposto del medesimo D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 157, comma 1, lett. b), c), d bis) ed e) ai sensi del quale conservano
efficacia a tutti gli effetti gli elenchi compilati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497, nonché gli elenchi compilati ovvero integrati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999. Ne consegue che correttamente è stata configurata la fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, lett. a), in relazione alla esecuzione di interventi, di qualsiasi natura essi siano, senza la prescritta autorizzazione in un'area dichiarata di interesse pubblico con D.M. 24 marzo 1977 (pubblicato sulla G.U. del 21 dicembre 1977 n. 346) Va infine ricordato che per le aree di notevole interesse estetico e paesaggistico non è prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio alcuna notificazione del provvedimento dell'amministrazione che ha imposto il vincolo ai proprietari, possessori o detentori dell'immobile, così come non era prevista tale notificazione in base alla normativa precedente.
Nel caso in esame, pertanto, trattandosi di lavori eseguiti in un'area dichiarata di notevole interesse pubblico, secondo le risultanze dell'accertamento di merito, non doveva essere effettuata alcuna notificazione del vincolo ai proprietari o ad altri soggetti interessati.
Nè è configurabile, come pure questa Corte ha affermato, alcun profilo di illegittimità costituzionale della norma esaminata, risultando evidente che la diversa disciplina prevista per le forme di pubblicità del vincolo è conseguenza della diversa natura e caratteristiche degli immobili e aree cui la stessa si riferisce, mentre la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della Regione dei provvedimenti impositivi del vincolo su complessi immobiliari o aree soddisfa in ogni caso l'esigenza di un'adeguata pubblicizzazione dei provvedimenti stessi. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2014