Consiglio di Stato Sez. IV n. 3541 del 24 aprile 2025
Beni culturali.Ambito di applicazione dei vincoli di tutela indiretta
L’art. 45 del d.lgs. 42/04 e s.m.i. conferisce al Ministero la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messo in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva, la luce o ne siano alterate le condizioni ambientali o di decoro. Tale disposizione ha la precisa finalità di garantire la tutela indiretta agli immobili di interesse storico-artistico assicurandone l’integrità ed evitando che ne sia danneggiata la prospettiva e la luce o ne siano alterate le condizioni ambientali e di decoro. Nell’esercizio di tale funzione, non rileva la circostanza che i beni su cui ricadono le prescrizioni non confinino direttamente con un complesso monumentale di un'abbazia, attesa la sussistenza di una strada provinciale che divide i beni in argomento, poiché il vincolo indiretto può essere imposto anche su un’area che non sia direttamente contigua con l’immobile oggetto di tutela diretta.
Pubblicato il 24/04/2025
N. 03541/2025REG.PROV.COLL.
N. 06578/2022 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6578 del 2022, proposto da Argenziano Gianluca, in qualità di legale rappresentante pro tempore di Masseria Murata s.r.l., Margherita D’Amore, De Vito Rosa, in proprio e in qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio minore A.L., tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Paola Genito, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
il Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Comune di Mercogliano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Sabia, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Salerno, Sezione seconda, n. 158 del 19 gennaio 2022.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura e del Comune di Mercogliano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2024 il Consigliere Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata sono stati riuniti due ricorsi proposti dagli odierni ricorrenti, il secondo solo da Masseria Murata s.r.l.:
a) il primo – r.g. n. 559/2017 - avente ad oggetto il decreto MIBAC n. 275 del 4 gennaio 2017, con il quale sono state dettate prescrizioni di tutela indiretta sugli immobili di proprietà dei ricorrenti medesimi, notificato a Masseria Murata s.r.l. in data 3 febbraio 2017;
b) il secondo ricorso - r.g. n. 268/2018 - con il quale è stato impugnato il diniego definitivo alla richiesta di permesso di costruire, ai sensi del d.P.R. n. 380/2001, n.2/11 prot. n. 22857 del 21 novembre 2017 notificato in data 30 novembre 2017 a Masseria Murata s.r.l.
In relazione a tale secondo ricorso è proposta la domanda di riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni che sarebbero derivati dal ritardo con cui è stato concluso il procedimento concernente la richiesta di permesso di costruire.
2. In punto di fatto si premette che gli appellanti sono comproprietari di alcuni appezzamenti di terreno, situati in una zona agricola, classificata nel vigente PRG del Comune di Mercogliano come Zona E1 “Agricola comune”, in località “Loreto Vecchio” di Mercogliano, in prossimità del Complesso Monumentale denominato “Casa Abbaziale di Loreto”, catastalmente identificati al foglio 10, p.lle n.n. 771 e 649 sub 1 e 2 (di proprietà dei sig.ri Margherita D’Amore, Rosa De Vito e Argenziano Lorenzo), al F. 10 p.lle nn. 1159 e 1267 ed al F. 10 p.lle n.n. 1158-1252-1266-1067-1269-1270-1272-1274- 1036-1037-1038-1040-1012-1253 (di proprietà della Masseria Murata s.r.l.) del Comune di Mercogliano.
3. L’iter procedimentale si è svolto nel seguente modo:
- l’istanza avente ad oggetto il permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato per attività produttiva attiguo alla masseria già utilizzata per attività di produzione del vino, è stata presentata dagli interessati in data 31 gennaio 2011, prot. n. 1593;
- il Comune di Mercogliano, con nota prot. 4035 in data 11 marzo 2011, ha comunicato la sospensione della fase istruttoria con la richiesta di documenti integrativi – planimetria catastale delle particelle di proprietà con individuazione di quelle vincolate e di quelle libere, certificazione comprovante la qualifica di imprenditore a titolo principale - mai forniti dalla “Masseria Murata s.r.l.”;
- il Comune ha chiesto al MIBAC un parere sulla legittimità dell’applicazione alla fattispecie in esame della normativa più favorevole prevista dalla legge regionale n. 9/2009, che contemplava un indice di fabbricabilità di 0,03 mc/mq (come da progetto presentato), rispetto a quella più restrittiva fissata dal D.M. 23/10/76 e successive modifiche che, per l’esistenza di vincoli indiretti, prevedeva un indice pari a 0.01 mc/mq;
- la richiesta alla Sovrintendenza competente è stata inviata in data 22 ottobre 2011 e reiterata in data 2 febbraio 2012, rimanendo priva di riscontro;
- il Comune, con nota prot. 11252 del 1° luglio 2013, ha richiesto il parere all’Assessorato per il governo del territorio della Regione Campania;
- l’Assessorato regionale, con nota del 22 luglio 2013 prot. 530551, ha rappresentato che “l’intervento proposto, qualora non localizzato in area sottoposta a tutela, potrebbe beneficiare del bonus urbanistico dello 0,03 mc/mq sulla superficie aziendale, sottoponendo l’ambito vincolato ad un asservimento urbanistico per la quota di 0,01 mc/mq rendendo lo stesso non più edificabile e conseguentemente efficace anche l’azione di tutela paesaggistica perseguita”;
- l’UTC del Comune di Mercogliano, con nota del 1° agosto 2013, ha comunicato alla Soprintendenza e alla ricorrente l’acquisizione del parere e che, atteso che lo stesso era da ritenersi condivisibile, si sarebbe provveduto a concludere il procedimento secondo tali indicazioni e, cioè negativamente;
- con decreto in data 4 gennaio 2017 n. 275/2017, emesso dalla Commissione Regionale per il patrimonio culturale della Campania istituita presso il Ministero della cultura, sono state estese le prescrizioni già dettate con precedenti D.D. M.M., specificando che l’area oggetto di intervento rientra nella fascia di tutela indiretta del complesso abbaziale “Loreto”, che l’altezza massima consentita per le nuove costruzioni è pari a m 6,5 e la larghezza consentita non superiore a ml. 20,00, con un indice di fabbricabilità non superiore all’1,3 mc/mq;
- il decreto del Mibac – MIC del 4 gennaio 2017 ha esteso anche alle particelle della Masseria le prescrizioni di vincolo indiretto già dettate per altre particelle con i decreti del 23 ottobre 1976 e del 26 luglio 1991 (sui quali era già stato instaurato un contenzioso conclusosi con la sentenza della sezione IV di questo Consiglio 3159 del 23/6/2014);
- la parte istante, con nota del 2 marzo 2017, ha sollecitato il Comune a riaprire e chiudere espressamente il procedimento avviato nel 2011, anche alla luce della nuova normativa introdotta dal D.C.R. n. 275 del 2017;
- il Comune ha riscontrato la richiesta, prima inviando il preavviso di diniego e emanando successivamente il provvedimento definitivo impugnato;
- il Comune di Mercogliano dopo aver comunicato agli istanti i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ha emesso il provvedimento di diniego del 21 novembre 2017 prot. n. 22856, con il quale ha respinto l’istanza di permesso di costruire poiché il fabbricato sarebbe collocato all’interno della fascia di rispetto individuato dal decreto di tutela indiretta emesso dal Mibac (ora MIC) n. 275 il 4 gennaio 2017, e supererebbe sia in altezza sia in relazione all’indice di volumetria il massimo consentito.
4. Con il ricorso r.g. n. 559/2017 è stato impugnato il decreto del MIC che ha esteso la tutela indiretta alle particelle interessate dal progetto.
In particolare, con un unico motivo i ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità del decreto della C.R. n. 275 del 4 gennaio 2017 per violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 46 del d.lgs. n. 42 del 2004 e s.s.; eccesso di potere per difetto dei presupposti; violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità; disparità di trattamento; difetto di motivazione.
4.1. In particolare il decreto è stato censurato sotto un primo profilo, attinente il mancato rispetto dei termini – 120 giorni - previsti per la conclusione del procedimento di tutela indiretta: la comunicazione di avvio del procedimento di tutela indiretta (nota prot. n. 16440) veniva assunta in data 11 luglio 2016, laddove il decreto di adozione delle misure in oggetto (decreto n. 275) risulta emesso solo in data 4 gennaio 2017 e notificato in data 31 gennaio 2017.
4.2. Sotto un secondo profilo, la ricorrente ha censurato l’estensione dei vincoli di tutela indiretta poiché sarebbero stati violati i criteri di adeguatezza, congruenza, ragionevolezza e proporzionalità nell’apposizione del vincolo indiretto e nella determinazione delle prescrizioni ad esso relativo e non sarebbero state considerate le differenze esistenti in termini di collocazione topografica, tra gli immobili delle istanti e di proprietà di altri soggetti, a cui il vincolo è stato imposto in maniera omogenea.
4.3. Sotto un terzo profilo l’Amministrazione avrebbe agito in modo sviato e non avrebbe fornito una motivazione adeguata dell’estensione del vincolo.
4.4. Con motivi aggiunti è stata impugnata la nota di riscontro n. 12204 del 16 giugno 2017 del Comune alle controdeduzioni rese dall’istante ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/1990.
4.5. Con il ricorso 268/2018 la sola ditta Masseria Murata s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, ha impugnato il diniego definitivo alla richiesta di permesso di costruire, ai sensi del d.P.R. n. 380/2001, n.2/11 prot. n. 22857 del 21 novembre 2017.
In particolare ha dedotto l’illegittimità del diniego definitivo alla richiesta di permesso per violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 21 del d.P.R. n. 380 del 2001 e per violazione degli artt. 24 e 97 Cost. nonché per eccesso di potere per difetto dei presupposti; per la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa; per sviamento di potere; per violazione delle regole sul giusto procedimento amministrativo; per violazione dei principi di trasparenza ed efficienza; per difetto di motivazione.
La parte ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato e l’accertamento e la declaratoria del diritto al risarcimento dei danni “derivanti al ricorrente dal ritardo con cui il Comune di Mercogliano ha definito la pratica inerente la richiesta di permesso di costruire” (cfr. pag. 17 ricorso primo grado).
5. La impugnata sentenza del T.a.r.:
- ha riunito i ricorsi;
- ha respinto il ricorso r.g. n. 559/2017;
- ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti per essere stato impugnato un atto endoprocedimentale non lesivo;
- ha respinto il ricorso r.g. n. 2018/268 in considerazione della natura di atto dovuto in relazione alla tutela del bene vincolato;
- ha compensato le spese del giudizio.
6. Con l’appello proposto avverso la suindicata sentenza, dopo aver ricostruito la parte in fatto (fino a pag. 10 dell’atto di appello) la parte appellante ha testualmente citato da pag. 11 a pag. 14 la parte della sentenza impugnata “espressamente oggetto della presente impugnazione” e ha rilevato che la sentenza stessa “ha completamente omesso di esaminare tutte le criticità emerse sull’operato dell’Amministrazione Comunale di Mercogliano” (pag. 14 -15).
6.1. La parte appellante ha quindi articolato un primo motivo con il quale ha dedotto plurime censure:
6.1.1. Sul tempus regit actum e sulla formazione del silenzio - assenso sulla domanda di permesso di costruire presentata dagli appellanti – Violazione dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001.
Con detto motivo si sostiene che all’istanza di permesso di costruire avrebbe dovuto essere applicato l’art. 20 del TUEL nella versione successiva alle modifiche operate dal d.l. 70/2011 (convertito nella Legge n. 106/2011) e dal d.l. n. 83/2012 (convertito in L. 134/2012) con le quali il legislatore avrebbe disposto di considerare l’inerzia dell’amministrazione da silenzio rifiuto a silenzio assenso.
Il Giudice di primo grado non avrebbe “valutato la formazione del silenzio-assenso sull’istanza avanzata dai ricorrenti, in quanto, dal 22.10.2011 in poi (data della richiesta del Comune alla Soprintendenza), dopo l’iniziale richiesta di integrazione documentale datata 11.03.2011 e a seguito delle richieste comunque avanzate dal Comune sulla presenza di vincoli nelle aree interessate dal progetto, non evase dagli enti per la tutela artistico-culturale prima del decorso inutile di oltre due anni, sulla predetta domanda di PdC, per normativa già illo tempore in vigore, si sarebbe dovuta applicare la fattispecie normata dall’art. 20, comma 8 (prima parte), in luogo di un diniego, come, invece, sostenuto dall’Amministrazione Comunale.”
Con un secondo motivo d’appello la parte appellante ha dedotto:
6.1.2. Sulla mancata indizione della Conferenza di Servizi in relazione alla domanda di permesso di costruire presentata dagli appellanti – Violazione dell’art. 20, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.
L’amministrazione non avrebbe indetto la Conferenza di servizi decisoria che avrebbe carattere obbligatorio nel caso in esame e che avrebbe snellito i tempi di conclusione del procedimento.
6.1.3. Sull’inescusabile ritardo occorso nella definizione del procedimento finalizzato al rilascio del Permesso di costruire richiesto – Violazione dell’art. 20, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.
Con tale motivo è censurato il comportamento delle amministrazioni e in particolare del MIC per il ritardo nel pronunciarsi sull’istanza di permesso di costruire, sicché non vi sarebbe soltanto la violazione dell’art. 20, comma 3, del TUEL ma anche la responsabilità per il ritardo in capo alle Autorità di tutela.
6.2. Con il secondo motivo d’appello è dedotta la illegittimità del vincolo indiretto, apposto con il decreto della Commissione regionale n. 275/2017 sulle particelle di proprietà degli appellanti, tramite imposizione di ulteriori prescrizioni di rispetto, per eccesso di potere, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza e del principio di tutela del legittimo affidamento – Violazione degli artt. 45 e 46 del d.lgs. n. 42 del 2004.
6.3. È reiterato il vizio di difetto di motivazione e di istruttoria, ivi compresa la censura di mancanza di proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico – artistico considerato.
6.4. Sotto un terzo profilo, la parte appellante ha ribadito la domanda di risarcimento per il danno da ritardo, che sarebbe stato causato dal fatto che l’atteggiamento dilatorio dell’amministrazione ha determinato il vulnus poiché, nelle more, è sopravvenuto il decreto della Commissione regionale n. 275 del 2017 di imposizione del vincolo.
In ogni caso il danno da ritardo spetterebbe a prescindere dalla fondatezza della domanda di permesso di costruire.
7. Il Comune di Mercogliano si è costituto in giudizio e, nel ribadire le conclusioni della sentenza impugnata, ha rilevato come non si sia formato il silenzio assenso poiché non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda.
Infatti, fin dall’11 marzo 2011 il Comune ha sospeso il procedimento in attesa del deposito di documentazione integrativa che la ditta appellante non ha mai effettuato; in data 22 ottobre 2011 e in data 2 febbraio 2012 è stato richiesto il parere della Sovrintendenza ai BB.AA.SS di Avellino e Salerno, non reso e infine in data 22 luglio 2013 l’Assessorato per il Governo del territorio della Regione Campania, investito della questione, ha rilasciato parere ostativo; in data 1° agosto 2013 il Comune di Mercogliano comunicava tale parere alla Sovrintendenza ed alla ditta Masseria Murata, rappresentando che si sarebbe pronunciato negativamente.
Fino alla richiesta di riesame della pratica edilizia da parte dell’appellante che è avvenuta soltanto il 2 marzo 2017, non vi sarebbe stata alcuna altra attività sia di carattere amministrativo sia giudiziario con effetti giuridici preclusivi in particolare per l’esercizio dell’azione risarcitoria spiegata nel ricorso R.G. 268/2018.
Nel caso in esame, sarebbe decorso il termine decadenziale ex art. 30 c.p.a. per esperire sia l’azione avverso il silenzio inadempimento sia il termine di 120 giorni per l’esercizio dell’azione risarcitoria.
7.1. Con memoria depositata in vista dell’udienza la parte appellante insiste nelle prospettazioni rassegnate e insiste sulla formazione del silenzio assenso.
8. Alla pubblica udienza del 3 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. In primo luogo, il Collegio rileva che con l’appello in esame è stata impugnata la sentenza del T.a.r. di Salerno che dopo aver riunito i ricorsi r.g. n. 559/2017 e r.g. n. 268/2018 li ha respinti entrambi (oltre ad aver dichiarato inammissibili i motivi aggiunti al ricorso del 2017).
Con i ricorsi in esame oltre ad essere esercitata l’azione impugnatoria avverso i provvedimenti impugnati è stato domandata la condanna delle amministrazioni al risarcimento del danno da ritardo, in particolare per quanto concerne la definizione dell’iter sulla istanza di permesso di costruire.
Tuttavia, mentre con il ricorso di primo grado n. 559/2017 – con il quale è stato impugnato il decreto con il quale sono state dettate dall’amministrazione statale prescrizioni di tutela indiretta - la parte ricorrente ha censurato il provvedimento impugnato per la violazione dei termini previsti per il procedimento di tutela indiretta (I motivo), come risulta chiaro dalle argomentazioni contenute alle pagine 6, 7 del ricorso e con il ricorso r.g. n. 268/2018 – con il quale ha impugnato il diniego del permesso di costruire ha dedotto come l’intempestivo rilascio del provvedimento le abbia causato un danno da ritardo – con l’atto di appello la parte appellante ha dedotto motivi del tutto nuovi rispetto al ricorso di primo grado.
Si tratta, in particolare del primo motivo, con le sue censure nn. 1.1. e 1.2. (rivolte al diniego di permesso di costruire) riguardanti a) l’applicabilità al caso in esame della nuova versione dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001, b) la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire e c) l’obbligatorietà della indizione della Conferenza di servizi.
La proposizione di tali motivi, che non sono neanche accennati nei ricorsi r.g. n. 559/2017 e n. 628/2018, è inammissibile poiché si tratta di motivi che, in quanto dedotti per la prima volta innanzi al giudice di secondo grado, comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. e dell’art. 354 c.p.c. e quindi modificano “l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio” (Cass. Civ., sez. II, 6 giugno 2017 n. 14023).
Conseguentemente, per questa parte, il ricorso in appello deve essere dichiarato inammissibile.
10. In relazione agli ulteriori motivi l’appello è invero ammissibile ma infondato.
11. Con il motivo n. 1.3. l’appellante si duole per il ritardo occorso nella definizione del procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire e per la violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001.
11.1. Il motivo è infondato.
Come è agevole desumere dall’iter procedimentale sopra descritto, l’istanza relativa al permesso di costruire presentata in data 31 gennaio 2011 ha subito un arresto con la nota in data 11 marzo 2011 dell’ufficio tecnico comunale, con la quale sono stati richiesti all’istante documenti integrativi che non sono mai stati forniti, determinandosi in tal modo una sospensione del procedimento ai sensi del comma 4, ultimo capoverso, dell’art. 20 del d.lgs. n. 380/2001.
Invero, il Comune, con nota del 7 settembre 2011 e con la successiva del 2 febbraio 2012, ha chiesto al Ministero (Soprintendenza BAASS) un parere sulla legittimità dell’applicazione al caso in esame della normativa più favorevole prevista dalla legge regionale n. 9/2009 rispetto a quella più restrittiva fissata dal d.m. 23 ottobre 1976 s.m.i. e ha inviato la richiesta anche al competente assessorato della Regione; quest’ultimo ha risposto con la nota del 22 luglio 2013 rappresentando che “l’intervento proposto, qualora non localizzato in area sottoposta a tutela, potrebbe beneficiare del bonus urbanistico dello 0,03 mc/mq sulla superficie aziendale, sottoponendo l’ambito vincolato ad un asservimento urbanistico per la quota di 0,01 mc/mq rendendo lo stesso non più edificabile e conseguentemente efficace anche l’azione di tutela paesaggistica perseguita”.
Conseguentemente con nota del 1° agosto 2013 il Comune ha comunicato alla Soprintendenza e all’appellante l’acquisizione del parere della Regione Campania e che, atteso che lo stesso era da ritenersi condivisibile, si sarebbe provveduto a concludere il procedimento secondo tali indicazioni e, cioè negativamente.
In ogni caso, ai sensi del comma 9 dell’art. 20 del d.lgs. n. 380 del 2001, secondo la versione vigente ratione temporis, la domanda di permesso era comunque da intendersi respinta per il formarsi del silenzio – rigetto, non essendo successivamente intervenuto alcun provvedimento finale espresso.
Il silenzio rigetto non è stato oggetto di impugnativa da parte degli interessati nel termine decadenziale previsto sicché lo stesso è diventato inoppugnabile.
11.2. In relazione al danno da ritardo, invero, l’azione è proponibile nel termine di centoventi giorni ai sensi dell’art. 30, comma 3, primo periodo c.p.a., decorrenti da giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento “se il danno deriva direttamente da questo” e comunque ai sensi del comma 4 dell’articolo citato dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere, sicché la domanda per il danno da ritardo proposta con il ricorso r.g. n. 268 del 2018 è palesemente tardiva.
Infatti, sia che il termine venga fatto decorrere dall’ultimo atto procedimentale del 1° agosto 2013, sia che venga fatto decorrere dalla scadenza dei 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di permesso di costruire, ivi compresa la sospensione per l’acquisizione dei documenti, il termine di centoventi giorni è comunque decorso.
Non vale a riaprire il termine la presentazione della nota del 2 marzo 2017, anche alla luce della nuova normativa introdotta dal decreto della Commissione regionale n. 275/2017, poiché si è trattato di un nuovo procedimento amministrativo sul quale il Comune si è espresso con la emissione del provvedimento di rigetto.
Conseguentemente, anche la domanda di condanna per il danno da ritardo deve essere respinta.
12. Con il secondo motivo di appello è censurato il vincolo indiretto imposto sulle particelle di proprietà degli appellanti con il decreto n. 275 del 2017 della Commissione regionale della Campania per la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, in relazione alla carenza della motivazione, per la violazione del principio di proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di tutela del bene di interesse storico-artistico, per la violazione del principio di affidamento, per il superamento del termine per provvedere (177 giorni in luogo dei 120).
In particolare l’appellante sostiene che il progetto presentato non altererebbe l’integrità, l’ambiente e il decoro del bene tutelato costituito dalla casa abbaziale di Loreto poiché le aree in questione sono divise dall’interposta Strada Provinciale n. 70, il progetto è consono alla storia e alla tradizione del luogo essendo avanzato da un’azienda vitivinicola, interessata ad unire tradizione etnologica e tecnologie moderne in una cornice ambientale di pregio, nessun danno infine sarebbe arrecato alla luce e alla prospettiva della prospettiva della Casa Abbaziale di Loreto (a differenza di altre opere e strutture già assentite o esistenti in aree contigue).
12.1. Il motivo è infondato.
Giova richiamare, in primo luogo, la circostanza che i precedenti decreti ministeriali 23 ottobre 1976, 2 aprile 1982 e 26 luglio 1991, con i quali il Ministero dei beni culturali ed ambientali aveva imposto sui loro terreni un vincolo indiretto, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 1089 del 1939, in ragione dell’ubicazione dei medesimi in prossimità del complesso monumentale denominato “Casa Abbaziale di Loreto”, sono stati oggetto di contenzioso conclusosi con la sentenza di questo Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3159 del 2014, reiettiva dell’impugnativa degli appellanti.
In secondo luogo, si osserva che l’art. 45 del d.lgs. 42/04 e s.m.i. conferisce al Ministero la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messo in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva, la luce o ne siano alterate le condizioni ambientali o di decoro. Tale disposizione ha la precisa finalità di garantire la tutela indiretta agli immobili di interesse storico-artistico assicurandone l’integrità ed evitando che ne sia danneggiata la prospettiva e la luce o ne siano alterate le condizioni ambientali e di decoro.
Nell’esercizio di tale funzione, non rileva la circostanza che i beni su cui ricadono le prescrizioni non confinino direttamente con il Complesso monumentale dell’Abbazia, attesa la sussistenza della strada provinciale n. 70 che divide i beni in argomento, poiché il vincolo indiretto può essere imposto anche su un’area che non sia direttamente contigua con l’immobile oggetto di tutela diretta.
12.2. Infondato è anche il motivo relativo al difetto di istruttoria e di motivazione poiché dalla relazione istruttoria del Ministero nonché dalla comunicazione di avvio del procedimento e dal decreto che ha imposto le prescrizioni sono chiaramente evincibili i motivi provvedimentali e le ragioni di estensione della fascia di rispetto, essendo già stati realizzati fabbricati rurali, nella fascia a ridosso del Complesso monumentale (F. 10 p.lle 649, 771, 1253, 1267,1159).
12.3. In relazione alla censura relativa alla erronea ponderazione degli interessi e alla carenza di valutazione di opzioni alternative meno dannose per gli appellanti, si rammenta che la valutazione del contesto ambientale e storico artistico nel quale l’amministrazione esercita il potere conferito dall’art. 45 d.lgs. cit. è di tipo discrezionale e il sindacato sulla stessa si pone nell’ambito della palese illogicità o sproporzione della scelta.
Nel caso in esame, tale confine non è stato superato in considerazione della presenza di precedenti provvedimenti di vincolo che hanno superato il vaglio di legittimità e che quello in contestazione ha inteso perfezionare. Analoghe considerazioni valgono per il mantenimento del “decoro del contesto”.
12.4. Infondata è anche la riproposta censura riguardante il superamento del termine procedimentale per provvedere (177 giorni in luogo dei 120) poiché il termine di 120 giorni, previsto per la conclusione del procedimento dalla normativa applicabile al caso in esame ratione temporis, non è un termine perentorio né è posto a decadenza dell’esercizio del potere sicché il suo superamento non comporta la illegittimità dell’impugnato provvedimento.
13. Conclusivamente l’appello, per le sopra indicate motivazioni, è da respingere.
14. La complessità delle questioni dedotte giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Gerardo Mastrandrea, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
Rosario Carrano, Consigliere