Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4639, del 11 settembre 2014
Caccia e animali.Illegittimità revoca affidamento esemplare vivo ibrido di canis lupus italicus

Secondo l'art. 2 della legge 11.2.1992 n. 157 fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della legge, "le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale”. Nel caso di fauna assimilabile a quella selvatica per condizioni di vita bisogna far prevalere la tutela dell’animale nello stato a cui è abituato. Nel caso di specie si tratta certamente di un ibrido che è cresciuto in ambiente domestico e al quale dunque non deve obbligatoriamente estendersi la tutela prevista per la fauna selvatica, essendo opposta la ratio della normativa nel senso che da quest’ultima è deducibile una regola in materia di tutela dell’ibrido solo nel caso in cui le condizioni dell’animale siano effettivamente assimilabili a quelle della fauna selvatica, mentre l’ibrido che vive in condizioni domestiche, secondo la stessa ratio, esce dall’ambito considerato dalla normativa. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04639/2014REG.PROV.COLL.

N. 01375/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1375 del 2014, proposto da: 
Barbara Paoletti, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Benini, con domicilio eletto presso Proietti Sebastiani Studio Legale Associato in Roma, via Chelini n. 9;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Corpo Forestale dello Stato-Comando Provinciale di Benevento, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA: SEZIONE I n. 00357/2013, resa tra le parti, concernente revoca affidamento esemplare vivo ibrido di canis lupus italicus;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Gentile su delega di Benini e l’avvocato dello Stato Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. - In data 13 settembre 2012, il Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Benevento affidava in custodia alla signora Barbara Paoletti, che ne aveva fatto richiesta, un cucciolo di “canis lupus italicus”.sul presupposto che si trattava di un ibrido. In data 31 ottobre 2012, l’Amministrazione acquisiva gli esiti delle analisi genetiche effettuate dall’ISPRA di Ozzano Emilia, precedentemente richieste con nota del 9 agosto 2012, dalle quali emergeva che l’esemplare in questione era da qualificarsi come un ibrido “cane x lupo” il cui mitocondriale evidenziava matrilinearità di lupo. In data 6 novembre 2012, il Servizio CITIES – Roma rappresentava che, ai sensi del Regolamento CE 338/1997, “l’esemplare ibrido di lupo, fino alla 4^ generazione è da considerarsi specie piena e pertanto la sua unica possibile detenzione temporanea deve essere assicurata presso un CRAS adeguatamente attrezzato e autorizzato”. Preso atto delle illustrate risultanze, l’Amministrazione, ritenuto che fossero venuti meno gli originari presupposti, procedeva ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990 all’annullamento del precedente affido con provvedimento del 26 novembre 2012.

L’attuale appellante Barbara Paoletti impugnava, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna - Sezione staccata di Parma (Sezione Prima) il provvedimento di revoca dell’affidamento di esemplare vivo ibrido di canis lupus italicus, emesso dal Comando Provinciale del Corpo Forestale di Benevento in data 26 novembre 2012, prot. n. 10105 pos. vi - 1 -18c, deducendo l’illegittimità della misura adottata per violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

2. – Il TAR adito ha respinto il ricorso con la sentenza n. 00357/2013. Preliminarmente sono respinti - in base a quanto previsto dall’art. 21 octies della legge n. 241/1990, in quanto trattasi di atto dovuto - i motivi di illegittimità procedimentali per mancata comunicazione ex art. 7 della legge n. 241/1990 e per omessa specificazione dell’autorità cui ricorrere. Nel merito la sentenza osserva che è fuori discussione la natura temporanea dell’originario affidamento dell’animale richiesto come tale dalla stessa ricorrente “in ragione del fatto si trattasse di un lupo autentico”. Una volta che l’ISPRA (v. nota del 31 ottobre 2012) ha sottoposto l’esemplare ad analisi “utilizzando marcatori molecolari specifici per la specie Canis lupus” e definendolo all’esito delle stesse quale “ibrido”. Ne deriva che, in base alle indicazioni espresse dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dal Servizio CITIES-Roma ai sensi del Regolamento comunitario n. 338/1997, l’ibrido di lupo, sino alla 4^ generazione, è da considerarsi “specie piena” con possibilità di detenzione, anche temporanea, unicamente presso un CRAS autorizzato. Ne deriva che non può che trovare applicazione la disciplina normativa in materia di protezione della fauna selvatica dettata dalla legge n. 157/1992, confermata dalle sanzioni previste dall’art. 1 della legge n. 59/1993 per le violazioni. Alla luce di queste considerazioni la sentenza respinge i motivi relativi al difetto di istruttoria e di motivazione, non attribuendo rilievo all’impianto nell’animale del microchip di cui alla legge n. 281 del 1991, che è adempimento imposto ai soli fini di completezza degli archivi dell’anagrafe canina e non produce alcun effetto in ordine all’invocato perfezionamento di una fattispecie acquisitiva della proprietà dell’esemplare.

3. – L’appellante censura la sentenza al pari del provvedimento del Corpo Forestale dello Stato impugnato in primo grado, segnalando in particolare la contraddittorietà delle decisioni assunte dall’autorità pubblica. Si richiama in particolare la natura ibrida dell’animale e il fatto che esso non abbia vissuto mai in modo selvatico, ma solo in situazione domestica, prima presso il veterinario a cui era stato consegnato dai contadini che lo avevano trovato e, poi, con l’affidamento alla signora Paoletti. Nell’affermare che la specie ibrida cui appartiene l’animale richiede l’applicazione della legge n. 157/1992 per la protezione della fauna selvatica, le autorità incorrono in una insanabile contraddizione, dato che l’animale in questione – la cui natura ibrida è stata fin dall’inizio dichiarata - è stato affidato dalle medesime autorità a privati e non trattenuto presso i centri competenti come patrimonio indisponibile dello Stato. L’art. 2 della legge n. 157/1992 afferma che fanno parte della fauna selvatica oggetto della legge “le specie delle quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale”. Non vi sono nella legge elementi che possano far ritenere la specie ibrida compresa tra le specie protette che sono specificamente indicate. La specie ibrida non risulta nemmeno compresa nella definizione di animale selvatico di cui alla legge n. 59/1993, che prevede solo la fauna nell’ambiente naturale e gli animali nati in cattività limitata alla prima generazione. Pertanto l’animale che nasce dall’incrocio con specie domestica è fuori dalle attuali definizioni normative. La sentenza n. 2598/1994 della Corte di Cassazione, proprio alla luce dell’art. 2 della legge n. 157/1992, considera assimilabile alla fauna selvatica gli animali che – indipendentemente dalla classificazione zoologica – vivono alimentandosi e riproducendosi indipendentemente dall’uomo. Ne deriva che all’ibrido deve riconoscersi la possibilità del doppio trattamento da animale selvatico o da animale domestico a seconda della situazione in cui è fino ad allora vissuto. Secondo l’appellante è priva di rilievo alla luce del dibattito scientifico la premessa da cui muove la sentenza del TAR impugnata circa la pacifica riconducibilità dell’animale in questione alla specie selvatica e al regime per essa previsto, trattandosi di un animale sempre trattato come animale domestico e probabilmente anche nato in ambiente domestico. La certificazione dell’ISPRA non ha aggiunto nulla a quanto già si sapeva circa la natura ibrida dell’animale al momento dell’affidamento, come risulta dal referto dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno. Infatti anche il dato risultante dall’analisi della sequenza del DNA mitrocondriale circa l’origine matrilineare non significa che la madre del soggetto sia un lupo, dato che il dato mitocondriale può rimanere inalterato per molte generazioni e non può determinarsi se la femmina abbia conservato anche dopo diversi incroci l’aplotipo mitocondriale caratteristico della popolazione di lupo. Secondo alcuni studiosi ciò avviene sempre attraverso una femmina di lupo. Vi sono inoltre razze di cane legalmente riconosciute che derivano da recente ibridazione con lupo. Nel caso di specie, mancano quindi i presupposti per considerare l’animale tra le specie necessariamente protette alla luce della normativa europea e italiana. Non hanno evidentemente rilievo le eventuali dichiarazioni di un privato quale l’appellante nelle fasi che precedono l’affidamento. L’affidamento non può nemmeno essere considerato un atto temporaneo e urgente, visto che ha poi richiesto un atto di revoca da parte della stessa Amministrazione. Ne può essere considerato irrilevante l’impianto sull’animale interessato del microchip, che ha come scopo principale di individuare il proprietario dell’animale e dunque costituisce una conferma del carattere senz’altro domestico attribuito all’animale stesso, come riconosce la stessa sentenza ove afferma che il microchip ha come scopo la iscrizione alla anagrafe canina. In conclusione, è del tutto irragionevole il richiamo all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, essendo stato dimostrato che il provvedimento non è inevitabile e pertanto è illegittimo per vizi procedurali e difetto di motivazione.

4. – L’Amministrazione si è costituita non formulando nuove difese, ma depositando la memoria e l’ampia documentazione già depositata in primo grado recante le prese di posizione delle diverse autorità amministrative intervenute nelle varie fasi della vicenda. La memoria depositata in primo grado ne ricava conferma della natura temporanea dell’originario affidamento e della sussistenza di tutti i presupposti per considerare vincolato il provvedimento di revoca adottato sulla base delle analisi da ultimo effettuate dall’ISPRA, della normativa europea, nazionale e regionale e delle sanzioni da essa previste.

5. – Questa Sezione del Consiglio di Stato ha accolto la istanza cautelare della parte appellante per la sospensione della sentenza appellata con la ordinanza n. 1120/2014 osservando che:“l’esemplare di cui si tratta costituisce un ibrido che, anche se non si sa come sia nato, è certamente cresciuto nelle condizioni di un cane domestico presso privati e non nello stato di libertà o nei centri specializzati per la tenuta di animali selvatici; la nota 18/10/2012 del Ministero dell’Agricoltura citata dalla difesa erariale definisce l’ibrido cane lupo come “una popolazione di specie di mammiferi vivente stabilmente in stato di libertà”; per la stessa natura dell’animale non può escludersi che i casi di ibridi viventi invece in ambiente domestico siano numerosi; l’Autorità amministrativa e la stessa affidataria appaiono consapevoli della condizione ibrida dell’animale fin dal momento dell’affidamento.”. La ordinanza conclude quindi che:“ad un primo esame delle opposte argomentazioni tra le parti permangono aspetti da approfondire in sede di merito; in particolare non è chiaro se la normativa europea e nazionale a tutela della fauna selvatica omeoterma ed in particolare del lupo si applichi al caso dell’ibrido nel caso in cui esso sia un animale in stato di libertà naturale o sia comunque cresciuto per un periodo significativo in stato di libertà naturale, come sembra dedursi dalla definizione contenuta nella nota del Ministero dell’Agricoltura 18/10/2012 sopra richiamata; debba cioè chiarirsi come i fattori biologici e quelli di ambiente giochino tra loro nel caso specifico dell’ibrido tra cane e lupo e se sia vero che in tal caso possano aversi esemplari sia domestici che selvatici; ad approfondire tali questioni sia necessario l’attivo contributo delle parti; nel frattempo - come già avvenuto nella fase cautelare in primo grado – non sia opportuno sottoporre l’animale ad ulteriori stressanti mutamenti nelle condizioni di vita in attesa della definizione del giudizio….”.

6. – L’Amministrazione appellata, come già detto al punto 5, ha depositato, in data 12 marzo 2014, la memoria e la documentazione già depositata in primo grado. La parte appellante ha presentato nel corso della stessa udienza pubblica del 5 giugno 2014 ulteriore documentazione, che non può essere presa in considerazione nel giudizio per violazione dei termini di cui all’art. 73 c.p.a..

7. – La causa è stata discussa e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 5 giugno 2014.

8. - L’appello è fondato nei limiti di cui alla seguente motivazione.

8.1. – Il Collegio prescinde dalle questioni procedurali sollevate dall’appellante intendendo, previo il necessario approfondimento, confermare nel merito l’orientamento già manifestato con la ordinanza n. 1120/2014, non avendo le parti depositato elementi nuovi rispetto a quelli già considerati in sede cautelare, nonostante che la ordinanza lo abbia espressamente richiesto, sollevando alcune ben precise questioni relative alla interpretazione e alla applicazione della normativa vigente in materia di fauna selvatica, la quale non fa esplicito riferimento al caso dell’ibrido.

8.2. – Va ricordato che l’art. 2 della legge n.157/1992 definisce l’ambito di applicazione limitandolo alle “…specie delle quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale”; e che la legge n. 59/1993 prevede solo la fauna nell’ambiente naturale e gli animali nati in cattività limitata alla prima generazione. Non risulta quindi direttamente disciplinata dalla normativa vigente la questione della applicabilità della normativa medesima al caso dell’ibrido tra cane e lupo che vive in ambiente domestico.

8.3. – Sulla base della documentazione agli atti l’applicazione delle norme soprarichiamate che definiscono l’ambito della tutela della fauna selvatica al caso dell’ibrido si rivela tutt’altro che semplice e lineare. Emergono invece esigenze contrapposte di cui quella primaria non è affatto la tutela dell’Ibrido, ma quella della conservazione della specie selvatica rispetto alla quale –si afferma - l’ibrido rappresenta una minaccia. Quindi l’ibrido è per sua natura escluso dalla tutela della fauna selvatica salvo che per le condizioni di vita e per caratteristiche biologiche assai vicine (DNA matrilineare di lupo non oltre la quarta generazione) non sia ad essa assimilabile.

8.4. – Chiarisce il senso della questione in questi termini l’unico documento tra quelli depositati dalla difesa erariale in primo grado che affronta la questione in termini generali (la nota del Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare Prot. n. 28435 - 18.10.2012 PNM –II). La nota in particolare, dopo aver enunciato il problema della minaccia che l’ibrido comporta alla difesa della specie lupo - afferma che solo agli ibridi - con determinate caratteristiche biologiche (F1 e F2) - “viventi in libertà” si deve estendere la tutela prevista per le specie selvatiche invece del ricovero in canile. La nota non considera in nessun modo il caso dell’ibrido vivente in ambiente domestico, perché in quel caso la questione viene meno, non ponendosi neppure la necessità di conciliare le caratteristiche ibride dell’animale e i pericoli che esso presenta con la tutela che le sue abitudini di vita richiedono rispetto a quella assai più semplice e meno costosa del ricovero in canile.

8.5. – Nello stesso senso deve essere evidentemente letta la nota di chiarimento allegata al REG (CE) n. 338/97 al punto 10 dell’allegato rubricato “Note sulla interpretazione degli allegati A,B,C,D”, che include solo gli ibridi con certe caratteristiche nella tutela delle specie selvatiche. Che sia questo il senso della nota lo dimostra il dato risultante per altro verso agli atti secondo il quale la stessa Unione europea ha promosso e sostenuto programmi per distinguere e separare – sottraendoli alla vita selvatica - gli ibridi dagli animali selvatici e da quelli ad essi assimilabili a tutela della conservazione delle specie selvatiche.

8.6. – Approfondite le questioni relative alla applicazione della normativa al caso dell’ibrido, il Collegio si attiene - ai fini della definizione della controversia in questa complessa situazione normativa- all’indirizzo giurisprudenziale già definito dalla sentenza della Corte di Cassazione penale n. 2598/2004, citata per opposte ragioni da entrambe le parti, che sancisce in caso di dubbio il criterio interpretativo della prevalenza della tutela della effettività della condizione di libertà naturale. La sentenza della Corte Cassazione penale n. 2598/2004 introduce un chiaro criterio interpretativo della vigente normativa ove afferma che: “L'unico elemento giuridicamente rilevante è dato dallo stato di libertà naturale, atteso che secondo l'art. 2 della legge 11.2.1992 n. 157 fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della legge, "le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale”. Secondo questa sentenza nel caso di fauna assimilabile a quella selvatica per condizioni di vita bisogna far prevalere la tutela dell’animale nello stato a cui è abituato.

8.7. – Nel caso di specie si tratta certamente di un ibrido che è cresciuto in ambiente domestico e al quale dunque non deve obbligatoriamente estendersi la tutela prevista per la fauna selvatica, essendo opposta la ratio della normativa nel senso che da quest’ultima è deducibile una regola in materia di tutela dell’ibrido solo nel caso in cui le condizioni dell’animale siano effettivamente assimilabili a quelle della fauna selvatica, mentre l’ibrido che vive in condizioni domestiche - secondo la stessa ratio - esce dall’ambito considerato dalla normativa. Ne consegue che nel caso di specie viene meno il carattere vincolato e necessario del provvedimento impugnato in primo grado che ne sorregge la motivazione secondo la stessa sentenza appellata, non essendo sufficiente l’analisi effettuata dall’ISPRA, che conferma il carattere ibrido dell’animale a tutti noto fin dall’inizio, né il carattere matrilineare del DNA – peraltro non precisata quanto al numero delle generazioni intercorse.

8.8. - Il provvedimento deve quindi considerarsi illegittimo per carenza di motivazione, fermo restando che esso può essere rinnovato con più ampia motivazione, con particolare riferimento alle attuali caratteristiche dell’animale e alla eventuale inadeguatezza del suo trattamento rispetto ad esse.

9. – In base alle considerazioni che precedono l’appello deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione e la sentenza del TAR riformata nei medesimi termini.

10. - In ragione dell’assoluta peculiarietà della vicenda e dell’alterno andamento del giudizio, le spese per il grado possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso in primo grado nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate per il presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)