Gli effetti del silenzio assenso e tutela dell’art. 9 Cost, i limiti della discrezionalità del legislatore

di Alessando DI BLASI

L’orientamento giurisprudenziale della Corte e dei giudici amministrativi

La tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, per espressa previsione del secondo comma dell’art. 9, rientra tra i Principi Fondamentali della Costituzione, in grado di prevalere anche su altri principi di carattere costituzionale tra cui l’iniziativa economica (tutelata dall’art. 41 Cost), trovando quest’ultima limite nell’utilità sociale, tra cui si pone “indubbiamente” 1 la tutela delle bellezze naturali.

In ragione della tutela del paesaggio, l’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale, sulla scia delle decisioni della Corte di Giustizia dell’UE 2 , ha condotto alla censura delle norme che non imponevano un esame specifico della tutela del paesaggio e dei vincoli ambientali da parte delle autorità preposte, precisando che “nella materia ambientale vige un principio fondamentale , ricavabile da una serie di disposizioni, da interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio della amministrazione preposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso ” (vedasi sentenze: 302/1998; 26/1996; 404/1997; oltre alla più recente sentenza 209/2014).

La Corte, pur nel rispetto della discrezionalità del legislatore, al quale non può essere preclusa la possibilità di qualificare in termini di silenzio assenso il decorso infruttuoso del termine a provvedere 3 , ha censurato quelle norme che portavano all’effetto di soprassedere all’esame dell’impatto sul paesaggio e alla considerazione della tutela dell’ambiente, tramite l’istituto del silenzio assenso, a maggior ragione nel caso di procedimenti complessi ad elevato tasso di discrezionalità 4

La stretta connessione, peraltro tra tutela del paesaggio, tutela dell’ambiente e diritto alla salute come interesse della collettività ad un ambiente salubre oltre che come diritto fondamentale dell’individuo (32 Cost.) 5 , sulla scorta della giurisprudenza costituzionale, ha portato in più occasioni il Consiglio di Stato 6 e la stessa Cassazione a recepire l’orientamento restrittivo sulle conseguenze del silenzio in ambito paesaggistico 7 , di modo che può dirsi ormai consolidato il principio per cui “ nella materia della tutela del paesaggio, l’istituto del silenzio-assenso supera la finalità di semplificazione” 8 di modo che “ in tema di tutela del paesaggio, il provvedimento autorizzatorio previsto dalla legislazione di settore deve avere forma espressa, atteso che il silenzio dell'amministrazione proposta alla tutela del vincolo non può avere valore di assenso stante la necessità di valutare da parte della p.a. equilibri diversi e tenere conto del concorso di competenze statali e regionali 9 .

Le conclusioni a tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale a cui è giunta la Corte e la Giurisprudenza amministrativa e ordinaria sembrano nette tali da non lasciar luogo ai fraintendimenti 10 , ma qual è il limite concreto della discrezionalità legislativa nel prevedere il silenzio assenso in ambito paesaggistico e ambientale?

E difficile fornire una risposta certa, ma la vicenda paradossale, di seguito riportata, fa sorgere una serie doverosa di interrogativi sugli effetti di meccanismi assentivi previsti dalla legge, i quali, combinati tra loro, possono determinare la violazione diretta dei principi enucleati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Consulta in materia paesaggistica.

E’ opportuno, dunque, analizzare un caso concreto noto alle cronache locali e nazionali, che ben può fungere da esempio su quali possano essere le ripercussioni di un meccanismo generalizzato di silenzio-assenso.

II

Il caso: la sentenza del TAR Veneto n. 604/2018

Siamo a Chioggia, una piccola città della Laguna di Venezia Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, dove è stato autorizzato un deposito costiero di G.P.L. (gas propano liquido), di oltre 10.000 mc, senza che mai alcuna autorità preposta alla tutela del paesaggio abbia espresso alcun parere, anzi sia mai stata formalmente interessata dalla vicenda. L’impianto, autorizzato, viene classificato, secondo la normativa Seveso “ a rischio d’incidente rilevante”, in quanto in caso d’incidente gravi “rilevanti” possono essere i danni alle persone e all’ambiente.

A seguito di Conferenza di Servizi, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del maggio 2015, veniva autorizzato l’impianto, dopo essere stato classificato di interesse nazionale dal legislatore. L’intero iter che portava al provvedimento autorizzativo si svolgeva senza alcuna attività istruttoria di verifica sotto il profilo paesaggistico da parte dell’autorità preposta alla tutela dell’ambito.

Verrebbe da escludere in radice la possibilità che fosse resa l’autorizzazione in considerazione di quanto prevede l’art. 20 della L. 421/1990 11 , tanto più nell’ambito della conterminazione lagunare dove esiste una disciplina normativa ferrea volta a salvaguardare l’ambito paesaggistico e il delicato ecosistema ambientale, al punto che anche minime modifiche prospettiche o forometriche degli edifici in zona vincolata (dell’ordine di pochi centimetri), vengono spesso sistematicamente bocciate e sanzionate, anche penalmente.

In merito, va sottolineato che, a difesa del delicato paesaggio e dell’ambiente unico nel mondo, è stata istituita Commissione per la Salvaguardia di Venezia con legge nel 1973 in cui si dichiarava la salvaguardia di Venezia problema di preminente interesse nazionale 12 , “ allo scopo di realizzare tale esigenza di tutela, è stato prescritto un particolare procedimento collegiale di salvaguardia per l'esame di qualsiasi modifica e trasformazione del territorio di cui si tratta ” (il corsivo è della stessa Corte costituzionale, sentenza 357/1988).

Sembrerebbe impossibile che, in un territorio soggetto a tutele specifiche e maggiori rispetto all’ambito nazionale in ragione delle sue peculiarità, possa essere realizzato un impianto di oltre 10.000 mc, senza che nessuno sia chiamato a valutarne il profilo paesaggistico anche in considerazione delle connesse valutazioni ambientali; tanto più, è bene ricordarlo, che, con l’istituzione della Commissione di Salvaguardia, il legislatore ha inteso salvaguardare il territorio con una valutazione unitaria e contestuale ai vari interessi di cui sono portatori i rappresentanti degli organi chiamati a partecipare alla speciale Commissione di salvaguardia: “ di modo che assumono una speciale rilevanza, da un canto, i profili di tutela dell'equilibrio idrogeologico, e dell'ambiente dal punto di vista paesistico, storico, artistico, e, dall'altro, ed unitamente ai primi, quelli di sicurezza delle costruzioni e degli impianti, nonché igienico-sanitari, con garanzia della vitalità socio-economica in un quadro di sviluppo” 13 .

Sennonché, di recente della vicenda si è occupato il Tar Veneto 14 , il quale ha ritenuto non affetto da nullità il provvedimento di autorizzazione del deposito gasiero non ravvisando alcuna violazione dell’art. 9 della Costituzione, pur riconoscendo che l’ente preposto alla tutela dell’ambito paesaggistico, in questo caso la Commissione di Salvaguardia stessa, non sia mai stato coinvolto.

La conclusione a cui è giunto il giudice amministrativo in realtà sembra discendere da un susseguirsi di interventi normativi, il cui combinato effetto è stato in definitiva quello di pregiudicare in radice la possibilità di tutelare il paesaggio anche nella sua componente ambientale.

Esaminare più da vicino la fattispecie, pur nella sua tecnicità, è utile per comprendere i rischi di un generalizzato meccanismo di silenzio assenso.

Nel dicembre 2014, dopo che il procedimento amministrativo volto al rilascio delle necessarie autorizzazioni era già iniziato, interveniva una modifica normativa al TU sulle espropriazioni, n. 327/2001, secondo cui l’autorizzazione del Ministero deve ritenersi sostitutiva di ogni altra autorizzazione “ anche ai fini urbanistici ed edilizi nonché paesaggistici” 15 .

La circostanza di per sé era di discutibile rilevanza nel caso di specie, posto che il procedimento amministrativo era già iniziato mesi prima dell’entrata in vigore della riforma. Sennonché la stessa legge prevedeva l’applicabilità “ anche ai procedimenti in corso relativi all’autorizzazione di opere rispetto alle quali sia stato adottato un decreto di compatibilità ambientale alla data di entrata in vigore della presente legge”.

La scelta (opinabile) di applicazione ai procedimenti in corso, tuttavia risulta prima facie lesiva dell’art. 9, posto che è pur vero che è stato previsto che la norma si applica quando l’autorità preposta alla tutela ambientale sia stata interessata e abbia accertato la compatibilità dell’intervento, ma è altrettanto vero che i profili paesaggistici non si esauriscono in essa.

Ad ogni modo, in merito ai profili ambientali, nel caso di specie mancava un decreto espresso di compatibilità ambientale, giacché nel corso della procedura la Provincia di Venezia competente per la valutazione di compatibilità ambientale aveva disposto il non assoggettamento alla procedura di impatto ambientale, “ condizionato all’approvazione da parte dell’autorità competente delle necessarie varianti conseguenti all’introduzione del traffico di navi gasiere alla struttura organizzativa e gestionale del porto emergenti dal piano di sicurezza ”.

Quindi se non risultava un accertamento (espresso?) neppure della compatibilità ambientale, l’autorizzazione, in mancanza del parere di compatibilità paesaggistica, non poteva essere rilasciata tanto più se non vi era un’istanza del proponente: la considerazione sembrerebbe frutto di un mero sillogismo logico.

E conseguentemente, posto che nella fattispecie non risulta un accertamento espresso di compatibilità ambientale e non è stata interessata la Commissione di Salvaguardia in ordine al profilo paesaggistico (né la Soprintendenza, che risulta comunque tenuta ad esprimersi quale membro della commissione) sembrerebbe escludersi che possa essere emesso un provvedimento finale con valenza paesaggistica.

Il Tar supera l’empasse sostenendo che la disciplina transitoria della legge del 2014 abbia portata generalizzante del principio tempus regit actum, valendo per tutti i procedimenti in corso, fermo restando che, secondo la normativa previgente, il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale sostituiva comunque ogni genere di autorizzazione in materia ambientale 16 , con il che, sostiene il Giudice amministrativo, anche l’autorizzazione paesaggistica.

Ma, senza voler censurare le conclusioni del giudice amministrativo, bisogna domandarsi come in una zona, dove risulta(va) obbligatorio e vincolante il parere della Commissione di Salvaguardia, possa autorizzarsi un impianto di tal fatta in mancanza della benchè minima ricognizione del profilo paesaggistico.

La domanda vien da sé, tanto più che nella fattispecie per il provvedimento autorizzativo si necessitava 17 la convocazione di una Conferenza di Servizi, in cui tutti gli enti interessati (compreso quello preposto alla tutela paesaggistica) e ciascuno per le proprie competenze, dovevano esprimere il proprio parere.

Ma veniamo ai fatti: la Conferenza di servizi effettivamente veniva convocata, tuttavia senza coinvolgere la Commissione di Salvaguardia, la quale, è opportuno ricordarlo, in base alla legislazione richiamata deve esprimere parer obbligatorio e vincolante in merito a tutti gli interventi di trasformazione e modifica del territorio all’interno della conterminazione lagunare 18 .

La procedura sembrerebbe del tutto anomala con seri dubbi sull’assentibilità finale.

Non secondo il TAR, nemmeno su questo versante: infatti, il problema risiede nel fatto che la speciale disciplina per la Salvaguardia del territorio lagunare al fine di tutelare un preminente interesse nazionale, abbia inteso prevedere la figura della Commissione solo in via transitoria (anche se ciò vige da oltre 40 anni!) per il territorio di ciascun Comune fino all’entrata in vigore dello strumento urbanistico generale, che però non è mai stato adottato nelle forme previste. Ne discende che la Commissione di Salvaguardia pur continuando a rilasciare il proprio parere lo fa al Comune di Chioggia a seguito di sua istanza, nell’ambito di una dinamica endoprocedimentale, risultando alla fine il parere delle medesima fatto proprio dalle determinazioni del Comune 19 .

Nel caso di specie il Comune, che pur veniva interessato meramente dell’aspetto urbanistico, secondo il Giudice, risultando ente preposto alla tutela dell’ambito paesaggistico, avrebbe potuto e dovuto coinvolgere la Commissione di Salvaguardia , risultando illegittima tale omissione: ma cionondimeno il TAR precisa che l’omesso esame da parte di quest’ultima vada circoscritto ai rapporti interni ai due enti non ripercuotendosi sul provvedimento finale al punto da determinarne la nullità.

Ma dunque se nessuno ha espresso un parere di compatibilità ambientale esplicito e l’ente preposto alla tutela dell’ambito paesaggistico non è stato interessato, poteva approvarsi la mega struttura?

La risposta del TAR è affermativa, visto che l’allora vigente art. 14 ter della legge 241/1990 in tema di Conferenza di Servizi prevedeva un meccanismo di silenzio assenso 20 : il Comune (formalmente preposto alla tutela del paesaggio), infatti, che, pur interessato dell’aspetto urbanistico non aveva richiesto alcun parere alla commissione di Salvaguardia per l’aspetto paesaggistico, non aveva espresso alcun motivato dissenso 21 .

In definitiva, dunque, il Giudice amministrativo arriva ad interpretare il silenzio del Comune (peraltro investito dal Ministero dei solo dei profili urbanistici), come assenso all’intervento, avente in definitiva gli stessi effetti del parere paesaggistico necessario per il provvedimento finale di autorizzazione, in modo tale da conferire valore anche di autorizzazione paesaggistica al decreto del Ministero.

Viene da domandarsi se l’iter seguito possa dirsi rispettoso dei principi costituzionali, come elaborati dalla Corte. Anche in ordine a tale aspetto, il Tar si pronuncia per la legittimità dell’autorizzazione Ministeriale, non ritenendo nè di valutare una interpretazione dei combinati disposti normativi conforme a Costituzione in modo da permettere la tutela dell’art. 9, né di sollevare la questione di costituzionalità del coacervo di norme coinvolte, sul presupposto che il vulnus possa essere dipeso dalle omissioni delle amministrazioni coinvolte e non dal combinato disposto normativo, amministrazioni che comunque potrebbero comunque intervenire per porre rimedio alla violazione 22 .

Senza addentrarsi sulle conclusioni raggiunte in primo grado e sugli aspetti processuali di un giudizio, comunque in corso in grado di appello, emerge che il contesto normativo (anche nel caso, assai opinabile del resto, in cui non venisse ritenuto direttamente lesivo nelle singole disposizioni del principio fondamentale di cui all’art. 9), sia comunque in grado, nelle ipotesi di meccanismi di silenzio assenso, di determinare un palese vulnus costituzionale.

La peculiarità del caso, l’affastellarsi di normative, l’inerzia delle amministrazioni coinvolte sono stati gli ingredienti che uniti tra loro hanno portato il giudice a ritenere non affetta da nullità una procedura di autorizzazione di un mega impianto nella conterminazione lagunare (ritenuta di per sé preminente interesse nazionale) senza che l’ente preposto alla tutela sia stato nemmeno coinvolto.

Ma il caso, deve considerarsi un’anomalia del sistema normativo e burocratico del nostro Paese o piuttosto una conseguenza suscettibile di moltiplicarsi?

III

Osservazioni conclusive

La fattispecie esaminata, pur nella sua peculiarità, non può considerarsi un’aporia del sistema, ma semmai è un esempio chiaro che dimostra che la tutela dei principi fondamentali della Costituzione (in questo caso quelli di cui all’art. 9 e 32) non può essere salvaguardata mediante il silenzio, ma deve trovare sempre un meccanismo normativo che preveda un soggetto istituzionalmente preposto che valuti se vi siano o meno conseguenze pregiudizievoli.

Del resto la problematica può dirsi tanto più attuale se si considera che con l’introduzione da parte della Legge 124/2015 dell’art. 17 bis all’interno della legge 241/1990, è stato istituzionalizzato il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici e ciò “ anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche ” con la previsione dunque di un vero e proprio cavallo di Troia in grado di colpire al cuore il principio fondamentale della tutela del paesaggio e dell’ambiente 23 in antitesi al principio espresso nell’art. 20 della medesima legge.

Fin dove sia lecita la discrezionalità del legislatore nel prevedere meccanismi di silenzio assenso è dunque problematica delicata e quanto mai attuale, viste le conseguenze aberranti che possono comunque annidarsi nascoste nell’inerzia dell’amministrazione. Tuttavia, la problematica non esaurisce la questione: è la disposizione di legge che viola i principi della Costituzione o piuttosto gli effetti del combinato disposto normativo a imporre l’incostituzionalità del quadro normativo in caso di mancata interpretazione conforme a Costituzione?

Il caso in esame evidenzia che la tutela dei principi fondamentali della Costituzione 24 , (prima attraverso attività degli enti preposti alla medesima, poi tramite i giudici e da ultimo tramite la Consulta) rischia di essere totalmente vanificata se ci si basa sul mero tenore delle disposizioni normative in sé considerate (che comunque si appalesano di dubbia costituzionalità), e non sulle conseguenze che possono derivare dalla loro applicazione; viceversa bisogna adottare, quantomeno dall’organo giudicante, un’interpretazione necessitata conforme a Costituzione, tesa ad escludere l’effetto pratico qualora contrastante con i principi costituzionali, pena l’incostituzionalità.

Ad ogni modo, il presente contributo non ha la pretesa di fornire risposte a quesiti da valutarsi in ben più ampio contesto, basti, tuttavia, rilevare che nel caso esaminato, la tutela del paesaggio e dell’ambiente, a prescindere dall’effettivo tenore letterale delle disposizioni applicabili, è risultata compromessa per l’effetto delle conseguenze del quadro normativo venutosi a creare negli anni 25 .

La violazione del dettame costituzionale avviene come detto in modo subdolo, ma palese, posto che il silenzio-assenso in realtà sostituisce l’oggetto dell’autorizzazione paesaggista, “ dall’impatto sul paesaggio … alla mera attività che lo procede 26 .

Va sottolineato che l’art. 9 della Costituzione prevede letteralmente che la Repubblica “tutela” il paesaggio 27 , tant’è, che come evidenziato di recente 28 , Tristano Codignola in sede di Assemblea Costituente, affermò, “ Lo Stato non protegge, tutela” (AC 30 aprile 1947, p. 3419), laddove il concetto di “tutela” non racchiude una protezione emergenziale, ma “sistematica e preventiva”, incompatibile dunque con i risvolti di un mero silenzio.

1 Per citare l’avverbio utilizzato dalla Consulta nella sentenza 9/1973, dove la medesima ha precisato che “ per quanto concerne l'art. 41, va considerato che esso prevede (secondo comma) che l'iniziativa economica privata trovi un suo limite nell'utilità sociale. E con la sentenza n. 55 del 1968 questa Corte ha posto in rilievo la identità dei fini che, negli artt. dal 41 al 44, la Costituzione ha indicato, ora come fini sociali, ora di utilità sociale, ovvero di interesse generale. Tale indubbiamente , per le suaccennate preminenti ragioni, il fine di tutela delle bellezze naturali” .

2 Vedasi sentenza 28.2.1991, C-386 Commissione c/Rep. Italiana. Più di recente vedasi anche la sentenza della Corte di Giustizia del 10.06.2004 (causa C-87/02) in relazione ad una ipotesi di silenzio assenso nelle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA. In questo caso la Corte afferma un altro concetto derivato dal Principio di Diritto Comunitario di Precauzione, per cui in materia ambientale occorre che la istruttoria per valutare l’impatto di un intervento da autorizzare deve essere svolta effettivamente altrimenti si verrebbe meno alla ratio della normativa ambientale che è quella della tutela preventiva dell’ambiente e della salute dei cittadini interessati.

3 Vedasi all’uopo le sentenze 404/1997, 262/1997, oltre le considerazioni di M. Asprone, La relazione tra tutela dell’ambiente e l’istituto del silenzio assenso nell’ultima giurisprudenza amministrativa, in Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana, 2018.

4 In tal senso, vedasi Consiglio di Stato, sez. VI, 29.12.2008 n. 6591, dove viene ripercorso l’orientamento della Consulta, rilevandosi che “ al riguardo, la Corte Costituzionale ha chiarito che, in linea di principio, al legislatore non è affatto precluso sul piano costituzionale - nell'ambito delle diverse fasi di abilitazione di lavori edilizi - la qualificazione in termini di silenzio-assenso del decorso del tempo entro il quale l'amministrazione competente deve concludere il procedimento e adottare il provvedimento (Corte Cost., n. 404/97; n. 262/97 e n. 169/1994). Si tratta in questi casi - secondo la Corte - di una scelta di politica legislativa nell'obiettivo di tempestività ed efficienza dell'azione amministrativa e quindi di buon andamento, costituzionalmente compatibile purché siano esattamente individuati l'unità organizzativa ed il soggetto addetto responsabile dell'istruttoria e degli adempimenti finali, di modo che non vi sia differenza sotto il profilo della responsabilità tra atto espresso e silenzio derivante da scelta consapevole di non esercitare il potere di intervento (repressivo o impeditivo).

La Corte Costituzionale ha, invece, censurato alcune leggi regionali, che prevedevano il silenzio-assenso in procedimenti complessi, caratterizzati da un elevato tasso di discrezionalità e dall'inclusione di specifiche valutazioni in materia ambientale, per le quali è richiesto un pronunciamento espresso, quali quelle in materia di tutela idrogeologica e paesaggistica (Corte Cost., n. 26/1996, n. 194/1993, n. 437/1992, n. 302/1988).

Con riguardo al diritto comunitario, anche la Corte di Giustizia ha ritenuto non compatibile il silenzio assenso solo in presenza di procedimenti complessi in cui, per garantire effettività agli interessi tutelati, è necessaria una espressa valutazione amministrativa, quale un accertamento tecnico o una verifica; in questi casi ammettere il silenzio assenso significherebbe legittimare l'amministrazione a non svolgere quella attività istruttoria imposta a livello comunitario per la tutela di particolari valori e interessi (v. Corte Giust. CE, 28 febbraio 1991, C-360/87 in materia di protezione di acque sotterranee) ”.

5 Le finalità del presente contributo non permettono di sviluppare la questione ermeneutica concernente il significato di “paesaggio” e se questo vada distinto dall’ “ambiente”, la cui dizione nella Carta costituzionale compare per la prima volta a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, laddove all’art 117, lettera s è riservata allo Stato, potestà legislativa esclusiva per quanto riguarda la ‘ tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’.

Quel che ormai può dirsi assodato è che quando si parla di “ Paesaggio della Nazione”, deve farsi riferimento (per usare le parole della Corte) all’ “ aspetto del territorio per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale ” (sent. 367/2007), non sussistendo una dicotomia intrinseca tra Paesaggio e Ambiente, ma una stretta relazione al punto da rappresentare un vero e proprio connubio anche in relazione alle previsioni di cui all’art. 32 Cost: non è un caso che la Corte costituzionale con la sentenza 210/1987 definisca la “salvaguardia dell’ambiente” come “ diritto fondamentale della persona” sottolineando “ una concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali”. In tal senso vedasi anche Consiglio di Stato, sezione IV, 29.4.2014, n. 2222, secondo cui “ In linea di principio, il divieto di nuove costruzioni imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude in ogni caso qualsiasi nuova edificazione che comporti comunque la creazione di edifici, senza che sia possibile distinguere tra volumi tecnici, residenziali, commerciali, ecc. ecc.. Ciò perché, sotto il profilo costituzionale, l'art. 9 Cost. introduce la tutela del paesaggio tra le disposizioni fondamentali. Il concetto non va limitato al significato meramente estetico di bellezza naturale ma deve essere considerato come bene primario ed assoluto, in quanto abbraccia l'insieme dei valori inerenti il territorio concernenti l'ambiente, l'eco-sistema ed i beni culturali che devono essere tutelati nel loro complesso, e non solamente nei singoli elementi che la compongono ”. Ampiamente in merito vedasi T. Montanari, Art. 9 Costituzione Italiana, pagine 59-73.

In tal senso vedasi anche Commentario breve alla Costituzione, seconda edizione, sub. art. 9, pagine 76-77, dove viene dato atto che l’art. 9 deve intendersi come norma anche a tutela dell’ambiente. Scrive M. Betzu, “ l’interpretazione evolutiva della ‘tutela del paesaggio’ di cui al comma 2 dell’art. in esame, letta in combinazione sistematica con il successivo art. 32 …, ha consentito di dilatarne il significato fino a ricomprendervi … la tutela dell’ambiente”. In tal senso vedasi anche C. cost. 94/1985, e 641/1987.

Per un’analisi della giurisprudenza costituzionale in materia ambientale vedasi P. Maddalena, La tutela dell’ambiente nella giurisprudenza costituzionale, in Giorn. Dir. Amm., 3/2010, 307 e C. Chiariello, La costituzionalizzazione della tutela ambientale, in Giustamm.it, 5/2017.

6 Oltre alla succitata 6591/1998, vedasi tra le molte anche Adunanza Plenaria decisione n. 17 del 27.7.2016 e, prima, Cons. di Stato, Ad. Gen., parere 6.2.1992 n. 27. A tal proposito vedasi Clara Silvano, Silenzio-assenso e interesse ambientale tra orientamenti giurisprudenziali e scelte del legislatore, in Riv. Giur. Di Urbanistica, 4/2017.

7 Come precisato alla precedente nota il presente intervento non intende soffermarsi sulle distinzioni tra tutela paesaggistica e tutela ambientale, e autorizzazioni rilasciate sui due profili e ciò atteso lo stretto connubio tra i medesimi. Basti rilevare che ormai è pensiero recepito quello per cui nell’ambito del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica viene valutata la compatibilità dell’intervento anche sotto il profilo ambientale, pur non esaurendosi in esso. In merito vedasi M.R. Spasiano, Commento art. 146 d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42, in M. A. Sandulli, Codice dei beni culturali e del paesaggio, II ed., 2012, 1121.

8 Così M.A. Sandulli, Codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 3. L’autore in tal senso precisa che il silenzio assenso, “ alterandone l’oggetto, non semplifica ma devia l’azione amministrativa, la racchiude alla salvaguardia del solo interesse di chi intende trasformare il territorio, ed esclude tout court e definitivamente la cura dell’interesse generale per il quale esiste”.

9 Così Cass. Pen. 28.5.2004 n. 38707.

10 In realtà, come ottimamente osservato Clara Silvano, Silenzio-assenso e interesse ambientale tra orientamenti giurisprudenziali e scelte del legislatore, in. Riv. Giur. Urb. N. 4/2017, 620 e ss., i principi espressi della Corte, in concreto sono frutto di decisioni riguardanti normative regionali che garantivano minori gradi di tutela in procedimenti ad elevato tasso di discrezionalità; viceversa quando la Corte ha analizzato la normativa statale ha in più occasioni precisato che il Legislatore nel disciplinare il procedimento amministrativo, gode di ampia discrezionalità dovendo cercare, per usare le parole dell’autrice citata, “ di volta in volta il miglior punto di equilibrio possibile tra l’attuazione concreta di questo principio di semplificazione e la tutela rafforzata riconosciuta all’interesse ambientale in virtù della rilevanza costituzionale che lo stesso riveste”. In merito, nella nota sentenza n. 85/2013 sul caso ILVA, la Corte ha espressamente precisato che “ La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come "primari" dei valori dell'ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale ”.

11 Art. 20 Silenzio assenso:

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.

2. L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.

3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies 21-nonies.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente , la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

5. Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis”.

12 Le origini, come risulta da portale della Regione Veneto, delle problematiche che hanno spinto alla istituzione della Commissione risalgono agli anni ’60, quando nel 1966 l’alluvione che colpì il Veneto provocò una situazione di emergenza e pericolo che investì direttamente il territorio veneziano. La Regione ricorda che “ l’innalzamento del livello della marea fino a raggiungere la quota di 194 cm sopra il livello medio del mare e l’abbattimento di parte delle storiche difese della laguna verso il mare (i “murazzi”) furono un evento straordinario di estrema gravità. Tale evento, unitamente alla particolarità morfologica della laguna di Venezia e alla necessità di garantire la massima tutela per la città storica, ha creato le premesse per l’adozione della prima legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Promulgata il 16 aprile 1973, la Legge n. 171 “Interventi per la salvaguardia di Venezia” dichiarava la salvaguardia di Venezia problema di preminente interesse nazionale e istituiva un nuovo organismo a presidio della stessa: la “Commissione per la salvaguardia di Venezia”.

A tale Commissione (costituita oggi da ventidue membri effettivi rappresentanti dei vari soggetti istituzionali competenti a vario titolo sulla città di Venezia e sulla laguna e da altrettanti supplenti) la Legge Speciale ha assegnato il compito di esprimere pareri e prescrizioni con carattere obbligatorio e vincolante sugli interventi edilizi e di trasformazione del territorio ricadenti all’interno della conterminazione lagunare (titolo II, artt. 5 e 6) ossia dell’ambito territoriale compreso nel perimetro aggiornato di cui al Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 1990 e dei centri storici di Chioggia e Sottomarina e nelle isole di Pellestrina, Lido e Sant’Erasmo, compresi i progetti delle opere dello Stato (art. 6, c. 5 bis, come modificato dall’art. 1-bis, c.4, L. n. 206/95). La Legge ha disposto, inoltre, che il parere rilasciato dalla Commissione su detti interventi, entro il termine di novanta giorni, sostituisca ogni altro parere, visto, autorizzazione, nulla osta, intesa o assenso, comunque denominati, richiesti in materia dalle leggi vigenti e sia preordinato all’accertamento della compatibilità dei progetti con le finalità indicate dall'art. 1 della Legge Speciale e con gli indirizzi fissati dal Governo ”.

I compiti assegnati alla Commissione, che saranno svolti fino all'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale di ciascun comune ricompreso nella conterminazione lagunare adeguato alle direttive del Piano Comprensoriale (art. 5, c. 7), che oggi deve intendersi sostituito da il Piano di Area della Laguna e dell’Area Veneziana (PALAV) integrato dal Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia (Piano Direttore 2000), comprendono anche il rilascio del parere sui progetti degli strumenti urbanistici di detti comuni. La L.R. 27.02.1990, n. 17 ha previsto infatti all’art. 3, c. 4, che ai fini dell’attuazione dell’art. 2, primo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, il piano per la prevenzione e il risanamento delle acque integra il Piano di area della Laguna e dell’Area Veneziana per gli aspetti connessi con il disinquinamento.

13 Così sentenza 357/1988 della Corte costituzionale.

14 Con la sentenza del 5.6.2018, nell’ambito del ricorso proposto dalla committente contro l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi da parte del Comune.

15 Il quadro normativo deriva dal combinato disposto dell’art. 57 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35, dell’art. 1, comma 56 della legge 23 agosto 2004, n. 239, e dell’art. 52 quinquies del DPR 8 giugno 2001, n. 327.

Il suddetto art. 57, comma 1, lett. e) definisce i depositi di stoccaggio GPL quali infrastrutture ed insediamenti strategici soggetti a procedimento unico, ed il comma 3

ter di tale articolo, introdotto dall'articolo 1, comma 552, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dispone che l’autorizzazione produce gli effetti previsti dall'articolo 52-quinquies, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il quale a sua volta prevede che l’autorizzazione “inoltre sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi nonche' paesaggistici, ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati, previsti dalle norme vigenti”.

16 Art. 26, comma, 4 del D.lgs. 152/2006.

17 L’art. 57 della legge 35/2012, prevede, infatti, che “ Al fine di garantire il contenimento dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi, nel quadro delle misure volte a migliorare l'efficienza e la competitivita' nel settore petrolifero, sono individuati, quali infrastrutture e insediamenti strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239:

a) gli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oliminerali;

b) i depositi costieri di oli minerali come definiti dall'articolo 52 del Codice della navigazione;

c) i depositi di carburante per aviazione siti all'interno del sedime aeroportuale;

d) i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi, ad esclusione del G.P.L., di capacita' autorizzata non inferiore a metri cubi 10.000;

e) i depositi di stoccaggio di G.P.L. di capacita' autorizzata non inferiore a tonnellate 200;

f) gli oleodotti di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), numero 6), della legge 23 agosto 2004, n. 239.

2. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e le normative in materia ambientale, per le infrastrutture e insediamenti strategici di cui al comma 1, le autorizzazioni previste all'articolo 1, comma 56, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le Regioni interessate.

3. L'autorizzazione di cui al comma 2 e' rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto entro il termine di centottanta giorni, nel rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale e' coordinato con i tempi sopra indicati.

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta pareri o assensi eventualmente previsti per le modifiche di cui all'articolo 1, comma 58, della legge 23

agosto 2004, n. 239, (( sono rilasciati )) entro il termine di centottanta giorni ”.

18 Va infatti evidenziato che l’opera in questione ricade in un’area soggetta a vincolo di tutela paesaggistica-ambientale, poiché compresa nella gronda lagunare che é stata dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. 1 agosto 1985, ai sensi della L. 1497/1939, decreto

che ha conservato la sua vigenza in forza dell’art. 157, comma 1, lettera c,

del D.Lgs. 42/2004.

19 M. di Francesco Terragrossa, Il valore ambientale nel bilanciamento costituzionale e gli interessi sensibili nella nuova conferenza di servizi, in Nomos, 3/2016.

20 Situazione comunque tuttora attuale anche dopo la modifica posta dal D.lgs 30.6.2016 n. 127, posto che la cd. riforma Madia non ha escluso l’istituto del silenzio assenso ma semmai ne ha esplicitamente precisato la valenza. In tal senso il comma 7 dell’attuale articolo 14-ter della L. 241/1990 prevede (alla seconda parte) che “ Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza ”. Sul punto vedasi, M. Bombardelli, LE NOVITÀ DELLA RIFORMA MADIA - LA NUOVA DISCIPLINA DELLA CONFERENZA DI SERVIZI, in. Giur. It, 2016, 12, 2793.

21 In tal senso, il Tar, come detto, riconosce l’illegittimità della procedura, ma ritiene che il vizio conseguente, non impugnato nei termini, non sia tale da ripercuotersi sul provvedimento finale in modo tale da determinarne la nullità in radice.

22 In tema di silenzio assenso e caducazione in autotutela, vedasi, Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007 n. 1339 “ Ai sensi dell'art. 20 comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, come riformulato dall'art. 3 comma 6 ter, d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni nella l. 14 maggio 2005 n. 80, il silenzio assenso , formatosi per decorso del tempo prescritto dall'inoltro dell'istanza, non può essere considerato dall'amministrazione tamquam non esset ma, prima dell'adozione del provvedimento negativo espresso, deve formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell'autotutela ”; Consiglio Stato sez. V, 22 giugno 2004, n. 4355 “ Nel caso in cui si sia formato il silenzio assenso rispetto ad una domanda di autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande, l'autorità comunale può procedere, ai sensi dell'art. 20 comma 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, all'annullamento dell'autorizzazione assentita sussistendo i presupposti per emettere un atto di autotutela, ma non emettere un diniego espresso .”. In merito vedasi A. Bertin Suman, Il nuovo silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni(art. 17-bis, legge n. 241/90): dovere di istruttoria e potere di autotutela, dove viene anche sottolineato comunque il termine previsto dalla Legge Madia per l’intervento in autotutela con la riforma dell’art. 21 nonies della L. 241/1990, previsto in diciotto mesi..

23 In merito vedasi F. DE LEONARDIS, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull’art. 17 bis introdotto dalla legge Madia , in Federalismi, n. 20/2015, dove si evidenzia il contrasto sostanziale dell'art. 17-bis, comma 2 con il diritto europeo e con il consolidato orientamento della Corte di Giustizia, che richiede il provvedimento espresso in materia ambientale (V. Corte Giust., 28 febbraio 1991, C-360/87 Commissione c/ Rep. italiana, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1992, p. 241; Corte Giust.,10 giugno 2004 in causa C-87/02 dove quets’ultima in relazione ad un’ipotesi di silenzio assenso nelle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA e ha disatteso le argomentazioni della Repubblica italiana che sosteneva che “sarebbe pertanto giustificato consentire alle autorità competenti di mantenere il silenzio laddove non sia necessaria una valutazione e imporre loro di provvedere formalmente solo laddove un progetto debba essere sottoposto a valutazione dell’impatto ambientale”. In questo caso, rileva l’autore, “ la Corte comunitaria afferma che in materia ambientale occorre verificare che l’istruttoria finalizzata alla valutazione dell’impatto di un intervento da autorizzare venga effettivamente svolta altrimenti si verrebbe meno alla ratio della normativa ambientale che è quella della tutela preventiva dell’ambiente e della salute dei cittadini interessati ”). Contro vedasi M di Francesco Torregrossa, cit., 15, secondo cui “ tali previsioni non si pongono in alcun modo in contrasto con i principi ivi affermati, bensì costituiscono la diretta ed evolutiva applicazione della percezione che oggi si riconosce all'equilibrio tra ambiente e impresa, così come affermato dagli stessi giudici costituzionali nella pronuncia n. 85/2013, dove si confermava un ritorno a dinamiche del tessuto sociale passato, caratterizzato dalla necessaria primazia degli elementi economici ed occupazionali sui valori ambientali di nuova generazione. Ciò trova applicazione nelle innovazioni apportate al procedimento amministrativo, le cui modifiche si incentrano proprio sulle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili e sulla sede amministrativa deputata al loro bilanciamento, ossia la conferenza di serviz i”.

24 Analogo concetto deve comunque ritenersi valevole per le esigenze costituzionalmente garantite

25 La distinzione tra disposizione e norma, con le implicazioni connesse, trae origine del contributo di V. Crisafulli,Atto normativo, Disposizione (e norma), in Enciclopedia del Diritto, XIII, Milano 1964, 197..

26 Vedasi M. Sandulli, cit..

27 Non si rinvegono nella carta costituzionale i termini “vigilanza” (in guisa di un atteggiamento meramente passivo) e “protezione” (quasi come di difesa puntuale estemporanea a seguito di un attacco), alla stregua di concetti pur emersi nel dibattito in sede di Costituente.

28 Montanari, op. cit., 49-50. L’autore sottolinea a ragione che “l’espressione ‘La Repubblica tutela’ non è un apax nella Carta: essa ricorre altre quattro volte in contesti decisamente interessanti per lumeggiare il nostro articolo. La prima volta è nell’art. 6 (‘ La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche’), quindi nel cruciale art. 32 (‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’), nel comma I° dell’art. 35 (‘La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni’), e nel comma 3° dell’art. 37 (‘La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione’): le minoranze linguistiche, la salute e il lavoro sono – come il paesaggio e il patrimonio – realtà esposte e deboli, in modi diversi bisognose di un impegno del potere pubblico a loro favore. In tutti questi casi la scelta della parola ‘ tutela’ significa che la Repubblica interviene perché sa bene che, lasciate ai rapporti di forza economici e sociali, queste ‘cose’ tra loro molto diverse, ma accomunate dall’essere vitali per la coesione della comunità nazionale, sarebbero destinate a soccombere’.