Cass. Sez. III Sent. 23101 del 14 giugno 2007 (Ud. 13 apr. 2007)
Pres. De Maio Est. Sensini Ric. Palmisio.
Caccia e animali. Pesca o detenzione di tartaruga marina specie "Caretta - Caretta" - Reato di cui agli artt. 15 e 24 legge n. 963 del 1965 - Sussistenza.

In materia di pesca, integra il reato di cui agli artt. 15 e 24 della L. 14 luglio 1965 n. 963 (disciplina della pesca marittima) la pesca o comunque la detenzione di esemplare di tartaruga marina tipo "Caretta - Caretta", atteso che detta specie, in grave pericolo di estinzione, trova ampia protezione legislativa sia in ambito nazionale che internazionale.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 13/04/2007
Dott. TERSEI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 01168
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 047323/2005
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PALMISIO ANTONINO, N. IL 28/03/1957;
avverso SENTENZA del 08/04/2005 TRIB. SEZ. DIST. di SAN BENEDETTO DEL TRONTO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SENSINI MARIA SILVIA;
udito il Procuratore Generale in persona che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 8.4.2005 il Tribunale di Ascoli Piceno - Sezione Distaccata di S. Benedetto del Pronto - dichiarava Palmisio Antonino colpevole del reato di cui alla L. n. 963 del 1965, artt. 15 e 24, per aver pescato o comunque detenuto un esemplare di tartaruga marina, tipo "Caretta - Caretta", specie protetta di cui era vietata la cattura in qualunque stadio di crescita. Per l'effetto il Tribunale condannava il Palmisio, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di Euro 400,00 di ammenda.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, deducendo: 1) inosservanza e/o erronea applicazione della L. n. 963 del 1965, artt. 15 e 24, in quanto si era contestato al Palmisio di aver catturato una specie protetta, senza indicare la disposizione dalla quale discendeva il precetto asseritamene violato dal ricorrente; 2) il riconoscimento della tartaruga quale appartenente alla specie in contestazione era stato effettuato dal verbalizzante, senza alcuna possibilità di controllo e di verifica da parte da parte del difensore. Si chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso va rigettato essendo infondate le doglianze che lo sorreggono.
Quanto al primo motivo, va osservato che la tartaruga marina in oggetto trova ampia protezione legislativa sia in ambito nazionale, sia a livello internazionale. In Italia, la specie, in grave pericolo di estinzione, è protetta dal D.M. Marina Mercantile 21 maggio 1980, D.M. Marina Mercantile 3 maggio 1989, e dalla L. 7 febbraio 1992, n. 150, modificata dalla L. 13 marzo 1993, che ne vietano la pesca, la detenzione, il trasporto ed il commercio.
A livello internazionale, la tartaruga "Caretta - Caretta" trova la sua protezione in due importanti convenzioni: la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate della Fauna e della Flora Selvatiche e la Convenzione per la Conservazione delle Specie Migratorie degli Animali Selvatici (Convenzione di Bonn, 1979). A livello europeo, la tartaruga è protetta da una Convenzione e da una Direttiva. La prima è stata adottata a Berna il 19 settembre 1979; la seconda, è la Direttiva UE 9243, 21.5.1992, riguardante la Conservazione degli Habitat Naturali e della Flora e Fauna Selvatica. Infondato deve ritenersi anche il secondo motivo di gravame, avendo la sentenza impugnata motivatamente e congruamente dato atto che l'animale sequestrato, riconosciuto inequivocabilmente dai verbalizzanti per la tartaruga "Caretta - Caretta" in relazione alla dimensione ed al colore, era stato successivamente inviato al Centro Carabinieri di Ancona, che aveva confermato trattarsi dell'esemplare suddetto, la cui cattura era rigorosamente vietata in qualunque stadio della crescita.
Il ricorso va, conclusivamente, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2007