Cass. Sez. III n. 8186 del 29 febbraio 2016 (Ud 21 gen 2016)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Buccino
Beni culturali. Procedura di demolizione ordinata dal giudice

Poiché il D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004 prevede una complessa disciplina per la conservazione dei beni culturali, in caso di ordine di demolizione, disposto dall’Autorità giudiziaria per una delle violazioni descritte dall’art. 169, devono partecipare alla procedura esecutiva anche il Ministro per i Beni e le attività culturali ed il Sovrintendente competente per territorio, in ragione del carattere particolarmente tecnico della materia e al fine di evitare che la rimozione degli effetti dell’illecito penale possa cagionare un pregiudizio al patrimonio culturale ed artistico, arrecandovi ulteriore danno.

 RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell'11/5/2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia rigettava l'istanza volta ad ottenere la revoca dell'ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero in sede con riguardo al decreto penale di condanna n. 1311/2013, esecutivo, che aveva riconosciuto B.M. G. colpevole del reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 169.

2. Propone ricorso per cassazione lo stesso, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi:

- violazione di legge. Il G.i.p. avrebbe esorbitato la propria competenza atteso che, integrando la condotta una violazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, la competenza ad ingiungere la demolizione spetterebbe soltanto al "Ministero delle Belle Arti", non già al pubblico ministero;

- difetto di motivazione ed erronea interpretazione di legge. Il G.i.p. avrebbe degradato a mero errore materiale l'indicazione, nell'ordine di demolizione in esame, di un titolo di reato (L. n. 47 del 1985, art. 20) diverso da quello oggetto del decreto penale; per contro, proprio a cagione di ciò l'ordine stesso dovrebbe ritenersi del tutto nullo, poiché riferito ad un decreto penale inesistente, quindi non eseguibile. Sotto altro profilo, poi, la necessità di sospendere l'ordine medesimo deriverebbe dal fatto che, in ogni caso, lo stesso sarebbe stato disposto "ove possibile"; sarebbe stato lo stesso Giudice, quindi, a ritenere doveroso un accertamento in materia da parte della competente Soprintendenza.

3. Con requisitoria scritta dell'8/7/2015, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza. Premesso che il richiamo alla L. n. 47 del 1985, art. 20, costituirebbe un evidente refuso materiale, privo di conseguenze, si osserva che il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 169, non contempla l'ordine di rimessione in pristino, ovvero la demolizione dell'abuso, invero prevista soltanto dall'art. 181, stesso decreto. Ne deriverebbe che, se per un verso è certa la competenza del pubblico ministero, per altro verso risulterebbe quantomeno dubbio che la stessa autorità giudiziaria possa emettere un diretto ordine demolitorio nei termini di cui alla diversa ipotesi di cui all'art. 181 citato. Con la conseguenza che risulterebbe opportuna una più approfondita analisi della questione, specie al fine di fissare le modalità di esecuzione in ottemperanza dell'ordine di rimessione in pristino.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta fondato nei termini che seguono.

In ordine alla prima questione, relativa all'indicazione sull'ordine di demolizione di un titolo di reato diverso da quello riconosciuto a carico del B., rileva la Corte che la motivazione dedotta dal G.i.p. di Foggia risulta del tutto adeguata. Ed invero, l'ordinanza ha rilevato che l'ingiunzione in esame individua con esattezza il decreto penale che ne costituisce fonte, con ogni indicazione numerica e cronologica, sì che l'errore materiale (refuso) in cui è incorso il pubblico ministero non potrebbe limitare o comprimere in alcun modo il diritto di difesa in capo al ricorrente; quel che, all'evidenza, costituisce l'unico profilo in ordine al quale potrebbe esser sollevata una doglianza, contrariamente all'assunto contenuto nel gravame in forza del quale l'ordine di esecuzione sarebbe addirittura inesistente, poiché relativo ad un decreto penale mai emesso a carico del B. in ordine alla contravvenzione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c).

4. Con riguardo, poi, all'asserita incompetenza del pubblico ministero, per essere competente il Ministero per i beni e le attività culturali, ritiene il Collegio di condividere le considerazioni svolte dal Procuratore generale.

Ed invero, premesso che non pare contestabile il potere del Giudice di ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, una volta accertata la violazione per "esecuzione" penalmente rilevante della normativa in materia di tutela dei beni culturali, atteso l'interesse alla rimozione delle conseguenze pregiudizievoli della condotta di reato; ciò premesso, il D.Lgs. n. 42 del 2004 contenente la previsione di cui all'art. 169 ascritta al B. individua una complessa disciplina in materia di conservazione dei beni culturali (in particolare, gli artt. 32, 33 e 34), nell'ambito della quale viene riconosciuto un ruolo di primario rilievo al Ministero per i beni e le attività culturali ed al soprintendente competente per territorio, chiamati ad intervenire al riguardo in ragione del carattere particolarmente tecnico della materia e della necessità che simili interventi vengano svolti sotto il controllo degli organi a ciò deputati.

Orbene, ritiene il Collegio che la medesima ratio debba coinvolgere anche l'ordine di demolizione, compreso quindi quello in oggetto, al fine di evitare che la doverosa rimozione degli effetti dell'illecito penale possa pregiudicare il patrimonio culturale, così arrecando allo stesso un ulteriore danno; ne consegue che l'ordinanza del Tribunale di Foggia deve essere annullata con rinvio, affinché vengano meglio specificati i termini dell'ordine di demolizione in oggetto, invero già disposta dal Giudice di merito "ove possibile" e, pertanto, con evidente richiamo all'intervento degli organi preposti alla tutela del vincolo culturale violato.

P.Q.M.

Annulla con rinvio l'ordinanza impugnata al Tribunale di Foggia per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 febbraio 2016