Cass. Sez. IIIn. 16491 del 28 aprile 2010 (Ud. 16 mar. 2010)
Pres. Petti Est. Amoresano Ric. Ciarnò e altro.
Beni ambientali. Efficacia del vincolo

La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D.M. impositivo di un vincolo paesaggistico per un'intera zona è condizione sufficiente di operatività del vincolo stesso, essendo necessaria la notifica del decreto ai proprietari unicamente con riguardo al vincolo imposto su singoli beni.

OSSERVA

1) Con sentenza in data 22.4.2009 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, aveva condannato C.J. e M.M., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 12.000,00 di ammenda per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un manufatto edilizio, costituito da blocchi di tufo dello spessore di cm. 25, della superficie di mq. 80 circa ed una veranda coperta di mq 18 circa; pena sospesa subordinatamente alla demolizione del manufatto abusivo.

Riteneva la Corte territoriale che le doglianze contenute nei motivi di gravame fossero destituite di fondamento, risultando provata l'esistenza del vincolo e non potendo i prevenuti invocare la buona fede.

Essendo l'opera non condonabile, sia perchè non terminata nei termini prescritti, sia perchè realizzata in zona sottoposta a vincolo, nessuna rilevanza poteva avere la presentazione di istanza di condono ed il versamento dell'intera somma dovuta a titolo di oblazione.

2) Ricorrono per cassazione, con separati atti ma di contenuto identico, il C. e la M., denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione.

Con motivazione illogica e contraddittoria la Corte territoriale ha ritenuto l'esistenza del vincolo paesaggistico, ignorando il contenuto delle norme invocate ed i principali principi di diritto ribaditi con la sentenza della CEDU del 20.1.2009. L'acquirente di un bene vincolato deve conoscere l'esistenza del vincolo (tanto non emergeva, invece in alcun modo dall'atto di acquisto).

Inoltre, ai sensi della L. n. 1497 del 1939, ai proprietari, possessori e detentori a qualsiasi titolo degli immobili va effettuata la notifica in via amministrativa della dichiarazione di notevole interesse pubblico; nel caso di specie, non risulta che sia stata effettuata tale notifica altrimenti sarebbe stata trascritta nell'atto di compravendita. Anche la presunta inclusione nel D.M. 16.9.1975 avrebbe dovuta essere annotata nell'atto di acquisto avvenuto nel 1978.

I ricorrenti erano, peraltro, in perfetta buona fede, ritenendo l'area (già edificata) libera da vincoli e quindi suscettibile di sanatoria. Sulla domanda di condono il Comune di Lecce non si è ancora pronunciato, per cui illogiche ed apodittiche sono le affermazioni della Corte territoriale in ordine alla non condonabilità dell'opera. Chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

3) Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.

3.1) La Corte territoriale, con motivazione puntuale ed approfondita, ha accertato che la zona in cui è stato realizzato l'immobile è sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della L. n. 1497 del 1939. Con D.M. 16 settembre 1975 del Ministero dei Beni Culturali ed ambientali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 8.10.1975 n. 275, la zona costiera di parte del territorio comunale di Lecce è stata dichiarata di notevole interesse pubblico. La delimitazione della zona è contenuta nello stesso decreto e comprende il terreno di proprietà degli imputati (distinto in catasto al fol. l79 p.lla 115 e 123).

Riguardando il vincolo una intera zona, a norma della L. n. 1497 del 1939 (art. 1, nn. 3 e 4) è sufficiente l'imposizione del vincolo medesimo con D.M. e relativa pubblicazione sulla G.U. La notifica ai proprietari, cui si fa riferimento nei ricorsi, riguarda invece l'imposizione del vincolo su singoli beni (art. 1, nn. 1 e 2) - cfr. Cass. pen. sez. 2 n. 7531 dell'11.4.1984.

L'esistenza del vincolo era pertanto conoscibile e, con l'ordinaria diligenza, i prevenuti avrebbero potuto effettuare i necessari accertamenti.

Irrilevante sotto il profilo penale è la mancata indicazione nell'atto di acquisto (potendo tale "omissione" eventualmente rilevare nei rapporti civilistici tra le parti). La Corte territoriale ha ineccepibilmente motivato sul punto, evidenziando piuttosto che i prevenuti si attivarono solo dopo l'intervento dei vigili urbani per verificare la possibilità di usufruire del condono edilizio. Secondo i giudici di merito fu proprio la consapevolezza della presenza del vincolo paesaggistico gravante sulla zona de qua, ostativo al rilascio del permesso di costruire, ad indurre gli imputati a dar corso, comunque, alla attività edilizia.

Del resto l'esclusione della invocata buona fede (irrilevante essendo ovviamente che anche altri soggetti abbiano realizzato opere abusive nella zona) emerge dallo stesso atto di acquisto (cui si fa riferimento nei ricorsi), in cui, a prescindere dal mancato richiamo all'esistenza del vincolo, si affermava a chiare lettere che nella zona l'edificazione non era possibile.

3.2) La Corte territoriale ha poi ritenuto correttamente che la domanda di condono presentata ed il versamento della oblazione non potessero avere alcuna incidenza. La sospensione del procedimento penale per illeciti edilizi, in pendenza dei termini per la presentazione dell'istanza di condono o in pendenza dei termini per la definizione amministrativa, richiede la previa verifica da parte del giudice della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti dalla legge per l'applicabilità del condono (cfr. ex multis Cass. sez. 3 n. 32218 del 7.6.2007; Cass. sez. 3 n. 3350 del 29.1.2004; Cass. sez. 3 n. 35084 del 26.8.20043).

I giudici di merito hanno negato la sospensione del procedimento, motivando, in modo congruo ed immune da vizi logici, in ordine alla insussistenza dei presupposti per la condonabilità dell'opera, sia perchè il manufatto insisteva in zona sottoposta a vincolo ambientale, sia perchè lo stesso non risultava ultimato nel termine previsto. Sul punto l'indagine di legittimità è circoscritta, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato all'accertamento dell'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula infatti dai poteri della corte quello di una "rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e per il ricorrente più adeguata valutazione delle risultanze processuali (Cass. sez. un. n. 06402 del 2.7.1997).

3.3) I ricorsi debbono, quindi, essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi preclude ovviamente la possibilità di dichiarare eventuali cause estintive del reato, maturate successivamente alla data della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.