 Cass. Sez. III n. 25011 del 22 giugno 2011 (Ud. 23 mar. 2011)
Cass. Sez. III n. 25011 del 22 giugno 2011 (Ud. 23 mar. 2011)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Corandente ed altri
Urbanistica. Lottizzazione e disposizione di confisca mediante procedura di correzione dell’errore materiale 
Nel caso in cui l’ordine di confisca non venga impartito dal giudice del merito unitamente alla declaratoria di prescrizione, alla integrazione della sentenza con la statuizione di detto ordine attraverso la procedura di correzione dell’errore materiale potrà farsi ricorso esclusivamente quando la motivazione della stessa sia estesa ai profili oggettivi e soggettivi della vicenda lottizzatoria e configuri la partecipazione, quanto meno colpevole, dei soggetti sui quali incombe il provvedimento ablatorio. Solo in tal caso, infatti, la correzione integrativa non si risolve nella “modifica essenziale o nella sostituzione” della decisione già assunta.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO                                                 - Presidente
 Dott. CIRO PETTI                                                         - Consigliere
 Dott. ALDO FIALE                                                        - Rel. Consigliere
 Dott. SILVIO AMORESANO                                           - Consigliere
 Dott. ELISABETTA ROSI                                               - Consigliere
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 - sul ricorso proposto da:
 1) CARANDENTE PASQUALE N. IL 01/07/1949
 2) CORRADO IMMACOLATA N. IL 30/10/1953
 3) MEROLLA GIOVANNA N. IL 06/07/1954
 4) COSTANTINO SALVATORE N. IL 02/07/1961
5) PISCOPO VINCENZA N. IL 13/03/1965
 - avverso la sentenza n. 10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010
 - visti gli atti, la sentenza e il ricorso
 - udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere  Dott. ALDO FIALE
 - Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aurelio Galasso ( che ha  concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso
 - Udito, il difensore avvocato Raffaele Monaco, il quale ha chiesto  l'accoglimento del ricorso.
 SVOLGIMENTO del PROCESSO
 Il Tribunale monocratico di Napoli, con sentenza del 25.9.2006, dichiarava non  doversi procedere per intervenuta prescrizione - nei confronti di Carandente  Pasquale, Corrado Immacolata, Merolla Giovanna, Costantino Salvatore e Piscopo  Vincenza - in ordine al reato di cui:
 - all'art. 44, lett. c), D.P.R. n. 380/2001 [perché - quali acquirenti di  porzioni di un terreno originariamente esteso mq. 6.630 - concorrevano ad una  lottizzazione abusiva di tale fondo, assoggettato ad un assetto urbanistico non  consentito - acc. in Napoli, via Monti, il 17.62000].
 Lo stesso Tribunale monocratico, poi, su istanza del P.G., con la procedura di  correzione di errore materiale ex artt. 127 e 130 c.p.p., disponeva (con  ordinanza dell'8.1.2007), ai sensi dell'art. 44, 2° comma, del T.U. n. 380/2001,  la confisca delle particelle immobiliari di proprietà degli anzidetti imputati.
 La Corte di Appello di Napoli - con sentenza del 16.2.2010 - confermava la  decisione di primo grado (ritenuta comprensiva della disposizione di confisca),  evidenziando che:
 - sussiste l'elemento materiale del reato di lottizzazione abusiva, "essendo  stata accertata la scomposizione dell'originario appezzamento in più lotti per  scopi edilizi, attraverso la vendita plurima di parti del terreno  originariamente unico e la realizzazione di opere di urbanizzazione ... in  violazione degli strumenti urbanistici vigenti";
 - appare "evidente l'adesione preventiva alla convenzione di abusiva  lottizzazione" da parte di tutti gli imputati;
 - il provvedimento ablatorio, trattandosi di confisca obbligatoria, deve  ritenersi legittimamente emesso con Ia procedura di correzione degli errori  materiali.
 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli  imputati, il quale ha eccepito:
 - l'illegittimo diniego della rinnovazione del dibattimento, che sarebbe stata  richiesta al fine:
a) di procedere all'escussione dei tecnici comunali "sulla specifica circostanza della liceità del frazionamento presentato dall'originario dante causa degli imputati" (negli appelli di Piscopo e Costantino);
b) di acquisire i titoli di  proprietà (negli appelli di Carandente e Corrado);
 - vizio di motivazione quanto alla sussistenza del "dolo", che sarebbe elemento  soggettivo precipuo del reato di lottizzazione abusiva;
 - violazione di legge quanto alla applicazione della confisca attraverso la  procedura di cui all'art. 130 c.p.p., mentre la originaria omissione integrava  un vitium in iudicando rettificabile solo dal giudice dell'impugnazione  in seguito alla proposizione di appello del pubblico ministero.
 MOTIVI della DECISIONE
 1. Il terzo motivo ricorso è fondato e merita accoglimento.
 1.1 Ai sensi dell'art. 44, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 (con previsione  analoga a quella già posta dell'art. 19 della legge n. 47/1985): "La sentenza  definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva  dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere  abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di  diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio è avvenuta  la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione  nei registri immobiliari".
 La giurisprudenza largamente maggioritaria di questa Corte Suprema si era  consolidata nel senso che trattavasi di sanzione amministrativa che doveva  essere obbligatoriamente applicata dal giudice penale, nel caso di accertata  sussistenza di una lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di  condanna, eccettuata esclusivamente l'ipotesi di assoluzione perché il fatto non  sussiste [vedi Cass., Sez. III: 30.9.1995, n. 10061, ric. Barletta ed altri;  20.12.1995, n. 12471, ric. P.G. in proc. Besana ed altri; 12.12.1997, n. 11436,  ric. Sapuppo ed altri; 23.12.1997, n. 3900, ric. Farano ed altri; 11.1.1999, n.  216, ric. Iorio Gnisci Ascoltato ed altri; 8.11.2000, n. 3740, ric. Petrachi ed  altri; 4.12.2000, n. 12999, ric. Lanza; 22.5.2003, n. 22557, ric. Matarrese ed  altri; 4.10.2004, n. 38728, ric. Lazzara; 13.10.2004, n. 39916, ric. Lamedica ed  altri; 21.3.2005, n. 10916, ric. Visconti; 15.2.2007, n. 6396, ric. Cleri;  21.9.2007, n. 35219, ric. Arcieri ed altri].
 Tale orientamento è stato rielaborato - più recentemente - da questa stessa  Corte [in seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo,  pronunziate rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 sul ricorso n. 75909/01  proposto contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri] nella prospettiva  della valutazione dei rapporti tra l'ordinamento statuale e quelle peculiari  norme internazionali contenute nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre  1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il  20 marzo 1952, ai quali è stata data esecuzione con la legge di ratifica  4.8.1955, n. 848.
 Sono stati affermati, pertanto, i principi di diritto - che questo Collegio  ribadisce - secondo i quali:
 * "Per disporre la confisca prevista dall'art. 44, 2° comma del TU. n. 380/2001  (e precedentemente dall'art. 19 della legge n. 47/1985), il soggetto  proprietario della res non deve essere necessariamente 'Condannato", in  quanto detta sanzione ben può essere disposta allorquando sia stata comunque  accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi  elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale è, ad  esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna  del suo autore ed alla inflizione della pena" (vedi Cass., Sez. III, 30.4.2009,  n. 21188, Casasanta).
 Nel caso di declaratoria della prescrizione, in particolare, al commesso reato  viene esclusa l'applicazione della pena per il solo decorso del tempo, il cui  effetto sull'inflizione delle sanzioni penali è regolato dal legislatore interno  secondo una discrezionalità sulla quale non hanno incidenza le disposizioni  della Convenzione.
 * `Nell'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, il  giudice, per disporre legittimamente la confisca, deve svolgere tutti gli  accertamenti necessari per la configurazione sia della oggettiva esistenza di  una illecita vicenda lottizzatoria sia di una partecipazione, quanto meno  colpevole, alla stessa dei soggetti nei confronti dei quali la sanzione venga  adottata, e di ciò deve dare conto con motivazione adeguata".
 1.2 Nella fattispecie in esame, però - a giudizio del Collegio - la confisca non  poteva essere disposta attraverso la procedura di correzione dell'errore  materiale della sentenza di primo grado (ex artt. 127 e 130 c.p.p.), poiché tale  procedura - come meglio verrà illustrato di seguito - è stata utilizzata per  introdurre una modificazione essenziale della sentenza stessa, che sul punto,  era rettificabile esclusivamente dal giudice dell'impugnazione, in seguito a  rituale appello del pubblico ministero.
 1.3 Va rilevato, in proposito, che - in tema di correzione di errore materiale -  le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 18 maggio 1994, n. 8,  depositata il 29 settembre 1994, ric. Armati, hanno affermato che deve ritenersi  esclusa l' applicabilità dell'art. 130 c.p.p., quando la correzione si risolve  nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta.
 "L'errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta  divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che  diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unità e  nelle sue essenziali componenti, non può subire interventi correttivi, per  quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di `errore materiale'  suscettibile di correzione.
 Viceversa sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto  dalla necessità di armonizzare l'estrinsecazione formale della decisione con il  suo reale intangibile contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di  incidere sulla decisione già assunta".
 Tale principio è stato ribadito da una successiva decisione delle Sezioni Unite  (9 ottobre 1996, n. 19, depositata il 6 dicembre 1996, ric. Armati) ove è stato  riaffermato, con riferimento alla definitività delle sentenze della Corte di.  Cassazione, che "non è consentito ricorrere alla procedura per la correzione  degli errori materiali al fine di emendare gli errori di fatto in cui sia  incorso il giudice: in tal modo, infatti, verrebbe dato ingresso ad un mezzo  volto non già ad un'emenda del testo della sentenza, ma ad una inammissibile  modifica della decisione".
 Le Sezioni Unite, poi, si sono pronunciate sul tema dei rapporti tra ricorso  straordinario per errore di fatto e procedura di correzione degli errori  materiali, affermando (con la sentenza 27 marzo 2002, n. 16102, depositata il 30  aprile 2002, Chiatellino) il principio secondo il quale "Non è consentito il  ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, prevista  dall'art.130 c.p.p., per porre rimedio ad errori di fatto contenuti in  provvedimenti della Corte di Cassazione, emendabili soltanto a norma  dell'art.625-bis dello stesso codice che disciplina l'unico rimedio esperibile  per l'eliminazione di quest'ultimo tipo di errori".
 Le Sezioni Unite, infine, con un più recente intervento (sentenza 31 gennaio  2008, n. 7945, depositata il 20 febbraio 2002, Boccia), hanno ribadito il  principio secondo il quale "la omissione di una statuizione obbligatoria di  natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non  attiene a una componente essenziale dell'atto, onde ad essa può porsi rimedio  con la procedura di correzione di cui all'art. 130 c.p.p." e sulla base di tale  principio sono pervenute alla conclusione che "in tema di applicazione della  pena su richiesta delle parti, laddove il giudice abbia omesso di condannare  l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, può farsi  ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, sempre che non  emergano specifiche circostanze idonee a giustificare l'esercizio della facoltà  di compensazione, totale o parziale, delle stesse".
 1.4 Appare opportuno altresì ricordare che con specifico riferimento alla  questione dell'adottabilità o meno della procedura di correzione dell'errore  materiale ex art. 130 c.p.p. in relazione all'omessa statuizione dell'ordine di  demolizione conseguente ad una sentenza di condanna per il reato di costruzione  abusiva edilizia (art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) - del quale è  incontestata la natura di sanzione amministrativa non discrezionale e  obbligatoria - si profila un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.
 
 Un primo orientamento, infatti, ritiene possibile disporre con la procedura di  correzione dell'errore materiale, in caso di omissione dello stesso da parte del  giudice del merito, l'ordine di demolizione che deve essere irrogato in seguito  a sentenza di condanna per costruzione abusiva, dal momento che si tratta di una  sanzione amministrativa costituente esercizio di un potere autonomo del giudice  penale e di un atto dovuto [vedi Cass., Sez. III: 8 novembre 1995, n. 3752, Di  Renzo; 28 marzo 1996, n. 1530, De Benedictis; 4 febbraio 1999, n. 758, Sperandio].
 Tale orientamento è stato recentemente ribadito da Cass., Sez. III, 6.3.2009, n.  10067, P.G. in proc. Guadagno, che ha affermato come "l'omessa statuizione  dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo o dell'ordine di rimessione in  pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è rimediabile mediante il  ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, in quanto si tratta  di sanzioni amministrative accessorie di natura obbligatoria ed a contenuto  predeterminato".
 L'orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene, diversamente, non  emendabile, con il ricorso al meccanismo di cui all'art. 130 c.p.p., la sentenza  irrevocabile che abbia omesso di impartire l'ordine di demolizione delle opere  abusive attualmente previsto dell'art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, anzitutto  sul rilievo che la relativa omissione in sentenza, incidendo sul nucleo  essenziale della decisione, si risolve in un vitium in indicando e quindi  non è rettificabile, potendosi disporre eventuali modifiche o integrazioni della  decisione solo dal giudice dell'appello mediante la relativa impugnazione sul  punto [in tal senso vedi Cass.: Sez. III, 14 aprile 1992, n. 6301, Pergola; Sez.  I, 21 settembre 1998, n. 4455, Mancusi; nonché Sez. III: 24 febbraio 2004, n.  21022, Alberti e altro; 10 ottobre 2006, n. 33939, Salata; 8 maggio 2007,  n.17380, P.G. in proc. Ruocco; 30 gennaio 2008, n. 4751, Gabrielli e altro; 18  novembre 2010, n. 40861, Pozzessere].
 1.5 Ritiene, però, il Collegio che il contrasto giurisprudenziale di cui si è  appena dato conto non si riflette con perfetta aderenza sulla questione che  costituisce oggetto precipuo della vicenda in esame.
 L'ordine di demolizione - che deve essere impartito dal giudice penale a norma  dell'art. 31, comma 9, del D.P.R. n. 380/2001 - si configura, infatti, come  sanzione amministrativa qualificata da connotazioni diverse rispetto a quella  della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente  costruite, che, ai sensi dell'art. 44, 2° comma, dello stesso T.U. n. 380/2001,  deve essere disposta con la sentenza definitiva che accerta che vi è stata  lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di condanna.
 Ciò per l'essenziale considerazione che la sanzione della confisca - nei casi di  pronunciata estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta  prescrizione o di assoluzione dell'imputato con formula diversa da quella  dell'insussistenza del fatto - non si pone come "atto dovuto a contenuto  predeterminato" di natura indiscriminatamente obbligatoria , dovendo ritenersi  invece subordinata, alla stregua della citata giurisprudenza sia della Corte di  Giustizia sia di questa Corte, al puntuale accertamento della configurazione non  soltanto della oggettiva esistenza di una illecita vicenda lottizzatoria ma  altresì della partecipazione alla stessa, quanto meno colpevole, dei soggetti  nei confronti dei quali la sanzione va ad incidere.
 Ne consegue che, nel caso in cui l'ordine di confisca non venga impartito dal  giudice del merito unitamente alla declaratoria di prescrizione, alla  integrazione della sentenza con la statuizione di detto ordine attraverso la  procedura di correzione dell'errore materiale potrà farsi ricorso esclusivamente  quando la motivazione della stessa sia estesa ai profili oggettivi e soggettivi  della vicenda lottizzatoria e configuri la partecipazione, quanto meno  colpevole, dei soggetti sui quali incombe il provvedimento ablatorio.
 Solo in tal caso, infatti, la correzione integrativa non si risolve nella  "modifica essenziale o nella sostituzione" della decisione già assunta.
 Nella fattispecie che ci occupa, invece, l'adottato provvedimento di correzione  della sentenza di primo grado non contiene alcun riferimento a valutazioni già  espresse dal Tribunale in relazione ai profili soggettivi delle condotte tenute  dagli imputati e si pone, quindi, quale modificazione essenziale della sentenza  stessa, non consentita in pendenza dell'appello proposto esclusivamente da  quelli.
 2. Il ricorso deve essere rigettato nel resto, perché le ulteriori doglianze  sono infondate.
 2.1 L'ormai consolidato orientamento di questa Corte - che il Collegio  pienamente condivide - è nel senso che la contravvenzione di lottizzazione  abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa per colpa [vedi  Cass., Sez. III: 13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed altri; 12.10,2005, n. 36940,  Stiffi ed altri; 10,1.2008, Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 2.10.2008, n.  37472, Belloi ed altri; 8.10.2009, n. 39078, Apponi ed altri].
 Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio  generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod. pen.
 Il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in una situazione  produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della  zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere  cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e  pianificatone di zona: "Il compratore che omette di acquisire ogni prudente  informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una  situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante  contributo causale all'attività illecita del venditore" (così testualmente  Cass., Sez. III, 2. 10.2008, n. 37472, Belloi ed altri. Vedi pure Cass., Sez.  III, 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta).
 Nel caso in questione non viene prospettato, in ricorso, alcun elemento,  evidenziante la buona fede degli acquirenti, che i giudici dei merito avrebbero  incongruamente disatteso.
 2.2 Nessuna specifica istanza di rinnovazione del dibattimento (inconciliabile,  comunque, con la già intervenuta declaratoria di prescrizione del reato) risulta  inoltre formulata con i motivi di appello.
 P. Q. M.
 la Corte Suprema di Cassazione,
 annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nonché quella di primo grado come  integrata dal provvedimento dell'8.1.2007, entrambe limitatamente alla  disposizione di confisca.
 Rigetta il ricorso nel resto.
 ROMA, 23.3,2011
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 22/06/2011
 
                    




