Consiglio di Stato, Sez. VI, n.4671, del 15 settembre 2014
Beni Ambientali.Legittimità diniego Soprintendenza per realizzazione di un campo da golf

Il terreno interessato non è configurato come verde attrezzato per attività sportive e per il tempo libero, ma come spazi di verde, ovvero come verde della città storica, da preservare anche per quanto riguarda la vegetazione naturale esistente, con ulteriore inserimento fra i “Beni della lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO” e prescritta redazione di un piano di gestione, tutela e valorizzazione, in base alla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale”, firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184. In tale stringente contesto giuridico, e considerata l’autonomia della discrezionalità tecnica propria dell’Amministrazione (che dagli atti pare essere stata esercitata, nel caso di specie, in modo non inattendibile e con esternazione esaustiva delle ragioni ostative), il Collegio non ravvisa quegli spazi di ulteriore confronto e integrazione documentale, cui fa invece richiamo la sentenza appellata dando vita ad un inconsueto annullamento “propulsivo”, tale da guidare l’Amministrazione attiva verso un’autorizzazione “con prescrizioni”, implicante una doverosa valutazione di compatibilità del progetto con i valori tutelati. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04671/2014REG.PROV.COLL.

N. 04904/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 Cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4904 del 2014, proposto da
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Bastioni del Sangallo s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Vinti, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Emilia, 88;

nei confronti di

Regione Lazio;

per la riforma della sentenza del t.a.r. lazio – roma, sezione ii bis, n. 02297/2014, resa tra le parti, concernente del parere negativo per la realizzazione di un campo pratica da golf nell'area ex vigna volpi-guerrieri – roma;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Bastioni del Sangallo s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Clemente e l'avvocato Vinti;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 Cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II-bis, n. 2297/14 del 27 febbraio 2014, notificata il 31 marzo 2014, è stato accolto il ricorso proposto dalla Bastioni del Sangallo s.r.l. avverso il parere negativo della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma n. 10656 del 28 giugno 2012 e la conseguente determinazione della Regione Lazio n. prot. A07525 del 20 luglio 2012, con riferimento alla progettata realizzazione di un campo da golf tra il Bastione Ardeatino delle Mura Aureliane e le Terme di Caracalla, in Roma.

Nella citata sentenza si pone l’accento sulle rilevate carenze della documentazione presentata e si esprime il giudizio che vi sia sproporzione tra le osservazioni effettuate (circa la possibilità di integrazioni documentali) e la valutazione negativa, conclusivamente espressa, mentre – in base al principio di leale collaborazione fra le autorità preposte alla gestione del vincolo paesaggistico – sarebbe stato possibile sia richiedere dette integrazioni, sia porre prescrizioni rigorose, al fine di garantire la compatibilità delle opere con i valori tutelati.

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 4904/14, notificato il 30 maggio 2014), in base a censure di violazione dell’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 sotto duplice profilo e dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, essendo la Soprintendenza chiamata soltanto ad emettere un parere obbligatorio e vincolante e risultando emesso nella fattispecie preavviso di rigetto, con tutte le indicazioni necessarie per avviare, se ritenuto possibile, un percorso di integrazione progettuale. In ogni caso poi la sentenza, concentrando la motivazione sulle rilevate carenze documentali, ometterebbe di considerare i più ampi e approfonditi rilievi, riferiti alla molteplicità di vincoli gravanti sull’area ed alla sostanziale incompatibilità dello stesso con la normativa vigente.

Premesso quanto sopra – verificata la sussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 60 Cod. proc. amm. e sentite sul punto le parti costituite – il Collegio ritiene che la causa, chiamata nella camera di consiglio in data odierna per la decisione sull’istanza cautelare, possa essere definita con sentenza in forma semplificata, risultando le argomentazioni dell’Amministrazione senz’altro condivisibili, in base alla documentazione in atti e all’odierna discussione.

L’area intorno a cui si discute, infatti, è interessata da molteplici vincoli a tutela del patrimonio culturale: da quelli paesaggistici, che impongono l’autorizzazione di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) a quelli culturali diretti, riferiti alla natura monumentale ed archeologica, di cui all’art. 10 del medesimo Codice, ai vincoli monumentali indiretti dell’art. 45, con riferimento alle vicine mura aureliane, con conseguente assoggettamento alle inerenti limitazioni e autorizzazioni.

Risultano anche presenti, poi, alcuni vincoli e limitazioni di ordine territoriale: vale a dire le previsioni a tutela del centro storico dell’art. 24 delle Norme attuative del PRG di Roma, nonché quelle dei Piani Territoriali Paesistici (PTPR e PTP).

Proprio nel PTP 15/12 – non citato dalla società attualmente appellata nella propria domanda – detta area viene individuata con la sigla V25(“Tessuto di ville, parchi e giardini alle spalle del Bastione Ardeatino […].in ambito sottoposto a tutela orientata Toc/4”), caratterizzata dalla presenza di“insediamenti e strutture complesse di interesse archeologico e storico monumentale […] in condizioni di parziale degrado determinato da fenomeni di antropizzazione incongrua e dalla frequente presenza di manufatti o attività improprie […] Gli indirizzi di tutela, pertanto, sono orientati al ripristino dei caratteri originari, al risanamento conservativo dei manufatti e alla valorizzazione paesistica”. Il PTPR consente impianti sportivi all’aperto, ma mediante recupero delle aree esistenti, con possibilità di nuovi impianti solo se gli strumenti urbanistici lo prevedono. Da questo punto di vista, il terreno interessato non è configurato come “verde attrezzato per attività sportive e per il tempo libero”, ma come “spazi di verde”, ovvero come “verde della città storica”, da preservare anche per quanto riguarda la vegetazione naturale esistente, con ulteriore inserimento fra i “Beni della lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO” e prescritta redazione di un piano di gestione, tutela e valorizzazione, in base alla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale”, firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184.

In tale stringente contesto giuridico, qui sinteticamente riportato, e considerata l’autonomia della discrezionalità tecnica propria dell’Amministrazione (che dagli atti pare essere stata esercitata, nel caso di specie, in modo non inattendibile e con esternazione esaustiva delle ragioni ostative), il Collegio non ravvisa quegli spazi di ulteriore confronto e integrazione documentale, cui fa invece richiamo la sentenza appellata dando vita ad un inconsueto annullamento “propulsivo”, tale da guidare l’Amministrazione attiva verso un’autorizzazione “con prescrizioni”, implicante una doverosa valutazione di compatibilità del progetto con i valori tutelati.

E’ vero infatti che la Soprintendenza ha segnalato, in sede di preavviso ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, numerose carenze sia istruttorie che progettuali; tuttavia, al momento di assumere le proprie determinazioni conclusive, la stessa – pur sottolineando il mancato superamento di dette carenze – ravvisava l’esistenza di “motivi ostativi sostanziali”,di per sé sufficienti per sostenere in modo congruo il parere negativo espresso, a cui ha fatto seguito il diniego di autorizzazione regionale impugnato.

Nel citato parere la Soprintendenza fa prioritario riferimento ad una “incongruità” del progetto rispetto al contesto ambientale, richiama l’omessa considerazione del vincolo indiretto riferito alle mura Aureliane ed esprime l’avviso che “l’allestimento di un campo pratica del golf nell’area ex vigna Volpi Guerrieri” non sia conforme alle “finalità di conservare la continuità del paesaggio delle mura, pregiudicandone inoltre la percezione di insieme”. Il nuovo impianto sportivo, secondo la medesima Soprintendenza, realizzerebbe peraltro un non consentito mutamento della destinazione d’uso, “sottraendo una porzione di un’area verde, caratterizzata dalla presenza di resti archeologici e storici, introducendo il disturbo di attività ricreative e dell’uso di veicoli, determinando la frammentazione degli spazi intorno alle mura, luogo da restituirsi al mantenimento della nudità, in quanto il perimetro della cerchia difensiva rappresenta uno dei lineamenti primari della riconoscibilità urbana”, con ulteriore incongruità – per la conservazione dei lineamenti dell’orografia e della vegetazione storica – dell’installazione di“prato armato”, di un filare di lecci e di sentieri. Anche la ristrutturazione del manufatto preesistente, infine, risulterebbe non assentibile, per destinazione d’uso, tipologia e materiali.

In rapporto alla motivazione sopra sintetizzata, che espone in modo congruo e lineare le ragioni di tutela, che l’Amministrazione reputa ostative all’intervento, non possono essere condivise le argomentazioni contrarie, volte a smentire le segnalate carenze progettuali o ad assumere una necessaria compatibilità del nuovo impianto sportivo con i vincoli e la destinazione di zona. In effetti, il parere della Soprintendenza risulta basato, in via prioritaria ed assorbente, su un apprezzamento formale e culturale di stretto valore, insindacabile nel merito nella parte in cui – con motivazione non arbitraria né illogica, tenuto conto dell’eccezionale valenza storico-culturale e paesaggistica del sito – ritiene non compatibile con il ricordato, stretto regime vincolistico esistente l’installazione dell’impianto sportivo di cui trattasi.

Tale impianto infatti, pur mantenendo formalmente la destinazione a verde, implicherebbe comunque una notevole modifica (c.d. “prato armato”) della vegetazione esistente e soprattutto modificherebbe sensibilmente la percezione e la coerenza complessiva dello speciale contesto ambientale, in misura di cui solo l’Autorità preposta può valutare l’accettabilità, in rapporto ad una disciplina normativa, che impone di effettuare interventi solo conservativi o di risanamento ambientale, comunque compatibili con le ragioni dei rammentati vincoli.

Tenuto conto della documentazione fotografica in atti, infine, non appare sussistente uno stato di degrado dell’area, tale da rendere incongruo l’omesso bilanciamento fra l’urgenza di sottrarre la stessa ad uno stato di abbandono ed il progettato utilizzo remunerativo del sito. L’eventuale degrado, in ogni caso, potrebbe giustificare diverse, opportune misure, ma, in punto di diritto, non introdurrebbe una cogente necessità di rimedio tramite l’insediamento, contrastato dagli atti impugnati.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo.

Quanto alle spese giudiziali, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della natura degli interessi coinvolti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado..

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Carlo Mosca, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)