Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1269, del 13 marzo 2014
Elettrosmog.Tralicci radiotelevisivi e titoli abilitativi ante D.Lvo 259/2003

L'avvenuto crollo di un traliccio per trasmissioni radio non toglie che per la sua ricostruzione sia necessario l'ulteriore rilascio di una concessione edilizia. Prima dell’avvento della legge n. 223 del 6 agosto 1990 chi intenda installare un impianto di trasmissione radiotelevisiva deve di regola munirsi sia dell'autorizzazione ministeriale che della concessione edilizia. L’art. 4 della legge n. 223 del 1990 ha confermato poi in modo espresso ed inequivocabile l’esigenza che anche la realizzazione degli impianti radio-televisivi fosse legittimata da una concessione edilizia. E la giurisprudenza è pacifica nel senso che anche sotto la vigenza di tale legge, l’installazione ed esercizio di impianti di diffusione sonora e televisiva fosse soggetta, appunto, alla necessità di due autonome e distinte concessioni, quella radiotelevisiva e quella urbanistica-edilizia, la prima configurandosi come titolo di legittimazione a presentare richiesta per la seconda. Si reputava soggetto a concessione edilizia ex art. 1 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 ogni intervento sul territorio preordinato alla perdurante modificazione dello stato dei luoghi (pur in assenza di opere in muratura), ivi inclusa appunto anche l'installazione di un’antenna-radio ancorata al suolo, quando non precaria e visibile dai luoghi circostanti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01269/2014REG.PROV.COLL.

N. 09631/2002 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9631 del 2002, proposto dalla Elc S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Vaccaro e Avilio Presutti, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, piazza S. Salvatore in Lauro 10;

contro

Comune di Sesto Fiorentino, rappresentato e difeso dagli avv. Natale Giallongo e Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via del Viminale 43; 
Corpo Forestale dello Stato; Pierattini Andrea;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA, SEZIONE II, n. 1683/2002, resa tra le parti, concernente rigetto domanda di condono per opere realizzate abusivamente – ordinanza di demolizione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avv. Avilio Presutti e Guido Meloni, il secondo su delega dell'avv. Fabio Lorenzoni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Negli anni 1987-1988 la società a r. l. Lady Radio, che aveva costruito un traliccio per trasmissioni radio dell’altezza di mt. 35 con annessi box in lamiera in località Morello del Comune di Sesto Fiorentino, depositava tre distinti ricorsi dinanzi al T.A.R. per la Toscana contro tale Amministrazione, rispettivamente impugnando:

- il provvedimento comunale del 20 dicembre del 1986 con il quale era stata respinta la sua domanda di condono edilizio del manufatto poiché questo era stato realizzato oltre la scadenza -1° ottobre 1983- prescritta dall’art. 31 della legge n. 47 del 1985;

- l’ordinanza sindacale n. 358 del 4 dicembre 1987 che ne aveva ingiunto la demolizione;

- l’atto del 14 maggio 1988 con il quale l’Amministrazione, nel comunicare ad essa società il sopraggiunto parere contrario espresso sulla sua domanda di condono dalla Commissione per i BB.AA., aveva confermato il suo rigetto.

Resisteva ai gravami il Comune di Sesto Fiorentino.

All’esito il Tribunale adìto, con la sentenza n. 1683/2002 in epigrafe, riuniti i ricorsi, li respingeva, reputandoli infondati.

Ne seguiva la proposizione avverso tale decisione del presente appello alla Sezione, con il quale la ELC s.r.l., subentrata alla società ricorrente nella proprietà del traliccio, reiterava le principali doglianze ed argomentazioni illustrative della propria dante causa, sottoponendo a critica le ragioni a base dei corrispondenti capi della pronuncia appellata.

Il Comune anche in questo grado di giudizio resisteva all’impugnativa avversaria, eccependone l’inammissibilità per genericità dei motivi, l’improcedibilità, a seguito delle nuove domande presentate dal privato per la definizione dell’illecito edilizio, e comunque, nel merito, l’infondatezza.

Con successivi scritti difensivi, mentre la ELC s.r.l. insisteva per l’accoglimento dell’appello, il Comune, dal canto suo, approfondiva ulteriormente le proprie controdeduzioni.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

La Sezione ritiene che la sicura infondatezza dell’appello consigli di concentrarsi senza indugio sulla disamina dei suoi motivi, prescindendo dal vaglio delle svariate eccezioni opposte in rito dall’Amministrazione appellata.

1 Il primo ed il terzo motivo di appello sono suscettibili di trattazione in gran parte congiunta.

1a Con il primo mezzo si addebita al T.A.R. di non avere tenuto nel debito conto il fatto che il traliccio in discussione e le opere a corredo avevano consentito l’irradiazione continuativa dei programmi dell’emittente Lady Radio e di altre sin dalla fine degli anni settanta, e perciò ben prima della data del 1° ottobre 1983. Le apparecchiature di trasmissione erano quindi in loco, ed in funzione, già prima di quest’ultima data.

Con il terzo mezzo si denunzia il mancato esame da parte del primo Giudice di documenti agli atti vertenti sulla stessa tematica. Si intende con ciò fare riferimento a verbali e rapporti degli anni 1982 e 1983 dai quali sarebbe emersa la preesistenza, in sito, di impianti di ripetizione radio-televisiva cui erano serventi le ulteriori opere oggetto del presente contenzioso.

Il T.A.R. avrebbe dunque omesso di considerare il dato del preesistente e continuo esercizio (da data anteriore al 1° ottobre 1983) dell’attività di radiodiffusione, da parte dell’emittente Lady Radio, attraverso gli impianti di Monte Morello: omissione che lo avrebbe indotto all’erronea conclusione della carenza di prova del completamento delle opere in controversia entro il termine prescritto dalla legge ai fini dell’accesso al condono edilizio. Il Tribunale, si sostiene, avrebbe invece dovuto giudicare funzionalmente completato in tempo utile il “manufatto essenziale, cioè l’apparato di trasmissione di Lady Radio”, tenuto conto che gli ulteriori interventi oggetto dei provvedimenti impugnati erano stati solo strumentali all’attività trasmissiva.

1b Questi rilievi sono privi di pregio.

1c Alla stregua delle risultanze in atti, invero, è ineccepibile la considerazione del primo Giudice che le opere della cui condonabilità si discute siano state realizzate solo a partire dal novembre del 1984, e quindi almeno un anno oltre il termine del 1° ottobre 1983 prescritto ai fini dell’accesso al condono edilizio ex lege n. 47/1985 dal relativo articolo 31. Il 20 novembre 1984 era stata rilevata sul posto solo la presenza di opere di scavo; l’esistenza del nuovo traliccio era stata riscontrata soltanto il successivo 5 dicembre 1984; quella del box in lamiera installato in sopraelevazione nel corpo del traliccio, infine, il 28 giugno 1985.

I lavori in questione erano, pertanto, appena allo stadio iniziale al tempo dei sopralluoghi della Polizia Municipale del 20 e 26 novembre del 1984. Ed è proprio alle opere che nel prosieguo sarebbero state realizzate in sito (e non alle strutture che vi preesistevano) che si riferisce la pratica di condono definita in senso sfavorevole dai provvedimenti impugnati.

1d Parimenti ineccepibile è il rilievo del Tribunale che il fatto che la nuova antenna dovesse sostituire un preesistente impianto (oltretutto anch’esso abusivo, tanto da essere stato attinto da una precedente ordinanza demolitoria) non esimeva la società interessata dal munirsi dei titoli abilitativi all’uopo necessari, né avrebbe potuto mai integrare una ragione di rimessione in termini ai fini dell’accesso alla sanatoria edilizia.

La demolizione di un’originaria opera e la sua sostituzione con un nuovo manufatto non escludono, infatti, la qualificazione di quest’ultimo come nuovo intervento, soggetto alla necessità di un appropriato titolo abilitativo in aderenza alla disciplina in quel momento in vigore.

D’altra parte, la preesistenza aveva anch’essa natura abusiva. Né la ricorrente ha dimostrato, in ogni caso, che le nuove opere fossero una fedele ricostruzione del precedente impianto: laddove presso la giurisprudenza del tempo era pacifico che non rientrassero nel novero della ristrutturazione edilizia le opere di demolizione e ricostruzione qualora il nuovo edificio non fosse fedele alle preesistenze per sagoma, volumi e collocazione (cfr. ad es. C.d.S., V, 26 settembre 2000, n. 5093; 13 luglio 2000, n. 3901; 3 aprile 2000, n. 1906).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha infine già avuto modo di decidere, in coerenza con tali principi, che l'avvenuto crollo di un traliccio non toglie che per la sua ricostruzione sia necessario l'ulteriore rilascio di una concessione edilizia (C.d.S., VI, 5 ottobre 2001, n. 5253): e da tale precedente non sono state fornite ragioni per discostarsi.

1e Sempre ai fini dell’accesso al condono edilizio ex lege n. 47/1985, è del tutto irrilevante la risalenza e continuità nel tempo della programmazione radiofonica dell’originaria ricorrente mediante gli impianti di Monte Morello.

Oppone esattamente la difesa comunale, in proposito, che i provvedimenti impugnati non attengono affatto alla legittimità dell’attività di radio-diffusione in sé considerata, bensì alla possibilità -o meno- di condonare i manufatti sopra detti, pur strumentali all’esercizio della detta attività.

Ciò posto, le condizioni per beneficiare del condono di cui si controverte non possono che essere quelle desumibili dalla legge n. 47/1985, in assenza di deroghe sul punto da parte della disciplina del settore radio-televisivo. E la circostanza dell’avvio dell’attività di radio-diffusione sin dal 1981 non è in alcun modo idonea ad incidere sul ben diverso aspetto dell’individuazione del momento di realizzazione delle opere edili abusive per cui è causa.

2a Con altro profilo del primo mezzo si deduce che non sarebbe stato considerato che le opere edilizie oggetto di contenzioso costituivano anch’esse un mezzo tecnico per la diffusione di programmi radiofonici e televisivi, attività di preminente interesse generale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 223/1990. Analogamente, con il secondo motivo la sentenza in epigrafe viene contestata per avere disconosciuto all’esercizio della radiodiffusione (svolto prima dalla Lady Radio s.r.l. e indi dalla ELC s.r.l.) e agli impianti all’uopo utilizzati i crismi del servizio pubblico, sempre ai sensi

dell’art. 1 della medesima legge n. 223/1990.

2b Queste deduzioni risultano però fuori centro, in quanto, pur rimarcando l’importanza dell’attività di diffusione radio-televisiva, lasciano del tutto impregiudicata la necessità di un titolo concessorio a base dell’edificazione delle opere per cui si procede (né l’appellante ha mosso alcuna critica avverso le precise argomentazioni con cui il T.A.R. ha escluso che l’interpretazione di parte potesse trovare fondamento nella legge n. 10/1985 : cfr. le pagg. 9 e 12-13 della sentenza in epigrafe).

Prima dell’avvento della legge n. 223 del 6 agosto 1990 la giurisprudenza già enunciava il principio che chi intenda installare un impianto di trasmissione radiotelevisiva deve di regola munirsi sia dell'autorizzazione ministeriale che della concessione edilizia (v. ad es. C.d.S., V, 15 dicembre 1986, n. 642).

L’art. 4 della legge n. 223 del 1990 ha confermato poi in modo espresso ed inequivocabile l’esigenza che anche la realizzazione degli impianti radio-televisivi fosse legittimata da una concessione edilizia. E la giurisprudenza è pacifica nel senso che anche sotto la vigenza di tale legge, peraltro già posteriore ai fatti di causa, l’installazione ed esercizio di impianti di diffusione sonora e televisiva fosse soggetta, appunto, alla necessità di due autonome e distinte concessioni, quella radiotelevisiva e quella urbanistica-edilizia (cfr. Cass.pen., III, 6 novembre 2007 n. 172; C.d.S., VI, 23 maggio 2006, n. 3077), la prima configurandosi come titolo di legittimazione a presentare richiesta per la seconda (il primo comma dell’art. 4, difatti, recitava: “Il rilascio della concessione di cui all'art. 16 o della concessione per servizio pubblico equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per le opere connesse e dà titolo per richiedere alle autorità competenti le necessarie concessioni ed autorizzazioni per la installazione degli impianti nelle località indicate dal piano di assegnazione e, conseguentemente, nei piani territoriali di coordinamento”).

Il quadro descritto è mutato solo a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 259 del 2003, i cui artt. 86 e 87, nel disciplinare il rilascio di autorizzazioni relativamente alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, prevedono un procedimento autorizzatorio che assorbe e sostituisce il procedimento per il rilascio del titolo abilitativo edilizio (cfr. C.d.S., VI, 9 marzo 2010, n. 1387; 15 dicembre 2009, n. 7944). Ma si tratta di disciplina di gran lunga posteriore ai provvedimenti impugnati, risalenti agli anni ottanta, e pertanto insuscettibile di influenzare il relativo scrutinio di legittimità (per la stessa ragione, sono del pari irrilevanti le produzioni documentali effettuate dall’appellante nel corso di questo grado di giudizio).

3a Sempre nell’ambito del primo motivo, viene altresì sostenuto che l’opera accertata in concreto non avrebbe richiesto, per la sua contenuta incidenza sul territorio, il rilascio di una concessione edilizia, anche in ragione della peculiare importanza degli interventi di installazione di impianti di trasmissione ai fini della libera manifestazione del pensiero.

3b Il primo Giudice ha però rettamente disatteso la tesi della non necessità di una concessione edilizia per l’intervento, alla luce della regola generale che esige un simile titolo a fronte di ogni trasformazione del territorio, quale anche l’installazione di un’antenna può comportare (senza dire che sono state le stesse società interessate a presentare domanda di condono edilizio per l’illecito loro contestato, dapprima nel 1985 e indi nel 2004, per le opere in discussione).

Giova ricordare, invero, che nella specie si è verificata l’elevazione di un traliccio di circa mt. 35 di altezza, ancorato ad una platea di cemento e con annessi box in lamiera sovrapposti (in zona soggetta, oltretutto, a vincolo paesaggistico), intervento quindi di entità tale che la sua visibilità ed incidenza sull’assetto del territorio sono in re ipsa.

Orbene, secondo l’insegnamento della giurisprudenza dominante l’art. 1 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 imponeva di munirsi di concessione edilizia per ogni attività comportante la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione avessero un qualche rilievo ambientale ed estetico, o solo funzionale. Pertanto, si reputava soggetto a concessione edilizia ogni intervento sul territorio preordinato alla perdurante modificazione dello stato dei luoghi (pur in assenza di opere in muratura), ivi inclusa appunto anche l'installazione di un’antenna-radio ancorata al suolo, quando non precaria e visibile dai luoghi circostanti (C.d.S., V, 6 aprile 1998, n. 415, in una fattispecie in cui l’antenna aveva un’altezza limitata ad otto metri; per lo stesso principio, in seguito recepito dall’art. 3 del T. U. n. 380 del 6 giugno 2001, v. anche, tra le tante, VI, 5 ottobre 2001, n. 5253; sez. II, 10 dicembre 2003, n. 2420; VI, 18 maggio 2004, n. 3193; VI, 8 ottobre 2008, n. 4910).

E se è vero, infine, che in precedenza esisteva in giurisprudenza anche un indirizzo applicativo meno rigoroso, vale però osservare che (come ricorda C.d.S., VI, 29 aprile 2008, n. 1924) quest’ultimo escludeva l’occorrenza della concessione edilizia, tuttavia, solo allorché le antenne radiotelevisive e relative cabine di servizio implicassero una limitata incidenza sull'ambiente circostante, condizione che l’ingente struttura oggetto di causa non avrebbe potuto comunque in alcun modo soddisfare.

4 Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto, siccome infondato.

Le spese processuali del presente grado di giudizio sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al rimborso al Comune di Sesto Fiorentino delle spese processuali del presente grado, che liquida nella misura di tremila euro, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)