Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1481, del 12 marzo 2013
Beni Ambientali.Nozione di bosco e compatibilità paesistica
La nozione di bosco deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste di alto fusto, ma anche (per identità di ratio) a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto con la preponderanza di vegetazione, anche di tipo arbustivo. Pertanto, a prescindere dalla presenza o meno di alberi di alto fusto, non vi sono dubbi sulla sussistenza di un vincolo boschivo anche qualora l'area fosse coperta solo da vegetazione qualificabile come macchia. E’ legittimo il provvedimento con il quale, a fronte dell'esistenza di un vincolo paesaggistico, l'Amministrazione, valutando la compatibilità dell'altezza degli edifici come da progetto con le esigenze di tutela del paesaggio, respinga, con adeguata ed esaustiva motivazione, i progetti attinenti le costruzioni private che, pur rientrando formalmente nei limiti previsti dal piano regolatore relativo alla zona interessata (e quindi astrattamente legittimi) risultino di notevole incidenza visiva quanto ad impatto paesistico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01481/2013REG.PROV.COLL.
N. 01181/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1181 del 2005, proposto da:
Nobile Corrado, rappresentato e difeso dagli avv. Giampiero Blasigh, Franco Castiglione, Lucio Ghia, con domicilio eletto presso Lucio Ghia in Roma, via delle Quattro Fontane 10;
contro
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Beatrice Croppo, con domicilio eletto presso Friuli Venezia Giulia Ufficio Distaccato Regione in Roma, piazza Colonna, 355; Comune di Faedis;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del FRIULI-VENEZIA-GIULIA – Sede di TRIESTE -n. 00909/2003, resa tra le parti, concernente te concessione edilizia in sanatoria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2013 il Consigliere. Fabio Taormina e udito per parte appellante l’Avvocato Beatrice Croppo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia – sede di Trieste- ha respinto ricorso di primo grado proposto dall’odierno appellante Sig. Nobile Corrado volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento sindacale del Comune di Faedis prot. n. 5599 dd. 16.8.1996 di diniego di concessione edilizia in sanatoria e del parere negativo della Direzione regionale della pianificazione territoriale prot. n. P.T. 5737/1.410-PM dd. 23.7.1996.
L’originario ricorso straordinario proposto dal Signor Nobile era stato trasposto in sede giurisdizionale a seguito della opposizione proposta dalla Regione intimata in sede straordinaria.
Il primo giudice ha partitamente esaminato tutte le censure proposte (difetto di motivazione e violazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985 ed art. 32 della legge n.431/1985 laddove si sosteneva che non si dovesse tenere conto del vincolo in quanto sopravvenuto rispetto all’erezione dell’immobile) e le ha respinte in quanto infondate.
In particolare, ha in primo luogo escluso la necessità della sospensione del processo ai sensi dell’art. 32, 25° comma, del D.L. 30.9.2003 n. 269 (entrato in vigore dopo la deliberazione in camera di consiglio ma prima del deposito della presente sentenza), richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale, formatosi sull’ art. 44 della L. n. 47/85, secondo cui la sospensione obbligatoria dei procedimenti giurisdizionali concerneva solo quelli, in cui si controverteva di applicazione di sanzioni urbanistiche in senso proprio (e non anche ella legittimità della concessione o autorizzazione edilizia, da cui dipendeva la liceità o l’abusività dell’opera e il cui accertamento era pregiudiziale all’applicazione delle sanzioni stesse).
Ciò perché, la sospensione non si poteva applicare nei giudizi che avevano per oggetto la legittimità del diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria non essendo comprensibile una statuizione sospensiva del giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza sul ricorso proposto contro il diniego di condono.
Nel merito, ha richiamato l’orientamento secondo il quale a discrimine della necessità o meno di richiedere il parere paesistico l’esistenza di un vincolo doveva essere considerata non già - come inesattamente sostenutosi- alla data di realizzazione dei fabbricati abusivi, ma a quella di presentazione della domanda di sanatoria( il che, nel caso in esame, rende l’intervento dell’organo regionale preposto alla sua tutela legittimo e necessario).
Il mezzo di primo grado è stato pertanto integralmente disatteso.
L’odierno appellante, già ricorrente rimasto soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.
Ha ripercorso il risalente e prolungato contenzioso intercorso con il comune ed ha riproposto la tesi per cui la valutazione di compatibilità ambientale era errata in quanto non si era tenuto conto della modestia del prefabbricato che si intendeva condonare e della sopravvenienza del vincolo rispetto al momento della abusiva erezione del medesimo (ex art. 32 comma 3 della legge n. 47/1985).
Nel merito è stato ribadito che il diniego avversato era carente sotto il profilo istruttorio e motivazionale ed apoditticamente affermava il contrasto dell’immobile per cui è causa con il supposto contesto boschivo del quale non era presente neppure la documentazione fotografica.
L’appellata amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato, facendo presente che la domanda di sanatoria dell’immobile abusivamente edificato era stata correttamente vagliata e l’impugnato diniego era privo di alcun vizio di legittimità.
Con decreto presidenziale n. 01236/2011 il ricorso in appello, in quanto pendente da oltre cinque anni, è stato dichiarato perento: il detto decreto è stato revocato (con decreto n. . 02549/2012) in quanto con atto depositato in data 30 dicembre 2011 e sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, l’appellante aveva dichiarato di avere ancora interesse alla trattazione della causa;
Alla odierna pubblica udienza del 5 febbraio 2013 la causa è stata posta in decisione dal Collegio
DIRITTO
l’appello è infondato e va pertanto respinto.
1.1.Rammenta in proposito il Collegio che costituisce costante approdo della giurisprudenza amministrativa quello per cui dal combinato disposto degli art. 35 comma 19 e 32 comma 1 della l. 28/2/1985 n. 47 si evince che, in caso di istanza di sanatoria edilizia per opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo, il silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi dall'emissione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo si forma solo nel caso di parere favorevole, e non anche di parere contrario, poiché il rilascio della concessione in sanatoria per abusi in zone vincolate presuppone necessariamente il parere favorevole, e non il parere "sic et simpliciter" della predetta autorità.
Si è detto peraltro, ancora di recente, che “il parere dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, di cui all'art. 32 l. n. 47 del 1985, è pregiudiziale ad ogni altra valutazione e, se sfavorevole, rende impossibile la sanatoria dell'opera. Conseguentemente, nel caso in cui l'espressione del parere e l'adozione del provvedimento sull'istanza di sanatoria siano di competenza della medesima Amministrazione (nella specie, il Comune), è ben possibile che l'esito negativo dell'esame sulla compatibilità con il vincolo consenta all'Amministrazione di adottare uno actu la determinazione negativa sul complesso procedimento di cui al citato art. 32.”(Consiglio Stato , sez. VI, 24 febbraio 2011 , n. 1156).
Tale principio appare sovrapponibile a quello espresso dalla giurisprudenza penale di legittimità, secondo cui “a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 32 d.l. 30 settembre 2003 n. 269 (conv., con mod. in l. 24 novembre 2003 n. 326) all'art. 32, comma 1, della l. 28 febbraio 1985 n. 47, non opera più, anche per le istanze di sanatoria già presentate, la procedura del silenzio - assenso per gli interventi di ampliamento eseguiti su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. (In motivazione la Corte ha precisato che il rilascio della sanatoria è subordinato al parere dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo da rilasciarsi nel termine di 180 gg. dall'istanza conseguendo, in caso di inerzia, l'impugnabilità del silenzio - rifiuto).”(Cassazione penale , sez. III, 16 marzo 2010 , n. 14312).
In ordine alla problematica relativa alla epoca di apposizione del vincolo, dopo qualche incertezza la giurisprudenza si è ormai stabilmente orientata verso l’affermazione della rilevanza di quest’ultimo, purchè sussistente al momento della richiesta di sanatoria (o addirittura, seppur successivo a quest’ultima al momento dello scrutinio sulla domanda medesima), a nulla rilevando che esso non preesistesse al momento della esecuzione dell’intervento abusivo.
Si è quindi condivisibilmente affermato, che “ai sensi dell'art. 32, l. 28 febbraio 1985 n. 47 l'esistenza di un vincolo paesaggistico esclude la possibilità della formazione del silenzio assenso sulle domande di rilascio di concessione edilizia in sanatoria.”(Consiglio Stato , sez. IV, 31 marzo 2009 , n. 2024)e si è soprattutto, puntualizzato, che ” è irrilevante che il vincolo paesaggistico sia sopravvenuto rispetto alla commissione dell'abuso e alla data di presentazione della domanda di condono, perché secondo il consolidato orientamento della giustizia amministrativa sono rilevanti i vincoli paesaggistici sopravvenuti ed esistenti al momento dell'adozione del provvedimento sulla domanda di condono edilizio -nel caso di specie, il provvedimento di condono non aveva valutato adeguatamente la compatibilità paesaggistica dell'opera e pertanto risultava affetto dal vizio del difetto di motivazione, rilevato dalla Soprintendenza-.”(Consiglio Stato , sez. VI, 23 febbraio 2011 , n. 1127, ma anche “ l'art. 32 l. n. 47 del 1985, laddove impone una congrua valutazione da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo in merito alla compatibilità del mantenimento dell'"opus" con le ragioni poste a fondamento del regime vincolistico, si applica anche in caso di vincolo sopravvenuto rispetto all'esecuzione ma vigente al momento della domanda. “(Consiglio Stato , sez. VI, 22 gennaio 2001 , n. 181).
3.2. Posto che la domanda di sanatoria venne avanzata in data 11 gennaio 1995, e che a detta data il vincolo insistente nell’area era certamente sussistente, armonicamente con i superiori insegnamenti prima elencati ne deve conseguire che tutte le censure (primo motivo di appello)volte ad ipotizzare che le opere realizzate non dovevano essere soggette al rilascio di autorizzazione paesaggistica devono essere respinte. (“si deve ritenere che ai fini della sanatoria edilizia, l'intervento abusivo debba essere sottoposto al parere preventivo dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo anche qualora le opere oggetto della domanda siano state realizzate prima dell'entrata in vigore della L. n. 431/1985, di estensione del vincolo ambientale; e ciò in quanto in sede di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della L. n. 47/1985, si deve tener conto del vincolo esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca di introduzione del vincolo stesso, e quindi, dalla sua vigenza al momento della commissione dell'abuso.”(Cons. Stato Sez. VI, 15-06-2009, n. 3806).)
4. Non miglior sorte merita la censura di difetto di motivazione e di istruttoria proposta con il secondo motivo di appello ed ulteriormente motivata con le restanti censure contenute nel gravame.
4.1. Va anzitutto sgombrato il campo dalla doglianza contenuta alle pagg. 10-13 del ricorso in appello:la circostanza che gli atti sottesi ai gravati provvedimenti di diniego fossero carenti di una documentazione fotografica relativa al contesto boschivo in cui sorge l’immobile, e la doviziosa rassegna giurisprudenziale riportata nell’appello con riferimento al concetto di “bosco”, sono del tutto inconducenti: ciò in quanto, a tutto concedere, essi avrebbero potuto spiegare pratico rilievo in favore di parte appellante laddove fosse stato contestato che l’immobile sorgesse effettivamente in un bosco.
Ma neppure l’appellante si spinge ad una simile affermazione, di guisa che non è dato comprendere il motivo per cui dovesse essere specificata e documentata la “tipologia” di bosco, tanto più che la legge non distingue, in punto di sussistenza del vincolo, le caratteristiche “di pregio” che l’area boschiva dovrebbe possedere. Ad abundantiam si rileva, comunque, che la censura appare anche infondata alla stregua della condivisibile giurisprudenza secondo la quale “la nozione di "bosco" deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste di alto fusto, ma anche (per identità di ratio) a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto con la preponderanza di vegetazione, anche di tipo arbustivo. Pertanto, a prescindere dalla presenza o meno di alberi di alto fusto, non vi sono dubbi sulla sussistenza di un vincolo boschivo anche qualora l'area fosse coperta solo da vegetazione qualificabile come macchia.”(T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 11-07-2012, n. 1941 ).
4.2.Quanto alle censure secondo cui non sarebbe stata vagliata funditus la compatibilità paesaggistica del manufatto, né si sarebbe tenuto conto della “minore” gravità della violazione a cagione della circostanza che al momento in cui l’immobile venne realizzato il vincolo non era sussistente, ritiene il Collegio che l’appellante inverta indebitamente il rapporto tra regola ed eccezione che deve guidare le valutazioni amministrative in punto di condonabilità delle opere abusive.
Esso è stato ben espresso dalla giurisprudenza di merito, in passato, essendosi condivisibilmente affermato che “atteso il carattere derogatorio ed eccezionale di ogni normativa in materia di sanatoria , la condonabilità di un'opera in termini edilizi presuppone la rigida verifica dei presupposti dettati dalla legge. Per altri versi, la valutazione in ordine alla compatibilità ambientale mantiene una valenza autonoma, caratterizzata dal permanere di ambiti di discrezionalità che attengono alla possibilità di un armonico inserimento dell'opera da sanare nel contesto ambientale circostante, essendo, in ogni caso esclusa l'autorizzabilità di opere che possano comportare deroga al vincolo. Va, infatti, ribadito che nel sistema normativo vigente è tutelato non solo l'interesse alla salvaguardia delle prescrizioni urbanistiche, ma anche il principio della necessità della preventiva autorizzazione a costruire.”(T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 27-11-2006, n. 6040 , ma anche T.A.R. Liguria, sez. I, 25 novembre 2003, n. 1593).
In disparte la circostanza che il bosco esisteva anche al momento in cui l’appellante ebbe a costruire abusivamente il manufatto (mentre successivamente sopravvenne il vincolo normativo di cui alla legge n. 431/1985) per cui questi consapevolmente si risolse ad erigere un manufatto abusivo in un contesto comunque degno di rispetto, ritiene il Collegio di dovere ribadire il principio per cui, laddove venga eretto un manufatto abusivo, e laddove lo stesso coinvolga un vincolo paesaggistico o di altra natura (anche sopravvenuto rispetto alla data dell’abuso, per quanto si è dianzi esaustivamente chiarito)deve essere rigidamente vagliata la possibilità di concedere la sanatoria dell’abuso, non potendo l’autore dello stesso invocare alcun trattamento “preferenziale” o “di favore”. Questi, infatti, versa in uno stato di irregolarità permanente, in cui si è volontariamente e consapevolmente posto allorchè si risolse ad edificare il manufatto in spregio a potere pianificatorio dell’autorità amministrativa: imputet sibi se, all’esito di una valutazione rientrante nella più lata discrezionalità dell’autorità preposta alla gestione del vincolo (ex multis, sul punto: ”spetta unicamente alle Regioni, in quanto Autorità prioritariamente preposte alla tutela del vincolo paesistico, il potere di esprimere il parere vincolante in ordine alla concessione o all'autorizzazione in sanatoria di opere edilizie abusivamente costruite, ai sensi dell'art. 32, comma 1 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, modificato dal D.L. 23 aprile 1985, n. 146, art. 4, in riferimento alla L. 8 agosto 1985, n. 431, recante modificazioni al D.P.R. n. 616/77, art. 82 -cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 1998, n. 114 e 6 aprile 1987, n. 241-. E tale parere regionale ha contenuto di atto volitivo e non di mera opinione, avendo funzione equivalente all'autorizzazione di cui all'art. 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497, nell'ambito della fattispecie concessoria ai fini urbanistico-edilizi, costituendo atto di esercizio del potere di gestione del vincolo paesistico ambientale.”-T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 17-01-2007, n. 319-) la compatibilità del manufatto non venga riscontrata (si rammenta peraltro che il giudizio di compatibilità paesaggistica è lato sensu discrezionale anche laddove involga valutazioni preventive alla realizzazione dell’immobile: certamente tale caratteristica permane allorchè si tratti di verificare ex post la rispondenza a detti parametri di un manufatto abusivo: ex multis, sul punto, si veda: “Il giudizio espresso dall'Amministrazione locale circa la compatibilità paesaggistica del progetto avanzato dal privato è espressione di un potere tecnico - discrezionale sussistente in capo alla stessa, che risulta sindacabile in sede di legittimità solo rispetto alla formulazione di valutazioni manifestamente illogiche o affette da errore sul fatto, ovvero, infine, formulate sulla base di una motivazione insufficiente. Nell'ottica dell'esercizio di siffatto potere, è perfettamente legittimo il provvedimento con il quale, a fronte dell'esistenza di un vincolo paesaggistico, l'Amministrazione, valutando la compatibilità dell'altezza degli edifici come da progetto con le esigenze di tutela del paesaggio, respinga, con adeguata ed esaustiva motivazione, i progetti attinenti le costruzioni private che, pur rientrando formalmente nei limiti previsti dal piano regolatore relativo alla zona interessata (e quindi astrattamente legittimi) risultino di notevole incidenza visiva quanto ad impatto paesistico. “-T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 26-07-2010, n. 3265-).
4.3. Gli atti impugnati appaiono immuni dalle ipotizzate censure, stante la piena legittimità della motivazione per relationem (con riferimento all’avversato parere negativo del 23 luglio 1996 in quanto facente riferimento al parere negativo reso dalla commissione consultiva il 24 giugno 1996) e la sussistenza di una attività istruttoria posta in essere (nei limiti di ciò che risultava necessario, apparendo già assai ardito ipotizzare la compatibilità di un manufatto prefabbricato con un contesto boschivo)
5. Alla stregua delle superiori motivazioni l’appello appare del tutto infondato e va certamente disatteso.
6. Le spese del procedimento, possono essere compensate a cagione delle pregresse incertezze giurisprudenziali in punto di valutabilità del vincolo sopravvenuto rispetto all’abuso edilizio commesso.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, numero di registro generale 1181 del 2005 come in epigrafe proposto,lo respinge.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)