Consiglio di Stato Sez. IV n. 5390 del 31 maggio 2023
Urbanistica.Attività commerciale e pianificazione urbanistica
A seguito dell’entrata in vigore della legge 287/1991 e successivamente del d.lgs 114/1998 e del d.lgs n. 59/2010, mutato il quadro normativo, si è ravvisata l’esistenza di un stretto collegamento tra la programmazione delle rete commerciale e la pianificazione urbanistica, sicché l’apertura e degli esercizi produttivi, industriali, commerciali è stata ritenuta, in virtù di un funzionale e stretto rapporto tra attività di gestione e attività programmatoria, subordinata alle previsioni della pianificazione urbanistica, anche dovuto alla circostanza che l’amministrazione non potrebbe tollerare una situazione che, per altri versi, dovrebbe reprimere. L’apertura di tali attività presuppone la conformità dei relativi locali alle prescrizioni urbanistiche, con la conseguenza per cui l’attività commerciale non può essere autorizzata in immobili difformi dalla disciplina urbanistica.
Pubblicato il 31/05/2023
N. 05390/2023REG.PROV.COLL.
N. 07241/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7241 del 2022, proposto dalla società Autolavaggio Varano s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Sarro, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci 19;
contro
il Comune di Castellammare di Stabia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Antonella Verde, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’Area metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Terza, n. 4004 del 14 giugno 2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare di Stabia e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’Area metropolitana di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2023 il consigliere. Giuseppe Rotondo; viste le conclusioni delle parti come da verbale;
FATTO e DIRITTO
1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento dell’ordinanza dirigenziale n. 132/2021 del 29 marzo 2021, con cui è stata disposta la chiusura dell’attività di autolavaggio in titolarità alla società Autolavaggio Varano s.r.l.
2. Questi gli aspetti principali della vicenda:
a) la società Autolavaggio Varano s.r.l. svolge attività di autolavaggio nel territorio di Castellammare di Stabia, in forza di autorizzazione sanitaria n. prot.3939 del 12 novembre 1992 e successiva autorizzazione ex art.124 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 n. 370 del 17 settembre 2009 (pratica 876/2008) dell’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano;
b) a far data dal 21 ottobre 2015, essa si è munita di un impianto di depurazione delle acque reflue a circuito chiuso, tale da consentire il riutilizzo delle stesse con evapotraspirazione; detto impianto esonera l’attività da qualsiasi tipo di autorizzazione allo scarico, non producendo alcuno scarico in pubblica fogna;
c) con il provvedimento n. 132/2021 del 29 marzo 2021, il Comune ha ordinato l’immediata chiusura dell’attività di autolavaggio, con la seguente motivazione: “… non risulta la seguente documentazione: 1 SCIA CONDIZIONATA per l’apertura dell’attività di autolavaggio, con i relativi allegati obbligatori relativi al rilascio dei titoli di conformità urbanistica edilizia del locali; 2 SCIA per prevenzione incendi; 3 DOMANDA di rilascio dell’AUA di cui al D.P.R. 59/2013 per l’acquisizione del titolo abilitativo relativo agli scarichi idrici ai sensi dell’art. 124 e ss. Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152 “norma in materia ambientale” e/o domanda di rinnovo dell’AUA, attesa la sua validità quindicennale …”;
d) il giorno 2 aprile, la società ha presentato istanza di autotutela, senza ottenere riscontro.
3. Avverso l’ordinanza, la società Autolavaggio Varano s.r.l. ha proposto ricorso al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, affidando il gravame a quattro motivi (estesi da pagina 4 a pagina 15 del ricorso) così compendiati:
A) violazione e falsa applicazione del d.lgs 152/2006 - violazione e falsa applicazione del d.p.r. 59/2013 - violazione e falsa applicazione del dpr 151/2011 - violazione e falsa applicazione della legge 241/1990 - eccesso di potere - assenza di immissioni di scarico di acque reflue industriali - mancanza dei presupposti per l’inibizione dell’attività di autolavaggio: i) la società è dotata di autorizzazione allo scarico in pubblica fogna ex art.124 e segg. d.lgs n.152/2006 (prat. n. 876/2008 cod. scarico 8-C16/034) rilasciato dall’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano con prot. 11841 del 17 settembre 2009; ii) in data 22 ottobre 2013 è stato notificato il subentro nella società del nuovo legale rappresentate; iii) successivamente, a far data dal 21 ottobre 2015, si è dotata di un impianto chimico fisico di trattamento delle acque, e di fitodepurazione (ovvero evapotraspirazione), che elimina del tutto lo scarico in pubblica fogna delle acque reflue industriali derivanti dall’attività di autolavaggio, mediante un sistema di lavorazione delle acque a circuito chiuso con il successivo riutilizzo delle stesse nell’attività di lavaggio (cfr. relazione tecnica sull’impianto del 21.10.2015); iv) stante la mancata immissione in fogna, per l’attività svolta non vi è, a rigore di legge, alcuna necessità di dotarsi di autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, non essendovi produzione di alcun refluo industriale né scarico in fogna;
B) violazione e falsa applicazione legge 241/1990 - violazione e falsa applicazione della legge 72/1994 - mancanza dei presupposti per l’inibizione dell’attività di autolavaggio - difetto di motivazione ed eccesso di potere con riferimento alla legittimità urbanistica del fabbricato - eccesso di potere per difetto di istruttoria: i) il Comune ha ordinato la chiusura dell’attività in ragione della presunta assenza dei titoli edilizi sui locali in cui si svolge l’attività, sennonché tali locali (del tipo capannoni) sono stati realizzati oltre trent’anni addietro e per la loro regolarizzazione è stato avviato iter di condono edilizio (pratica n. 2003- prot.936D del 27 marzo 1995) ai sensi della legge n.724/1994 da parte del proprietario, tuttora pendente;
C) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 7 della legge 241/1990 - omessa comunicazione avvio procedimento - violazione delle regole del giusto procedimento e buona fede, art. 1 della legge 241/1990 - mancata corrispondenza tra il precedente preavviso di chiusura ed il provvedimento di chiusura - violazione della regola one shot della motivazione: i) mentre nel preavviso di chiusura si fa riferimento esclusivamente alla mancanza della S.C.I.A./Autorizzazione di cui al d.p.r. n.59/2013, e quindi la c.d. A.U.A., l’ordinanza n.132/2021 riporta ulteriori e diversi motivi a sostegno della intimata chiusura dell’attività di autolavaggio, in spregio ai fondamentali principi partecipativi presenti nella Legge n.241/1990;
D) violazione e falsa applicazione della legge 241/1990 - violazione principi in materia di s.c.i.a. - eccesso di potere per sproporzionalità - violazione e falsa applicazione del d.lgs 152/2006 - violazione e falsa applicazione del d.p.r. 59/2013 - violazione e falsa applicazione l.r. Campania n. 11 del 2015 - incompetenza ed eccesso di potere: i) una volta presunto che l’attività svolta dalla società ricorrente fosse esercitata in mancanza di preventiva s.c.i.a. e/o domanda di autorizzazione unica ambientale, non avrebbe potuto adottare immediatamente un provvedimento di inibitoria; ii) ai sensi del Regolamento adottato in base alla normativa regionale con delibera n. 3/2019 dell’Ente Idrico Campano, la procedura di controllo e di eventuale repressione di illeciti riferiti alle attività di scarico dei reflui, è di competenza dello stesso ente idrico; iii) il controllo sulla regolarità delle imprese artigiane è estraneo al S.U.A.P. comunale, essendo riservato all’Ente regionale in forza dell’articolo 16 della legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11, commi 7-bis e 7-ter.
3.1. Si è costituito nel giudizio innanzi al T.a.r., per resistere, il comune di Castellammare di Stabia.
3.2. Il T.a.r., con sentenza n. 4004 del 14 giugno 2022, ha respinto il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese di lite (euro 2.000,00).
4. Appella la società Autolavaggio Varano s.r.l., che censura la sentenza per error in iudicando et in procedendo, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti reiterando i motivi dedotti in primo grado.
4.1. Si è costituito, per resistere, il comune di Castellammare di Stabia.
4.2. In data 3 ottobre 2022, la società appellante ha depositato note di udienza.
4.3. Con ordinanza n. 4963 del 17 ottobre 2022, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla società appellante e, per l’effetto, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
5. All’udienza del 4 maggio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.
6. Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).
7. Il ricorso è fondato.
8. L’impugnata ordinanza dirigenziale, n. 132 del 29 marzo 2921, è atto plurimotivato.
8.1. Essa si regge su tre autonomi motivi, autonomamente sottesi all’ordine di chiusura dell’impianto, ciascuno dei quali sufficiente, di per sé, a sorreggere la legittimità del provvedimento.
8. Con riguardo al primo capo di motivazione del provvedimento (avversato con il secondo motivo di ricorso), il Comune ha ordinato la chiusura dell’attività in ragione (anche) della assenza dei titoli edilizi legittimanti l’idoneità urbanistica dei locali e, quindi, della necessaria “scia condizionata” per l’apertura dell’attività di autolavaggio.
8.1. La società obietta che l’attività di autolavaggio avviene all’interno di locali (del tipo capannoni) realizzati da oltre trent’anni, per i quali è stato avviato l’iter di condono edilizio (pratica n. 2003- prot.936D del 27 marzo 1995), ai sensi della legge n.724 del 1994, da parte del proprietario tuttora pendente. La pendenza del procedimento di cui alla Legge n. 724/94 non potrebbe integrare il caso della totale assenza di titolo abilitativo.
8.2. La questione da dirimere consiste nello stabilire se sia l’esercizio di una attività commerciale in locali abusivi in pendenza di una domanda di condono non ancora esaminata da parte dell’amministrazione comunale.
8.3. L’analisi delle disposizioni normative di settore (commerciale: d.lgs n. 114/1998, legge 287/1991, d.lgs n. 59/2010 – condonistiche: legge n. 47/1995, legge n. 724/1994) consente di affermare, quanto ai requisiti oggettivi che devono sussistere per il rilascio delle relative autorizzazioni, che le attività (produttive, industriali, commerciali) devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria. Nel vigore della precedente normativa in materia di commercio (art. 24, comma 3, legge 426/1971), la giurisprudenza amministrativa (v. Cons. Stato, sez. III, 2 dicembre 2003, n. 1879) era pervenuta alla conclusione che non competesse all’amministrazione verificare, in sede di rilascio dell’autorizzazione, la compatibilità dell’esercizio commerciale con la disciplina urbanistica o con la normativa edilizia, in quanto gli interessi diversi da quelli commerciali, indicati nell’abrogato art. 24 della Legge 426/1971, dovevano essere tutelati con altre modalità e in diverse sedi.
A seguito dell’entrata in vigore della legge 287/1991 e successivamente del d.lgs 114/1998 e del d.lgs n. 59/2010, la giurisprudenza, sulla scorta del mutato quadro normativo, ha ravvisato l’esistenza di un stretto collegamento tra la programmazione delle rete commerciale e la pianificazione urbanistica, sicché l’apertura e degli esercizi produttivi, industriali, commerciali è stata ritenuta, in virtù di un funzionale e stretto rapporto tra attività di gestione e attività programmatoria, subordinata alle previsioni della pianificazione urbanistica, anche dovuto alla circostanza che l’amministrazione non potrebbe tollerare una situazione che, per altri versi, dovrebbe reprimere.
E’ maturato, pertanto, un preciso e oggi consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’apertura di attività come quelle in esame presuppongono la conformità dei relativi locali alle prescrizioni urbanistiche (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3027/2007; Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2521; Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2001; Cons. Stato, sez. V, n. 3639/2000), con la conseguenza per cui “l’attività commerciale non può essere autorizzata in immobili difformi dalla disciplina urbanistica” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 aprile 2005, n. 1543; Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2008, n. 3398).
8.4. Tanto chiarito in via generale, occorre risolvere, sulla scorta dei suddetti principi, la questione (che riguarda il caso specifico in esame) relativa alla legittimità o meno del rilascio di un titolo autorizzatorio (id est, s.c.i.a.) per immobili coperti da domanda di condono senza che la stessa sia stata ancora esitata.
8.5. L’art. 44, primo comma della legge 47/1985 stabilisce che “dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla scadenza dei termini fissati dall’art. 35, sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione, quelli penali nonché quelli connessi all’applicazione dell’articolo 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765, attinenti al presente capo.”
8.6. La norma depone nel senso che ogni rapporto sussistente con il proprietario deve restare immutato rispetto alla situazione dell’immobile stesso alla data di entrata in vigore della legge: la situazione di fatto non può né “regredire”, mediante iniziative dell’amministrazione, in senso riduttivo delle facoltà di utilizzazione in essere, né “avanzare” attraverso delle attività del privato che aumentino le facoltà in esercizio.
8.7. Va aggiunto che fin quando l’amministrazione non ha espresso un provvedimento di diniego alla istanza di sanatoria, la normativa in materia di condono ammette sia la commerciabilità per atto tra vivi, sia la possibilità di cedere i beni in locazione.
8.8. Il Comune, pertanto, è tenuto a garantire al titolare della istanza di sanatoria il mantenimento della destinazione e dell’uso dell’immobile in atto alla suddetta data (id est, 1994), con il reciproco e corrispondente obbligo per il proprietario di non apportare modificazioni rispetto alla condizione di fatto preesistente.
9. Nel caso di specie, poiché l’attività di autolavaggio viene svolta (dal 1992) all’interno di capannoni realizzati da oltre trent’anni (già assentiti nel 1992 sotto il profilo igienico-sanitario), l’amministrazione era tenuta esclusivamente a garantire al privato la continuazione nella utilizzazione dell’immobile secondo la propria, risalente (ante condono) utilizzazione e destinazione, in pendenza della pratica di sanatoria.
9.1. Più precisamente, giusta art. 44, primo comma, della legge n. 47 del 1985, al Comune era interdetto adottare misure di carattere sanzionatorio o comunque restrittivo nei confronti della società interessata e dell’attività da essa svolta non avendo ancora concluso il procedimento relativo alla domanda di condono, il cui termine, sebbene di natura ordinatoria per pacifica giurisprudenza, risultava comunque ampiamente scaduto.
10. Con il secondo e terzo capo di motivazione contenuta nel provvedimento impugnato e oggetto di censura da parte della società, il Comune ha ordinato la chiusura dell’impianto per mancanza sia di documentazione relativa a Scia per prevenzione incendi che di domanda rilascio autorizzazione ambientale per l’acquisizione del titolo abilitativo relativo agli scarichi idrici.
11. Quanto al primo profilo, l’impugnata ordinanza si espone alla censura per difetto di istruttoria (primo motivo di ricorso) sotto il profilo del mancato accertamento circa l’assenza di produzione di reflui industriali e di scarico in fogna nonché la possibilità di regolarizzazione dell’impianto da parte della società.
11. Il Comune ha contestato, nel preavviso di chiusura (nota n. 605 del 6 gennaio 2021), la mancanza di scia/autorizzazione di cui al d.p.r. n. 59 del 2013 per l’acquisizione del titolo abilitativo relativo agli scarichi idrici ex art. 124 del d.lgs n. 152 del 2006.
La società, invero, non ha dato riscontro alla comunicazione, omettendo di informare il Comune sulla condizione dell’impianto di autolavaggio.
12. Tuttavia, la situazione in cui verteva lo stato dei luoghi non poteva essere ignorata dalle autorità di controllo essendo stati eseguiti sul posto due sopralluoghi in data 23 dicembre 2020 (da parte dell’ente idrico campano) e in data 7 dicembre 2020 (da parte della società GORI).
13. La società ha comprovato che, a far data dal 21 ottobre 2015, si era dotata di un impianto chimico fisico di trattamento delle acque e di fitodepurazione (ovvero evapotraspirazione), che eliminerebbe del tutto lo scarico in pubblica fogna delle acque reflue industriali derivanti dall’attività di autolavaggio, mediante un sistema di lavorazione delle acque a circuito chiuso con il successivo riutilizzo delle stesse nell’attività di lavaggio.
14. L’esistenza dell’impianto, evidenzia la società, escluderebbe la necessità di dotarsi di autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, non essendovi produzione di alcun refluo industriale né scarico in fogna.
L’attività senza scarichi in pubblica fogna sarebbe, infatti, del tutto libera come affermato dal Ministero dello sviluppo economico nella risoluzione n. 2254007 del 23 dicembre 2014.
15. Ebbene, tali circostanze (esistenza di impianto chimico fisico di trattamento delle acque e di fitodepurazione senza scarico in fogna), pur conosciute, sono state del tutto trascurate dalle amministrazioni, neppure acquisite agli atti del procedimento, tanto meno sottoposte a verifica.
16. Le omissioni viziano, pertanto, il procedimento sotto il profilo della carenza di istruttoria.
17. Sotto altro profilo, e avuto riguardo a entrambi i motivi di chiusura, non risulta – come già evidenziato in sede cautelare – che l’assenza di S.C.I.A. per la prevenzione incendi e di A.U.A. per l’acquisizione del titolo abilitativo per gli scarichi idrici escludessero ex se, tenuto conto dei principi informatori della legge sul procedimento amministrativo, specie in assenza della comunicazione di avvio del procedimento, la possibilità di regolarizzazione da parte dell’appellante.
18. Al riguardo, un comportamento maggiormente improntato alla leale collaborazione e alle garanzie informative e partecipative, funzionale al migliore equilibrio degli interessi in gioco, anche alla luce del principio di economia dei mezzi e di proporzionalità delle misure rispetto allo scopo perseguito, avrebbe evitato di adottare immediate sanzioni tali compromettere irrimediabilmente l’attività economica in corso, a fronte di un non meglio ponderato interesse pubblico.
19. Per le ragioni che precedono, l’appello è fondato; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado nrg 2441 del 2021 proposto da Autolavaggio Varano s.r.l.
20. Sono fatte salve le successive determinazioni dell’amministrazione.
21. Le spese relative al doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado nrg 2441 del 2021 proposto da Autolavaggio Varano s.r.l.
Condanna il comune di Castellammare di Stabia al pagamento delle spese relative al doppio grado di giudizio che si liquidano, in favore della società Autolavaggio Varano s.r.l., in complessivi euro 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori di legge e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente FF
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Luca Monteferrante, Consigliere
Fabrizio Di Rubbo, Consigliere