Consiglio di Stato, Sez. VI n. 6216. del 4 dicembre 2012
Beni Ambientali. Condono edilizio e autorizzazione paesaggistica.

In relazione al condono edilizio, la disciplina rilevante è contenuta negli artt. 31 e seguenti della legge n. 47 del 1985. In particolare, l’art. 32 della predetta legge dispone che «il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo», quale è quello in esame, «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso». La giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che il predetto parere ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge 29 giugno 1939 n. 1497, per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario ( tale equiparazione opera anche per le autorizzazioni paesaggistiche disciplinate dagli artt. 151 e 159 del d.lgs. n. 490 del 1999 e per il parere previsto dall’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06216/2012REG.PROV.COLL.

N. 07143/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7143 del 2012, proposto da: 
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

De Simone Anna, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Maria Di Leva e Guglielmo Sarlo, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
Comune di San Giovanni A Piro, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio.

per la riforma

della sentenza 16 febbraio 2012, n. 245 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Anna De Simone;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Di Leva, Sarlo e l’avvocato dello Stato Barbieri.

 

FATTO e DIRITTO

1.– La sig.ra De Simone Anna ha presentato, in data 29 marzo 1986, domanda di sanatoria avente ad oggetto l’avvenuta realizzazione di un manufatto edilizio seminterrato adibito a deposito.

Il responsabile del servizio urbanistica del Comune di San Giovanni a Piro ha rilasciato, con atto del 5 dicembre 2003, l’autorizzazione paesaggistica.

La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino, con atto del 28 aprile 2009, prot. n. 11965, ha considerato, dopo avere rilevato talune carenze documentali, di non potere effettuare i controlli sull’autorizzazione in quanto la stessa sarebbe scaduta per decorrenza del termine quinquennale. Per queste ragioni la «pratica» è stata dichiarata «improcedibile».

Tale atto è stato impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, che, con sentenza 16 febbraio 2012, n. 245, ha accolto il ricorso. In particolare, il primo giudice ha rilevato, in accoglimento di una specifica censura, che la normativa del settore (che verrà indicata nel prosieguo) non prevede la durata quinquennale dell’autorizzazione per le opere, quali quelle in esame, già realizzate ed oggetto di domanda di condono edilizio.

2.– Il Ministero per i beni e le attività culturali ha proposto appello, deducendo l’erroneità della sentenza in quanto: l’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) dispone che l’autorizzazione paesaggistica ha durata quinquennale; il parere, previsto dall’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), per le aree vincolate «ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paessagistica»; ne conseguirebbe cheanche per tale parere opererebbe il predetto vincolo temporale.

3.– L’appello non è fondato.

3.1.– In via preliminare è necessario ricostruire il quadro normativo rilevante.

In relazione alla disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, alla sua durata e ai controlli sui di essa effettuabili, la legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali) prevedeva che i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, di immobili vincolati, ai sensi delle previsioni contenute nella stessa legge, avrebbero dovuto ottenere una apposita autorizzazione dalle autorità competenti per i lavori che intendessero eseguire. L’art. 16 del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357 (Regolamento per l’applicazione della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali) disponeva che la predetta autorizzazione «vale per un periodo di cinque anni, trascorso il quale, l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione». Il potere di annullamento ministeriale era in origine disciplinato dall’art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382).

Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), applicabile ratione temporis, ha abrogato la legge n. 1497 del 1939, ribadendo, all’art. 151, in continuità normativa, la necessità, in presenza di immobili vincolati, del rilascio dell’autorizzazione ad effettuare lavori, con potere ministeriale di annullare la predetta autorizzazione. L’art. 161 dello stesso decreto ha previsto che «restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357» e, pertanto, per quanto interessa in questa sede, anche l’art. 16 che dispone la durata quinquennale dell’autorizzazione.

L’intera materia è oggi regolata, in ulteriore continuità, dal d.lgs. n. 42 del 2004. In particolare, l’art. 146, nel disciplinare l’autorizzazione paesaggistica, dispone che la stessa «non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi» e che «è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione». La stessa norma contempla il parere vincolante della Soprintendenza in relazione agli interventi da eseguire su immobili ed aree sottoposti a tutela.

E’ bene aggiungere che l’art. 159 prevede un regime transitorio operante fino al 31 dicembre 2009.

3.2.– In relazione al condono edilizio, la disciplina rilevante è contenuta negli artt. 31 e seguenti della legge n. 47 del 1985. In particolare, l’art. 32 della predetta legge dispone che «il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo», quale è quello in esame, «è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso».

La giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che il predetto parere ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge 29 giugno 1939 n. 1497, per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario (Cons. Stato, VI, 15 marzo 2007, n. 1255; tale equiparazione opera anche per le autorizzazioni paesaggistiche disciplinate dagli artt. 151 e 159 del d.lgs. n. 490 del 1999 e per il parere previsto dall’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004).

3.3.– Sulla base di quanto sin qui esposto, risulta che, alla luce della disciplina contenuta sia nel r.d. n. 1357 del 1940 che nell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’autorizzazione paesaggistica ha durata quinquennale. Le predette disposizioni sono, però, chiare nel riferire tale durata alle autorizzazioni che, in linea con la loro natura, intervengono prima dell’esecuzione dei lavori, cioè per le legittimazioni de futuro: edè per questo che sono destinate ad avere una durata limitata nel tempo, potendo la situazione fattuale nelle more trasformarsi e dunque richiedere una nuova valutazione dopo quella scadenza. Se i lavori non vengono realizzati in tale arco temporale è necessario richiedere un ulteriore titolo abilitativo al fine di effettuare un nuovo controllo di conformità dell’intervento all’ambiente in cui lo stesso si colloca.

Queste norme non si possono, però, per le dette ragioni, applicare in presenza di una domanda di condono edilizio che, per definizione, presuppone che le opere e i lavori siano stati già eseguiti in assenza di un’autorizzazione preventiva. Se, pertanto, l’interessato ottiene il rilascio del parere vincolante dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio, tale parere non ha efficacia temporale limitata ai cinque anni. Ne consegue che incombe all’amministrazione statale il il previsto vaglio anche qualora un tale tempo sia trascorso.

E’ bene aggiungere che non rilevano in questa sede i principi esposti nella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 1999, richiamata dall’appellante, la quale ha esaminato una fattispecie diversa da quella in esame, affermando che la domanda di condono deve essere valutata alla luce della normativa esistente al momento della sua presentazione e, quindi, considerando anche i vincoli già esistenti.

4.– Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con la conseguenza che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino, acquisita la documentazione mancante, dovrà esercitare i poteri previsti dalla normativa sopra riportata sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di San Giovanni a Piro.

4.1.– L’appellante è condannato al pagamento, in favore della parte privata costituita, delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio che si determinato in euro 1.500, oltre iva e cpa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con l’atto di appello indicato in epigrafe;

b) condanna l’appellante al pagamento, in favore della parte privata, delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio che si determinato in euro 1.500, oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)