Lo Stato continua ad attentare i Beni Paesaggistici e la Costituzione

di MASSIMO GRISANTI

 

 

 

Prendo spunto da notizie di corridoio provenienti dai palazzi istituzionali della Regione Toscana per puntualizzare un aspetto poco conosciuto e meno applicato in tema di tutela dei beni paesaggistici.

 

La Regione Toscana è ancora alle prese [dopo oltre 8 anni!] con la formazione del piano paesaggistico prescritto dal c.d. Codice del Paesaggio approvato con il D. Lgs. n. 42/2004.

 

Dopo aver invitato i Comuni alla ricognizione delle aree degradate del proprio territorio [già sottoposte a vincolo ai sensi della legge n. 1497/1939 – per cui non si è riesce a comprendere come possano aree tutelate da illo tempore essere divenute paesaggisticamente irrilevanti],la Regione Toscana avrebbe riconsiderato la legittimità dell’operazione di deperimetrazione dall’area già oggetto di tutela ministeriale.

 

Non vi è chi non veda che se una porzione del territorio nazionale, metti a metà anni sessanta, già dichiarata bellezza naturale oggi venisse catalogata come “area degradata”, si profilerebbe una rilevante questione di invalidità di tutte le autorizzazioni paesaggistiche (rilasciate dalle Soprintendenze e, poi, dalle Regioni e/o Enti delegati) in forza delle quali detta area – solo oggi degradata – è stata urbanizzata, dal momento che la funzione autorizzatoria sarebbe stata esercitata in maniera del tutto inadeguata.

 

Tuttavia l’aspetto ancor più inquietante nella storia ultra-settantennale delle leggi in tema di tutela del paesaggio è che lo Stato è stato pressoché latitante nella gestione pianificatoria dei territori vincolati perché dichiarati bellezze naturali e panoramiche.

 

Occorre ricordare che il Regolamento per l’applicazione della Legge n. 1497/1939 (approvato con R.D. n. 1357/1940) – tutt’oggi vigente e da farsi applicazione in forza dell’art. 158 del D. Lgs. n. 42/2004 (laddove non sostituito da norme regionali, che comunque non possono apprestare un livello inferiore di tutela alle bellezze naturali) – impone ai Comuni di concordare con le locali Soprintendenze i criteri da seguire nella redazione dei piani regolatori.

 

Invero, dispone l’art. 28 del R.D. n. 1357/1940:

“I criteri da seguire nella redazione dei piani regolatori e d'ampliamento dell'abitato debbono essere preventivamente concordati, quanto ai fini della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, fra gli uffici interessati e la locale regia Soprintendenza, la quale li comunicherà al Ministero.

Il Ministero prima di consentire l'approvazione dei piani stessi, potrà udire, ove sembri opportuno, la Commissione provinciale per la compilazione degli elenchi delle bellezze naturali.”

 

E’ palese che la c.d. Intesa forte tra Comune e Stato non è un metodo di concertazione coniato dal D. Lgs. n. 42/2004, bensì vigente fin dal 1940.

 

Allo Stato non solo compete di concordare con il Comune i criteri per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche oggetto di pianificazione urbanistica, ma addirittura il Ministero (organi centrali) ha il potere di far procedere od arrestare l’iter formativo del piano regolatore generale.

 

Il nulla osta ministeriale ha natura sostanzialmente autorizzatoria, equivalente a quella già prevista dall’art. 7 della legge n. 1497/1939 (oggi art. 146 del Codice), da cui, tuttavia, differisce per l’oggetto (previsioni di edificabilità, dislocazione delle masse, ecc. il nulla osta – espressione sul progetto edilizio l’autorizzazione).

 

L’Intesa forte e il nulla osta ministeriale previste dal Regolamento per la redazione degli strumenti urbanistici generali possono sussumersi sia tra i principi della materia di tutela del paesaggio, in quanto concorrono alla pregnante tutela apprestata dall’art. 9 Cost., sia tra i principi fondamentali in materia di governo del territorio (fino al momento dell’approvazione dei piani paesaggistici regionali, le cui previsioni, ai sensi dell’art. 145 del D. Lgs. n. 42/2004, prevalgono su quelle degli strumenti urbanistici).

 

Dette funzioni ministeriali – diversamente da quelle introdotte con la legge n. 765/1967 – non sono state trasferite alle Regioni con il D.P.R. n. 8/1972 e pertanto permane in capo al Ministero (oggi il MIBAC) dover assicurare la tutela delle bellezze naturali e panoramiche già in fase di redazione dei piani regolatori generali comunali.

 

Il corretto adempimento di quanto prescritto dall’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 legittima il trasferimento e l’esercizio delle competenze alle Regioni in tema di nulla osta sui piani attuativi, in quanto quest’ultimi non possono che gerarchicamente rispettare le previsioni generali già approvate dal Ministero sulla base dei criteri di tutela concordati in fase di redazione del P.R.G.

 

Nonostante ciò è generalizzata l’approvazione degli strumenti urbanistici generali in assenza della preventiva Intesa forte Comune – Soprintendenza – Ministero, ma in particolar modo in assenza del nulla osta permissivo del Ministero.

 

Ecco perché vengo ad affermare che è lo Stato che continua ad attentare i beni paesaggistici e la Costituzione.