TAR Campania (SA) Sez. I n. 1045 del 6 luglio 2018
Urbanistica.Articolo 31 comma 4-bis Testo UNico edilizia

Ciò che viene sanzionato - nella misura massima di Euro 20.000,00 - dall'art. 31, comma 4-bis del D.P.R. n. 380 del 2001 e ss.mm.ii. non è la realizzazione dell'abuso edilizio in sé considerato (nel qual caso, evidentemente, rileverebbe la consistenza e l'entità dello stesso), bensì (unicamente) la mancata spontanea ottemperanza all'ordine di demolizione legittimamente impartito dalla P.A. per opere abusivamente realizzate in zona vincolata, che è condotta (omissiva) identica, sia nel caso di abusi edilizi macroscopici, sia nell'ipotesi di più modesti abusi edilizi: il disvalore (ex se rilevante) "colpito" è l'inottemperanza all'ingiunzione di ripristino (legittimamente impartita dalla P.A.) inerente agli abusi in quelle particolari (e circoscritte) "aree" ed in quei particolari (e circoscritti) "edifici" specificamente indicati nell'art. 27, comma 2 dello stesso D.P.R. n. 380 del 2001

Pubblicato il 06/07/2018

N. 01045/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02836/2015 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2836 del 2015, proposto dal signorStanislao D'Argenio, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Santaniello, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, c.so Garibaldi,8;

contro

il Comune di Avellino in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriella Brigliadoro, Berardina Manganiello, Giovanni Santucci De Magistris, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gabriella Brigliadoro, in Salerno, via M. Gaudiosi, n. 6;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 292 del 17 settembre 2015 con cui il comune di Avellino - sportello unico per l'edilizia - ha ingiunto al ricorrente il pagamento di una sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 31,comma 4 bis, del d.p.r. 380/01.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2018 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del provvedimento n. 292 del 17 settembre 2015 con cui il comune di Avellino ha rilevato la mancata ottemperanza da parte del responsabile dell’ordine di demolizione n. 43 del 2015 emesso per la rimozione di opere edilizie realizzate sine titulo ed haingiunto il pagamento di una sanzione amministrativa pari ad euro 20.000 ai sensi dell'art. 3,comma 4 bis, del d.p.r. 380/01.

Trattasi, nella specie, di opere realizzate senza titolo in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

2. Avverso il predetto provvedimento propone ricorso il signor Stanislao Argenio con articolate censure nelle quali deduce per più versi la illegittimità dell’atto gravato per eccesso di potere nella figura sintomatica dell’errore sui presupposti di fatto e di diritto e del travisamento dei fatti.

Rappresenta il ricorrente di aver provveduto alla rimozione dell’opera abusiva e sostiene che, poiché il Comune di Avellino è proprietario dei suoli sui quali sono stati realizzati gli abusi, esso solo può essere destinatario di eventuali provvedimenti repressivi e sanzionatori, anche in ragione della omessa vigilanza sul territorio che ha consentito il perpretarsi di abusi edilizi.

Con ulteriore censura il ricorrente la dedotto la illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. 380 del 2001 per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità in quanto l’importo della sanzione sarebbe sproporzionato rispetto all’entità dell’abuso.

3. Si è costituito il Comune di Avellino il quale, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem con il ricorso proposto dinanzi a questo Tar dal medesimo ricorrente e rubricato con il numero R.G. 858 del 2015; la irricevibilità del ricorso per tardività poiché l’atto impugnato è stato notificato alla parte ricorrente in data 29 settembre 2015 mentre il ricorso è stato notificato al Comune di Avellino in data 30 novembre 2015, quando era ormai spirato il termine per la impugnazione; l’improcedibilità del ricorso per carenza d’interesse avendo l’interessato provveduto alla demolizione delle opere.

Nel merito, l’amministrazione ha chiesto che il ricorso sia respinto.

Alla pubblica udienza del 22 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari in quanto il ricorso, nel merito, è infondato.

4.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Il ricorrente lamenta la illegittimità della ordinanza di demolizione che sarebbe stata adottata senza tener conto della proposta domanda di sanatoria.

La ricorrente, in effetti, con tale censura propone vizi dell’atto presupposto non deducibili nel presente giudizio.

L’ordinanza impugnata ha natura consequenziale rispetto alla previa sanzione demolitoria.

Essa, pertanto, è censurabile solo per vizi propri, che possano connotare un'autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione, e non anche per vizi derivati dal precedente atto sanzionatorio non tempestivamente sollevati.

4.2 Con la formulata censura di illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. 380 del 2001, il ricorrente deduce, sostanzialmente, che tale norma - in combinato disposto con l'art. 27, comma 2 dello stesso Testo Unico -, assoggettando alla sanzione pecuniaria massima di Euro 20.000,00 tutti gli abusi commessi "sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'art. 27" del D.P.R. n. 380/2001 - senza tenere conto della relativa consistenza e della concreta lesività degli stessi, sulla base del mero presupposto oggettivo di essere stati realizzati sui predetti edifici ed aree ed a prescindere dalle effettive dimensioni delle opere (nel caso in esame, trattasi di “baracca in lamiera di 12 mq.”) -, contrasterebbe con i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza.

A tale proposito il Collegio intende confermare il giudizio di infondatezza della prospettata censura ribadendo quanto già espresso nella sentenza n. 103 del 16 gennaio 2017 nella quale è stato precisato che: “In base all'art. 31, comma 4- bis del D.P.R. n. 380 del 2001 e ss.mm.ii. la sanzione pecuniaria è sempre inflitta nella misura massima, senza alcun margine di discrezionalità circa la sua graduazione, nel caso di abusi realizzati "sulle aree e sugli edifici" di cui all' art. 27 comma 2 del D.P.R. n. 380 del 2001, cioè solo su quelle "aree" e su quegli "edifici" ricadenti nelle tipologie vincolistiche specificamente e tassativamente indicate nella summenzionata disposizione, vale a dire: 1) "aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità"; 2) aree "destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167 , e successive modificazioni ed integrazioni" (relativa a "Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare"); 3) "aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267 " (recante disposizioni in materia di "Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani"), ossia aree sottoposte a "vincolo per scopi idrogeologici" ovvero boschi "sottoposti a limitazioni nella loro utilizzazione"; 4) aree "appartenenti ai beni disciplinati dalla L. 16 giugno 1927, n. 1766 " (rubricata "Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751"), ossia gravate da usi civici; 5) "aree di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 " ("Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell' articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352"), ed attualmente le corrispondenti aree di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio", a seguito dell'abrogazione espressa del D.Lgs. n. 490 del 1999 , operata dall' art. 184 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall'art. 183 dello stesso Decreto); 6) "opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490" e ss.mm.ii. "o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 " e ss.mm.ii.; 7) "aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato".

Orbene, considerato il corretto ambito di applicazione delle su riportate disposizioni normative, non si ravvisa, ad avviso del Tribunale, la denunciata violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità della entità della sanzione di Euro 20.000,00 in relazione ad abusi edilizi non macroscopici (come nella specie), se "realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato".

Difatti, come condivisibilmente osservato in sede pretoria (T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 12/07/2016, n. 1105) “ciò che viene sanzionato - nella misura massima di Euro 20.000,00 - dall'art. 31, comma 4-bis del D.P.R. n. 380 del 2001 e ss.mm.ii. non è la realizzazione dell'abuso edilizio in sé considerato (nel qual caso, evidentemente, rileverebbe la consistenza e l'entità dello stesso), bensì (unicamente) la mancata spontanea ottemperanza all'ordine di demolizione legittimamente impartito dalla P.A. per opere abusivamente realizzate in zona vincolata, che è condotta (omissiva) identica, sia nel caso di abusi edilizi macroscopici, sia nell'ipotesi di più modesti abusi edilizi: il disvalore (ex se rilevante) "colpito" è l'inottemperanza all'ingiunzione di ripristino (legittimamente impartita dalla P.A.) inerente agli abusi in quelle particolari (e circoscritte) "aree" ed in quei particolari (e circoscritti) "edifici" specificamente indicati nell'art. 27, comma 2 dello stesso D.P.R. n. 380 del 2001”.

In definitiva, la sollevata censura di illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4 bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e ss.mm.ii. - in combinato disposto con l'art. 27, comma 2 dello stesso Testo Unico - si appalesa manifestamente infondata, per le ragioni innanzi illustrate”.

5. Per tutte le ragioni sin qui esposte, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2836 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti del Comune di Avellino delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Eleonora Monica, Primo Referendario

Angela Fontana, Primo Referendario, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Angela Fontana        Francesco Riccio