Cass. Sez. III n. 4646 del 4 febbraio 2016 (Cc 9 dic 2016)
Pres. Fiale Est. Di Stasi Ric. Colangelo
Beni Ambientali.Sequestro e rilevanza mera presenza del manufatto abusivo

Nelle fattispecie di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo, indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 24.8.2015, su richiesta del PM, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, disponeva nei confronti di C.D., il sequestro preventivo, in relazione all'imputazione provvisoria per i reati di cui al D.P.R. 380 del 2001, art. 44, lett. e), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis (nonchè dei connessi reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71, 65 e 72, 93 e 95) perchè, in assenza del permesso di costruire e senza l'autorizzazione paesaggistica prescritta dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, realizzava, con aggravio del carico urbanistico le seguenti opere: struttura in acciaio con sovrastante telo in pvc sul lato nord-est dell'azienda zootecnica di circa m. 20x 20 adibita a fienile, strada in calcestruzzo a servizio dei paddock scoperti utilizzata come corsia di alimentazione sul lato est dell'azienda zootecnica di circa m 71,20 x 6,25; paddock scoperto realizzato con elementi in calcestruzzo armato e recinzione ferro sul lato est dell'azienda zootecnica di circa m. 71,20 x 10,05; ampliamento dei paddock e della corsia di alimentazione degli stessi realizzato sul lato nord dell'azienda zootecnica con muri in calcestruzzo armato e ringhiere di ferro e con struttura verticale portante in acciaio con sovrastante copertura con pannelli coibentati a due falde di circa m. 7,80 x 35,70; ampliamento di un paddock "attesa mungitura" realizzato sul lato ovest dell'azienda zootecnica con muri in calcestruzzo armato e ringhiere di ferro di circa m. 19,20 x 6,65; tettoia realizzata sul lato ovest dell'azienda zootecnica con struttura verticale portante in acciaio con sovrastante copertura con pannelli coibentati ad unica falda di circa m. 7,20 x 6,65.

Il Tribunale del riesame di Salerno con ordinanza in data 25.9.2015 rigettava l'istanza di riesame proposta dalla difesa di C. D. e confermava il decreto di sequestro preventivo.

2. Avverso tale provvedimento C.D., tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p., per violazione di legge, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e) in relazione all'art. 321 c.p.p. - Illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alle esigenze cautelari ed al requisito del periculum - Difetto di motivazione anche in ordine alle possibili conseguenze dannose dell'ipotizzato reato, sul piano edilizio urbanistico e su quello paesaggistico.

Il ricorrente lamenta che l'ordinanza impugnata sia frutto di una palese violazione di legge e presenti una motivazione apparente, in quanto le esigenze cautelari vengono fatte discendere automaticamente dalla constatazione che le opere edilizie abusive sono state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 136, indipendentemente dall'effettivo aggravio del carico urbanistico e dall'effettivo danno al paesaggio.

In particolare, deduce che la pronuncia è stata improntata su considerazioni di mero stile, sganciate dalla realtà fattuale e prive di riferimento alle caratteristiche della zona su cui insistono i manufatti ed ai profili dell'aggravio del carico urbanistico del territorio e del deterioramento dell'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico.

Aggiunge che i manufatti insistono in zona El "agricola di pianura" e sono destinati al ricovero degli animali e del bestiame e che le opere sono ultimate.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato.

2.Va premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso, secondo il disposto dell'art. 325 c.p.p., solo per violazione di legge.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tale nozione devono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo (inosservanza della legge penale (dell'art. 606, lett. b) nonchè delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza (dell'art. 606, lett. c), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893).

All'interno della violazione di legge e, precisamente dell'art. 125 c.p.p., deve, quindi, essere fatta rientrare anche l'ipotesi della motivazione graficamente assente nonchè della motivazione del tutto apparente.

Va, poi, ribadito che il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa, Sez. 5, n. 25532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129).

Alla luce dei principi suesposti, il ricorso proposto è ammissibile, in quanto si deduce che l'ordinanza impugnata sia viziata da violazione di legge con riferimento al presupposto delle esigenze cautelari richiesto dall'art. 321 c.p.p., per difetto di motivazione in ordine ai requisiti della concretezza ed attualità del periculum.

3. Ciò posto, va rilevato che il vincolo cautelare reale in esame è stato imposto sia in relazione al reato edilizio di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), che in relazione alla violazione paesaggistica sanzionata dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis.

Pertanto, in relazione al profilo del periculum in mora, quanto alla prima contestazione, andava valutato se si prospettasse l'esigenza di impedire le conseguenze del reato, consistenti in un aggravamento del c.d. carico urbanistico, derivante dalla utilizzazione degli immobili anche dopo il loro completamento, e, quanto alla seconda contestazione, se permanesse la lesione del bene paesaggistico determinata dalla realizzazione dell'edificio senza la previa autorizzazione della autorità competente (cfr. sul punto questa sez. 3, n. 1262 del 25.9.2012, dep. il 10.1.2013, Righi ed altri, rv. 254145).

Nel provvedimento impugnato, diversamente da quanto si deduce in ricorso, il Tribunale ha argomentato adeguatamente in ordine alla sussistenza del periculum in mora.

I Giudici salernitani hanno ritenuto la sussistenza del periculum in mora, dando rilievo prevalente alla circostanza che le opere edilizie abusive sono state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 136, ed affermato che il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale prescinde dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico e perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata.

Tale motivazione è conforme al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema assolutamente prevalente - che il Collegio condivide e che va ribadito - secondo cui, nelle fattispecie di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo, indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento dei carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata, (così, in ultimo, questa sez. 3, 5954 del 2015, Chiacchiaro, n. 42363 del 18.9.2013, Colicchio, rv. 42363, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro di un manufatto costituente ampliamento di un edificio già abitato dal medesimo nucleo familiare; conf. sez. 3, n. 24539 del 20.3.2013, Chiantone, rv. 255560; sez. 2, n. 23681 del 14.5.2008, Cristallo, rv. 240621; sez. 3, n. 30932 del 19.5.2009, Tortora, rv. 245207).

Già in altra pronuncia, più risalente, si è, peraltro, evidenziato come qualunque lavoro eseguito senza autorizzazione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, possa costituire un'offesa al bene giuridico protetto rappresentato dall'armonia paesaggistica e come, di fronte ad un'opera ultimata, vi sia il requisito della concretezza e dell'attualità cautelare, che sussiste proprio perchè l'offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare ed a consolidarsi, (così questa sez. 3, n. 43880 del 30.9.2004, Macino, rv. 230184).

I Giudici salernitani hanno, peraltro, evidenziato anche come, nella specie, sussista, altresì, un effettivo aggravio del carico urbanistico, discendente dal contenuto dell'accertamento effettuato in data 9.12.2014 presso l'azienda zootecnica bufalina del ricorrente - riportato nel corpo della ordinanza - che evidenzia la realizzazione di opere di ampliamento di precedenti strutture a servizio dell'azienda agricola.

A fronte di una motivazione siffatta, non può ritenersi che sussista la lamentata violazione di legge.

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2015.